ADEI contro cancellazione premio scrittrice palestinese a BuchmesseRoma, 16 ott. (askanews) – Adei, l’Associazione degli editori indipendenti, esprime il proprio sconcerto e tutta la propria contrarietà per la cancellazione della cerimonia di premiazione della scrittrice palestinese Adania Shibli decisa dalla Fiera di Francoforte.
L’associazione giudica incredibile che un’autrice pluripremiata, fra l’altro finalista all’International Booker Prize del 2021, i cui romanzi sono da tempo pubblicati in Italia, venga oscurata solo perché palestinese. E tanto più stridente appare l’affermazione di voler dare più spazio e visibilità alle «voci ebraiche e israeliane». «La Buchmnesse – sostiene Andrea Palombi, presidente di Adei – pur come fiera di diritti, è da sempre uno dei crocevia della cultura internazionale e come tale dovrebbe essere luogo in cui garantire il confronto più ampio, tra le voci più diverse a livello internazionale, anche e forse soprattutto quando il rumore delle armi si fa più assordante». Se resta doverosa la condanna assoluta di quanti non si preoccupano di fare strage fra i civili, operare esclusioni e censure solo in base alla nazionalità significa sottomettere anche la cultura alla logica delle armi.
Putin vola da Xi Jinping, Via della Seta e stessa linea su M.O.Roma, 16 ott. (askanews) – Vladimir Putin arriva domani a Pechino, per partecipare al Forum internazionale sull’iniziativa One Belt, One Road (la Via della Seta), su cui Mosca prospetta nuovi accordi e progetti con la Cina, e per colloqui con il collega Xi Jinping, in agenda mercoledì, ha fatto sapere il Cremlino. Il confronto faccia a faccia tra i due leader avviene nel momento in cui Russia e Repubblica popolare cinese sembrano strettamente coordinate su una serie di questioni internazionali, il rinnovato conflitto israelo-palestinese in particolare. Sottotraccia, tuttavia, ci sono le tensioni sulla guerra in Ucraina, dove Pechino non arriva alla condanna della Federazione russa, ma preme per una soluzione in tempi prevedibili.
Proprio oggi, in una intervista alla China Central Television, Putin ha espresso gratitudine “ai nostri amici cinesi per aver pensato a come porre fine a questa crisi, per aver provato a immaginare modi” per arrivare a una soluzione: “Penso che siano assolutamente realistici e che possano porre le basi per un accordo di pace”, ha detto. In questo momento il conflitto israelo-palestinese sta oscurando la guerra in Ucraina e Mosca conta di trarne vantaggio in termini di minore risonanza internazionale e soprattutto di maggiore difficoltà da parte occidentale a concentrarsi sugli aiuti all’Ucraina. Putin ha ribadito di essere pronto a un dialogo con Kiev, se a Kiev verrà revocata la legge che impedisce il negoziato diretto: il leader russo ha evitato di specificare che il presidente ucraino Zelensky ha firmato un decreto che vieta colloqui proprio con lui. Ha invece sottolineato che “lo status di non allineato dell’Ucraina è estremamente importante per noi”.
Difficile, al di là dei propositi, che sul conflitto in Ucraina possano arrivare svolte durante la visita di Putin in Cina. Ma il leader russo sta investendo molto su un possibile coinvolgimento della Russia in un rinnovato negoziato per il Medio Oriente. Oggi Putin ha trascorso la giornata al telefono con i leader della regione, a cominciare dagli alleati, il siriano Bashar al-Assad e l’iraniano Ebrahim Raisi. “Nel corso della giornata ci saranno ulteriori contatti telefonici con i presidenti di Egitto, Palestina e con il primo ministro israeliano”, ha informato l’assistente presidenziale Yuri Ushakov. Il fatto che ad oggi Putin non abbia ancora parlato con Netanyahu è stato visto come una chiara presa di distanza del Cremlino dal premier e dalla linea di Israele dopo i sanguinosi attacchi di Hamas, in particolare l’assedio a Gaza. La posizione russa è invece allineata con quella cinese, nella richiesta di un cessate il fuoco immediato e di negoziati che includano la creazione di uno Stato palestinese. Putin gioca la carta dell’equidistanza citando la grande presenza di russi in Israele e la tradizionale vicinanza ai palestinesi. “L’obiettivo di qualsiasi negoziato di pace dovrebbe essere l’attuazione della formula dei due Stati approvata dalle Nazioni Unite, che prevede la creazione di uno Stato indipendente con capitale a Gerusalemme Est, e questo Stato esisterebbe in pace e sicurezza con Israele”, ha detto Ushakov illustrando oggi la posizione russa.
Il presidente ha tuttavia posto molto l’accento sugli aspetti umanitari e le implicazioni per la popolazione di Gaza, argomenti che risuonano nel mondo arabo e in generale in quel ‘Sud globale’ sensibile alle istanze anti-americane del Cremlino. “Nel settore di Gaza c’è tanta gente che non sostiene Hamas, ma tutti soffrono, compresi donne e bambini”, ha dichiarato nel fine settimana. Posizione lodata direttamente da Hamas. “Il popolo palestinese ha il diritto di contare sulla creazione di uno stato, gli è stato promesso”. Il presidente russo è arrivato a tracciare un vago paragone tra l’assedio di Gaza e quello di Leningrado durante la seconda guerra mondiale.
Nella serata americana, mezzanotte in Italia, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu voterà una bozza di risoluzione presentata dalla Russia e un’altra proposta dal Brasile sul conflitto tra Israle e Hamas. Quella russa invoca una tregua umanitaria immediata e il rilascio degli ostaggi, mentre quella brasiliana include una condanna diretta degli attacchi di Hamas.
L’Oms: “A Gaza restano scorte d’acqua per sole 24 ore”Roma, 16 ott. (askanews) – Nella Striscia di Gaza “restano solo 24 ore di acqua, elettricità e carburante prima che si verifichi “una vera catastrofe”. Lo ha detto alla France presse il direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per il Mediterraneo orientale, Ahmed Al-Mandhari, aggiungendo che se gli aiuti fermi al valico di Rafah non riescono a entrare nell’enclave palestinese, i medici dovranno solo “preparare i certificati di morte per i loro pazienti”.
L’Iran dice che Hamas rilascerebbe gli ostaggi se Israele fermasse i raid su GazaRoma, 16 ott. (askanews) – Hamas è pronto a rilasciare i quasi 200 ostaggi che tiene prigionieri dopo gli attacchi del 7 ottobre nel sud di Israele, se Tsahal cessa i suoi attacchi aerei sulla Striscia di Gaza. E’ quanto ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, nel corso di una conferenza stampa a Teheran. Finora Hamas non ha ammesso di aver fatto una simile offerta.
I responsabili di Hamas “hanno dichiarato di essere pronti a prendere le misure necessarie per liberare i cittadini detenuti dai gruppi di resistenza, ma il loro punto è che tali misure richiedono preparativi impossibili sotto i bombardamenti quotidiani dei sionisti su varie parti di Gaza”, ha spiegato Kanaani, secondo Times of Israel. Hamas ha detto che scambierà i prigionieri con migliaia di palestinesi detenuti da Israele secondo il tipo di accordi di scambio sbilanciati che sono stati raggiunti in passato.
“Abbiamo appreso dalla resistenza che non hanno problemi a continuare a resistere”, ha detto inoltre Kanaani, riferendosi ad Hamas. “Hanno detto che la resistenza ha la capacità militare per resistere sul campo per molto tempo”.
Polonia, Tusk trionfa a Varsavia, ma esito legislative incertoMilano, 16 ott. (askanews) – Per i risultati finali delle elezioni in Polonia bisognerà attendere almeno domani, anche alla luce delle passate sorprese nella vicina Slovacchia dove i risultati degli exit poll davano alle forze europeiste la vittoria, andata alla fine al partito euroscettico di Robert Fico che oggi a Bratislava forma il governo. Ma un fatto è indiscutibile nel voto polacco di ieri: la popolazione ha affollato i seggi con un’affluenza record (72,46%) dai tempi delle prime elezioni democratiche libere in questo Paese dell’ex blocco comunista. Segnale di un desiderio di cambiamento tra gli elettori o di un timore di esso, comunque riconoscendo che queste sono state effettivamente le elezioni più importanti dal 1989 e non sono state soggette a un’eccessiva polarizzazione dell’elettorato. Piuttosto da una significativa partecipazione delle donne che hanno votato in numero maggiore rispetto agli uomini, secondo gli exit poll, abbandonando la destra antiabortista, in base a diverse analisi.
Sull’esito il pensiero di molti è stato manifestato apertamente da una figura riconoscibile come Lech Walesa che a Rzeczpospolita ha dichiarato: “non finirà così e i risultati ufficiali saranno completamente diversi. (Jaroslaw) Kaczynski ha sicuramente escogitato qualcosa, ha sicuramente preparato qualcosa, non vorrà e non potrà rinunciare al potere”. Il leader storico del sindacato indipendente Solidarnosc (1980-90), cattolico e antiabortista, presidente della Polonia dal 1990 al 1995, non nasconde il quesito che si pongono in molti: Kaczynski cederà il potere? Per ora i risultati parziali dicono che Diritto e Giustizia (PiS) presieduto da Kaczynski non ha i numeri per formare un governo da solo e le lusinghe al Partito popolare polacco (Psl), parte dell’alleanza Terza Via, sono state rispedite al mittente direttamente dal presidente del partito Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, oggi. Dopo aver contato oltre 8 milioni di voti (oltre il 45%), il PiS è in testa con il 38,73%, con più 10 punti percentuale rispetto agli altri.
Dall’altra parte, sul fronte europeista e democratico, c’è l’entusiasmo di Donald Tusk che ieri sera non ha nascosto: “non sono mai stato così felice in vita mia”, ha detto a caldo. La sua Coalizione Civica con il 27,46% (in base ai dati parziali) con Terza Via (14,37%) e Nuova Sinistra (8,14%) andrà a formare il nuovo esecutivo, sostiene l’ex presidente del Consiglio europeo ed ex premier. E Tusk vince soprattutto a Varsavia contro l’intera lista PiS: dopo oltre mezzo milione di voti scrutinati nel distretto numero 19, da solo ottiene più consensi dei 39 candidati della lista PiS messi insieme. Ma l’unica certezza vera da queste elezioni è che la destra di Confederazione non sfonda e raccoglie per ora solo il 7,35%. “Doveva esserci festa, bevute al bar e festeggiamenti gioiosi fino al mattino” scrive Onet, il principale portale di notizie polacco. “Non è un caso che la serata della Confederazione sia stata organizzata in un locale alla moda di Varsavia, con bar ben fornito. Tuttavia, il supporto si è rivelato molto al di sotto delle aspettative” aggiunge, tratteggiando uno “stato d’animo piuttosto triste”. A destra la sconfitta brucia e non si conoscono ancora i risultati finali, ma tutto indica che più della metà degli elettori ha votato per i partiti democratici dell’opposizione e anche il sostegno a Confederazione è una voce di protesta contro il PiS.
C’è poi la questione dei referendum falliti. Gli elettori erano chiamati a votare non solo per rieleggere le due camere del Parlamento, ma anche per un quesito relativo all’immigrazione: soltanto il 40% (a dispetto di un’affluenza di oltre il 72%) ha deciso di pronunciarsi: “un gesto consapevole da parte dei cittadini quello di non prendere parte allo spettacolo politico organizzato dal PiS” scrive oggi Rzeczpospolita. Quasi un elettore su due si è rifiutato di partecipare alla consultazione popolare, dove c’erano quattro quesiti, uno sulle proprietà statali, uno sull’età pensionabile, mentre gli ultimi due (testuali) erano i seguenti: “Sei favorevole all’eliminazione della barriera al confine tra la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Bielorussia? Sei favorevole all’accettazione di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa nell’ambito del meccanismo di ricollocazione forzata imposto dalla burocrazia europea?” (di Cristina Giuliano)
Caos al valico di Rafah, niente tregua. Israele: Hamas ha 199 ostaggiRoma, 16 ott. (askanews) – Nessuna tregua umanitaria nel Sud della Striscia di Gaza. Con una nota ferma e stringata, l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha smentito le notizie di un cessate il fuoco di cinque ore al confine tra il territorio palestinese e l’Egitto, per consentire l’ingresso di aiuti e l’uscita di cittadini stranieri attraverso il valico di Rafah. La notizia di un’apertura di quest’area di transito strategica, alle 9 locali (le 8 in Italia), era stata fatta circolare dai media israeliani, citando fonti militari. Ma il ministro degli Esteri del Cairo, Sameh Shoukry, ha negato, precisando che Israele deve ancora prendere una decisione in proposito. Nel frattempo, però, centinaia di persone hanno raggiunto il valico in attesa di attraversare il confine, incoraggiate dall’ambasciata americana nello Stato ebraico che ha comunicato, con grande cautela, che sempre dalle 9 sarebbero stati autorizzati l’ingresso degli aiuti e la partenza di alcuni residenti di Gaza verso l’Egitto.
Misure limitate, per alleviare l’emergenza umanitaria nella Striscia sotto assedio e probabilmente per fare uscire anche persone con doppia cittadinanza, presto smentite – quasi in contemporanea – sia da Israele che da Hamas, accusato dai militari dello Stato ebraico di detenere 199 ostaggi. “Al momento non esiste un cessate il fuoco per gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e per l’uscita degli stranieri”, ha comunicato l’ufficio di Netanyahu. “Fino ad ora non abbiamo ricevuto alcun contatto o conferma da parte delle autorità egiziane riguardo all’intenzione di aprire oggi il valico di Rafah. Tutte le informazioni che circolano a questo riguardo sono attribuite ai media israeliani”, ha detto da parte sua Salama Marouf, capo dell’ufficio stampa del governo del movimento estremista palestinese. Intanto, l’operazione di terra israeliana a Gaza sembra poter iniziare a breve: l’esercito ha diffuso un video in cui si dichiara “pronto alla nuova fase”, mentre Netanyahu ha convocato per stasera alle 20 (le 19 italiane) una riunione del gabinetto di sicurezza. Il territorio controllato da Hamas, d’altra parte, è da giorni nel mirino di bombardamenti che hanno convinto centinaia di migliaia di palestinesi a spostarsi verso Sud, in condizioni di assoluta precarietà. Secondo l’Onu, gli ospedali di Gaza hanno riserve solo “per altre 24 ore”, mentre il ministero della Sanità nella Striscia ha aggiornato stamane il bilancio delle vittime ad almeno 2.750. I feriti hanno superato quota 9.700.
Il movimento islamista, da parte sua, continua a lanciare razzi sulle comunità del Sud di Israele e in mattinata si sono ripetutamente attivate le sirene di allarme a Sderot, Ashkelon e Ashdod. Sul fronte opposto, invece, l’esercito dello Stato ebraico ha annunciato l’arresto di 360 palestinesi anche in Cisgiordania: 210 di questi sarebbero affiliati al gruppo estremista. Sul piano diplomatico, proseguono gli sforzi per una de-escalation. In Israele dovrebbe arrivare domani il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il capo del governo di Berlino ha l’obiettivo di fare il punto anche sulla situazione degli ostaggi: almeno 8 tedeschi sarebbero in mano ad Hamas, mentre secondo l’esercito israeliano sarebbero 199 in totale le persone trattenute con la forza dal movimento estremista palestinese.
E anche il presidente Joe Biden starebbe valutando la possibilità di un viaggio in Israele nei prossimi giorni, anche se non c’è ancora una decisione finale. Secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, gli Usa avrebbero offerto aiuti umanitari ad Hamas in cambio del rilascio di ostaggi civili. Il giornale di Beirut ha precisato che Hamas ha posto diverse condizioni, in particolare di avere contezza di quali tra i rapiti siano cittadini stranieri e su chi ha prestato servizio nell’esercito israeliano. Oggi, comunque, mentre decine di cittadini americani si sono messi in fila ad Haifa per imbarcarsi su una nave per la loro evacuazione da Israele verso Cipro, è tornato a Tel Aviv il segretario di Stato Antony Blinken. L’obiettivo è trovare spiragli di riduzione nel conflitto scoppiato con i sanguinosi attacchi di Hamas e sfociato in un assedio alla Striscia di Gaza dalle conseguenze devastanti in termini umanitari e imprevidibili sugli sviluppi regionali. “Siamo al fianco di Israele mentre si difende. Gli Stati Uniti stanno anche lavorando attivamente per garantire che la popolazione di Gaza possa uscire dal pericolo e che l’assistenza di cui ha bisogno – cibo, acqua, medicine – possa arrivare. Ad Hamas non importa se i palestinesi soffrono”, ha scritto oggi su X il capo della diplomazia di Washington.
In una intervista a Cbs 60 Minutes, Biden ha messo in chiaro di ritenere che Hamas vada eliminato, e quindi Israele deve “rispondere” e “dare la caccia” agli estremisti. Allo stesso tempo, ha però evidenziato, sarebbe un “grande errore” rioccupare Gaza. Alla domanda se fosse d’accordo con un “assedio totale” di Gaza, Biden ha detto di essere fiducioso che Israele agirà nel rispetto delle regole di guerra e che ci sarà “la possibilità per gli innocenti di Gaza di avere accesso a medicine, cibo e acqua”. Una visita dell’inquilino della Casa Bianca in Israele, fanno notare anche i media israeliani, darebbe l’opportunità a Biden di affermare personalmente al popolo israeliano che gli Stati Uniti sono fermi al suo fianco. Ma avverrebbe tra i crescenti timori che un imminente intervento israeliano a Gaza possa scatenare una guerra più ampia; in particolare la presenza di Biden potrebbe essere vista come una mossa provocatoria da parte dell’Iran, e poco gradita alle nazioni arabe mentre le vittime civili aumentano a Gaza. Non a caso Biden ha sottolineato che non ci sono “prove evidenti” che l’Iran sia dietro gli attacchi terroristici in Israele compiuti da Hamas all’inizio del mese. Continua a muoversi, infine, anche la Cina. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto, in un colloquio telefonico con il suo omologo di Teheran, che “il diritto del popolo palestinese a diventare uno Stato è stato a lungo messo da parte”: si tratta di “un’ingiustizia storica che deve finire il prima possibile”, ha sottolineato. In un punto stampa congiunto a Pechino con l’omologo russo Sergey Lavrov, Wang Yi ha poi definito un “imperativo” l’attuazione di un cessate-il-fuoco, il ritorno “al tavolo dei negoziati” e l’istituzione di “un canale umanitario di emergenza”, chiedendo “un intervento” e “un ruolo attivo” del Consiglio di sicurezza Onu e delle grandi potenze mondiali. (Di Corrado Accaputo).
Caos al valico di Rafah, smentita la tregua. Israele: Hamas ha 199 ostaggiRoma, 16 ott. (askanews) – Nessuna tregua umanitaria nel Sud della Striscia di Gaza. Con una nota ferma e stringata, l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha smentito le notizie di un cessate il fuoco di cinque ore al confine tra il territorio palestinese e l’Egitto, per consentire l’ingresso di aiuti e l’uscita di cittadini stranieri attraverso il valico di Rafah. La notizia di un’apertura di quest’area di transito strategica, alle 9 locali (le 8 in Italia), era stata fatta circolare dai media israeliani, citando fonti militari. Ma il ministro degli Esteri del Cairo, Sameh Shoukry, ha negato, precisando che Israele deve ancora prendere una decisione in proposito. Nel frattempo, però, centinaia di persone hanno raggiunto il valico in attesa di attraversare il confine, incoraggiate dall’ambasciata americana nello Stato ebraico che ha comunicato, con grande cautela, che sempre dalle 9 sarebbero stati autorizzati l’ingresso degli aiuti e la partenza di alcuni residenti di Gaza verso l’Egitto.
Misure limitate, per alleviare l’emergenza umanitaria nella Striscia sotto assedio e probabilmente per fare uscire anche persone con doppia cittadinanza, presto smentite – quasi in contemporanea – sia da Israele che da Hamas, accusato dai militari dello Stato ebraico di detenere 199 ostaggi. “Al momento non esiste un cessate il fuoco per gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e per l’uscita degli stranieri”, ha comunicato l’ufficio di Netanyahu. “Fino ad ora non abbiamo ricevuto alcun contatto o conferma da parte delle autorità egiziane riguardo all’intenzione di aprire oggi il valico di Rafah. Tutte le informazioni che circolano a questo riguardo sono attribuite ai media israeliani”, ha detto da parte sua Salama Marouf, capo dell’ufficio stampa del governo del movimento estremista palestinese. Intanto, l’operazione di terra israeliana a Gaza sembra poter iniziare a breve: l’esercito ha diffuso un video in cui si dichiara “pronto alla nuova fase”, mentre Netanyahu ha convocato per stasera alle 20 (le 19 italiane) una riunione del gabinetto di sicurezza. Il territorio controllato da Hamas, d’altra parte, è da giorni nel mirino di bombardamenti che hanno convinto centinaia di migliaia di palestinesi a spostarsi verso Sud, in condizioni di assoluta precarietà. Secondo l’Onu, gli ospedali di Gaza hanno riserve solo “per altre 24 ore”, mentre il ministero della Sanità nella Striscia ha aggiornato stamane il bilancio delle vittime ad almeno 2.750. I feriti hanno superato quota 9.700.
Il movimento islamista, da parte sua, continua a lanciare razzi sulle comunità del Sud di Israele e in mattinata si sono ripetutamente attivate le sirene di allarme a Sderot, Ashkelon e Ashdod. Sul fronte opposto, invece, l’esercito dello Stato ebraico ha annunciato l’arresto di 360 palestinesi anche in Cisgiordania: 210 di questi sarebbero affiliati al gruppo estremista. Sul piano diplomatico, proseguono gli sforzi per una de-escalation. In Israele dovrebbe arrivare domani il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il capo del governo di Berlino ha l’obiettivo di fare il punto anche sulla situazione degli ostaggi: almeno 8 tedeschi sarebbero in mano ad Hamas, mentre secondo l’esercito israeliano sarebbero 199 in totale le persone trattenute con la forza dal movimento estremista palestinese.
E anche il presidente Joe Biden starebbe valutando la possibilità di un viaggio in Israele nei prossimi giorni, anche se non c’è ancora una decisione finale. Secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, gli Usa avrebbero offerto aiuti umanitari ad Hamas in cambio del rilascio di ostaggi civili. Il giornale di Beirut ha precisato che Hamas ha posto diverse condizioni, in particolare di avere contezza di quali tra i rapiti siano cittadini stranieri e su chi ha prestato servizio nell’esercito israeliano. Oggi, comunque, mentre decine di cittadini americani si sono messi in fila ad Haifa per imbarcarsi su una nave per la loro evacuazione da Israele verso Cipro, è tornato a Tel Aviv il segretario di Stato Antony Blinken. L’obiettivo è trovare spiragli di riduzione nel conflitto scoppiato con i sanguinosi attacchi di Hamas e sfociato in un assedio alla Striscia di Gaza dalle conseguenze devastanti in termini umanitari e imprevidibili sugli sviluppi regionali. “Siamo al fianco di Israele mentre si difende. Gli Stati Uniti stanno anche lavorando attivamente per garantire che la popolazione di Gaza possa uscire dal pericolo e che l’assistenza di cui ha bisogno – cibo, acqua, medicine – possa arrivare. Ad Hamas non importa se i palestinesi soffrono”, ha scritto oggi su X il capo della diplomazia di Washington.
In una intervista a Cbs 60 Minutes, Biden ha messo in chiaro di ritenere che Hamas vada eliminato, e quindi Israele deve “rispondere” e “dare la caccia” agli estremisti. Allo stesso tempo, ha però evidenziato, sarebbe un “grande errore” rioccupare Gaza. Alla domanda se fosse d’accordo con un “assedio totale” di Gaza, Biden ha detto di essere fiducioso che Israele agirà nel rispetto delle regole di guerra e che ci sarà “la possibilità per gli innocenti di Gaza di avere accesso a medicine, cibo e acqua”. Una visita dell’inquilino della Casa Bianca in Israele, fanno notare anche i media israeliani, darebbe l’opportunità a Biden di affermare personalmente al popolo israeliano che gli Stati Uniti sono fermi al suo fianco. Ma avverrebbe tra i crescenti timori che un imminente intervento israeliano a Gaza possa scatenare una guerra più ampia; in particolare la presenza di Biden potrebbe essere vista come una mossa provocatoria da parte dell’Iran, e poco gradita alle nazioni arabe mentre le vittime civili aumentano a Gaza. Non a caso Biden ha sottolineato che non ci sono “prove evidenti” che l’Iran sia dietro gli attacchi terroristici in Israele compiuti da Hamas all’inizio del mese. Continua a muoversi, infine, anche la Cina. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto, in un colloquio telefonico con il suo omologo di Teheran, che “il diritto del popolo palestinese a diventare uno Stato è stato a lungo messo da parte”: si tratta di “un’ingiustizia storica che deve finire il prima possibile”, ha sottolineato. In un punto stampa congiunto a Pechino con l’omologo russo Sergey Lavrov, Wang Yi ha poi definito un “imperativo” l’attuazione di un cessate-il-fuoco, il ritorno “al tavolo dei negoziati” e l’istituzione di “un canale umanitario di emergenza”, chiedendo “un intervento” e “un ruolo attivo” del Consiglio di sicurezza Onu e delle grandi potenze mondiali. (di Corrado Accaputo)
Nuovi attacchi aerei di Israele: su Gaza “enorme palla di fuoco”Roma, 16 ott. (askanews) – Nella notte nuovi attacchi aerei israeliani su Gaza: sarebbero le sortite più pesanti dall’inizio dei combattimenti la settimana scorsa.
I bombardamenti sono stati più intensi a Gaza City, dove le bombe hanno colpito aree vicine a due ospedali. Secondo il notiziario israeliano Channel 12, Israele ha effettuato attacchi su almeno 50 siti a Gaza durante la notte, distruggendo posti di guardia, centri di comando e lanciamissili.
Rapporti e filmati hanno mostrato pesanti attacchi a Gaza durante la notte, molti dei quali in rapida successione. Secondo Al Jazeera una “enorme palla di fuoco” è stata segnalata a Gaza dopo nuovi “molteplici attacchi aerei” da parte dell’esercito israeliano, che hanno causato la morte di diverse persone nelle ultime ore.
Due attacchi avrebbero colpito due sedi della protezione civile, uccidendo almeno sette membri della stessa. Sono stati colpiti anche obiettivi a Khan Younis, anche se non è stato possibile determinare immediatamente il numero esatto di vittime.
M.O., Blinken: valico di Rafah “sarà aperto”Milano, 15 ott. (askanews) – Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha promesso che il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto “sarà aperto” dopo l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi.
“Rafah sarà aperto”, ha detto. “Stiamo mettendo in atto con le Nazioni Unite, con l’Egitto, Israele e altri, il meccanismo attraverso il quale ottenere assistenza e farla arrivare alle persone che ne hanno bisogno”, ha detto secondo i media Usa. Israele ha chiuso i suoi due valichi di frontiera con Gaza e imposto un “assedio totale” al territorio, bloccando le forniture di carburante, elettricità e acqua. Ciò ha lasciato il valico di Rafah come l’unico sbocco praticabile per far uscire le persone dall’enclave e farvi entrare i rifornimenti.
L’Egitto si trova ad affrontare crescenti pressioni affinché agisca mentre la vicina Gaza viene colpita dagli attacchi israeliani dopo il brutale attacco dello scorso fine settimana in Israele da parte di Hamas. In seguito agli attacchi di Hamas, Israele ha chiuso i suoi due valichi di frontiera con Gaza e ha imposto un “assedio totale” al territorio, bloccando le forniture di carburante, elettricità e acqua. Ha lasciato il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto come l’unico sbocco praticabile per far uscire le persone dall’enclave – e farvi entrare i rifornimenti. Ma il valico è stato chiuso per gran parte della scorsa settimana: né gli abitanti di Gaza né i cittadini stranieri sono stati in grado di attraversarlo.
Voto Polonia, Tusk reclama vittoria ma conservatore PiS è primoMilano, 15 ott. (askanews) – Il partito conservatore polacco Diritto e Giustizia (PiS) ha vinto le elezioni in Polonia, ma si parla di vittoria di Pirro, lontana dal sostegno di cui godeva nel 2019, quando quasi il 44% degli elettori votò per il partito di Jaroslaw Kaczynski. E questo potrebbe rappresentare la sua sconfitta. Alla fine di una campagna elettorale aggressiva e costruita sulla paura (di Donald Tusk, della Germania, dell’Unione Europea, degli immigrati e del mondo fuori dalla Polonia in generale) resta in base agli exit poll il nucleo dell’elettorato del PiS, ma non sarebbe abbastanza, anche se va notato che le percentuali potrebbero differire dai risultati definitivi.
“Non sono mai stato così felice in vita mia” ha esultato il leader della coalizione Platforma Obywatelska (PO) Donald Tusk secondo i media polacchi alla chiusura dei seggi, dopo un’affluenza record e davanti ai risultati degli exit poll. “Nessuno ci credeva un anno fa. Tre mesi fa non ne eravamo sicuri. Proprio ieri la gente veniva da me e mi chiedeva se potevamo farlo, perché non potevamo farlo da tanti anni” ha aggiunto. “Saluto tutti coloro che sono ancora in coda ai seggi elettorali, che questo risultato potrebbe essere ancora migliore. Oggi possiamo dire che questo brutto periodo è finito. Questa è la fine del dominio del PiS (il conservatore Diritto e Giustizia, ndr)”, ha continuato. Tusk si è congratulato con i leader di Terza Via – che sarà in realtà la terza forza nel nuovo parlamento con un apparente ottimo risultato – e della Sinistra. “Abbiamo fatto una grande cosa insieme” dice Tusk. “Abbiamo vinto con la democrazia, abbiamo vinto con la libertà, abbiamo vinto con la nostra amata Polonia” aggiunge secondo i media polacchi.
In base agli aggiornamenti delle 21 del 15 ottobre, i risultati degli exit poll IPSOS per TVN, Polsat e TVP vedono il PiS al 36,8%, la Coalizione Civica (in polacco: Platforma Obywatelska, PO) 31,6%, Terza Via al 13,0%, Sinistra al 8,6%, Confederazione al 6,2%. Dovevano essere elezioni storiche, diverse da tutte quelle svoltesi dopo il 1989. Ed è esattamente quello che sono state. Dopo otto anni di governo, il PiS ha sofferto in questa campagna dello stesso problema che affliggeva PO-PSL nel 2015: non è stato in grado di spiegare agli elettori perché dovrebbe continuare a governare la Polonia. Perché la visione ‘sarà così come è ora e non ci sarà nessun Donald Tusk’ non ha entusiasmato.
E tuttavia il presidente del PiS Jaroslaw Kaczynski ha concluso il suo intervento con la dichiarazione “vinceremo” e l’invito ad attendere ulteriori sviluppi. In molti ora si chiedono se cederà il potere. “Abbiamo i primi risultati. Ci regalano la quarta vittoria e la terza consecutiva, e questo è un grande successo per la nostra formazione” dice Kaczynski che però ammette: non è noto se il PiS sarà al potere o all’opposizione. “Non permetteremo che la Polonia venga tradita” afferma. Già chiaro: il suo partito farà di tutto per continuare ad attuare il suo “programma” nonostante la coalizione opposta. “La strada non è chiusa” aggiunge Kaczynski. Come in una minaccia.