Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

M.O., Borrell: punire Hamas, non popolo e Autorità palestinesi

M.O., Borrell: punire Hamas, non popolo e Autorità palestinesiBruxelles, 10 ott. (askanews) – ‘Una punizione collettiva contro tutti i palestinesi’ per gli attacchi terroristici di Hamas contro i civili israeliani ‘sarebbe ingiusta e controproducente, sarebbe contro i nostri interessi e contro gli interessi della pace’. E il diritto di Israele alla propria difesa deve essere esercitato ‘rispettando il diritto umanitario internazionale’, ciò che ‘in alcuni casi non sta avvenendo’, nel blocco della striscia di Gaza.

Lo ha affermato questa sera l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Josep Borrell, sintetizzando i risultati della discussione sulle vicende in corso in Israele e Palestina, che si è svolta nel pomeriggio in videoconferenza con i ministri degli Esteri dell’Ue. Borrell e una parte dei ministri dei Ventisette (gli altri sono intervenuti da remoto) erano a Muscat, in Oman, dove stamattina si è svolto il 27esimo incontro ministeriale congiunto dell’Ue e dei Consiglio di cooperazione dei Paesi del Golfo. L’Alto Rappresentante ha anche rilevato che la ‘maggioranza schiacciante’ degli Stati membri dell’Ue vuole continuare a sostenere l’Autorità palestinese, e non certo interrompere gli aiuti (come aveva indicato ieri il commissario europeo alla Politica di vicinato, l’ungherese Oliver Varhelyi, poi sconfessato dalla Commissione), perché questo sarebbe ‘il migliore regalo per Hamas’.

‘Abbiamo discusso – ha riferito Borrell – su come continuare la nostra relazione con l’Autorità palestinese, è stata fatta una chiara distinzione tra Hamas e l’Autorità palestinese. Consideriamo Hamas un’organizzazione terroristica e ciò che ha fatto dimostra che si comporta come tale. Ma l’Autorità palestinese è un’altra cosa, è un nostro partner. Noi non trattiamo con Hamas, ma trattiamo e lavoriamo insieme con l’autorità palestinese e la sosteniamo. E non tutti i palestinesi sono terroristi. Quindi una punizione collettiva contro tutti i palestinesi – ha sottolineato – sarebbe ingiusta e controproducente, sarebbe contro i nostri interessi e gli interessi della pace’. Nella discussione ‘c’è stata una maggioranza schiacciante, con forse due o tre eccezioni, degli Stati membri che ha affermato chiaramente che la cooperazione con l’Autorità palestinese deve continuare, che devono continuare i finanziamenti e che i pagamenti non devono essere interrotti. Sì, la Commissione europea propone una revisione, e anche alcuni Stati membri vogliono riesaminare come questo sostegno è stato attuato, chi lo sta ricevendo, in modo da assicurare che non ci sia nessun legame, nessun tipo di supporto con le attività terroristiche di Hamas; ma questa revisione non deve essere una scusa per ritardare l’attuazione della nostra cooperazione con l’Autorità palestinese, deve essere fatta rapidamente, e io personalmente, con i miei servizi – ha annunciato Borrell -, spingerò perché sia attuata, dentro la Commissione e in partenariato con gli Stati membri, in modo da assicurare che non ci sia questo rischio di dispersione e di finanziamento occulto verso qualunque tipo di attività terroristica’.

‘Tra l’altro – ha osservato l’Alto Rappresentante -, se quattro anni dopo che siamo entrati in carica’ nella Commissione europea ‘scopriamo che abbiamo finanziato attività terroristiche di Hamas, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità politica per questo. Io non credo affatto che sia successo, ma facciamo i controlli. Alcuni Stati membri sono in un processo continuo di verifica del modo in cui l’aiuto è fornito, e a chi è dato, quindi non è qualcosa di straordinario. Ciò che è straordinario sono le circostanze attuali, che forse richiedono un’analisi profonda’. Comunque, ha ribadito, ‘molti Stati membri insistono sull’idea che questo non deve essere una scusa per ritardare la nostra cooperazione con autorità palestinese, e che i pagamenti non devono subire conseguenze da questo processo’. ‘La nostra volontà – ha affermato Borrell – è quella di continuare a sostenere l’autorità palestinese, che è una cosa completamente diversa da Hamas, sarebbe un enorme errore in questo momento critico far cessare il nostro sostegno per l’Autorità palestinese. Sarebbe un errore perché sarebbe il miglior regalo che potremmo dare ad Hamas’.

‘Sin dall’annuncio di ieri’, poi sconfessato, con cui il commissario Varhelyi prospettava la sospensione degli aiuti ‘c’è stata – ha riferito l’Alto Rappresentante – un’ondata di domande sulle ragioni’ della decisione annunciata ‘ e di richieste di continuare il sostegno’ al popolo palestinese ‘e naturalmente anche gli aiuti umanitari, che comunque non sono in discussione. Ciò che è in discussione è la cooperazione allo sviluppo, il sostegno ai servizi pubblici fornito ai palestinesi e ai servizi forniti attraverso le Nazioni Unite’. ‘Faremo la revisione, faremo i controlli, lo faranno anche gli Stati membri, ma ripeto: la schiacciante maggioranza dei paesi membri – ha insistito Borrell – considera che dobbiamo continuare il nostro sostegno all’Autorità palestinese e che i pagamenti dovuti non devono essere ritardati, in un momento critico per questa organizzazione perché anche la popolazione palestinese sta soffrendo’. Borrell ha riferito che, come si aspettava, i ministri degli Esteri dell’Ue hanno appoggiato la comunicazione congiunta della riunione Ue-Paesi del Golfo che era stata adottata pubblicata nel pomeriggio’ e in particolare ‘la condanna degli attacchi terroristici e di ogni attacco contro i civili, la richiesta di rilasciare gli ostaggi e di proteggere i civili, e di rispettare il diritto umanitario internazionale, che significa – ha evidenziato l’Alto Rappresentante – ‘no’ al blocco di acqua, cibo ed energia elettrica alla popolazione civile di Gaza’. I ministri hanno anche sostenuto ‘l’apertura di corridoi umanitari per facilitare la fuga attraverso l’Egitto di chi sfugge dai bombardamenti a Gaza’. Bisogna, ha detto Borrell, ‘preparare il giorno dopo: è la quarta volta nella mia vita che sono testimone di una guerra a Gaza, di azioni terroristiche a cui rispondono le rappresaglie di Israele che esercita il suo diritto alla difesa’. ‘Dobbiamo riflettere su cosa succederà dopo. Per questo – ha indicato l’Alto Rappresentante – dobbiamo aumentare la nostra cooperazione con il mondo arabo e ricalibrare e riqualificare (‘upgrade’, ndr) l’iniziativa presa alcuni mesi fa insieme alla Lega araba, l’Egitto, la Giordania, l’Arabia Saudita, per rilanciare il processo di pace e ricordare al mondo che il problema palestinese esiste ancora, che fare la pace tra Israele e i Paesi arabi è positivo e necessario, ma pure – ha sottolineato Borrell – che la pace deve essere fatta anche con i palestinesi. Altrimenti questo ciclo di violenza ricomincerà di nuovo’. ‘Dobbiamo rilanciare e ricalibrare la dinamica’, che era stata sostenuta da tanti paesi, ‘della soluzione dei due Stati. Perché non conosciamo altre soluzioni. Quindi dobbiamo lavorare per rendere fattibile questa soluzione, sebbene – ha ricordato – 30 anni dopo gli Accordi di Camp David appaia ancora più lontana che mai’. ‘Nel frattempo – ha aggiunto l’Alto Rappresentante – dobbiamo aumentare il nostro sostegno umanitario per le vittime di questa tragedia. E dobbiamo metterci in contatto con i partner in tutto il mondo: la comunità internazionale deve usare questo momento critico, che può essere un momento di sveglia, per re-impegnarsi nella questione israelo-palestinese. Israele ha il diritto di difendersi, ma questo deve essere fatto secondo il diritto umanitario internazionale. E alcune decisioni sono contrarie a questo diritto internazionale’. ‘Questo attacco barbarico e terroristico che ha causato tante vittime, tante persone uccise, ha provocato una reazione dalle forze di difesa israeliane che sta causando a sua volta sofferenze umane. Noi – ha detto ancora Borrell – insistiamo sul fatto che questa reazione deve rispettare il diritto umanitario internazionale. Ma il fatto è che anche i morti a Gaza stanno aumentando, 150 mila persone sono sfollati interni in fuga all’interna, e la situazione umanitaria è terribile’. ‘Quindi – ha avvertito l’Alto Rappresentante – dobbiamo fornire più sostegno, non meno’ alla popolazione palestinese. ‘Questa è, credo, la posizione espressa dal 95% degli Stati membri oggi e segna il modo in cui dobbiamo lavorare. Sono giorni tristi ma questa può essere un’occasione per rimettere sul tavolo la ricerca della pace, per evitare – ha concluso – un altro ciclo di violenza’.

Biden: è terrorismo, Hamas pagherà. Siamo con Israele, ha il dovere di rispondere

Biden: è terrorismo, Hamas pagherà. Siamo con Israele, ha il dovere di rispondereRoma, 10 ott. (askanews) – “Hamas ha unico scopo, quello di assassinare il popolo ebraico. E’ il male vero e proprio. Hamas non difende il diritto all’autodeterminazine, diffonde il terrore, dovranno pagarne il prezzo”, ha detto il presidente americano Joe Biden. “Le mani insanguinate di Hamas” “pagheranno” per quello che hanno fatto, “Israele ha il dovere di rispondere”. “Noi siamo accanto a Israele”, ha aggiunto.

“Hamas non offre altro che terrore e spargimento di sangue”. Lo ha detto il presidente americano Joe Biden dalla Casa Bianca. Ha poi aggiunto, in un silenzio pesante in sala, che almeno 14 americani sono stati uccisi negli attacchi e ci sono cittadini americani tra gli ostaggi. “Ci sono americani tra gli ostaggi e abbiamo esperti del governo che si stanno consultando con controparti israeliane per il recupero degli ostaggi. La mia priorità è garantire la sicurezza di tutti, dobbiamo anche rafforzare la nostra deterrenza”, ha detto il presidente americano.

“Vediamo una brutalità impressionante quella di Hamas che riporta alla memoria le peggiori pagine della storia, questo è terrorismo, ma purtroppo per il popolo ebraico non è nuovo” e “dobbiamo essere chiari: siamo con Israele, noi siamo con Israele”, ha detto il presidente americano Joe Biden. “Faremo in modo che Israele abbia tutto quanto ha bisogno per difendere i suoi cittadini e rispondere a questo attaco”, perché “non c’è scusa alcuna per il terrorismo”, ha aggiunto.

“Israele ha il diritto e il dovere di rispondere ad attacchi”, “ho parlato con Netanyahu e ho detto che l’espierenza degli Stati uniti è di essere rapidi e decisi nella risposta”, “sosteniamo il popolo di Israele che sta soffrendo tante perdite” e “stiamo garantendo di dare munizioni e intercettori per fornire Iron Dome” in modo che “Israele abbia tutte le risorse necessarie per diferendere i propri cittadini” e “adotteremo misure urgenti per rispondere anche alle altre esigenze”. Lo ha detto il presidente americano Joe Biden parlando del conflitto tra Israele ed Hamas, una questione “non di partito” ma di “sicurezza del mondo, degli Stati uniti”. “Chiunque voglia trarre vantaggio da questa situazione è bene sappia che ho una sola cosa da dirgli, no non lo fate, non lo fate”, ha detto il presidente americano Joe Biden avvertendo i Paesi interessati a inserirsi nel conflitto. “I nostri cuori potrebbero essere spezzati ma la nostra determinazione è netta”, ha aggiunto.

Guerra in Israele, Borrell (Ue): rispettare la legge umanitaria internazionale, proteggere tutti i civili

Guerra in Israele, Borrell (Ue): rispettare la legge umanitaria internazionale, proteggere tutti i civiliBruxelles, 10 ott. (askanews) – “Quanto accaduto da sabato scorso segna una terribile crisi per il Medio Oriente e per il Golfo: sono momenti tragici nella storia del Medio Oriente, è scioccante la sofferenza che questo attacco lanciato da Hamas ha causato e continua a causare a civili innocenti, e per l’impatto che questo avrà sulla possibilità per i due popoli e vivere fianco a fianco in pace e sicurezza”. Lo ha affermato l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Josep Borrell, durante la conferenza stampa al termine del 27esimo incontro ministeriale congiunto dell’Ue e del Consiglio di cooperazione dei Paesi del Golfo, questo pomeriggio a Muscat, in Oman.

“Da sabato scorso – ha riferito Borrell – ho chiesto all’Autorità palestinese di contribuire all’immediata cessazione dell’ostilità e di promuovere l’interesse del popolo palestinese e le aspirazioni di tutta la regione alla sicurezza e alla stabilità. Ho anche parlato con il ministro degli Esteri israeliano per esprimere la solidarietà dell’Unione europea di fronte a questi terribili attacchi terroristici, per condannare con forza la violenza e il terrore e richiamare il bisogno di rispettare il diritto umanitario internazionale per impedire ulteriori perdite di vite di civili”. Inoltre, ha continuato Borrell, “ho parlato con altri partner nel Golfo: oggi la priorità è cessare la violenza e impedire ulteriori escalation regionali. E’ della più grande importanza il rilascio degli ostaggi, così come la protezione dei civili da parte di tutte le parti in causa e in ogni momento”. L’Alto Rappresentante ha quindi letto i punti 21 e 22 della dichiarazione congiunta dell’incontro ministeriale Ue-Paesi del Golfo: “Il Consiglio congiunto ha espresso profonda preoccupazione per i gravi sviluppi in Israele e a Gaza e ha condannato tutti gli attacchi contro i civili. Ha chiesto la protezione dei civili, ricordando alle parti i loro obblighi ai sensi dei principi universali del diritto internazionale umanitario. Ha inoltre chiesto moderazione, il rilascio degli ostaggi e l’accesso al cibo, all’acqua e ai medicinali” per la popolazione civile “conformemente al diritto internazionale umanitario, sottolineando l’urgente necessità di una soluzione politica alla crisi per evitare il ripetersi di questo circolo vizioso di violenza”. Il Consiglio congiunto, ha continuato Borrell, “ha chiesto la fine di tutti gli atti di violenza e di ogni misura unilaterale e ha sostenuto gli sforzi dell’Arabia Saudita, dell’Unione europea e della Lega degli Stati arabi volti a rilanciare il processo di pace in Medio Oriente, in cooperazione con l’Egitto e la Giordania, per contribuire a porre fine alla violenza e iniziare il cammino verso la pace e la sicurezza”. E “l’Ue e i ministri del Consiglio di cooperazione del Golfo hanno ribadito il loro impegno a favore della soluzione a due Stati, che convivano in sicurezza fianco a fianco, sulla base delle linee del 1967, in conformità con l’Iniziativa di pace araba e tutte le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, il mantenimento dello status quo storico e religioso dei luoghi santi di Gerusalemme e una soluzione giusta ed equa per i rifugiati”.E stata anche sottolineata, ha rilevato ancora Borrell, “l’importanza di un sostegno finanziario costante all’Unrwa, all’Autorità palestinese, e alle esigenze umanitarie e di sviluppo nei territori palestinesi occupati”. La soluzione dei due Stati, ha aggiunto l’Alto Rappresentante, “è l’unica soluzione, non ne conosciamo nessun’altra”. Borrell è passato quindi a parlare della riunione straordinaria del Consiglio Esteri dell’Ue, dedicata proprio alle vicende in corso in Israele e Palestina: “Sarà – ha detto – un Consiglio informativo non formale, i ministri discuteranno politicamente e scambieranno le loro opinioni sulla situazione. Molti ministri sono qui in Oman e altri ci raggiungeranno in videoconferenza per analizzare la situazione dopo gli eventi di sabato”.

Secondo l’Alto Rappresentante, i ministri dell’Ue si ritroveranno d’accordo sui contenuti del comunicato del congiunto Ue-Paesi del Golfo, e in particolare, ha sintetizzato, sul fatto che “se condanniamo tutti gli attacchi ai civili significa tutti”, e poi “sull’appello per la protezione dei civili, e sul richiamo all’obbligo di rispettare i principi universali del diritto umanitario internazionale”. Questo, ha precisato Borrell, “significa che, se sul terreno Israele ha il diritto di difendersi, certamente questo deve essere fatto in accordo con i principi del diritto internazionale umanitario”. Inoltre, ha proseguito l’Alto Rappresentante, c’è “l’appello per il rilascio degli ostaggi e per l’accesso a cibo, acqua e medicine, come prevede appunto il diritto internazionale umanitario. Facciamo appello per una soluzione politica che possa evitare ancora una volta il ciclo di violenza, e certo – ha sottolineato – rifiutiamo gli atti terroristici che hanno creato tanto dolore e certamente, nella nostra comprensione, non hanno aiutato e sostenuto la causa palestinese”. “Credo – ha ribadito Borrell – che la discussione dei ministri dell’Ue seguirà queste linee. E che l’accordo che siamo riusciti a raggiungere con i colleghi e amici del Consiglio di Cooperazione del Golfo potrebbe essere un buon modello per la discussione di questo pomeriggio”. Rispondendo ai giornalisti, l’Alto Rappresentante ha poi rivelato che durante la riunione con i Paesi del Golfo “abbiamo smentito false informazioni, per esempio sul fatto che la Germania avrebbe intenzione di cancellare il sostegno per l’Autorità palestinese. Il ministro tedesco ha chiaramente affermato che non è assolutamente così e che la Germania continuerà a fornire sostegno, certo guardando gli ultimi sviluppi nel medio e lungo termine, ma senza sospensione”. Infine, Borrell ha fatto riferimento alla vicenda del falso annuncio di ieri del suo collega Oliver Varhelyi, poi sconfessato dalla stessa Commissione, sulla sospensione degli aiuti allo sviluppo in Palestina. “Uno dei punti della nostra risoluzione è sottolineare l’importanza di continuare gli aiuti allo sviluppo nei territori palestinesi occupati nella West Bank sostenendo l’Autorità palestinese. Da questo punto di vista, come sapete perché è stato chiarito, non ci sarà sospensione dei pagamenti dovuti dei fondi alla Palestina da parte della Commissione europea”, ha concluso.

Polonia domenica al voto: bivio cruciale che interessa Ue e Usa

Polonia domenica al voto: bivio cruciale che interessa Ue e UsaMilano, 10 ott. (askanews) – Con una guerra da un anno e mezzo alle porte, un terremoto ai vertici dell’esercito polacco e un mondo attonito per quanto accade in Medio Oriente, Varsavia è a un bivio mentre si prepara a un appuntamento alle urne i cui sviluppi interessano non solo il Paese: domenica 15 ottobre, in Polonia si terranno le elezioni parlamentari e un referendum. E come sottolinea la Cnn, si tratta di “un’elezione cruciale. Il suo esito si ripercuoterà su Europa, Ucraina e Stati Uniti”.

Si vota dalle 7 alle 21, per il Sejm (Dieta, ovvero la Camera Bassa) e il Senato della Repubblica. La campagna elettorale si conclude alla mezzanotte del 13 ottobre. Il partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS) – che attualmente governa con il sostegno di alcuni partiti populisti più piccoli – spera di vincere un terzo mandato consecutivo e formare il prossimo governo del paese. Gli si oppone una coalizione di partiti centristi guidata da Donald Tusk, ex primo ministro polacco ed ex presidente del Consiglio europeo, che cavalca un aspetto inoppugnabile: la svolta illiberale durante gli otto anni di governo del PiS ha fatto sì che il paese – un tempo considerato un modello di democrazia post-sovietica – perdesse amici in Occidente. SONDAGGI

C’è un tendenza sfavorevole nei sondaggi d’opinione del PiS, anche se probabilmente vincerà: il suo sostegno è diminuito, in parte a causa dei suoi precedenti in materia di diritti delle donne e stato di diritto. E va detto che, anche se il PiS sarà al primo posto, alcune indagini demoscopiche indicano la possibilità di formare un governo di maggioranza da parte dell’opposizione tradizionale. Mentre nel caso di un risultato ambiguo, si potrebbe aprire un pertugio e l’estrema destra per trarne vantaggio. E in particolare un partito di estrema destra, la Confederazione, che si scaglia contro l’assistenza economica fornita ai rifugiati ucraini in Polonia: quest’anno il gruppo ha ottenuto sostegno in molte delle roccaforti rurali del PiS, e i funzionari governativi hanno risposto inasprendo il tono nei confronti di Kiev. DIBATTITO, ASSENZA E DUELLO

Quasi alla fine di una campagna elettorale feroce, lunedì 9 ottobre si è tenuto sulla tv nazionale il duello preelettorale che ha visto contrapporsi il primo ministro Mateusz Morawiecki (PiS), il leader Piattaforma Civica (in polacco: Platforma Obywatelska, PO) Donald Tusk, e altri esponenti come Joanna Scheuring-Wielgus (Nuova sinistra) o Szymon Holownia di Trzecia Droga, coalizione centrista-agraria, nonché il co-leader del partito di estrema destra della Confederazione (per esteso Confederazione Libertà e Indipendenza) Krzysztof Bosak. Tusk, che è il principale obiettivo di screditamento nella campagna elettorale di Diritto e Giustizia, si è presentato agli elettori come “uno di voi”, ma troppo teso e per questo incapace di vincere il dibattito. Ma nemmeno Morawiecki ha trionfato, davanti a un pubblico stanco dei suoi continui attacchi.

Già nei giorni scorsi la provocazione di Tusk era: “Jarek, dove ti nasconti?” E lunedì sera, il presidente del partito conservatore, Jaroslaw Kaczynski si teneva a distanza, a Przysucha, cittadina di 6.000 anime e una delle roccaforti rurali del PiS. Secondo alcuni per cancellare l’impressione che avesse paura del confronto con Tusk, che aveva ampiamente annunciato la sua apparizione in Tv e aveva sfidato il suo rivale a un duello mediatico. Ma ciò che ha lasciato perplessi gli elettori polacchi è stata la mancanza di riferimenti alla questione dei rifugiati nel discorso di Kaczynski a Przysucha. O il non aver detto nulla sulla guerra in M.O.. Forse non sa ancora come commentare, qualcuno sospetta, soprattutto nel contesto della paventata ondata di profughi palestinesi in Europa. Il finale di inizio settimana è stata una sfida a duello da parte di Tusk, che rivolgendosi al primo ministro uscente, ha detto: “Per favore, vieni con Jaroslaw Kaczynski, potete essere in due, possiamo tenere un dibattito con tutti i media, sono aperto a qualsiasi proposta, ti aspetterò venerdì in qualunque posto tu scelga”. TUSK, L’UCRAINA E LA RUSSIA Tusk è stato oggetto di intensi attacchi da parte dei media statali che lo dipingono come un burattino in mano alla Germania che rappresenta gli interessi di un’arrogante élite urbana e per aver concluso accordi sul gas con la Russia durante il suo periodo come primo ministro. Accusato di essere un codardo per non aver visitato l’Ucraina mentre sta combattendo l’aggressione della Russia. Ma Kiev e la sua guerra è un tema complesso e trasversale in questo contesto elettorale, a fronte di una progressiva stanchezza nei confronti del tema stesso da parte dell’elettorato. Varsavia è stato un importante fornitore di armi per l’Ucraina e rimane un paese chiave per il trasferimento di armi ed equipaggiamenti militari occidentali a Kiev. Tuttavia la recente polemica giunta sino a livello di capi di stato e di governo dei due Paesi confinanti, sul grano (apparentemente risolta) e sulla fornitura di armi, scopre chiaramente crepe che non riguardano solo la stanchezza. Il governo polacco ha sempre più preso di mira l’Ucraina con una forte retorica, in particolare sulle importazioni di grano ucraino che, a suo dire, indebolirebbero gli agricoltori polacchi, ma anche sulla fornitura di armi occidentali e sui tentativi di Kiev di aderire alla NATO e all’UE. A questo si aggiunge l’odio che divide i due leader di partito: Kaczynski accusa Tusk di essere “moralmente responsabile” della morte del gemello Lech nello schianto dell’aereo presidenziale a Smolensk, in Russia nel 2010 (all’epoca Tusk era premier e venne accusato dal PiS di negligenze). “PROFONDA DESTABILIZZAZIONE DEL SISTEMA DI COMANDO” “Un momento terribile per la nostra sicurezza” titola il settimanale Polityka. E nel commentare le informazioni sulle dimissioni del capo di stato maggiore dell’esercito polacco, generale Rajmund Andrzejczak, e del comandante operativo delle forze armate, tenente generale Tomasz Piotrowski, riportate per la prima volta dal quotidiano Rzeczpospolita, Polityka aggiunge: “c’è stata troppa commistione tra politica e militari in questa campagna elettorale e queste dimissioni stanno alimentando questo fenomeno”. Ovviamente la questione della guerra in Ucraina non è estranea alla vicenda. Si dice che il terremoto ai vertici derivi proprio da scontri interni derivati da un dissidio tra il ministro della Difesa nazionale, Mariusz Blaszczak e Piotrowski. “Forse i generali sapevano che Blaszczak avrebbe ‘fatto qualcosa’, perché durante la campagna elettorale ha oltrepassato i limiti di ciò che era consentito” aggiunge il settimanale. E infine: “In ogni caso, oggi ci troviamo in una situazione di profonda destabilizzazione del sistema di comando dell’esercito polacco. Si può addirittura parlare di una guerra in cui le vittime non sono solo gli ufficiali, ma anche il senso di sicurezza dei polacchi”. (di Cristina Giuliano)

Quarto giorno di guerra: 830 morti a Gaza, oltre mille in Israele

Quarto giorno di guerra: 830 morti a Gaza, oltre mille in IsraeleRoma, 10 ott. (askanews) – Al quarto giorno di guerra risuonano ancora le sirene di allarme antimissile in Israele e l’esercito israeliano prosegue gli attacchi aerei nella Striscia di Gaza, mentre Hamas ha fatto sapere di essere pronto a “una guerra lunga”. E si aggrava il bilancio delle vittime. Secondo il ministero della Salute palestinese, il bilancio dei morti a Gaza conta 830 vittime e 4.250 feriti. In Israele sono oltre 1.000 i morti e 3.400 i feriti.

E Hamas ha avvertito che prima della fine del conflitto non negozierà il rilascio delle decine di ostaggi catturati nelle prime ore dell’operazione lanciata sabato scorso. Operazione messa a punto da una decina di leader di Hamas nella Striscia di Gaza, ha rivendicato oggi un esponente dell’organizzazione in esilio a Beirut, smentendo un presunto coinvolgimento dell’Iran, ma sostenendo che Teheran e il gruppo libanese Hezbollah sono pronti a “unirsi alla battaglia se Gaza sarà sottoposta ad una guerra di annientamento”. Nelle prime ore della giornata l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver ripreso il controllo del confine con la Striscia di Gaza e di aver quasi completato l’evacuazione di 24 località situate nei pressi della frontiera, ammettendo però che potrebbero “verificarsi infiltrazioni”. Nel frattempo, circa 300.000 riservisti continuano a prepararsi a una possibile invasione di terra della Striscia di Gaza, posta sotto “assedio totale” da Israele. Una misura denunciata oggi dall’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk, come violazione del diritto internazionale. Secondo l’Onu, nell’enclave palestinese che conta oltre 2 milioni di abitanti sono oltre 187.000 gli sfollati dall’inizio del conflitto, di cui 137.000 ospitati nelle scuole delle Nazioni Unite, mentre gli intensi bombardamenti di questi giorni hanno causato la distruzione di 790 unità abitative, danneggiando in modo grave altre 5.330. Popolazione che non ha via di fuga, dopo che l’Egitto ha riferito della chiusura del valico di Rafah, dove sono stati segnalati oggi attacchi aerei. Secondo i media israeliani, Israele avrebbe informato l’Egitto che verrà preso di mira ogni camion carico di aiuti diretto a Gaza.

Per “il massacro del popolo di Gaza”, ha tuonato oggi la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, Israele riceverà “uno schiaffo ancora più pesante” rispetto “all’irreparabile fallimento, sia in termini militari che di intelligence”, subito dai miliziani di Hamas. Khamenei ha negato ogni coinvolgimento di Teheran nell’ideazione dell’operazione Al-Aqsa Flood, ma ha ribadito sostegno alla “Palestina e alla sua lotta”. I risultati ottenuti dall’operazione hanno “sorpreso” anche Hamas, stando a quanto detto all’Associated Press dal leader in esilio Ali Barakeh, secondo cui l’organizzazione palestinese pensava di “ottenere qualche successo e di prendere prigionieri per scambiarli”. Secondo Barakeh, sono circa 2.000 i miliziani che hanno preso parte finora al conflitto, su un esercito di circa 40.000 uomini nella sola Striscia di Gaza. E “siamo preparati bene per questa guerra e per affrontare tutti gli scenari, anche lo scenario di una lunga guerra”, ha aggiunto. Da parte sua, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha detto di aver informato “tutte le parti che ci hanno contattato” che non ci saranno negoziati sui “prigionieri prima della fine della battaglia”.

Hanieyh ha quindi esortato tutti i palestinesi a “partecipare alla battaglia”, poi Hamas ha invitato il mondo arabo e musulmano a una “mobilitazione generale” venerdì prossimo, per mostrare sostegno al popolo palestinese “di fronte alla guerra aperta dell’occupazione”.

M.O., portavoce Ue sconfessa il commissario Varhelyi su aiuti a palestinesi

M.O., portavoce Ue sconfessa il commissario Varhelyi su aiuti a palestinesiBruxelles, 10 ott. (askanews) – Il tweet con cui il commissario europeo alla Politica di vicinato e all’allargamento, l’ungherese Oliver Varhelyi, ieri aveva annunciato l’immediata sospensione di tutti i pagamenti dell’Ue per gli aiuti allo sviluppo della popolazione palestinese per un totale di 691 milioni di euro “non era stato preceduto dalla consultazione di nessun membro del Collegio” dei commissari. Lo ha riferito oggi a Bruxelles il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer, rispondendo ai giornalisti durante il briefing quotidiano per la stampa dell’Esecutivo comunitario.

Mamer, dopo aver puntualizzato che i portavoce non parlano a nome di un commissario ma di tutta la Commissione (ammettendo implicitamente che ciò che dice un commissario può non corrispondere alla linea della Commissione) ha anche spiegato, in sostanza, che la sospensione di tutti i pagamenti degli aiuti allo sviluppo per la popolazione palestinese non avrebbe potuto comunque essere oggetto di una “decisione tecnica”, ma che sarebbe necessaria per questo una “decisione politica”, presa cioè da tutta la Commissione e il coinvolgimento anche degli Stati membri. A livello tecnico, si può sospendere l’erogazione di uno specifico pagamento per uno specifico progetto se il funzionario della Commissione abilitato ad autorizzare l’esborso ha dei sospetti riguardo a possibili abusi o a un utilizzo dei fondi per fini diversi da quelli previsti, ha spiegato ancora il portavoce. “Ma qui – ha precisato Mamer – è completamente diverso, la sospensione ha un significato politico. Sospendere tutto l’aiuto allo sviluppo in Palestina, di tutti i programmi e di tutti i progetti è una decisione politica che necessariamente deve essere presa dal collegio dei commissari, e in consultazione con i nostri partner in altre istituzioni, che svolgono un ruolo nei programmi”.

Ieri Varhelyi, dopo aver affermato che “la portata del terrore e della brutalità contro Israele e il suo popolo rappresenta un punto di svolta” e per questo “non si può continuare con l’ordinaria amministrazione (‘business as usual’, ndr)”, aveva annunciato che, “in quanto maggior donatore dei palestinesi, la Commissione europea sta rivedendo il suo intero portafoglio di aiuti allo sviluppo, per un valore totale di 691 milioni di euro”. Il commissario aveva quindi elencato in un tweet successivo misure che dava per già prese: “Tutti i pagamenti immediatamente sospesi. Tutti i progetti messi sotto revisione. Tutte le nuove proposte di bilancio, anche per il 2023, sono rinviate fino a nuovo avviso. Valutazione globale dell’intero portafoglio”. Il portavoce capo della Commissione ha ribadito oggi, come aveva puntualizzato ieri il commissario alla Gestione delle crisi, Janez Lenarcic, che continuano gli aiuti umanitari per i palestinesi, incanalati attraverso le agenzie Onu e le Ong, (e “continueranno per tutto il tempo che saranno necessari”, ha precisato un altro portavoce, Balazs Ujvari). “Noi distinguiamo – ha aggiunto Mamer – l’aiuto umanitario dal sostegno allo sviluppo per il popolo palestinese e l’Autorità palestinese. L’aiuto umanitario riguarda i bisogni essenziali: cibo, riparo, acqua, assistenza medica. Questo continua fino a quando abbiamo dei partner sul terreno”.

Mamer, inoltre, ha riferito che dopo il tweet di Varhelyi i capi di gabinetto della Commissione, che erano riuniti ieri pomeriggio per decidere l’agenda della riunione del Collegio dei commissari di domani, si sono occupati della questione. “Hanno constatato che la situazione sul terreno (in Israele e a Gaza, ndr) è in evoluzione e che dobbiamo fare dei nuovi controlli” sul modo in cui sono usati gli aiuti allo sviluppo per i palestinesi. “Questo significa fare una revisione, e mentre la revisione è in corso non sarà sospeso nulla. Poi vedremo se considerare altre decisioni. Per ora non ci sono pagamenti previsti”, ha concluso il portavoce capo della Commissione.

Sirene in Israele e raid a Gaza, Hamas: pronti a guerra lunga

Sirene in Israele e raid a Gaza, Hamas: pronti a guerra lungaRoma, 10 ott. (askanews) – Al quarto giorno di guerra risuonano ancora le sirene di allarme antimissile in Israele e l’esercito israeliano prosegue gli attacchi aerei nella Striscia di Gaza, mentre Hamas ha fatto sapere di essere pronto a “una guerra lunga”. E avverte che prima della fine del conflitto non negozierà il rilascio delle decine di ostaggi catturati nelle prime ore dell’operazione lanciata sabato scorso. Operazione messa a punto da una decina di leader di Hamas nella Striscia di Gaza, ha rivendicato oggi un esponente dell’organizzazione in esilio a Beirut, smentendo un presunto coinvolgimento dell’Iran, ma sostenendo che Teheran e il gruppo libanese Hezbollah sono pronti a “unirsi alla battaglia se Gaza sarà sottoposta ad una guerra di annientamento”. Intanto si aggrava il bilancio delle vittime in Israele e nella Striscia di Gaza: sono oltre 1.000 i morti e 3.400 i feriti in Israele e e 770 i morti e circa 4.100 i feriti nella Striscia di Gaza.

Nelle prime ore della giornata l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver ripreso il controllo del confine con la Striscia di Gaza e di aver quasi completato l’evacuazione di 24 località situate nei pressi della frontiera, ammettendo però che potrebbero “verificarsi infiltrazioni”. Nel frattempo, circa 300.000 riservisti continuano a prepararsi a una possibile invasione di terra della Striscia di Gaza, posta sotto “assedio totale” da Israele. Una misura denunciata oggi dall’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk, come violazione del diritto internazionale. Secondo l’Onu, nell’enclave palestinese che conta oltre 2 milioni di abitanti sono oltre 187.000 gli sfollati dall’inizio del conflitto, di cui 137.000 ospitati nelle scuole delle Nazioni Unite, mentre gli intensi bombardamenti di questi giorni hanno causato la distruzione di 790 unità abitative, danneggiando in modo grave altre 5.330. Popolazione che non ha via di fuga, dopo che l’Egitto ha riferito della chiusura del valico di Rafah, dove sono stati segnalati oggi attacchi aerei. Secondo i media israeliani, Israele avrebbe informato l’Egitto che verrà preso di mira ogni camion carico di aiuti diretto a Gaza.

Per “il massacro del popolo di Gaza”, ha tuonato oggi la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, Israele riceverà “uno schiaffo ancora più pesante” rispetto “all’irreparabile fallimento, sia in termini militari che di intelligence”, subito dai miliziani di Hamas. Khamenei ha negato ogni coinvolgimento di Teheran nell’ideazione dell’operazione Al-Aqsa Flood, ma ha ribadito sostegno alla “Palestina e alla sua lotta”. I risultati ottenuti dall’operazione hanno “sorpreso” anche Hamas, stando a quanto detto all’Associated Press dal leader in esilio Ali Barakeh, secondo cui l’organizzazione palestinese pensava di “ottenere qualche successo e di prendere prigionieri per scambiarli”. Secondo Barakeh, sono circa 2.000 i miliziani che hanno preso parte finora al conflitto, su un esercito di circa 40.000 uomini nella sola Striscia di Gaza. E “siamo preparati bene per questa guerra e per affrontare tutti gli scenari, anche lo scenario di una lunga guerra”, ha aggiunto. Da parte sua, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha detto di aver informato “tutte le parti che ci hanno contattato” che non ci saranno negoziati sui “prigionieri prima della fine della battaglia”.

Hanieyh ha quindi esortato tutti i palestinesi a “partecipare alla battaglia”, poi Hamas ha invitato il mondo arabo e musulmano a una “mobilitazione generale” venerdì prossimo, per mostrare sostegno al popolo palestinese “di fronte alla guerra aperta dell’occupazione”.

L’Oms: a Gaza sono esaurite le forniture mediche

L’Oms: a Gaza sono esaurite le forniture medicheNew York, 10 ott. (askanews) – Il portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) Tarik Jazarevic ha dichiarato che, nonostante le procedure di emergenza per razionare le scorte, negli ospedali di Gaza non sono rimaste forniture mediche e tutti i presidi sanitari “sono al di là delle loro capacità”.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha stanziato 1 milione di dollari per acquistare ulteriori forniture a livello locale, ha spiegato Jazarevic. Sabato Israele ha anche tagliato l’elettricità a Gaza, lasciando molti ospedali al buio. Jan Egeland, segretario generale del gruppo di aiuto del Consiglio norvegese per i rifugiati, ha avvertito che un lungo assedio di Gaza significherebbe un “totale disastro” per coloro che vivono nel territorio. “Se ciò dovesse portare a bambini feriti che muoiono negli ospedali a causa della mancanza di energia e forniture, potrebbe equivalere a crimini di guerra” ha detto Egeland.

Hamas minaccia: gli abitanti di Ashkelon lascino la città

Hamas minaccia: gli abitanti di Ashkelon lascino la cittàRoma, 10 ott. (askanews) – Abu Obeida, portavoce dell’ala militare di Hamas, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, ha minacciato un attacco missilistico sulla città di Ashkelon, nel sud di Israele, invitando gli abitanti a lasciare la località al confine con la Striscia di Gaza. “In risposta al crimine del nemico di sfollare la nostra gente e di costringerla ad abbandonare le proprie case in diverse aree della Striscia di Gaza, diamo tempo fino alle 17 ai residenti della città occupata di Ashkelon per andarsene”, ha scritto Abu Obeida su Telegram, citato dal Times of Israel.

Hamas condanna il sostegno a Israele di Italia e altri Paesi, “venerdì mobilitazione”

Hamas condanna il sostegno a Israele di Italia e altri Paesi, “venerdì mobilitazione”Roma, 10 ott. (askanews) – L’organizzazione palestinese Hamas ha chiesto per venerdì prossimo una “mobilitazione generale” del mondo arabo e musulmano a sostegno dei palestinesi, affermando che la giornata sarà ricordata come il “venerdì dell’operazione Al-Aqsa Flood”, dal nome dell’offensiva lanciata sabato scorso contro Israele. Una mobilitazione volta a mostrare sostegno al popolo palestinese “di fronte alla guerra aperta dell’occupazione”. Stando a quanto riportato al Jazeera, l’organizzazione ha chiesto ai giovani palestinesi della Cisgiordania di confrontarsi con i coloni e i soldati israeliani. Inoltre Izzat al Rishq, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha criticato duramente la dichiarazione congiunta di sostegno a Israele rilasciata ieri da Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Italia. “Queste posizioni confermano ancora una volta i doppi standard di questi Paesi e il loro palese pregiudizio nei confronti dell’occupazione sionista”, ha affermato al Rishq, “e forniscono una copertura e un incoraggiamento a continuare e ad aumentare i suoi crimini contro il nostro popolo indifeso”.