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Usa, Yellen: senza accordo su debito, default il 5 giugno

Usa, Yellen: senza accordo su debito, default il 5 giugnoRoma, 26 mag. (askanews) – “In base agli ultimi dati a nostra disposizione, stimiamo che in mancanza di un accordo il Tesoro non sarà più in grado di fare fronte alle necessità del governo federale a partire dal prossimo 5 giugno”. E’ quanto ha scritto la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, in una nuova lettera al Congresso in cui ha avvertito che il governo potrebbe andare in default il 5 giugno senza aumentare il tetto del debito del Paese, pari a 31.400 miliardi di dollari.

Yellen ha ricordato nella lettera indirizzata al presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, che nei primi due giorni di giugno saranno inviati pagamenti per 130 miliardi di dollari ai veterani e alle persone iscritte ai programmi Social Security e Medicare. Una misura, ha avvertito l’ex governatrice della Federal Reserve, che lascerà il Tesoro in una posizione “estremamente precaria” riguardo alla disponibilità di risorse. Yellen ha così invitato tutte le parti interessate a negoziare “in buona fede” per ottenere al più presto un accordo di compromesso che consenta di evitare il default.

Putin: siamo disposti al dialogo sull’Ucraina e alla via diplomatica (ma Kiev la blocca)

Putin: siamo disposti al dialogo sull’Ucraina e alla via diplomatica (ma Kiev la blocca)Roma, 26 mag. (askanews) – Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito la disponibilità di Mosca al dialogo sull’Ucraina nel corso di un colloquio con l’omologo brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva: è quanto si legge in un comunicato diffuso dal Cremlino.

Secondo quanto affermato da Putin, la via diplomatica “è ancora bloccata da Kiev e dai suoi sponsor occidentali”; Lula da parte sua si è detto disposto a condurre un dialgoo con Russia e Ucraina per una soluzione pacifica della crisi.

Il cardinale Parolin: lieti della disponibilità di Mosca per la missione di pace del Vaticano

Il cardinale Parolin: lieti della disponibilità di Mosca per la missione di pace del VaticanoRoma, 26 mag. (askanews) – “Siamo lieti che ci sia una disponibilità da parte di Mosca di ricevere l’incaricato del Papa, ma questo non cambia nulla riguardo alla sostanza della visita del card Zuppi a Mosca”. A dichiararlo il segretario di stato Vaticano, card. Pietro Parolin a margine della presentazione di un libro nella sede dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede a Roma.

La missione vaticana, ha chiarito il Porporato, “rimane quella che è già stata annunciata dalla Santa Sede. Ci sarà una missione di pace affidata dal papa al card. Zuppi che dovrà cercare soprattutto di favorire un clima ed una ambiente che possano portare a percorsi di pace”.Riguardo alle parole dette dal Papa in una intervista televisiva, circa lo scarso interesse di Kiev ad una mediazione, il card. Parolin ha risposto: “nel senso della mediazione, da quanto si legge, ed è stato anche affermato, Kiev non sarebbe disposta ad una mediazione in senso stretto. Ma la missione vaticana- ha chiarito – ha uno scopo non immediato di mediazione ma di creare un clima, aiutare cioè ad andare verso una soluzione di pace. Gli interlocutori sono Mosca e Kiev per il momento. Poi vedremo”.

Circa i tempi della visita, Parolin a chiarito: “é presto per dirlo. Stiamo ragionando sulle date. Da parte delle due capitali non ci sono problemi, comunque “. 

L’emissario della Cina dice che l’Ucraina deve “lasciare alla Russia i territori già occupati”

L’emissario della Cina dice che l’Ucraina deve “lasciare alla Russia i territori già occupati”Roma, 26 mag. (askanews) – Li Hui, rappresentante speciale cinese reduce da un giro di visite in europa e giunto oggi a Mosca, ha chiesto un cessate il fuoco immediato in Ucraina e la permanenza delle regioni occupate all’interno della Federazione Russa: è quanto riporta il quotidiano statunitense The Wall Street Journal.

“Gli alleati degli Stati Uniti in Europa devono difendere la loro autonomia e chiedere un cessate il fuoco immediato, lasciando alla Russia quei territori

Missili russi su una struttura medica a Dnipro. Zelensky: combattono contro ciò che è umano e onesto

Missili russi su una struttura medica a Dnipro. Zelensky: combattono contro ciò che è umano e onestoRoma, 26 mag. (askanews) – Un attacco missilistico russo ha colpito stamattina una struttura medica nella città di Dnipro, a seguito della sirena di un raid aereo. Verso questa città dell’Ucraina centro-orientale vengono convogliati i feriti ucraini dal fronte. Il governatore della oblast’ di Dnipropetrovsk, Serhii Lysak, ha detto che ci sono vittime ma l’informazione, precisa il Kyiv Independent, è in via di verifica. “I terroristi russi confermano ancora una volta il loro status di combattenti contro tutto ciò che è umano e onesto”. Lo ha denunciato su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo che missili russi hanno centrato una struttura medica a Dnipro.

“Un attacco missilistico contro una clinica nella città di Dnipro: al momento, una persona è stata uccisa e 15 sono rimaste ferite”, ha sottolineato Zelensky, “Le conseguenze del bombardamento sono state eliminate e le vittime sono state soccorse. Sono coinvolti tutti i servizi necessari. Le mie condoglianze alla famiglia del defunto”. “Dobbiamo sconfiggere questi disumani in modo irrevocabile e il più presto possibile: perché il nostro tempo è il nostro popolo”, ha concluso il presidente ucraino, “E il nostro popolo è la cosa più preziosa in Ucraina”.

Mosca “valuta positivamente” l’iniziativa di pace del Vaticano

Mosca “valuta positivamente” l’iniziativa di pace del VaticanoRoma, 26 mag. (askanews) – Mosca valuta positivamente i tentativi del Vaticano di aiutare a porre fine al conflitto in Ucraina: lo dichiara il ministero degli Esteri russo, come riporta RIA Novosti. Mosca è a conoscenza dell’iniziativa di Papa Francesco di inviare un emissario in Russia nell’ambito dell’iniziativa di pace per l’Ucraina e valuta positivamente gli sforzi del Vaticano, ha detto a Ria Novosti il ministero degli Esteri russo.

“Per quanto ne sappiamo, il 20 maggio il portavoce della Santa Sede Matteo Bruni ha confermato che papa Francesco intendeva inviare in Russia il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, nell’ambito della sua iniziativa di pace”, ha affermato il ministero, aggiungendo che “ad oggi non è stato compiuto alcun passo concreto dal Vaticano per organizzare il suo viaggio a Mosca”. Il dicastero afferma comunque di valutare positivamente gli sforzi del Vaticano per “contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina”.

“Prendiamo atto del sincero desiderio della Santa Sede di facilitare il processo di pace”, ha affermato l’interlocutore di Ria Novosti, aggiungendo che “qualsiasi sforzo in questa direzione avrà senso solo se si terrà conto della ben nota posizione di principio della Russia riguardo possibili colloqui di pace”. Il ministero sostiene che “a differenza della Russia, che fin dall’inizio è stata pronta per un dialogo onesto e aperto sull’accordo in Ucraina, il regime di Kiev ha finora rifiutato categoricamente la possibilità stessa di negoziati con Mosca e scommette sulla guerra”.

Ucraina, Giappone annuncia nuove sanzioni contro la Russia

Ucraina, Giappone annuncia nuove sanzioni contro la RussiaRoma, 26 mag. (askanews) – Il governo giapponese ha annunciato che imporrà nuove sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina.

Il capo di gabinetto Hirokazu Matsuno, secondo quanto riferiscono i media locali, ha spiegato che il Giappone, nell’ambito di un’azione coordinata con altri paesi del G7, congelerà i beni di 78 gruppi e 17 individui, compresi ufficiali dell’esercito russo, e vieterà le esportazioni verso 80 entità russe. Il governo di Tokyo ha anche condannato la decisione della Russia di dispiegare armi nucleari tattiche in Bielorussia.

La Commissione Ue rivendica il successo contro il ricatto energetico russo

La Commissione Ue rivendica il successo contro il ricatto energetico russoBruxelles, 25 mag. (askanews) – La Commissione europea ha rivendicato oggi con orgoglio e soddisfazione il successo dell’operazione per sbarazzarsi della sua pesante dipendenza dalle forniture energetiche dalla Russia, condotta principalmente con il pacchetto di misure “REPowerEU”, a un anno esatto da quando la proposta fu presentata, in risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Durante il briefing quotidiano della Commissione per la stampa, il portavoce per l’Energia e le politiche climatiche, Tim McPie, ha presentato i risultati fin qui ottenuti, riferendo quanto è stato detto ieri durante la riunione settimanale del collego dei commissari. La commissaria all’Energia Kadri Simson, ha detto il portavoce, “ha fatto il punto sull’avanzamento dell’attuazione del nostro piano ‘REPowerEU’, adottato un anno fa”, constatando che in questi 12 mesi “l’Europa ha superato gli obiettivi” che si era posta, tanto che ormai “possiamo dire di non avere più una dipendenza dai combustibili fossili russi”.

Il piano, ha ricordato McPie, “si compone di 3 parti: trovare fonti energetiche alternative, ridurre il nostro consumo di energia e potenziare le nostre fonti di energia rinnovabile locali”, ovvero le rinnovabili. Ebbene, ha rilevato il portavoce, “le importazioni europee di carbone russo si sono fermate; le importazioni di petrolio sono una piccola frazione di quello che erano prima della guerra; e il gas russo sta rapidamente scomparendo dal mercato europeo”.

“Le forniture dai gasdotti russi – ha spiegato McPie – rappresentavano storicamente circa il 50% delle nostre importazioni di gas prima dell’invasione dell’Ucraina: marzo di quest’anno erano scese a solamente l’8%. Questo grazie in gran parte ad altri fornitori affidabili, che lo scorso anno hanno aumentato le loro consegne di 70 miliardi di metri cubi, primi fra tutti Stati Uniti e Norvegia”. “La Commissione ha lavorato intensamente per contattare dei fornitori alternativi, per creare le condizioni politiche per questi cambiamenti nel mercato. E stiamo continuando questo lavoro nell’ambito dei nostri acquisti congiunti di gas per l’inverno”.

Ma, ha aggiunto il portavoce, “il merito è anche degli sforzi individuali e collettivi dei cittadini e delle imprese europee in termini di risparmio energetico. La Commissione aveva proposto agli Stati membri di ridurre la domanda di gas del 15 per cento per superare l’inverno. Gli europei sono andati ben oltre, riducendo la domanda di gas di quasi il 18%”, e “la metà dei risparmi proveniva dalle famiglie. Questo ci ha permesso di risparmiare oltre 50 miliardi di metri cubi di gas, circa un terzo del gas che storicamente importavamo ogni anno dalla Russia”. Infine, ha ricordato ancora McPie, “abbiamo accelerato la diffusione delle energie rinnovabili in Europa. Nel 2022 abbiamo installato il 16% in più di energia eolica e solare rispetto all’anno precedente, sostituendo 11 miliardi di metri cubi di gas russo”.

Tutti questi cambiamenti sono sostenuti dai finanziamenti forniti nell’ambito del Piano di Recovery “NextGenerationEU”, con gli Stati membri stanno ora aggiungendo capitoli “REPowerEU” ai loro piani nazionali per la ripresa e la resilienza (Pnrr), che consentiranno loro di utilizzare quasi 270 miliardi di euro ancora disponibili per aiutarli ad affrancarsi dai combustibili fossili russi. Ma, ha continuato il portavoce, “come ha detto ieri la commissaria Simson ai suoi colleghi, il lavoro non è finito e i nostri preparativi per il prossimo inverno devono continuare. Abbiamo fissato chiari obiettivi giuridicamente vincolanti per riempire i nostri depositi stoccaggio di gas fino al 90% entro il primo novembre, e già oggi abbiamo superato il 66%, un massimo storico per questo periodo dell’anno”.

“L’Europa – ha concluso McPie – ha dimostrato negli ultimi 12 mesi di essere in grado di resistere alla manipolazione delle forniture energetiche usate come un’arma da parte della Russia, da e che ciò può essere fatto in modo coerente con il nostro Green Deal europeo”.

Nocera (UniOr): Erdogan verso la rielezione, ma pesa il nazionalismo

Nocera (UniOr): Erdogan verso la rielezione, ma pesa il nazionalismoRoma, 25 mag. (askanews) – Diversi elementi fanno pendere la bilancia del ballottaggio verso la rielezione del presidente uscente turco Recep Tayyip Erdogan, in particolare l’affermazione di un fronte nazionalista trasversale che potrebbe scegliere più facilmente il capo dello Stato invece dello sfidante, candidato dei sei partiti d’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ha dichiarato ad askanews Lea Nocera, professoressa associata all’Università Orientale di Napoli, storica di Turchia contemporanea. “Anche se sul fronte dell’opposizione dopo il primo turno si sono fatti strada un certo scetticismo e una disillusione per l’inasprimento dei toni anti-rifugiati del leader, un filo di speranza sul capovolgimento dell’esito esiste ancora, in particolare la reazione alla prospettiva di una rielezione certa di Erdogan potrebbe spingere elettori indecisi o che si sono astenuti a votare per il rivale”, ha aggiunto.

La professoressa Nocera, però, ha sottolineato quanto pesi sul ballottaggio “l’affermazione trasversale, non solo nella coalizione di governo di un orientamente fortemente nazionalista. Al primo turno le preferenze di voti sono andate a partiti che esprimono atteggiamenti e orientamenti anche ultranazionalistici”. Questa tendenza rafforza l’idea di una riconferma di Erdogan e “affievolisce le speranze che Kilicdaroglu, rappresentante di un fronte che coinvolge anche le istanze più progressiste, possa trionfare”. La svolta nazionalista ha, in parte, spinto anche il cambio di atteggiamento e di toni dello stesso Kilicdaroglu rispetto alla campagna elettorale del primo turno: “Nella campagna per il ballottaggio anche il leader dell’opposizione ha ripiegato verso un’attitudine fortemente nazionalistica, inasprendo i toni contro la presenza dei rifugiati siriani nel Paese. Una scelta che incide sulla percezione del leader del Partito repubblicano del popolo da parte dell’ala più progressista e liberale del suo fronte e dell’elettorato curdo che lo aveva sostenuto in massa al primo turno”, ha spiegato l’esperta.

A pochi giorni dal voto di domenica, “c’è una grossa campagna anche social per spingere indecisi o sconfortati dal primo turno ad andare a votare per cogliere l’occasione di incidere sul futuro del paese. Ma la nuova piega di Kilicdaroglu rischia di far perdere consensi e gli ha causato le critiche di chi lo ha sostenuto al primo turno: la posizione anti-migranti, diffusa in molti partiti, mina le prospettive di apertura pluralistica e democratica in caso di una sua elezione. Un obiettivo su cui spingono i curdi e la sinistra liberale progressista che ha partecipato in maniera attiva alla campagna ma anche alle operazioni di controllo dello spoglio”. Di fronte alla prospettiva di una “rielezione di Erdogan per altri cinque anni, forse il suo ultimo mandato a meno di nuovi cambiamenti della Costituzione – ha affermato la professoressa Nocera – non si può tacere che l’opposizione ha mancato di insistere in questa fase prima del secondo turno su temi prettamente politici come il ritorno a un sistema parlamentare lasciando spazio alla propaganda per andare alla ricerca dei voti che potrebbero rovesciare la situazione”.

L’appiattimento dei toni, in particolare, secondo Nocera, potrebbe spingere l’elettorato a scegliere il fronte governativo, lasciando la coalizione che appoggia Kilicdaroglu in “svantaggio” anche a causa del profondo “controllo dei media nella campagna elettorale, aspetto denunciato anche dall’Osce”. “Le elezioni si misurano nelle urne ma anche nella campagna elettorale e quindi nell’orientare le espressione di voto e in questo c’è un grosso squilibrio in Turchia”, ha aggiunto. Se l’esito del voto di domenica confermerà le previsioni, la vittoria di Erdogan “sarà celebrata come il trionfo di una democrazia che funziona” e il successo “darà più forza al presidente uscente, consegnando una continuità” delle sue politiche. Inoltre, dopo le elezioni, “dovranno essere nominati dal nuovo capo dello stato altri due tre membri della Corte costituzionale: se questo compito ricadrà su Erdogan che ha già nominato, direttamente o tramite la maggioranza parlamentare, gran parte dei giudici, la maggioranza (13 su 15) dell’Alta Corte sarà in mano al presidente con un’ulteriore concentrazione dei poteri nelle sue mani”.

Spina nel fiando sia per Erdogan che per Kilicdaroglu in caso di vittoria sarà la profonda crisi economica in cui versa la Turchia, con un’inflazione galoppante, una perdita di potere d’acquisto e una politica monetaria del leader uscente definita poco ortodossa da molti: “Questa situazione potrebbe influenzare e pesare anche sulla politica estera e sul ruolo internazionale della Turchia incidendo sulla ridefinizione degli equilibri in politica internazionale”. (di Daniela Mogavero)

È bufera in Russia dopo proposta allungamento settimana lavorativa

È bufera in Russia dopo proposta allungamento settimana lavorativaMilano, 25 mag. (askanews) – La settima lavorativa in Russia è da sempre soggetta ad allungamenti. Ai tempi dell’Unione Sovietica erano il “subbotnik”, giorno di lavoro volontario non pagato – di solito un sabato – istituito dai bolscevichi nel 1919 e capaci di catalizzare forza lavoro in più durante la II Guerra mondiale quando vennero usati anche per potenziare la produzione di armi. Il benessere crescente dopo il crollo dell’Urss aveva visto un ricorso esiguo a tali mezzi. Ma ora, la settimana lavorativa dei russi potrebbe tornare ad allungarsi, non per ragioni di impegno sociale, ma per il contesto economico generato dalla guerra in Ucraina.

Sui social come sui media ufficiali, si sta discutendo molto l’idea di portare la settimana di lavoro a sei giorni a causa della pressione delle sanzioni occidentali. A guidare il fronte a favore l’Associazione “Avanti”, ovvero “gli imprenditori per lo sviluppo del patriottismo aziendale”. Gli autori della proposta hanno osservato che fino al 2014, prima dell’inizio delle sanzioni occidentali, l’economia in Russia è cresciuta costantemente. Ma nell’ultimo anno le pressioni si sono moltiplicate. “Permane la necessità per il nostro sistema finanziario ed economico di ulteriori investimenti”, sottolineano da Avanti, che ricordano come “durante la Grande Guerra Patriottica in Russia (II Guerra mondiale) si lavorava sia sei che sette giorni alla settimana. Così i nostri lavoratori hanno aiutato il paese a far fronte alle sfide economiche del tempo. Terminato il periodo difficile, il periodo di cinque giorni è stato ristabilito nel Paese”.

Ma le opinioni sono divise su questo argomento. Il capo della commissione della Duma per il lavoro, la politica sociale e gli affari dei veterani, Yaroslav Nilov, ritiene che una settimana lavorativa di sei giorni possa portare a una diminuzione della produttività del lavoro, la salute dei lavoratori sarebbe a rischio. E in generale, secondo il deputato, un simile esperimento può portare all’effetto opposto: danneggiare l’economia. Del suo stesso avviso è il senatore Andrey Klishas, presidente della Commissione del Consiglio della Federazione per la legislazione costituzionale e la costruzione dello Stato. C’è poi un aspetto chiaramente concettuale: l’idea della settimana lunga è inscindibilmente legata al “subbotnik” e dunque a Lenin per i russi: Vladimir Ilich gli dedicò infatti il suo famoso articolo “La grande iniziativa”, che descriveva come nel caos della guerra civile i “subbotniki” erano percepiti come espressione di un nuovo atteggiamento comunista nei confronti del lavoro. Ma Lenin è quella parte del passato sovietico che l’attuale Cremlino ha deciso di rimuovere, proprio perché resta inscindibilmente collegato a un altro concetto: quello della Rivoluzione, ovvero un’onda sovversiva che da sempre Vladimir Putin e il suo cerchio ristretto cercano di scongiurare.

Alcuni osservatori non hanno mancato di notare poi che la settimana più lunga è in conflitto con l’idea di Dmitry Medvedev di una transizione graduale a una settimana lavorativa di 4 giorni. E sarebbe un segnale di “attacco ideologico” degli uomini d’affari contro il vicepresidente del Consiglio di sicurezza. Particolarmente negativa è anche la reazione della squadra dell’oppositore in carcere Aleksey Navalny. “Una certa ‘Associazione per lo sviluppo del patriottismo imprenditoriale in Russia, Avanti’ ha avviato il passaggio a una settimana lavorativa di sei giorni” scrive in un post sui social. “La stessa frase ‘patriottismo imprenditoriale’ evoca un sorriso sarcastico: il capitale non ha patria. Nel presidio dell ‘associazione ci sono persone estremamente lontane dall’imprenditorialità, come il deputato Yevgeny Fedorov, combattente contro il colonialismo e gli alieni. Il presidio dell’associazione’, che chiede la violazione dei diritti del lavoro dei cittadini, è particolarmente piccante per l’appartenenza ad esso dell’ex deputato della Duma di Stato del Partito Comunista della Federazione Russa Pavel Dorokhin: questi sono i ‘comunisti’ che ora siedono in parlamento”.

Ma a dare uno spaccato verosimile del Paese è il vicepresidente della Duma di Stato Boris Chernyshov: “metà del paese (almeno) ha lavorato per noi sette giorni su sette nell’ultimo anno. E tali proposte sono errate e innervosiscono solo le persone. L’industria della difesa, e quasi l’intera industria, lavora sette giorni su sette e 24 ore su 24. I militari, i volontari, i dottori: tutti lavorano sette giorni su sette. Adesso c’è carenza di personale nel Paese e affinché le imprese lavorino su tre turni, la maggior parte dei dipendenti lavora sia sei che sette giorni alla settimana”. In sostanza l’iniziativa non è popolarissima. Secondo un sondaggio diffuso oggi da un’agenzia di stampa russa e condotto dal servizio Superjob, l’82% dei russi si è espresso contro. Solo l’8% degli intervistati approva l’introduzione del termine di sei giorni. In merito è stato chiesto lunedì anche un parere al portavoce del presidente russo Dmitri Peskov: la risposta è stata che il Cremlino non ha una posizione. “No, nessuna”, ha risposto Peskov. (di Cristina Giuliano)