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Turchia alle urne il 14 maggio, referendum su Erdogan dopo 20 anni al potere

Turchia alle urne il 14 maggio, referendum su Erdogan dopo 20 anni al potereRoma, 2 mag. (askanews) – A meno di due settimane dall’apertura delle urne per le presidenziali e le legislative in Turchia, si prospetta la tornata elettorale più difficile degli ultimi 20 anni per il capo di stato e leader turco, Recep Tayyip Erdogan. Dopo due decenni di accentramento del potere, gestione personalistica della politica interna ed estera del Paese, e di repressione del dissenso e delle minoranze, Erdogan appare vulnerabile e la sua autorità contestabile. Complici un’inflazione galoppante oltre il 50% (per gli esperti al 100%) con conseguente erosione del potere d’acquisto – di cui molti elettori accusano il presidente per la sua politica poco ortodossa di rifiuto di innalzamento dei tassi di interesse – e il terribile terremoto che ha causato la morte di oltre 50mila persone e ha lasciato milioni di turchi senza casa in 11 province, tra cui i feudi dello stesso Erdogan, la vittoria non sembra a portata di mano.

Lo slancio della sua politica, che ha portato la Turchia al centro dello scacchiere geopolitico ed energetico, sembra aver perso smalto. E complice il malcontento della popolazione e il sisma, il programma dell’opposizione potrebbe dopo due decadi attrarre la maggioranza degli elettori. Il 14 maggio si giocherà la prima battaglia: nessuno dei quattro candidati, compreso Erdogan, sembra avere la possibilità di superare il 50% delle preferenze già al primo turno. Per questo è molto probabile che si vada al ballottaggio per le presidenziali due settimane più tardi, il 28 maggio.

Gli altri candidati alla presidenza sono Muharrem Ince, il leader centrista del Partito della Patria, il candidato della destra Sinan Ogan e il leader della coalizione di sei partiti d’opposizione Kemal Kilicdaroglu, il rivale più probabile per Erdogan al secondo turno. Mentre 24 partiti politici e 151 candidati indipendenti si contendono i seggi nel parlamento turco composto da 600 membri. In quest’ultima contesa, il partito di governo, Akp, non dovrebbe avere problemi a mantenere gran parte dei seggi. I sondaggi prevedono un record di affluenza alle urne quest’anno, con quasi sei milioni di elettori al primo voto (che hanno conosciuto soltanto il capo di stato uscente come presidente), e una corsa serrata tra Erdogan e Kilicdaroglu, il leader del Partito popolare repubblicano (Chp) e candidato alla presidenza per il blocco a sei partiti dell’Alleanza della nazione.

Kilicdaroglu, 74 anni, è riuscito a mettere d’accordo un fronte molto etereogeneo, composto da nazionalisti, liberali e socialdemocratici, coeso su un programma che prevede il superamento dell’iperpresidenzialismo, l’istituzione di un sistema centrato sul parlamento, la rimozione del potere di veto presidenziale, il ripristino dell’indipendenza della Banca centrale e il rafforzamento dello stato di diritto. Il Chp si trova a lottare al fianco del nazionalista Partito buono (Iyi) e a quattro gruppi più piccoli che includono anche ex alleati di Erdogan, il partito del Futuro (Gp), il partito della Felicità (Sp), il Partito democratico (Dp), il Partito democrazia e progresso (Deva). Kilicdaroglu ha anche l’esplicito appoggio del secondo partito di opposizione, il filo-curdo Hdp, che ha definito le presidenziali le “più cruciali della storia della Turchia”. Il partito filo-curdo, a causa dei processi in corso contro molti dei suoi membri per la presunta affiliazione con i militanti curdi, ha deciso di competere alle politiche sotto il cappello della Sinistra verde e senza un suo candidato ufficiale per la presidenza.

L’Alleanza nazionale, inoltre, vuole riavviare il percorso di Ankara verso l’adesione all’Ue e ripristinare “la fiducia reciproca” con gli Stati uniti dopo anni di frizioni nel corso dell’era Erdogan. Inoltre, dal punto di vista economico, il programma prevede di riportare l’inflazione sotto il 10% nei prossimi due anni. Un fattore critico per la rielezione di Erdogan è legato al terremoto e alla distribuzione geografica di parte dei suoi elettori. La maggior parte delle province colpite dal sisma di febbraio, infatti, sono roccaforti di Erdogan e del suo partito Akp: il capo del Consiglio elettorale supremo (Ysk) Ahmet Yener ha dichiarato il mese scorso che almeno un milione di elettori nelle zone colpite dal terremoto non potranno votare a causa dello sfollamento.

Secondo i sondaggi, al primo turno Kilicdaroglu otterrebbe il 42,6% mentre Erdogan si fermerebbe al 41,1%. A togliere preferenze al candidato dell’alleanza di opposizione sarebbe Ince che gode di una percentuale che si aggira intorno al 5%, secondo un sondaggio MetroPoll.

Il destino politico di Erdogan, però, potrebbe essere determinato anche dai curdi turchi: secondo un altro rilevamento MetroPoll del mese scorso è probabile che la stragrande maggioranza degli elettori dell’Hdp voterà per il principale rivale di Erdogan.

Si apre quindi la strada per una possibile vittoria di Kilicdaroglu. Secondo gli analisti, però, nel caso di un cambio al vertice Erdogan potrebbe non cedere il potere al suo successore senza lottare e contestare il risultato elettorale, soprattutto se non fosse netto. La percentuale degli indecisi, secondo l’Economist, potrebbe giocare un ruolo: si tratta di oltre il 13% degli aventi diritto che ancora non hanno scelto il proprio candidato. Erdogan, si legge, potrebbe “trarre vantaggio dal suo standing personale, dal sostegno del fronte conservatore, dal controllo delle risorse pubbliche e delle istituzioni statali e dell’influenza sui media e sulle autorità elettorali”. Il presidente uscente ha anche “ristabilito le tattiche di ‘economia elettorale’ per rafforzare il sostegno a suo favore, annunciando una vasta gamma di benefici, da un consistente aumento dei salari e pensioni a bassi tassi per il credito e un abbassamento dell’età pensionabile”.

Per quanto riguarda le elezioni parlamentari, la Turchia segue un sistema di rappresentanza proporzionale in cui il numero di seggi che un partito ottiene è direttamente proporzionale ai voti raccolti. La soglia di sbarramento è stata abbassata dal 10% al 7%. I seggi apriranno il 14 maggio alle 8:00 ora locale (le 7:00 in Italia) e chiuderanno alle 17:00 (le 16:00 in Italia). . I risultati sono attesi dopo le 21:00 ora locale (le 20 in Italia). (di Daniela Mogavero)

”I russi hanno fallito”: tra Usa e Russia la guerra delle cifre sui morti in Ucraina

”I russi hanno fallito”: tra Usa e Russia la guerra delle cifre sui morti in UcrainaRoma, 2 mag. (askanews) – “Il tentativo della Russia di un’offensiva nel Donbass in gran parte attraverso Bakhmut è fallito”: queste parole del portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby hanno scatenato un’ulteriore guerra, sul numero delle perdite da parte russa e ucraina. Un dato sensibile per valutare l’andamento del conflitto, il possibile esito e, soprattutto, per la tenuta dei rispettivi fronti interni.

Secondo Kirby, in base alle stime statunitensi più di 20.000 soldati russi sono stati uccisi nei combattimenti in Ucraina dal mese di dicembre e altri 80.000 sono rimasti feriti. “La Russia non è stata in grado di impadronirsi di alcun territorio strategico e significativo. Stimiamo che abbia subito più di 100.000 vittime, di cui oltre 20.000 uccise in azione”, ha detto ieri l’alto funzionario Usa. Sulla questione oggi è intervenuto direttamente il Cremlino. Gli Stati uniti non possono sapere quante persone ha perso la Russia nell’operazione speciale in Ucraina, ha dichiarato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, esortando a fare riferimento ai dati del ministero della Difesa russa. “Tirando fuori cifre dal cappello, Washington non ha la possibilità di fornire cifre corrette, non hanno tali dati, è così che dovrebbe essere trattato. È necessario concentrarsi solo su quelle cifre che vengono pubblicate in un modo tempestivo dal Ministero della Difesa russo”, ha affermato.

Senza citare i dati forniti da parte americana, anche il ministro della Difesa russo oggi ha rilanciato. Sergey Shoigu, in una riunione con funzionari del suo dicastero, ha infatti sostenuto che l’esercito ucraino ha perso oltre 15.000 uomini solo nel mese di aprile, “malgrado l’assistenza militare senza precedenti da parte dei Paesi occidentali”. Le cifre non sono verificabili, né da una parte né dall’altra. Ma non è la prima volta che gli Usa forniscono dati su pesanti perdite russe. All’inizio di marzo il capo di Stato maggiore americano, il generale Mark Milley, ha detto che 1.200 russi sono stati uccisi a Bakhmut in un solo giorno: “è come Iwo Jima”, ha dichiarato il generale, riferendosi alla storica – e sanguinosa – battaglia con cui i Marines statunitensi presero a febbrario 1945 l’omonima isola giapponese.

Secondo documenti di intelligence statunitensi trapelati sui social media, la Russia avrebbe subito perdite più che doppie rispetto all’Ucraina durante i combattimenti concentrati nel Sud-est ucraino. Un file citato da The Insider in particolare suggerisce che la Russia abbia avuto tra 35.500 e 43.000 soldati uccisi in azione e tra 154.000 e 180.000 soldati feriti, per un totale di 189.500 e fino a 223.000 vittime. L’Ucraina, invece, avrebbe registrato tra 15.500 e 17.500 soldati uccisi in azione e tra 109.000 e 113.500 soldati feriti, per un totale da 124.500 a 131.000 vittime. The Insider precisa di non essere stato in grado di verificare in modo indipendente queste cifre e non è chiaro quando, esattamente, siano stati compilati i dati trapelati, tuttavia gran parte dei documenti considerati risalgono alla fine di febbraio e l’inizio di marzo. In un quadro di guerra aperta in corso, è in generale impossibile verificare, e i dati sulle vittime fanno parte dello scontro, perché in grado di condizionare il morale delle truppe e delle opinioni pubbliche.

I dati diffusi da parte russa danno ovviamente un quadro completamente diverso. A fine marzo il ministero della Difesa ha riferito di 1.351 morti e 3.825 feriti, due settimane dopo il portavoce del Cremlino Peskov ha parlato di “considerevoli perdite” senza fornire numeri precisi. Ma una fonte ‘dissidente’ come il fondatore di Conflict Intelligence Team, Ruslan Leviv, ha racconto a fine febbraio che le perdite russe in Ucraina ammontano come minimo a 130mila uomini, sino a un massimo ipotizzabile – due mesi fa – di 270mila morti.

Il padrino dell’intelligenza artificiale lascia Google. Hinton: rischi per l’umanità

Il padrino dell’intelligenza artificiale lascia Google. Hinton: rischi per l’umanitàMilano, 2 mag. (askanews) – Geoffrey Hinton, considerato il padrino dell’intelligenza artifificiale, lascia a 75 anni il suo posto di lavoro a Google, dove lavorava da oltre un decennio proprio per sviluppare sistemi di intelligenza artificiale. L’annuncio in un colloquio con il New York Times: “L’intelligenza artificiale pone profondi rischi per la società e l’umanità”, ha detto Hinton che ha spiegato di essere preoccupato dai sistemi di Ai generativa come ChatGpt.

“Consolo me stesso con una normale scusa: se non l’avessi fatto io, qualcun altro avrebbe sviluppato i primi sistemi di intelligenza artificiale”, ha detto al quotidiano newyorkese. Ora, ha chiosato, “è difficile immaginare come evitare che cattivi personaggi utilizzino un cattivi programmi”.

Secondo gli Usa da dicembre oltre 20.000 soldati russi sono morti in azione in Ucraina

Secondo gli Usa da dicembre oltre 20.000 soldati russi sono morti in azione in UcrainaRoma, 2 mag. (askanews) – Più di 20.000 soldati russi sono stati uccisi nei combattimenti in Ucraina dallo scorso mese di dicembre, secondo le stime statunitensi. Altri 80.000 sono rimasti feriti, ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby, citando l’intelligence. La metà delle vittime proviene dalla compagnia di mercenari Wagner, nelle ultime settimane operativa in particolare nella città orientale di Bakhmut.

“Il tentativo della Russia di un’offensiva nel Donbass in gran parte attraverso Bakhmut è fallito”, ha detto Kirby ai giornalisti. “La Russia non è stata in grado di impadronirsi di alcun territorio strategico e significativo. Stimiamo che abbia subito più di 100.000 vittime, di cui oltre 20.000 uccise in azione”, ha aggiunto. Il bilancio di Bakhmut rappresenta le perdite dall’inizio di dicembre, secondo i dati statunitensi forniti da Kirby. “La conclusione è che il tentativo di offensiva della Russia è fallito dopo mesi di combattimenti e perdite straordinarie”, ha detto il funzionario Usa.

Ucraina: non ci risulta alcuna missione di pace del Vaticano

Ucraina: non ci risulta alcuna missione di pace del VaticanoRoma, 2 mag. (askanews) – L’Ucraina ha reso noto di “non essere a conoscenza” di una missione di pace che coinvolge il Vaticano per risolvere il conflitto con la Russia. “Il presidente Zelensky non ha acconsentito a tali discussioni per conto dell’Ucraina”, ha detto alla CNN un funzionario di Kiev vicino all’ufficio presidenziale.

“Se ci sono colloqui, stanno avvenendo a nostra insaputa o senza la nostra benedizione”, ha aggiunto la fonte ucraina. Papa Francesco ha spiegato domenica ai giornalisti che è in corso una missione del Vaticano per porre fine alla guerra in Ucraina. “La missione è in corso adesso, ma non è ancora pubblica”, ha detto dopo un viaggio di tre giorni in Ungheria. “Quando sarà pubblica, la rivelerò”, ha aggiunto il Papa.

La scorsa settimana, il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha incontrato il Santo Padre in Vaticano e ha detto di aver discusso della “formula di pace” proposta dal presidente Volodymyr Zelensky. In occasione dell’incontro, il primo ministro ha invitato il Papa a visitare l’Ucraina.

Bce: nel primo trimestre 2023 accelera la stretta del credito bancario alle imprese dell’eurozona

Bce: nel primo trimestre 2023 accelera la stretta del credito bancario alle imprese dell’eurozonaRoma, 2 mag. (askanews) – L’inasprimento del credito bancario nell’area euro si è ulteriormente accentuato nel primo trimestre, con oltre una banca su quattro, il 27% che ha riportato una stretta sui criteri di concessione di finanziamenti alle imprese. Lo riporta la Banca centrale europea nella sua indagine trimestrale, precisando che “il ritmo di inasprimento è rimasto ai livelli più elevati dalla crisi dei debiti pubblici del 2011”.

Le banche dell’eurozona hanno riportato inasprimenti anche sui criteri di erogazione di mutui alle famiglie, in questo caso un 19%, e in misura più contenuta sui criteri per la concessione di prestiti al consumo, con un 10% netto di banche. La Bce precisa che i livelli di inasprimento relativi a prestiti a imprese sui mutui si sono rivelati superiori a quanto le stesse banche attendevano nella precedente indagine, e che questo sviluppo segnala un continuo indebolimento della dinamica dei prestiti.

Le principali determinanti di questa stretta, secondo la Bce, sono state la percezione del rischio e la minore tolleranza ai rischi stessi da parte delle banche. Un ulteriore elemento che ha guidato il comportamento degli istituti di credito è stato rappresentato dall’aumento dei tassi di interesse da parte della stessa Bce e il calo delle liquidità disponibile che hanno aumentato i costi di finanziamento di imprese, famiglie delle stesse banche. Per il secondo trimestre del 2023 di quest’anno le banche si attendono un ulteriore inasprimento dei criteri di concessione dei prestiti sia alle imprese che alle famiglie, seppure a ritmi più moderati. Per lo specifico segmento del credito al consumo è previsto un inasprimento analogo a quello riportato sul primo trimestre.

Le banche monitorate hanno riportato un forte calo, superiore alle attese sulla domanda di prestiti da parte delle imprese, sviluppo che in questo caso viene imputato al rialzo dei tassi deciso dalla stessa autorità di Francoforte. Nel frattempo anche il calo della domanda di mutui da parte delle famiglie è rimasto forte e a sua volta collegato con il netto aumento dei tassi di interesse. Il calo della domanda di prestiti a consumo è stato invece più contenuto.

Papa Francesco: sono disposto a fare tutto quello che si deve fare per la pace in Ucraina

Papa Francesco: sono disposto a fare tutto quello che si deve fare per la pace in UcrainaRoma, 2 mag. (askanews) – “Disposto a fare tutto quello che si deve fare per la pace in Ucraina”, pronto ad aiutare il presidente Volodomyr Zelensky per riportare nel Paese i bambini rapiti in Russia, forte dell’asse con il metropolita Hilarion che ha incontrato nel corso del viaggio a Budapest. Sul volo di ritorno dall’Ungheria, dove è stato tre giorni, papa Francesco rivela, in una intervista riportata dai quotidiani italiani tra cui Corriere della Sera e Repubblica, che è in corso una “missione” vaticana.

“Hilarion – spiega Papa Francesco – è una persona che io rispetto tanto. L’ho visto tre volte a Budapest. Lei si immagina che non abbiamo parlato solo di cappuccetto rosso: a tutti interessa la strada della pace. Col patriarca Kirill ho parlato una sola volta da quando è iniziata la guerra, poi tramite il metropolita Antoni, che ha preso il posto di Hilarion (come “ministro degli Esteri” di Kirill, ndr), sono in collegamento con lui. Con Kirill c’è in sospeso l’incontro che dovevamo avere a Gerusalemme a luglio o giugno dell’anno scorso, e per la guerra è stato sospeso: ma si dovrà fare. E poi con i russi ho un rapporto buono con l’ambasciatore uscente presso la Santa Sede, è un grande uomo, molto equilibrato. Io sono disposto fare tutto quello che si deve fare. Adesso è in corso una missione che ancora non è pubblica: quando sarà pubblica ne parlerò”. Quanto alla richesta di aiuto da parte del presidente ucraino per riportare in patria i bambini portati forzosamente in Russia, il Papa è fiducioso di poter aiutare: “Penso di sì perché la Santa Sede ha fatto da intermediario in alcune delle situazione di scambio di prigionieri tramite l’ambasciata: quella è andata bene, penso che può andare bene anche questo. È importante. Almeno, la Santa Sede è disposta a farlo perché è una cosa giusta e dobbiamo aiutare affinché questo non sia un casus belli ma un caso umano, un problema di umanità prima che un problema di bottino di guerra o di trasloco di guerra”.

Sua Santità si è soffermato anche sulle condizioni di salute e ha confermato il viaggio a Lisbona: “Voi vedete che non è lo stesso di due anni fa, col bastone adesso va meglio, ma per il momento non è cancellato il viaggio. Poi c’è il viaggio a Marsiglia, poi c’è il viaggio in Mongolia, e poi l’ultimo che non ricordo dove. Ancora il programma mi fa muovere, vediamo”.

Tensioni, scontri e arresti in cortei per 1 maggio in Francia

Tensioni, scontri e arresti in cortei per 1 maggio in FranciaRoma, 1 mag. (askanews) – Tensioni, scontri e anche arresti nei cortei per il 1 maggio in Francia. Dove le celebrazioni dei lavoratori nel giorno della loro festa si sono saldate con la protesta per la riforma delle pensioni, malgrado la sua convalida da parte del Consiglio costituzionale e la sua promulgazione, lo scorso 14 aprile.

Al corteo parigino, dove si concentrano i “black block”, diversi video hanno mostrato poliziotti i cui abiti hanno preso fuoco dopo essere stati bersaglio di molotov. Alle 15 la prefettura aveva segnalato nella capitale 30 arresti, decisi per separare il pre-corteo dal corteo sindacale. Scontri tra manifestanti violenti e polizia si sono verificati a Nantes, meno di un’ora dopo l’inizio del corteo del 1 maggio, che ha richiamato 17.500 persone secondo la polizia, circa 80.000 secondo il sindacato Cgt. Anche qui molti black si sono mischiati al corteo, con lanci di oggetti contro la polizia che ha risposto sparando gas lacrimogeni. Nella città sono state inoltre incendiate diverse auto.

Due arresti sono stati effettuati anche a Lione. Oggi, per la grande mobilitazione del 1 maggio, sono attese in piazza fino a un milione e mezzo di persone. Alle 15, 457mila manifestanti erano già scese in strada, secondo il conteggio effettuato da Fig Data in base ai dati delle prefetture. Un numero superiore a quello del 13 aprile alla stessa ora, quando 221mila persone erano scese in piazza, ma inferiore al 7 marzo, giornata che aveva alla fine richiamato 1,28 milioni di persone.

L’intersindacale intende dimostrare che non ha accantonato la lotta contro la riforma previdenziale, anche se le strategia potrebbero divergere sul seguito da dare al movimento. In tutta la Francia sono previsti 300 cortei: 5mila poliziotti saranno dispiegati a Parigi, 12mila in tutto il territorio nazionale. Per la prima volta i tribunali amministrativi hanno autorizzato il contestato ricorso ai droni, per garantire la sicurezza.

Il segretario nazionale del sindacato Cgt, Sophie Binet, ha indicato che la mobilitazione sarà “inedita ed eccezionale”; tra il 25 e il 33 per cento dei voli ‘schedulati’ nei principali aeroporti francesi saranno annullati.

Situazione “senza precedenti”, Onu invia responsabile in Sudan

Situazione “senza precedenti”, Onu invia responsabile in SudanRoma, 1 mag. (askanews) – In Sudan si viva una situazione “senza precedenti”: ne è convinto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che di fronte al persistere dei combattimenti a Khartoum e malgrado il prolungamento di una tregua dichiaratamente poco rispettata, ha deciso di inviare “immediatamente” un alto funzionario nella regione.

Milioni di sudanesi restano in preda a bombardamenti e colpi di arma da fuoco dallo scoppio, il 15 aprile, di una spietata lotta per il potere tra l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhane e il suo numero due, il generale Mohamed Hamdane Daglo, che comanda le Forze di supporto rapido (Fsr), temuta organizzazione paramilitare. “La portata e la velocità con cui si stanno svolgendo gli eventi in Sudan (sono) senza precedenti”, ha sottolineato Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu Guterres ha deciso l’invio immediato nel Paese del suo responsabile per gli affari umanitari, Martin Griffiths. “Sto andando (…) a studiare come possiamo fornire aiuti immediati” agli abitanti, ha spiegato in un comunicato stampa. Per i residenti la “situazione umanitaria sta raggiungendo un punto di rottura” nel Paese.

Il massiccio saccheggio di uffici e magazzini umanitari ha “esaurito la maggior parte delle nostre scorte. Cerchiamo modalità rapide per trasportare e distribuire” rifornimenti aggiuntivi, ha spiegato l’alto funzionario delle Nazioni Unite, secondo il quale la “soluzione ovvia” è “fermare” i combattimenti. Poche ore prima della scadenza di un cessate il fuoco di tre giorni domenica a mezzanotte, le due parti rivali ne hanno annunciato la proroga, conclusa “sotto la mediazione di Stati Uniti e Arabia Saudita”, ha chiarito l’esercito sudanese.

Un primo aereo carico di otto tonnellate di aiuti e che dovrebbe essere in grado di curare 1.500 persone è atterrato nella giornata di ieri da Port Sudan, 850 chilometri a est di Khartoum, secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr). La guerra ha provocato 528 morti e 4.599 feriti, secondo dati ufficiali largamente sottostimati. Entrambe le parti si rimpallano l’accusa di aver violato la tregua. Domenica sera, i combattimenti sono proseguiti e gli aerei da combattimento hanno continuato a sorvolare Khartoum e Omdurman, la sua periferia settentrionale, secondo testimoni sul posto. “Ci sono combattimenti molto violenti e spari”, ha detto un testimone.

Visto che i combattimenti infuriano da più di due settimane, i residenti della capitale, quando non fuggono, restano barricati, cercando di sopravvivere malgrado la penuria di cibo, acqua ed elettricità. Le Nazioni Unite parlano di 75mila sfollati interni. Almeno 20mila sono fuggiti in Ciad, 6mila nella Repubblica Centrafricana e altre migliaia in Sud Sudan ed Etiopia. In totale, fino a 270mila persone potrebbero fuggire dai combattimenti che colpiscono 12 dei 18 Stati di questo Paese di 45 milioni di abitanti, uno dei più poveri al mondo.

Secondo l’Onu, un centinaio di persone sono state uccise da lunedì nel Darfur occidentale, regione segnata dalla sanguinosa guerra civile degli anni Duemila. Il segretario generale dell’Onu ha avvertito di una situazione “terribile” con “tribù che adesso cercano di armarsi” . Con l’aggravarsi del dramma umanitario, l’ong Medici Senza Frontiere (Msf) ha interrotto “quasi tutte le (sue) attività” a causa della violenza.

Sul fronte diplomatico, ieri il ministro degli Esteri saudita Faycal ben Farhane ha ricevuto un emissario del generale Burhane. E il vicino Egitto ha chiesto che sia convocata una riunione della Lega Araba per “discutere del Sudan”.

Per gli esperti del Carnegie Middle East Center, il generale Daglo sta cercando di guadagnare tempo. “Più a lungo riuscirà a mantenere le sue posizioni a Khartoum”, la tesi, “maggiore sarà il suo peso al tavolo dei negoziati”.

Papa: è in corso una missione di pace della Santa Sede per l’Ucraina

Papa: è in corso una missione di pace della Santa Sede per l’UcrainaCittà del Vaticano, 30 apr. (askanews) – “In questo incontro abbiamo parlato di tutte queste cose. A tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto a fare tutto quello che si deve fare. Adesso è in corso una missione, ma non è ancora pubblica, vediamo… Quando sarà pubblica la dirò”. Così Papa Francesco, dopo l’incontro di ieri con il metropolita Hilarion a Budapest, ha parlato degli sforzi di pace da parte del Vaticano per far cessare la guerra in Ucraina parlando con i giornalisti nella consueta conferenza stampa sull’aereo che lo riportava a Roma dall’Ungheria dove ha appena concluso il suo 41.mo viaggio internazionale.