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Ice: formazione e tecnologia contro insicurezza alimentare Africa

Ice: formazione e tecnologia contro insicurezza alimentare AfricaRoma, 24 ago. (askanews) – “Erano 193 milioni e 53 gli Stati solo nel 2021, oggi l’insicurezza alimentare grave colpisce 258 milioni di persone in 58 paesi del mondo, molti dei quali appartengono al continente africano. La Somalia da sola conta il 57% del totale delle persone che soffrono di questo problema”. Così il presidente di Ice, Matteo Zoppas, al meeting di Rimini.

“Se questi Paesi fossero dotati degli standard della tecnologia europea e ancora di più di quella italiana sarebbero in grado di estendere le superfici oggi coltivate e aumentare consistentemente la loro produttività con l’impiego di minori risorse – ha detto – nel contesto dell’attività di cooperazione internazionale del ministero degli Affari esteri e con la collaborazione del sistema Paese, si innesta l’attività dell’Ice che raggiunge il duplice obbiettivo, anche nell’indirizzo del piano Mattei che sarà considerato dalla nostra Agenzia una priorità per questi territori, di aiutare lo sviluppo di queste nazioni e, contestualmente, lo sviluppo di mercati emergenti per le imprese, i prodotti e le tecnologie italiane”. Attraverso diversi progetti concentrati sia nell’Africa subsahariana che nel Nordafrica “formiamo e informiamo imprese locali in merito alle nuove tecnologie e ai nuovi standard dell’agritech e della tecnologia agroalimentare – ha aggiunto – formiamo all’esportazione dei prodotti nei mercati internazionali, informiamo sui prodotti tecnologici made in Italy, leader mondiali del settore, ospitando anche aziende e operatori nelle fiere italiane di riferimento. Azioni quindi di promozione che possono aiutare questi Paesi in via di sviluppo a velocizzare il gap esistente sulla sicurezza alimentare, ridurre gli impatti negativi sulla sostenibilità, ma anche sviluppare e conoscere tecnologie che riguardano l’ambito sanitario. Non va poi dimenticata l’avanguardia tecnologica del made in Italy in ambiti come quelli dell’irrigazione e delle Tea (Tecnologie di Evoluzione Assistita) che sono promosse dal ministero dell’Agricoltura per il tramite dell’istituto Crea. Elementi tecnologici innovativi in grado di creare maggiore resilienza della produzione agroalimentare agli effetti climatici, ambientali e ridurre i costi produttivi per offrire una maggiore accessibilità agli alimenti e dunque il ricorso a una dieta corretta. L’Africa importa dall’Italia 21 miliardi di euro di beni, di cui 1,3 miliardi dell’agroalimentare, in crescita del 30% rispetto all’anno precedente. Infine, molte altre iniziative vengono svolte attraverso i 12 uffici permanenti e a una serie di presidi flessibili e temporanei di Ice presenti nel continente africano, che svolgono intensa attività di commercio estero, attraverso attività di incoming, la partecipazione a fiere e collettive e altre importanti occasioni di promozione”.

Putin: Prigozhin uomo di talento che ha commesso gravi errori

Putin: Prigozhin uomo di talento che ha commesso gravi erroriRoma, 24 ago. (askanews) – Il presidente russo Vladimir Putin ha definito oggi il leader del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, “un uomo di talento ma con un destino difficile”. Lo riporta l’agenzia di stampa Ria. Putin ha quindi rimarcato che il gruppo Wagner “ha dato un grande contributo alla lotta contro il nazismo in Ucraina”. “Conoscevo Prigozhin da molto tempo, dall’inizio degli anni ’90. Era un uomo dal destino difficile e ha commesso gravi errori nella vita… Era una persona di talento, un uomo d’affari di talento, ha lavorato non solo nel nostro paese, e ha lavorato ottenendo risultati, ma anche all’estero, in Africa in particolare”, ha detto Putin durante un un incontro con il leader filorusso dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin.

Quindi, il presidente russo ha detto che “i primi dati” emersi dalle indagini sull’incidente aereo avvenuto ieri nella regione di Tver “indicano che fossero presenti anche i dipendenti della compagnia Wagner”. “Vorrei sottolineare che si tratta di persone che hanno dato un contributo importante alla nostra causa comune di lotta contro il regime neonazista in Ucraina”, ha detto Putin, aggiungendo che il paese “non dimenticherà” il contributo di Wagner alla lotta contro il nazismo.

Ucraina, scrittore dissidente russo: epoca di Putin è già finita

Ucraina, scrittore dissidente russo: epoca di Putin è già finitaRimini, 24 ago. (askanews) – “Prima o poi anche i russi capiranno che vivere nella democrazia è meglio che stare sotto la dittatura”. Al Meeting di Rimini, la domanda ‘Fra democrazia e autocrazia: il destino della libertà’ ha trovato la risposta di Mikhail Shishkin, scrittore e giornalista russo vincitore dei premi Russian Booker, Russian National Bestseller, Big Book e Premio Strega Europeo 2022. “Sono ottimista sulle prospettive dell’evoluzione della democrazia nell’umanità”, ha detto lo scrittore, che però si dimostra pessimista a breve termine: “Quando uscirà di scena Putin in Russia arriverà il caos, e la gente chiederà l’ordine”, dunque un’altra dittatura.

Sul conflitto Shishkin ha aggiunto: “Questa mostruosa guerra non è soltanto contro l’Ucraina, ma è una guerra del regime di Putin che va anche contro la Russia”. La morte di Prigozhin in un incidente aereo nella giornata di ieri non ha stupito lo scrittore, secondo cui Putin, già indebolito dopo il fallimentare tentativo di guerra in Ucraina, avrebbe potuto essere defenestrato due mesi fa se Prigozhin non si fosse fermato: “Tutta la popolazione era pronta, ma lui no. Ora è venuto il castigo”. Per Shishkin però quella di Putin è un’era al tramonto: “L’epoca di Putin è già finita, sta già cominciando la battaglia per il dopo-Putin. Il dittatore è malato e chiuso nel bunker, quello che si vede è il suo sosia. Dopo di lui ci sarà la deputinizzazione e un nuovo Putin che dovrà a sua volta dimostrare la sua autorevolezza con una vittoria, non contro l’Ucraina, ma contro il vecchio regime”. Mikhail Shishkin ha però puntato il dito anche contro l’Occidente, colpevole, dopo la caduta del muro, di avere agevolato nella giovane democrazia russa degli anni ’90 quella corruzione che sarebbe poi germinata nel regime di Putin: “L’Occidente – ha spiegato lo scrittore – ha visto perfettamente che stava facendo nascere un aggressore e ha chiuso gli occhi. Ora l’Occidente deve correggere questo errore aiutando in tutti i modi l’Ucraina a vincere contro il regime di Putin”.

Brics, Guterres: bisogna riformare le strutture di governance mondiale

Brics, Guterres: bisogna riformare le strutture di governance mondialeRoma, 24 ago. (askanews) – “Le strutture di governance mondiale di oggi riflettono il mondo di ieri”, per questo è necessario che vengano riformate, in modo che siano “veramente universali”. Lo ha detto oggi il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ricordando nel suo intervento al vertice Brics in Sudafrica che le istituzioni multilaterali sono state create all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, “quando molti paesi africani erano ancora governati da potenze coloniali e non erano nemmeno presenti al tavolo”.

“Questo è particolarmente vero per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e per le istituzioni di Bretton Woods”, ha aggiunto Guterres, secondo cui, in assenza di riforme, “la frammentazione è inevitabile”. E “non possiamo permetterci un mondo con un’economia globale e un sistema finanziario divisi, con strategie divergenti sulla tecnologia, compresa l’intelligenza artificiale, e con ambiti di sicurezza contrastanti”, ha ammonito il segretario Onu, spiegando che stime del Fondo monetario internazionale indicano che “una frattura simile potrebbe costare il 7% del Pil globale, un costo che sarebbe sostenuto in modo sproporzionato dai paesi a basso reddito, principalmente in Africa”. Guterres ha quindi lanciato un appello perchè “venga ripristinata con urgenza la fiducia e rafforzato il multilateralismo per il XXI secolo”. Impegno che “richiede il coraggio di scendere a compromessi nelle riforme necessarie per il bene comune”, che “richiede il pieno rispetto della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale, dei valori universali e di tutti i diritti umani: sociali, culturali, economici, civili e politici. E che richiede una solidarietà molto maggiore”, ha concluso.

Morto a 100 anni Golestan, il grande vecchio del cinema iraniano

Morto a 100 anni Golestan, il grande vecchio del cinema iranianoRoma, 24 ago. (askanews) – Lo scrittore e regista iraniano Ebrahim Golestan, figura pionieristica del cinema e della letteratura moderni in Iran, è morto nel Sussex, nel Regno Unito, all’età di 100 anni, lo ha annunciato la sua famiglia. Nato il 19 ottobre 1922 a Shiraz, nel sud dell’Iran, Gulistan ha lasciato un segno indelebile nella scena cinematografica e letteraria del XX secolo nel suo paese natale.

“Papà, ci hai lasciato. Addio!”, ha scritto mercoledì sera sua figlia Lili su Instagram, accompagnando queste parole con una foto del regista. Nel 1957, Ebrahim Golestan diede vita al primo studio cinematografico iraniano, per produrre il suo primo lungometraggio, The Brick and the Mirror, sette anni dopo. Quest’opera satirica, raffigurante la società iraniana, ha dato il via all’ascesa della nouvelle vague della cinematografica iraniana. Nel 1974 diresse I misteri del tesoro della valle dei fantasmi, adattamento del suo romanzo omonimo, in cui esaminava criticamente la modernizzazione intrapresa dal regime dello Scià.

Oltre a “I misteri”, Golestan ha scritto diversi romanzi e racconti, spesso influenzati dai giganti della letteratura americana come Ernest Hemingway e William Faulkner. Dopo la rivoluzione islamica del 1979, pose fine alla sua carriera registica e si stabilì a Londra dove ha condotto una vita solitaria. Nel 2022, il cineasta è apparso nel documentario Ci vediamo venerdì, Mitra Farahani, un dialogo tra lui e Jean-Luc Godard che ha vinto il Premio Speciale della Giuria al festival di Berlino.

Suo figlio Kaveh, noto fotoreporter, ha perso la vita nel 2003 in seguito all’esplosione di una mina nel nord dell’Iraq.

Oxfam: la crisi climatica asseterà il mondo

Oxfam: la crisi climatica asseterà il mondoRoma, 24 ago. (askanews) – Nei prossimi anni e decenni aree sempre più vaste e spesso poverissime del pianeta saranno colpite da una sempre maggiore carenza d’acqua. Una crisi idrica di portata epocale che diverrà sempre di più conseguenza diretta della crisi climatica, poiché causata in gran parte dal riscaldamento globale accelerato dalle emissioni di gas serra, con conseguenze drammatiche sull’aumento di fame, malattie e migrazioni forzate di massa. Basti pensare che in soli 10 tra i Paesi al mondo più colpiti dai cambiamenti climatici – Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe – la malnutrizione cronica potrebbe aumentare di oltre un terzo entro il 2050, colpendo 11,3 milioni di persone in più rispetto ad oggi. È l’allarme lanciato da Oxfam in occasione della Settimana mondiale dell’acqua con il primo di una serie di rapporti, che fotograferanno una crisi che determinerà il futuro del pianeta. Il dossier – prendendo in esame 20 dei principali Paesi colpiti dalla crisi idrica e climatica in 4 aree del mondo – denuncia infatti un’emergenza che già oggi colpisce 2 miliardi persone nel mondo che non hanno accesso adeguato all’acqua e che entro il 2050 potrebbe colpire 1 miliardo di persone in più. Una data entro la quale si potrebbero registrare fino a 216 milioni di migranti climatici interni a livello globale, tra cui 86 milioni solo in Africa sub-sahariana. ‘Il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e dall’uso di petrolio, carbone e gas, sta portando ad una terribile crisi idrica globale, che deve essere affrontata prima che sia troppo tardi per tantissimi. – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi e le comunità più povere e meno preparate, che paradossalmente spesso sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti. Ne abbiamo già la dimostrazione plastica nel nostro lavoro quotidiano per portare acqua alle comunità più povere in tutto il mondo. I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate. – continua – Ad esempio, in Africa orientale, alle prese con la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto, là dove dovrebbe esserci acqua. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando’. La crisi climatica in Africa orientale e occidentale In vaste zone dell’Africa orientale oltre 32 milioni di persone al momento sono alla fame estrema a causa di 5 anni di siccità, emergenza aggravata dai conflitti in corso e dalla crescita dei livelli di povertà. Altre zone della stessa regione sono invece colpite da alluvioni improvvise e piogge imprevedibili, che devastano i raccolti e i mezzi di sussistenza della popolazione allo stesso modo della siccità. E la situazione è destinata peggiorare. Il rapporto di Oxfam rivela infatti come, entro il 2040, l’Africa orientale potrebbe essere colpita da un aumento dell’8% delle precipitazioni, che provocherà un ciclo di inondazioni e siccità che porterebbe a un aumento potenzialmente catastrofico del 30% del deflusso superficiale delle acque, che riduce la ricarica delle acque sotterranee e abbassa la falda freatica, peggiorando la siccità soprattutto per il settore agricolo e per tutte quelle persone che dipendono dai pozzi d’acqua per sopravvivere. Un fenomeno che quindi produrrà un impatto devastante sull’impoverimento dei terreni, che verranno privati delle sostanze nutritive essenziali per i raccolti e aumenterà il rischio che molte infrastrutture essenziali vengano distrutte dalle alluvioni. La conseguenza ad esempio potrebbe essere l’aumento esponenziale di casi di malaria che entro il 2030 potrebbe colpire tra 50 e 60 milioni di persone in più, rispetto ad uno scenario in cui si escludesse l’impatto della crisi climatica. In modo simile anche l’Africa occidentale sarà colpita dalla crisi idrica. Entrambe le regioni stanno già affrontando infatti ondate di calore più intense dell’8-15% e cali della produttività del lavoro dell’11-15%, a causa di migrazioni di massa di comunità costrette a spostarsi per sopravvivere a fame e povertà estrema, cambiamenti nelle colture, perdita di bestiame e l’intensificarsi di conflitti causati proprio dalla scarsità d’acqua. A livello globale si stima che negli ultimi 20 anni quest’ultimi siano quadruplicati, rispetto al periodo 1980-99. ‘Il riscaldamento globale sta aumentando la frequenza e la gravità dei disastri, che colpiranno sempre più duramente negli anni a venire, mentre l’enorme mancanza di investimenti nel rafforzamento dei sistemi idrici sta lasciando i Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparati ad affrontare nuovi disastri naturali. – continua Pezzati – Già oggi, a causa della durissima siccità che colpisce queste aree dell’Africa, molti dei sistemi idrici installati da Oxfam stanno diventando insufficienti a garantire l’acqua necessaria alle comunità più colpite, e molti pastori e piccoli allevatori, ad esempio, sono costretti a migrare per cercare nuovi pascoli. In Corno d’Africa sono già morti oltre 13 milioni di capi di bestiame a causa della siccità. Nel frattempo in Sud Sudan le inondazioni stanno spazzando via le strutture igienico-sanitarie, inquinando e quindi rendendo inservibili le fonti d’acqua dolce disponibili. Mentre aumenta la diffusione di malattie, come il colera, che vengono contratte per l’uso di acqua contaminata’. In Medio Oriente l’aumento delle temperature e il drastico calo delle piogge causeranno un aumento esponenziale del prezzo dell’acqua Un’altra delle aree più colpite dalla crisi idrica è e sarà il Medio Oriente, dove entro il 2040 le precipitazioni potrebbero diminuire al punto tale da provocare una forte diminuzione della portata dei fiumi e dei livelli di acqua disponibile nei bacini idrici. Le ondate di calore aumenteranno del 16%, provocando un calo della produttività del lavoro del 7%, mentre i prezzi dell’acqua aumenteranno esponenzialmente di pari passo con una sempre maggiore necessità e domanda d’acqua. Tutto questo provocherà anche un aumento dell’insicurezza alimentare in Paesi spesso già attraversati da conflitti lunghissimi e atroci, come lo Yemen e la Siria; o in Paesi come l’Iraq, (uno degli stati al mondo più vulnerabili agli effetti della crisi climatica) che sta già affrontando una delle più gravi siccità di sempre, che ha colpito un’area vastissima del Paese. Al momento 7 milioni di persone sono senz’acqua, cibo ed elettricità e tanti agricoltori sono costretti ad abbandonare terreni e animali per migrare verso città e centri urbani. Nella provincia di Diyala, nel nord dell’Iraq, ad esempio, le alte temperature hanno prosciugato le riserve d’acqua da cui dipende la sussistenza della popolazione, compreso il lago artificiale Hamrin, che in buona parte è diventato una pianura desertica. In Asia il livello del mare potrebbe salire di mezzo metro entro il 2100 mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone In Asia, invece, vastissime aree saranno colpite dall’innalzamento del livello del mare, che potrebbe superare il mezzo metro entro il 2100 e dallo scioglimento dei giacchiai. Questo provocherà inondazioni e renderà inservibili molte delle falde acquifere da cui dipendono centinaia di milioni di persone, lungo le zone costiere. Le ondate di calore aumenteranno in media dell’8% e la produttività del lavoro calerà del 7%, con un conseguente aumento della povertà e delle migrazioni. Uno scenario in cui malattie come la malaria e la dengue potrebbero crescere del 183%. I fattori che aggravano la crisi idrica globale lasciando milioni di persone del tutto impreparate Se i cambiamenti climatici sono il fattore scatenante della crisi idrica globale che ci troviamo di fronte, sono diverse le concause che stanno lasciando milioni di persone nei Paesi più poveri e vulnerabili del tutto impreparate ad affrontarne le conseguenze, lungo un trend destinato a peggiorare nel tempo. Tanti gli esempi: decenni di investimenti insufficienti nei sistemi idrici, una gestione inadeguata del sistema delle acque, l’erosione, l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle falde acquifere sotterranee, solo per citarne alcuni. Nel ’22 mancavano all’appello 2,5 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza Nonostante quanto sta già accadendo e le previsioni per il prossimo futuro, l’anno scorso da parte dei Paesi donatori è stato finanziato appena il 32% dei 3,8 miliardi di dollari richiesti dalla Nazioni Unite per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati nelle aree di crisi più colpite, lasciando i Paesi più a rischio di scarsità d’acqua, senza le risorse necessarie per gli investimenti in infrastrutture idriche adeguate ed essenziali. ‘Continuando con gli attuali livelli di emissioni stiamo andando incontro ad uno scenario drammatico. – conclude Pezzati – Le nazioni ricche e più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla, al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio. Siamo ancora ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta!’. L’appello ai Governi: servono 114 miliardi l’anno per affrontare la crisi idrica globale Oxfam lancia quindi un appello urgente ai Governi: ‘ perché riorientino importanti investimenti nell’adeguamento dei sistemi idrici nazionali, rendendola una priorità politica; ‘ sostengano l’obbiettivo delle Nazioni Unite di destinare 114 miliardi di dollari all’anno per affrontare l’emergenza idrica e igienico-sanitaria a livello globale. Risorse fondamentali per salvare tantissime vite oggi e che avranno un impatto positivo per il raggiungimento di quasi tutti gli altri obiettivi definiti dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Le trattative tra sceneggiatori e studios di Hollywood sono a un punto morto

Le trattative tra sceneggiatori e studios di Hollywood sono a un punto mortoRoma, 24 ago. (askanews) – Dopo oltre 100 giorni di sciopero a Hollywood, il sindacato degli sceneggiatori ha rifiutato una prima offerta di compromesso degli studios, ritenuta piena di “lacune” e “omissioni”. L’incontro di martedì sera tra gli straordinari sceneggiatori di Hollywood e i grandi capi di Disney, Universal, Warner Bros e Netflix, ha dato vita a un nuovo dialogo tra sordi per questo settore paralizzato da un movimento di protesta storico, ha annunciato il sindacato (WGA).

Dopo tre mesi di silenzio radiofonico e dopo lo sciopero degli attori a metà luglio, sceneggiatori e studi cinematografici hanno ripreso le trattative all’inizio di agosto. Nonostante una nuova offerta da parte dei datori di lavoro per migliorare le condizioni salariali e di lavoro e per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale, i colloqui sono ancora in fase di stallo. L’incontro di martedì sera è stato “un sermone sulla qualità della loro unica controproposta”, ha affermato la WGA in un comunicato. “Non è stato un incontro per raggiungere un accordo. È stato un incontro per farci cedere”. La presenza dei grandi capi Bob Iger (Disney), Donna Langley (Universal Pictures), Ted Sarandos (Netflix) e David Zaslav (Warner Bros) non è bastata a ripristinare un dialogo di qualità.

Hollywood non conosceva uno sciopero simultaneo di attori e sceneggiatori dal 1960. Questo doppio movimento sociale costa ogni giorno al settore milioni di dollari. Ma per la WGA, la controproposta degli studios è piena di “lacune” e “omissioni” e non è all’altezza delle “minacce esistenziali” che l’industria deve affrontare. “Siamo arrivati al tavolo delle trattative con un’offerta che risponde alle preoccupazioni prioritarie espresse dagli sceneggiatori”, ha detto Carol Lombardini, presidente dell’Alleanza dei produttori cinematografici e televisivi (AMPTP), che rappresenta i datori di lavoro. “Siamo profondamente impegnati a porre fine allo sciopero e speriamo che la WGA lavori per raggiungere lo stesso obiettivo”, ha aggiunto.

L’AMPTP ha presentato alla stampa gli elementi della sua nuova offerta. Gli studi e le piattaforme propongono in particolare di aumentare del 13% lo stipendio minimo degli sceneggiatori nell’arco di tre anni, e di condividere con il sindacato le ore di visione dei programmi trasmessi in streaming. I dati sul pubblico finora sono confidenziali. La condivisione dei ricavi legati allo streaming resta il nerbo della guerra: proprio come gli attori, gli sceneggiatori vogliono poter guadagnare molto di più quando un loro film o una serie ha successo su una piattaforma, invece di ricevere un compenso forfettario indipendentemente dal fatto che la popolarità del programma. Ma gli studios propongono solo di ristrutturare questo sistema di compensazione “in futuro”.

In termini di intelligenza artificiale, le major offrono agli sceneggiatori la possibilità di rielaborare script inizialmente generati da un’intelligenza artificiale, pur essendo considerati l’unico autore di quest’opera e quindi senza essere pagati di meno. D’altro canto, tacciono sulla possibilità di addestrare un’intelligenza artificiale per lavorare su script esistenti, una linea rossa per la WGA.

La Cina contro il Giappone per lo sversamento delle acque di Fukushima in mare

La Cina contro il Giappone per lo sversamento delle acque di Fukushima in mareRoma, 24 ago. (askanews) – Il ministero degli Esteri cinese ha rilasciato una dichiarazione subito dopo l’inizio delle operazioni di rilascio delle acque contaminate della centrale di Fukushima nell’Oceano Pacifico accusando il Giappone di causare “danni secondari” alle persone per i propri “interessi egoistici”.

Il Giappone ha “esteso i rischi al mondo intero (e) ha strasmesso il dolore alle future generazioni di esseri umani”. “Considerando lo scarico delle acque reflue come un fatto compiuto, la parte giapponese si è posta contemporaneamente sul banco degli imputati internazionale”, recita la nota del ministero degli Esteri cinese che accusa Tokyo di non essere riuscita a dimostrare la legittimità del piano, nonostante anni di rigorosi controlli da parte di regolatori indipendenti. 

Hollywood, fallisce tentativo accordo tra sceneggiatori e studios

Hollywood, fallisce tentativo accordo tra sceneggiatori e studiosRoma, 24 ago. (askanews) – Dopo oltre 100 giorni di sciopero a Hollywood, il sindacato degli sceneggiatori ha rifiutato una prima offerta di compromesso degli studios, ritenuta piena di “lacune” e “omissioni”.

L’incontro di martedì sera tra gli straordinari sceneggiatori di Hollywood e i grandi capi di Disney, Universal, Warner Bros e Netflix, ha dato vita a un nuovo dialogo tra sordi per questo settore paralizzato da un movimento di protesta storico, ha annunciato il sindacato (WGA). Dopo tre mesi di silenzio radiofonico e dopo lo sciopero degli attori a metà luglio, sceneggiatori e studi cinematografici hanno ripreso le trattative all’inizio di agosto. Nonostante una nuova offerta da parte dei datori di lavoro per migliorare le condizioni salariali e di lavoro e per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale, i colloqui sono ancora in fase di stallo.

L’incontro di martedì sera è stato “un sermone sulla qualità della loro unica controproposta”, ha affermato la WGA in un comunicato. “Non è stato un incontro per raggiungere un accordo. È stato un incontro per farci cedere”. La presenza dei grandi capi Bob Iger (Disney), Donna Langley (Universal Pictures), Ted Sarandos (Netflix) e David Zaslav (Warner Bros) non è bastata a ripristinare un dialogo di qualità. Hollywood non conosceva uno sciopero simultaneo di attori e sceneggiatori dal 1960. Questo doppio movimento sociale costa ogni giorno al settore milioni di dollari. Ma per la WGA, la controproposta degli studios è piena di “lacune” e “omissioni” e non è all’altezza delle “minacce esistenziali” che l’industria deve affrontare.

“Siamo arrivati al tavolo delle trattative con un’offerta che risponde alle preoccupazioni prioritarie espresse dagli sceneggiatori”, ha detto Carol Lombardini, presidente dell’Alleanza dei produttori cinematografici e televisivi (AMPTP), che rappresenta i datori di lavoro. “Siamo profondamente impegnati a porre fine allo sciopero e speriamo che la WGA lavori per raggiungere lo stesso obiettivo”, ha aggiunto. L’AMPTP ha presentato alla stampa gli elementi della sua nuova offerta. Gli studi e le piattaforme propongono in particolare di aumentare del 13% lo stipendio minimo degli sceneggiatori nell’arco di tre anni, e di condividere con il sindacato le ore di visione dei programmi trasmessi in streaming. I dati sul pubblico finora sono confidenziali.

La condivisione dei ricavi legati allo streaming resta il nerbo della guerra: proprio come gli attori, gli sceneggiatori vogliono poter guadagnare molto di più quando un loro film o una serie ha successo su una piattaforma, invece di ricevere un compenso forfettario indipendentemente dal fatto che la popolarità del programma. Ma gli studios propongono solo di ristrutturare questo sistema di compensazione “in futuro”. In termini di intelligenza artificiale, le major offrono agli sceneggiatori la possibilità di rielaborare script inizialmente generati da un’intelligenza artificiale, pur essendo considerati l’unico autore di quest’opera e quindi senza essere pagati di meno. D’altro canto, tacciono sulla possibilità di addestrare un’intelligenza artificiale per lavorare su script esistenti, una linea rossa per la WGA.

Prima passeggiata sul suolo lunare per la missione indiana

Prima passeggiata sul suolo lunare per la missione indianaRoma, 24 ago. (askanews) – Il rover lunare indiano ha mosso i primi passi sulla superficie lunare un giorno dopo che il paese ha fatto la storia diventando il primo ad atterrare vicino al polo sud.

Il rover di Chandrayaan-3 è “sceso” dal lander e “l’India ha fatto una passeggiata sulla Luna!”, ha detto l’agenzia spaziale. Mercoledì sera il lander Vikram è atterrato con successo come previsto.

Con questo, l’India si unisce a un club d’élite di paesi pronti a realizzare un atterraggio morbido sulla Luna, dopo gli Stati Uniti, l’ex Unione Sovietica e la Cina. Il rover da 26 kg chiamato Pragyaan (la parola sanscrita per saggezza) è stato portato sulla Luna nella pancia del lander Vikram.

Dopo che la polvere sollevata dall’atterraggio di ieri sera si è depositata, i pannelli su un lato di Vikram si sono aperti per dispiegare una rampa che consente a Pragyaan di scivolare sulla superficie lunare. Ora vagherà tra le rocce e i crateri, raccogliendo dati e immagini cruciali da inviare sulla Terra per l’analisi.

Pragyaan porta con sé due strumenti scientifici che cercheranno di scoprire quali minerali sono presenti sulla superficie lunare e studiare la composizione chimica del suolo. Pragyaan comunicherà solo con il lander che invierà le informazioni all’orbiter Chandrayaan-2 – che sta ancora orbitando intorno alla Luna – per trasmetterle alla Terra per l’analisi. L’Organizzazione indiana per la ricerca spaziale (Isro) ha affermato che il rover si muoverà alla velocità di 1 cm al secondo e ad ogni passo lascerà sulla superficie della Luna anche l’impronta del logo e dell’emblema dell’Isro impresso sulle sue sei ruote. L’atterraggio coincide con l’inizio di un giorno lunare: un giorno sulla Luna equivale a poco più di quattro settimane sulla Terra e ciò significa che il lander e il rover avranno 14 giorni di luce solare per caricare le batterie. Una volta calata la notte, si scaricheranno e smetteranno di funzionare. Non è ancora chiaro se torneranno in vita quando inizierà il prossimo giorno lunare. Il lander trasporta anche diversi strumenti scientifici che aiuteranno a scoprire cosa succede sulla superficie della Luna, sopra e sotto di essa. Si ritiene che la Luna contenga minerali importanti, ma uno degli obiettivi principali di Chandrayaan-3 è la caccia all’acqua: gli scienziati affermano che gli enormi crateri nella regione del polo sud, che sono permanentemente in ombra, contengono ghiaccio che potrebbe supportare l’abitazione umana sulla Luna in futuro. Mercoledì, momenti di tensione hanno preceduto l’atterraggio mentre il lander iniziava la sua precaria discesa. La velocità del lander è stata gradualmente ridotta da 1,68 km al secondo fino a quasi zero, consentendogli di effettuare un atterraggio morbido sulla superficie lunare. Il momento storico è stato accolto con festeggiamenti in tutto il Paese, con il Primo Ministro Narendra Modi che ha affermato che “l’India è ora sulla Luna” e che “siamo arrivati dove nessun altro Paese potrebbe”. L’atterraggio è avvenuto pochi giorni dopo che la navicella spaziale russa Luna-25 aveva perso il controllo e si era schiantata sulla Luna. L’incidente ha messo in luce anche il terreno difficile della regione del Polo Sud, dove la superficie è “molto irregolare” e “piena di crateri e massi”. La seconda missione lunare dell’India, che ha tentato anch’essa un atterraggio morbido lì nel 2019, non ha avuto successo: il suo lander e il rover sono stati distrutti, sebbene l’orbiter sia sopravvissuto e continua a girare intorno alla Luna anche oggi e sta aiutando il lander Vikram a inviare immagini e dati sulla Terra per l’analisi. L’India non è l’unico paese che tiene d’occhio la Luna: c’è un crescente interesse globale nei suoi confronti, con molte altre missioni dirette sulla superficie lunare nel prossimo futuro. E gli scienziati dicono che c’è ancora molto da capire sulla Luna, spesso descritta come una porta verso lo spazio profondo.