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La Finlandia è ufficialmente membro a pieno titolo della Nato

La Finlandia è ufficialmente membro a pieno titolo della Nato




La Finlandia è ufficialmente membro a pieno titolo della Nato – askanews.it




















Bruxelles, 4 apr. (askanews) – “La Finlandia è il 31esimo membro dell’Alleanza atlantica”. Lo ha dichiarato in diretta Tv, alle 14.45 oggi a Bruxelles, al quartier generale della Nato, il segretario di Stato americano Antony Blinken.

“Pochi minuti fa – ha riferito Blinken – ho ricevuto dalla Turchia lo strumento di ratifica del Protocollo di adesione della Finlandia. Con quest’atto, il Protocollo è ora in vigore”. A questo punto, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha consegnato al ministro finalndese degli Esteri, Pekka Haavisto, l’invito formale ad aderire all’Alleanza. Haavisto, a sua volta ha preso l’invito dalle mani di Stoltenberg e consegnato a Blinken, come rappresentante degli Stati Uniti, lo strumento di adesione della Finlandia al Trattato del Nord Atlantico.

“Ora che ho ricevuto questo strumento d’adesione, posso dichiarare che La Finlandia è il 31esimo membro dell’Alleanza atlantica”, ha quindi affermato Blinken. Stretta di mano fra i tre davanti alle telecamere e applausi. Ma non è finita qui: Haavisto ha ripreso la parola e ha detto: “Ora che siamo membri della Nato, abbiamo un atto molto importante da compiere, quello di depositare la nostra ratifica della richiesta d’adesione della Svezia. Questo – ha aggiunto consegnando a Blinken il documento – è il nostro primo atto come Stato membro”. “Sono lieto di ricevere questo documento dalla Finlandia”, ha concluso il segretario di Stato americano.

Il caso di Artem Uss: ricercato dagli Usa, arrestato in Italia ma fuggito. Ora è tornato in Russia

Il caso di Artem Uss: ricercato dagli Usa, arrestato in Italia ma fuggito. Ora è tornato in Russia




Il caso di Artem Uss: ricercato dagli Usa, arrestato in Italia ma fuggito. Ora è tornato in Russia – askanews.it




















Roma, 4 apr. (askanews) – Artem Uss, il figlio di un governatore russo, scomparso il mese scorso in Italia dopo essere stato arrestato e posto agli arresti domiciliari su richiesta degli Stati Uniti, ha annunciato oggi di essere tornato in Russia. “Sono in Russia! In quei giorni particolarmente tesi ho avuto al mio fianco persone forti e affidabili. Voglio ringraziarli”, ha detto all’agenzia di stampa Ria Novosti Uss, figlio del governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk, Alexander Uss.

Citato dalle agenzie di stampa russe, il governatorato di Krasnoyarsk ha confermato che Uss è tornato in Russia, senza specificare in quale città si trovasse o in quali circostanze fosse tornato. Artem Uss è ricercato negli Stati Uniti in relazione alla vendita illegale di tecnologia americana a compagnie di armi in Russia. È stato arrestato a ottobre all’aeroporto di Milano Malpensa. In attesa di una decisione del tribunale sulla sua estradizione negli Stati Uniti, era agli arresti domiciliari, con un braccialetto elettronico. Alla fine di marzo, dopo che un tribunale italiano ha dato il via libera alla sua estradizione, è scomparso. Anche le autorità russe avevano inserito Uss nella lista dei ricercati, in un apparente tentativo di ottenere la sua estradizione in Russia per evitare quella negli Stati Uniti.

Citato oggi dalla Ria, Uss ha affermato di essere stato costretto a sfuggire agli arresti domiciliari in Italia a causa della decisione “politica” di estradarlo negli Stati Uniti, presa “sotto la pressione delle autorità americane”. “Mentre inizialmente facevo affidamento sulla sua imparzialità, il tribunale italiano ha mostrato un chiaro pregiudizio politico”, ha detto. In concreto, Uss è sospettato, insieme ad altri quattro russi e due broker petroliferi venezuelani, di aver acquistato dagli Stati Uniti componenti elettronici destinati ad equipaggiare aerei, radar o missili, e di averli rivenduti a società produttrici di armi eludendo le sanzioni in vigore.

Numero uno JPMorgan: crisi banche non è finita, avrà ripercussioni

Numero uno JPMorgan: crisi banche non è finita, avrà ripercussioni




Numero uno JPMorgan: crisi banche non è finita, avrà ripercussioni – askanews.it




















New York, 4 apr. (askanews) – La crisi innescata dai recenti crolli della Silicon Valley Bank e della Signature Bank non è ancora finita e si ripercuoterà sull’economia per gli anni a venire, ha dichiarato martedì il CEO di JPMorgan Chase Jamie Dimon nella sua lettera annuale agli azionisti.

L’amministratore delegato della più grande banca degli Stati Uniti delineando l’ampio danno che il crollo del sistema finanziario ha causato a tutte le banche, ha esortato i legislatori a riflettere attentamente prima di rispondere con una politica di regolamentazione. “Questi fallimenti non sono stati positivi per le banche di qualsiasi dimensione”, ha scritto Dimon, rispondendo alle provocazioni che vedevano le grandi banche uscire vincenti dal crollo delle piccole. “Qualsiasi crisi che danneggi la fiducia degli americani nelle loro banche danneggia tutte le banche”, ha spiegato Dimon, precisando che se “è vero che questa crisi bancaria ha ‘beneficiato’ le banche più grandi a causa dell’afflusso di depositi che hanno ricevuto da istituti più piccoli, l’idea che questo tracollo sia stato un bene, è assurda”.

Il Ceo ha continuato dicendo che le normative attuali potrebbero cullare le banche nell’autocompiacimento, mentre invece servono regolamentazioni non “istintive o politicamente motivate”. Per Dimon, “il dibattito non dovrebbe sempre riguardare più o meno regolamentazione, ma quale mix di regolamenti manterrà il sistema bancario americano il migliore del mondo”.

La polizia belga ha perquisito la sede del Ppe a Bruxelles

La polizia belga ha perquisito la sede del Ppe a Bruxelles




La polizia belga ha perquisito la sede del Ppe a Bruxelles – askanews.it



















Bruxelles, 4 apr. (askanews) – La polizia belga ha perquisito questa mattina la sede del Partito popolare europeo (Ppe), sequestrando dei computer, secondo quanto hanno riferito fonti informate alla testata Euractiv.com.

“Dei poliziotti belgi hanno fatto irruzione al primo e al terzo piano della sede del partito in rue du Commerce”, hanno detto le fonti. Secondo le prime informazioni, da confermare, la polizia starebbe cercando elementi di prova di frodi finanziarie che avrebbero coinvolto il personale del Ppe. Una fonte del Ppe ha detto a Euractiv che una dichiarazione verrà rilasciata più tardi nella giornata.

Cremlino: prenderemo contromisure dopo l’ingresso della Finlandia nella Nato

Cremlino: prenderemo contromisure dopo l’ingresso della Finlandia nella Nato




Cremlino: prenderemo contromisure dopo l’ingresso della Finlandia nella Nato – askanews.it



















Milano, 4 apr. (askanews) – In risposta all’adesione Finlandia alla NATO, la Russia deve adottare “contromisure” per garantire la propria sicurezza. Lo ha annunciato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov secondo i canali ufficiali russi.

Secondo Peskov, l’adesione della Finlandia alla NATO danneggerà la sicurezza della Russia. Secondo lui, la NATO è ostile alla Russia. Il Cremlino considera l’ingresso di Helsinki nella NATO un altro aggravamento della situazione, questo non può che influire sulle relazioni bilaterali, ha affermato Peskov. E costringerà la Russia a prendere contromisure per garantire la sua sicurezza, dice. Su quali i militari riferiranno a tempo debito, viene precisato.

Da oggi la Finlandia è ufficialmente nella Nato. Stoltenberg: “Sono felice e orgoglioso”

Da oggi la Finlandia è ufficialmente nella Nato. Stoltenberg: “Sono felice e orgoglioso”




Da oggi la Finlandia è ufficialmente nella Nato. Stoltenberg: “Sono felice e orgoglioso” – askanews.it




















Milano, 4 apr. (askanews) – “Giornata storica” per la Finlandia secondo il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg alla stampa, in una diretta streaming trasmessa dall’Alleanza. “Sono felice e orgoglioso” per l’ingresso della Finlandia, sottolineando l’importanza per l’Alleanza ma anche per la regione del Baltico e per il Nord. “Pochi anni fa noi ritenevamo che fosse impensabile: dimostra che la Finlandia è un paese sovrano” ma anche “la politica delle porte aperte” della Nato. “Anche la Svezia è molto vicina alla Nato”ma deve ancora finalizzare l’adesione, secondo il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg alla stampa, in una diretta streaming trasmessa dall’Alleanza. La Svezia è comunque in “una posizione migliore rispetto a quando ha presentato la richiesta” della Nato. Come noto l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha sconvolto la sicurezza in Europa e rimescolato le carte, spingendo Finlandia e Svezia a voler entrare nell’ombrello protettivo della Nato.

Tajani: con l’adesione della Finlandia la Nato si rafforza

Tajani: con l’adesione della Finlandia la Nato si rafforza




Tajani: con l’adesione della Finlandia la Nato si rafforza – askanews.it




















Roma, 4 apr. (askanews) – “La Nato si rafforza con l’adesionee della Finlandia. E sono convinto che alla fine anche la Svezia farà parte della Nato. Il percorso è sempre con qualche difficoltà”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Stampa Estera a Roma.

“L’agressione della Russia nei confronti dell’Ucraina ha provocato un rafforzamento dell’unità occidentale, ha compattato Paesi dell’Ue e l’alleanza con gli Usa, e portato due Paesi che non erano membri a diventare parte della Nato”, ha spiegato Tajani sottolineando la necessità per l’Europa di “contare di più da un punto di vista della Difesa all’interno dell’Alleanza atlantica”.

Ecco come gli hacker nordcoreani finanziano Pyongyang

Ecco come gli hacker nordcoreani finanziano Pyongyang




Ecco come gli hacker nordcoreani finanziano Pyongyang – askanews.it




















Roma, 4 apr. (askanews) – Un gruppo di hacker nordcoreani conosciuto come Kimsuky ha rubato criptovaluta per finanziare le operazioni di spionaggio relative al suo programma nucleare. L’ha detto Mandiant, la sussidiaria di sicurezza informatica di Google, accendendo un ulteriore faro sulle operazioni di finanziamento illegali che sono alla base del programma nucleare di Pyongyang.

In un rapporto pubblicato sul suo blog, Mandiant ha affermato di aver tracciato il conglomerato di hacker sostenuto dallo stato nordcoreano – classificato come APT43 – negli ultimi cinque anni e di aver scoperto che Kimsuky ha commesso crimini informatici per sostenere finanziariamente il programma di armi nucleari di Pyongyang. “Si tratta di un’unità in grado di compiere una serie di crimini informatici prendendo di mira in particolare la criptovaluta”, ha affermato Luke McNamara, principale analista di Mandiant, in una conferenza stampa online per i media sudcoreani, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Yonhap. “Riteniamo – ha continuato – che la loro missione principale sia lo spionaggio informatico, la raccolta di segreti per il governo nordcoreano, in particolare sulla politica nucleare”.

APT43 fa parte del cosiddetto Ufficio generale di ricognizione del governo nordcoreano, che sovrintende a una serie di funzioni nell’articolata galassia dei servizi segreti nordcoreani. Assieme ad APT43 operano gruppi conosciuti come APT38, Temp Hermit e Andariel. In termini più generali, questo apparato di hacker è chiamato “Lazarus”, un nome che s’è conquistato gli onori delle cronache anche in Occidente dopo l’attacco contro la Sony Pictures di qualche anno fa. Si ritiene che questi gruppi condividano malware e codici di hacking per svolgere la loro missione di portare denaro al governo nordcoreano per finanziare il programma di armi.

“APT43 svolge una serie di diverse attività motivate finanziariamente, focalizzate principalmente sul furto di criptovaluta”, ha affermato McNamara. Il gruppo inoltre ha mostrato una particolare abilità nel riciclare le criptovalute rubate attraverso servizi di cloud mining, riuscendo così a nascondere le tracce di questi fondi rubati. Questi fondi sono stati poi utilizzati per finanziare la raccolta d’informazioni sulle armi nucleari, inviando e-mail di “spear phishing” rivolte a politici o ricercatori in Corea del Sud e negli Stati Uniti nelle quali si chiedevano opinioni approfondite su questioni nordcoreane. “Non hanno avuto nemmeno bisogno di inviare malware. Hanno semplicemente chiesto a qualcuno che stava lavorando su questioni politiche di fornire la loro analisi strategica di ciò che stava accadendo”, ha segnalato McNamara. “E molti obiettivi che hanno ricevuto queste e-mail hanno risposto liberamente e hanno dato risposte all’APT43, un apparato dell’intelligence della Corea del Nord”.

APT43 ha anche contattato aziende farmaceutiche globali per ottenere informazioni sui vaccini e sul trattamento Covid-19 durante la pandemia, ha affermato l’esperto di Google. Le unità cyber dell’intelligence nordcoreana sono particolarmente avanzate e svolgono un ruolo cruciale nel fornire sostegno finanziario al governo di Pyongyang in un momento di intensa attività militare e nell’imminenza – secondo diverse intelligence – di un nuovo test nuclerare.

Von der Leyen e Macron volano a Pechino per spingere la Cina a mediare fra Russia e Ucraina

Von der Leyen e Macron volano a Pechino per spingere la Cina a mediare fra Russia e Ucraina




Von der Leyen e Macron volano a Pechino per spingere la Cina a mediare fra Russia e Ucraina – askanews.it



















Bruxelles, 4 apr. (askanews) – La visita a Pechino della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente francese Emmanuel Macron, giovedì prossimo, ha certamente tra i suoi obiettivi principali quello di cercare di convincere la Cina a svolgere un ruolo costruttivo di mediazione con la Russia per arrivare a una cessazione del conflitto in Ucraina, chiedendo tra l’altro al presidente Xi Jinping (come ha già fatto venerdì scorso, sempre a Pechino, il premier spagnolo Pedro Sßnchez), di incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e puntando allo stesso tempo a ottenere una conferma del fatto che la Cina non fornirà alcun tipo di armamenti letali all’invasore russo.

Comunque, ‘il modo in cui la Cina continuerà a interagire con la guerra di Putin sarà un fattore determinante per il futuro delle sue relazioni con l’Ue, ha avvertito von der Leyen, intervenendo giovedì scorso a un evento organizzato a Bruxelles dal ‘Mercator Institute for China Studies’ e dallo ‘European Policy Centre’.’ Ma la visita dei due leader europei intende soprattutto rappresentare una svolta nei rapporti economici e politici con la Cina, basata su un livello di franchezza senza precedenti sulle divergenze e sui possibili punti di cooperazione, come è emerso chiaramente in diversi punti del lungo e articolato discorso, a tratti molto duro, di von der Leyen. ‘Per definire una strategia europea nei riguardi della Cina, e che cosa significhi un successo di questa strategia, bisogna cominciare con una sobria valutazione delle nostre attuali relazioni e delle intenzioni strategiche cinesi. La nostra relazione con la Cina è troppo importante per essere messa a rischio dal fallimento di una definizione chiara’ dei suoi termini, ha detto la presidente della Commissione, ricordando che ‘negli ultimi anni abbiamo visto un deliberato indurimento della postura strategica complessiva della Cina’, a cui ora si accompagnano ‘azioni sempre più assertive’. Il primo punto, forse il più importante per il cambiamento che comporta per le politiche dell’Ue, riguarda le conseguenze economiche e commerciali di quello che von der Leyen ha definito come un vero e proprio passaggio d’epoca nella ‘visione del mondo’ di Pechino, ‘plasmata da un senso di missione per la nazione cinese’ a livello globale. La Cina, secondo la presidente della Commissione, ‘ha ormai voltato pagina rispetto all’era delle riforme e dell’apertura, e si sta muovendo verso una nuova era di sicurezza e controllo. In questo contesto, l’Unione europea si sta allineando agli Usa sulla politica di controllo degli investimenti e blocco delle esportazioni verso la Cina per le tecnologie avanzate con possibile uso duale (per scopi militari oltre che civili), che possono essere usate per nuovi sistemi di armamento o per l’intelligenza artificiale, rafforzando la capacità della Cina di aumentare il proprio potenziale militare e minacciare la sicurezza dell’Occidente e l’ordine mondiale (anche nella prospettiva, mai del tutto esclusa e sempre più temuta, di una possibile aggressione militare contro Taiwan).

Il discorso di Ursula von der Leyen è stato chiaro su questo: ‘Sappiamo – ha detto – che ci sono alcune aree in cui il commercio e gli investimenti mettono a rischio la nostra sicurezza economica o nazionale, in particolare nel contesto della esplicita fusione, in Cina, del settore militare con il settore commerciale. Questo è vero per alcune tecnologie sensibili, beni a duplice uso, o anche investimenti che derivano da trasferimenti forzati di tecnologia o conoscenza’. Bisogna perciò utilizzare in pieno gli strumenti per contrastare le distorsioni economiche che l’Unione si è già data, con il regolamento sui sussidi esteri, e il nuovo strumento per scoraggiare la coercizione economica. ‘Ora – ha osservato von der Leyen – abbiamo bisogno dell’unità a livello dell’Ue per un uso più audace e rapido di questi strumenti, quando è necessario, e un approccio più assertivo alla loro applicazione. Ma non basta: ‘Il cambiamento delle politiche della Cina – ha osservato – potrebbe richiederci di sviluppare anche altri nuovi strumenti difensivi per alcuni settori critici’.

‘L’Ue – ha spiegato – deve definire le sue future relazioni con la Cina e altri paesi in settori sensibili ad alta tecnologia come la microelettronica, l’informatica quantistica, la robotica, l’intelligenza artificiale, la biotecnologia e altri. E ‘laddove il duplice uso’, civile e militare, ‘non possa essere escluso, o i diritti umani potrebbero essere implicati, sarà necessario stabilire chiaramente se gli investimenti o le esportazioni’ da parte delle imprese europee ‘sono nei nostri interessi di sicurezza’. Dobbiamo garantire, ha sottolineato, ‘che il capitale, le competenze e le conoscenze delle nostre società non vengano utilizzate per migliorare le capacità militari e di intelligence di coloro che sono anche nostri rivali sistemici’. ‘Questo è il motivo per cui – ha riferito la presidente della Commissione – stiamo attualmente riflettendo su se e come l’Ue debba sviluppare un nuovo strumento mirato sugli investimenti in uscita. Questo riguarderebbe un piccolo numero di tecnologie sensibili in cui gli investimenti possono portare allo sviluppo di capacità militari che pongono rischi per la sicurezza. Per questo, ha annunciato, ‘la Commissione presenterà entro quest’anno alcune idee iniziali come parte di una nuova ‘Strategia di sicurezza economica. Intanto, bisogna riconoscere che l’Accordo complessivo sugli investimenti (Cai) dell’Ue con Pechino, per il quale i negoziati sono stati conclusi nel dicembre 2020, ma che è rimasto da allora congelato, con lo stop al processo di ratifica, ‘dovrà essere riesaminato alla luce della nostra più ampia strategia nei riguardi della Cina’, perché, ha ricordato von der Leyen, ‘negli ultimi tre anni il mondo e la Cina sono cambiati’.

Il secondo punto è la presa di coscienza ‘non ingenua’ del fatto che la Cina e ormai un ‘rivale sistemico’, e che Pechino propone un ordine mondiale alternativo a quello fondato e sostenuto dall’Occidente, di cui non riconosce l’universalità dei valori della democrazia, dei diritti umani, dello stato di diritto. Il tentativo di imporre questo nuovo ordine mondiale, che l’accomuna alla Russia, vede la Cina impegnata nella ricerca di alleanze con il ‘global South’, con l’India e con le altre economie emergenti. ‘Il chiaro obiettivo del Partito comunista cinese – ha osservato von der Leyen – è un cambiamento sistemico dell’ordine internazionale, con la Cina al centro. Lo abbiamo visto con le posizioni della Cina negli organismi multilaterali, che mostra la sua determinazione a promuovere una visione alternativa dell’ordine mondiale. Una visione ‘in cui i diritti individuali sono subordinati alla sovranità nazionale’, e dove ‘la sicurezza e l’economia prendono il sopravvento sui diritti politici e civili. Qui la risposta dell’Europa deve saper distinguere dove rispondere con fermezza, e dove, invece, bisogna cercare delle convergenze con Pechino, nelle aree in cui si può ancora collaborare a livello internazionale. ‘La nostra risposta – ha indicato la presidente della Commissione – deve iniziare dal lavoro per rafforzare lo stesso sistema internazionale. Noi vogliamo lavorare con i nostri partner su questioni globali come il commercio, la finanza, il clima, lo sviluppo sostenibile o la salute’, e a questo fine ‘è di vitale importanza garantire stabilità diplomatica e aprire linee di comunicazione con la Cina. Credo che non sia fattibile, né nell’interesse dell’Europa – ha avvertito -, rompere i ponti (‘decouple, ndr) con la Cina. Le nostre relazioni non sono bianche o nere, e nemmeno la nostra risposta può esserlo. Questo è il motivo per cui dobbiamo concentrarci sulla riduzione del rischio, e non sulla rottura. ‘E questo è uno dei motivi – ha aggiunto von der Leyen – per cui visiterò Pechino insieme al presidente Macron. Gestire questa relazione e avere uno scambio aperto e franco con le nostre controparti cinesi è una parte fondamentale di ciò che definirei la riduzione del rischio attraverso la diplomazia delle nostre relazioni con la Cina’. Ma, ha assicurato, ‘non saremo mai timidi nel sollevare le questioni profondamente preoccupanti’ riguardo alle violazioni dei diritti umani (come nello Xinjang), le pressioni militari e la disinformazione, e poi la coercizione economica e commerciale (in particolare contro i paesi che intensificano le relazioni con Taiwan), e ‘il deliberato sfruttamento della dipendenza e della leva economica per ottenere ciò che Pechino vuole dai paesi più piccoli’. La presidente della Commissione ha evidenziato che l’Ue vuole ‘riequilibrare e non tagliare’ le relazioni con la Cina, che è ‘un partner commerciale vitale’, con una politica di ‘riduzione del rischio’ a livello diplomatico ed economico. Negli scambi delle merci, la Cina vale il 9% delle esportazioni dell’Ue e il 20% delle importazioni, e nonostante il fatto che gli squilibri in questo rapporto stiano aumentando, ‘la maggior parte del nostro commercio in beni e servizi resta reciprocamente benefico e non comporta rischi’. Ma von der Leyen ha anche rilevato che ‘la nostra relazione è sbilanciata e subisce un impatto crescente dalle distorsioni create dal capitalismo di Stato cinese’. E dunque bisogna puntare, ha concluso la presidente della Commissione, a ‘un riequilibrio di questa relazione basato sulla trasparenza, la prevedibilità e la reciprocità’.

Ue-Cina, giovedì la visita di von der Leyen e Macron a Pechino

Ue-Cina, giovedì la visita di von der Leyen e Macron a Pechino




Ue-Cina, giovedì la visita di von der Leyen e Macron a Pechino – askanews.it



















Bruxelles, 4 apr. (askanews) – La visita a Pechino della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente francese Emmanuel Macron, giovedì prossimo, ha certamente tra i suoi obiettivi principali quello di cercare di convincere la Cina a svolgere un ruolo costruttivo di mediazione con la Russia per arrivare a una cessazione del conflitto in Ucraina, chiedendo tra l’altro al presidente Xi Jinping (come ha già fatto venerdì scorso, sempre a Pechino, il premier spagnolo Pedro Sánchez), di incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e puntando allo stesso tempo a ottenere una conferma del fatto che la Cina non fornirà alcun tipo di armamenti letali all’invasore russo.

Comunque, ‘il modo in cui la Cina continuerà a interagire con la guerra di Putin sarà un fattore determinante per il futuro delle sue relazioni con l’Ue’, ha avvertito von der Leyen, intervenendo giovedì scorso a un evento organizzato a Bruxelles dal ‘Mercator Institute for China Studies’ e dallo ‘European Policy Centre’. ” Ma la visita dei due leader europei intende soprattutto rappresentare una svolta nei rapporti economici e politici con la Cina, basata su un livello di franchezza senza precedenti sulle divergenze e sui possibili punti di cooperazione, come è emerso chiaramente in diversi punti del lungo e articolato discorso, a tratti molto duro, di von der Leyen. ‘Per definire una strategia europea nei riguardi della Cina, e che cosa significhi un successo di questa strategia, bisogna cominciare con una sobria valutazione delle nostre attuali relazioni e delle intenzioni strategiche cinesi. La nostra relazione con la Cina è troppo importante per essere messa a rischio dal fallimento di una definizione chiara’ dei suoi termini, ha detto la presidente della Commissione, ricordando che ‘negli ultimi anni abbiamo visto un deliberato indurimento della postura strategica complessiva della Cina’, a cui ora si accompagnano ‘azioni sempre più assertive’.

Il primo punto, forse il più importante per il cambiamento che comporta per le politiche dell’Ue, riguarda le conseguenze economiche e commerciali di quello che von der Leyen ha definito come un vero e proprio passaggio d’epoca nella ‘visione del mondo’ di Pechino, ‘plasmata da un senso di missione per la nazione cinese’ a livello globale. La Cina, secondo la presidente della Commissione, ‘ha ormai voltato pagina rispetto all’era delle riforme e dell’apertura, e si sta muovendo verso una nuova era di sicurezza e controllo’. In questo contesto, l’Unione europea si sta allineando agli Usa sulla politica di controllo degli investimenti e blocco delle esportazioni verso la Cina per le tecnologie avanzate con possibile uso duale (per scopi militari oltre che civili), che possono essere usate per nuovi sistemi di armamento o per l’intelligenza artificiale, rafforzando la capacità della Cina di aumentare il proprio potenziale militare e minacciare la sicurezza dell’Occidente e l’ordine mondiale (anche nella prospettiva, mai del tutto esclusa e sempre più temuta, di una possibile aggressione militare contro Taiwan).

Il discorso di Ursula von der Leyen è stato chiaro su questo: ‘Sappiamo – ha detto – che ci sono alcune aree in cui il commercio e gli investimenti mettono a rischio la nostra sicurezza economica o nazionale, in particolare nel contesto della esplicita fusione, in Cina, del settore militare con il settore commerciale. Questo è vero per alcune tecnologie sensibili, beni a duplice uso, o anche investimenti che derivano da trasferimenti forzati di tecnologia o conoscenza’. Bisogna perciò utilizzare in pieno gli strumenti per contrastare le distorsioni economiche che l’Unione si è già data, con il regolamento sui sussidi esteri, e il nuovo strumento per scoraggiare la coercizione economica. ‘Ora – ha osservato von der Leyen – abbiamo bisogno dell’unità a livello dell’Ue per un uso più audace e rapido di questi strumenti, quando è necessario, e un approccio più assertivo alla loro applicazione’. Ma non basta: ‘Il cambiamento delle politiche della Cina – ha osservato – potrebbe richiederci di sviluppare anche altri nuovi strumenti difensivi per alcuni settori critici’.

‘L’Ue – ha spiegato – deve definire le sue future relazioni con la Cina e altri paesi in settori sensibili ad alta tecnologia come la microelettronica, l’informatica quantistica, la robotica, l’intelligenza artificiale, la biotecnologia e altri’. E ‘laddove il duplice uso’, civile e militare, ‘non possa essere escluso, o i diritti umani potrebbero essere implicati, sarà necessario stabilire chiaramente se gli investimenti o le esportazioni’ da parte delle imprese europee ‘sono nei nostri interessi di sicurezza’. Dobbiamo garantire, ha sottolineato, ‘che il capitale, le competenze e le conoscenze delle nostre società non vengano utilizzate per migliorare le capacità militari e di intelligence di coloro che sono anche nostri rivali sistemici’. ‘Questo è il motivo per cui – ha riferito la presidente della Commissione – stiamo attualmente riflettendo su se e come l’Ue debba sviluppare un nuovo strumento mirato sugli investimenti in uscita. Questo riguarderebbe un piccolo numero di tecnologie sensibili in cui gli investimenti possono portare allo sviluppo di capacità militari che pongono rischi per la sicurezza’. Per questo, ha annunciato, ‘la Commissione presenterà entro quest’anno alcune idee iniziali come parte di una nuova ‘Strategia di sicurezza economica”. Intanto, bisogna riconoscere che l’Accordo complessivo sugli investimenti (Cai) dell’Ue con Pechino, per il quale i negoziati sono stati conclusi nel dicembre 2020, ma che è rimasto da allora congelato, con lo stop al processo di ratifica, ‘dovrà essere riesaminato alla luce della nostra più ampia strategia nei riguardi della Cina’, perché, ha ricordato von der Leyen, ‘negli ultimi tre anni il mondo e la Cina sono cambiati’. Il secondo punto è la presa di coscienza ‘non ingenua’ del fatto che la Cina e ormai un ‘rivale sistemico’, e che Pechino propone un ordine mondiale alternativo a quello fondato e sostenuto dall’Occidente, di cui non riconosce l’universalità dei valori della democrazia, dei diritti umani, dello stato di diritto. Il tentativo di imporre questo nuovo ordine mondiale, che l’accomuna alla Russia, vede la Cina impegnata nella ricerca di alleanze con il ‘global South’, con l’India e con le altre economie emergenti. ‘Il chiaro obiettivo del Partito comunista cinese – ha osservato von der Leyen – è un cambiamento sistemico dell’ordine internazionale, con la Cina al centro. Lo abbiamo visto con le posizioni della Cina negli organismi multilaterali, che mostra la sua determinazione a promuovere una visione alternativa dell’ordine mondiale’. Una visione ‘in cui i diritti individuali sono subordinati alla sovranità nazionale’, e dove ‘la sicurezza e l’economia prendono il sopravvento sui diritti politici e civili’. Qui la risposta dell’Europa deve saper distinguere dove rispondere con fermezza, e dove, invece, bisogna cercare delle convergenze con Pechino, nelle aree in cui si può ancora collaborare a livello internazionale. ‘La nostra risposta – ha indicato la presidente della Commissione – deve iniziare dal lavoro per rafforzare lo stesso sistema internazionale. Noi vogliamo lavorare con i nostri partner su questioni globali come il commercio, la finanza, il clima, lo sviluppo sostenibile o la salute’, e a questo fine ‘è di vitale importanza garantire stabilità diplomatica e aprire linee di comunicazione con la Cina. Credo che non sia fattibile, né nell’interesse dell’Europa – ha avvertito -, rompere i ponti (‘decouple’, ndr) con la Cina.Le nostre relazioni non sono bianche o nere, e nemmeno la nostra risposta può esserlo. Questo è il motivo per cui dobbiamo concentrarci sulla riduzione del rischio, e non sulla rottura’. ‘E questo è uno dei motivi – ha aggiunto von der Leyen – per cui visiterò Pechino insieme al presidente Macron. Gestire questa relazione e avere uno scambio aperto e franco con le nostre controparti cinesi è una parte fondamentale di ciò che definirei la riduzione del rischio attraverso la diplomazia delle nostre relazioni con la Cina’. Ma, ha assicurato, ‘non saremo mai timidi nel sollevare le questioni profondamente preoccupanti’ riguardo alle violazioni dei diritti umani (come nello Xinjang), le pressioni militari e la disinformazione, e poi la coercizione economica e commerciale (in particolare contro i paesi che intensificano le relazioni con Taiwan), e ‘il deliberato sfruttamento della dipendenza e della leva economica per ottenere ciò che Pechino vuole dai paesi più piccoli’. La presidente della Commissione ha evidenziato che l’Ue vuole ‘riequilibrare e non tagliare’ le relazioni con la Cina, che è ‘un partner commerciale vitale’, con una politica di ‘riduzione del rischio’ a livello diplomatico ed economico. Negli scambi delle merci, la Cina vale il 9% delle esportazioni dell’Ue e il 20% delle importazioni, e nonostante il fatto che gli squilibri in questo rapporto stiano aumentando, ‘la maggior parte del nostro commercio in beni e servizi resta reciprocamente benefico e non comporta rischi’. Ma von der Leyen ha anche rilevato che ‘la nostra relazione è sbilanciata e subisce un impatto crescente dalle distorsioni create dal capitalismo di Stato cinese’. E dunque bisogna puntare, ha concluso la presidente della Commissione, a ‘un riequilibrio di questa relazione basato sulla trasparenza, la prevedibilità e la reciprocità’.