Oltre ai morti, a Gaza 3.250 dispersi o sotto le macerieRoma, 13 nov. (askanews) – Sono almeno 3.250 le persone che risultano ancora disperse o sotto le macerie nella Striscia di Gaza, tra cui 1.700 bambini. Lo ha detto oggi il ministero della Sanità della Striscia di Gaza, controllato dal gruppo estremista Hamas, precisando che sono 11.360 i morti accertati dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre scorso, fino alla serata di ieri. Tra le vittime figurano 4.609 bambini, 3.100 donne e 678 anziani. Nel suo bollettino quotidiano, riportato dall’agenzia palestinese Wafa, il ministero ha poi sottolineato di incontrare sempre più difficoltà nella raccolta dei dati per le difficoltà di comunicazione.
”Ci sono 100 salme nel cortile dell’ospedale Al Shifa a Gaza”Roma, 13 nov. (askanews) – I cadaveri si stanno accumulando e stanno cominciando a decomporsi dentro e intorno al complesso ospedaliero Al Shifa, a Gaza City. Lo ha riferito alla Bbc il medico Marwan Al-Barsh, direttore generale del ministero della Sanità controllato dal gruppo estremista Hamas, secondo cui ci sarebbero “più di 100 cadaveri” nel cortile dell’ospedale, in una situazione aggravata dall’assenza di elettricità per gli obitori.
“L’elettricità è stata tagliata dalle forze di occupazione israeliane che hanno preso di mira i generatori, il che ha portato alla decomposizione dei cadaveri”, ha dichiarato il medico, riferendo quindi di contatti con le forze israeliane per seppellire i cadaveri: “Abbiamo cercato di coordinarci con le forze di occupazione in modo che ci fosse permesso di seppellire i cadaveri dentro l’ospedale, ma chiunque tenti di uscire viene preso di mira”. Israele sostiene che sotto l’ospedale ci sarebbe un centro di comando di Hamas. Accusa negata dal gruppo palestinese. E i medici presenti all’interno hanno negato ogni presenza di Hamas.
M.O., la “dichiarazione dei docenti della Sapienza sulla PalestinaRoma, 13 nov. (askanews) – Oltre cento docenti de ‘La Sapienza’ di Roma hanno diffuso una ‘dichiarazione’ sulla Palestina. I docenti sollecitano ad aprire una discussione dentro e fuori all’Ateneo e invitano a ‘prendere posizione per la pace’. Dopo la strage di Hamas del 7 ottobre, scrivono, migliaia di palestinesi sono stati uccisi ‘per rappressaglia’ e ‘il discorso pubblico in Occidente ha oscurato decenni di storia di quell’area e si è affermata, in assoluta continuità con il recente passato, una narrazione univoca priva di profondità, di fatto sorda al dolore e alla sofferenza che da più di un secolo attraversano la Palestina’.
Di seguito il testo e i firmatari al 13 novembre. A un mese dal 7 ottobre Apriamo il dibattito dentro e fuori la Sapienza, prendiamo posizione per la pace Il 7 ottobre Hamas ha varcato i confini della striscia di Gaza, è entrata nel territorio israeliano uccidendo 1400 israeliani e prendendo in ostaggio più di 200 persone: un’operazione terrificante, con moltissime vittime civili, messa in atto con violenta brutalità. Da quel giorno migliaia di civili palestinesi sono morti e continuano a morire giorno per giorno per effetto dei massicci bombardamenti decisi dal governo di Tel Aviv, come rappresaglia e per colpire ed eliminare definitivamente Hamas. Dal momento successivo all’attacco del 7 ottobre, il discorso pubblico in Occidente ha oscurato decenni di storia di quell’area e si è affermata, in assoluta continuità con il recente passato, una narrazione univoca priva di profondità, di fatto sorda al dolore e alla sofferenza che da più di un secolo attraversano la Palestina. Prendere parola, lanciare un appello significa oggi assumersi la responsabilità di mostrare il salto di scala che c’è tra una guerra e il massacro sistematico di un popolo. Significa, contestualmente, richiamare nel dibattito la profondità della storia e i fatti che porta con sé. Il discorso pubblico dopo il 7 ottobre è espressione diretta di una lettura di questa storia e di questo conflitto del tutto asimmetrica: da un lato una forza legale, uno Stato legittimo e civile, che protegge attivamente il suo territorio, dall’altro una forza irregolare, barbara e terroristica che costantemente la attacca, minacciandone la stessa esistenza. Se, accanto ai contenuti dell’attacco violentissimo condotto contro civili e militari dalle forze di Hamas, questa diffusa narrazione non occulta i bombardamenti sistematici operati in queste settimane dal governo di Tel Aviv a Gaza, davanti agli occhi di tutto il mondo, pone però l’una e l’altra violenza su due piani di riflessione etico-politica radicalmente diversi, riconoscendo di fatto il diritto di Israele a fare tutto quello che sta facendo. Lo stato di Israele, da 75 anni e poi dal 1967, occupa abusivamente territori che nel disegno originario non gli erano stati attribuiti, insediandovi progressivamente nuovi quartieri residenziali, sulla base di un preteso diritto storico originario degli ebrei su quella terra. Dopo il 7 ottobre le violenze dei coloni israeliani si sono intensificate anche sulla popolazione araba in Cisgiordania. La strategia della diffusione capillare nel tempo di questi insediamenti su tutti i territori palestinesi sta rendendo inattuabile la soluzione della convivenza di due stati, soluzione ancora completamente auspicabile – forse l’unica che può portare la pace in quella regione e l’unica che può garantire la sicurezza anche di Israele – che tutti continuano però ad evocare genericamente per fingere di non ammettere quello che di fatto sta avvenendo: l’annessione totale di quelle terre da parte dello stato di Israele, la sottomissione finale della popolazione palestinese sotto il governo di Tel Aviv, esito possibile di questa guerra. Nei confronti dei Territori Palestinesi occupati, lo stato di Israele si comporta da decenni come un paese coloniale, usando comportamenti quotidiani palesemente razzisti nei confronti della popolazione palestinese, disponendo liberamente del loro spazio e delle loro vite. Come ogni colonialismo, il suo potere si basa sulla forza, non sulla ragione. La totale adesione dell’Occidente alla politica di Israele, che alcuni attribuiscono a un profondo senso di colpa europeo per la persecuzione degli ebrei dal Medioevo alla Shoah, si presenta come una forma di solidarietà e identificazione con un paese percepito come occidentale e ricco, e quindi civile, a spese di una popolazione non occidentale e povera, e quindi barbara. Questo stato di cose è semplicemente evidente, nessuno può, sul piano storico, negarlo. Come docenti di questa istituzione, come studiosi/e chiamati/e sempre a esercitare una funzione critica, come esseri umani impotenti di fronte a tutta la violenza espressa dell’una e dell’altra parte, alla necropolitica ormai diffusissima che tende a distruggere tutto – effetto di una reazione pubblica sempre muscolare nei confronti di qualsiasi evento internazionale, che non può preparare alcuna forma di pace tra le parti – riteniamo fondamentale, in questo momento di folle cecità collettiva, esprimere pubblicamente il nostro profondo dissenso nei confronti di una narrazione avvelenata, che crea colpevolmente un clima di polarizzazione delle posizioni, sovrapponendo antisionismo e antisemitismo, e favorisce di fatto il perdurare di questa condizione di gelida e violenta follia. Ci uniamo quindi agli appelli lanciati in questi giorni da 150 docenti dell’Università di Bologna e da alcune migliaia di docenti e studiosi/e di tutta Italia, chiedendo: – l’impegno della comunità accademica e dell’Università La Sapienza, in tutte le sedi opportune, per l’immediato cessate il fuoco e il rispetto delle risoluzioni dell’ONU (compresa quella adottata a maggioranza, con l’astensione dell’Italia, lo scorso 27 ottobre); – la garanzia della libertà di parola e del diritto di docenti, studenti e studentesse al dibattito, dentro e fuori l’università, la promozione nell’ateneo di spazi di riflessione critica, fondata su una lettura profonda, articolata e puntuale della storia; – l’adozione da parte del Senato Accademico di una risoluzione di solidarietà nei confronti della popolazione di Gaza e di tutte le vittime civili del conflitto; – l’apertura di una discussione pubblica all’interno dell’ateneo per la cooperazione con le università palestinesi e per il disinvestimento da società che finanziano l’occupazione illegale di territori da parte di Israele. Per aderire: https://forms.gle/rKs9FagvmZcr51fx9 (l’aggiornamento non è immediato, verranno accolte solo adesioni) prime adesioni: 1. Giovanni Ruocco, Dipartimento di Scienze Politiche 2. Francesca Gallo, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 3. Riccardo Capoferro, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 4. Valerio Cordiner, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 5. Giorgio Mariani, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 6. Michelina Di Cesare, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 7. Chiara Bolognese, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 8. Isabella Chiari, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 9. Leonardo Capezzone, Dipartimento di Studi Orientali 10. Caterina Romeo, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 11. Davide Nadali, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 12. Giancarlo Ruocco, Dipartimento di Fisica 13. Marco Di Branco, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 14. Cecilia Bello, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 15. Irene Ranzato, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 16. Carlo Cellamare, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 17. Alessandra Broccolini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 18. Claudia Cincaglini, Dipartimento di Scienza dell’Antichità 19. Adolfo La Rocca, Dipartimento di Scienza dell’Antichità 20. Osvaldo Costantini, Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione 21. Francesca Federico, Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione 22. Marianna Pozza, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 23. Alberto Budoni, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 24. Giovanni Attili, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 25. Marco Balsi, Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni 26. Marco Omizzolo, Dipartimento di Scienze Politiche 27. Maria Cristina Storini, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 28. Luca Bettarini, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 29. Maria Roccaforte, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 30. Roy Cerqueti, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 31. Francesca Santoni, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 32. Francesca Terrenato, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 33. Paolo Monti, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 34. Raffaella Pomi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 35. Carla Nardinocchi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 36. Stefania Espa, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 37. Giovanni Leuzzi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 38. Giovanni Cannata, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 39. Luigi Piga, Dipartimento di Ingegneria Chimica, Materiali, Ambiente 40. Raffaele Cadin, Dipartimento di Scienze Politiche 41. Ada Barbaro, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 42. Laura Guazzone, Dipartimento istituto italiano di studi orientali 43. Jacob Blakesley, Istituto Italiano di Studi Orientali 44. Andrea Bellelli, Dipartimento di Scienze Biochimiche 45. Alessandro Somma, Dipartimento di Scienze Giuridiche 46. Marcello Vitale, Dipartimento di Biologia Ambientale 47. Francesco Zappa, Dipartimento di Studi Orientali 48. Gianfranco Bria, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 49. Leila Karami, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 50. Elena Ambrosetti, Dipartimento Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza 51. Maria D’Erme, Dipartimento di Scienza Biochimiche 52. Gaetano Azzariti, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 53. Enzo Cannizzaro, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 54. Giorgia Marini, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 55. Francesco Cioffi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 56. Maria Giovanna Musso, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 57. Bianca Colonna, Dipartimento di Biologia e Biotecnologie ‘Charles Darwin’ 58. Ernesto d’Albergo, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 59. Leila El Houssi, Dipartimento di Scienze Politiche 60. Marina Bouché, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico Legali e dell’Apparato Locomotore 61. Brunero Liseo, Dipartimento Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza 62. Carmela Mastrangelo, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 63. Lucy Bell, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 64. Paolo Simonetti, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 65. Emilia Di Rocco, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 66. Luigi Marinelli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 67. María Montserrat Villagrá Terán, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 68. Christos Bintoudis, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 69. Gaia Tomazzoli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 70. Paola Ferretti, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 71. Franco D’Intino, Dipartimento di studi europei americani e interculturali 72. Massimiliano Tortora, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 73. Giulio Moini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 74. Assunta Viteritti, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 75. Isabella Tomassetti, Dipartimento di Studi europei, americani e interculturali 76. Luca Zamparelli, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 77. Luca Salmieri, Dipartimento di Scienze sociali ed economiche 78. Maria Romana Allegri, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 79. Marco Di Maggio, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 80. Valeria Ferrari, Dipartimento di Scienze Politiche 81. Enrico Sarnelli, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 82. Giovanna Gianturco, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 83. Daniela Padularosa, Dipartimento di studi europei americani e interculturali 84. Maria Romana Allegri, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 85. Paolo Borioni, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 86. Riccardo Tilli, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 87. Valerio Camarotto, Dipartimento Studi Europei, Americani e Interculturali 88. Stefano Sparcella Prandstraller, Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale 89. Tessa Canella, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 90. Claudia Colantonio, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 91. Fiorenzo Parziale, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 92. Alessandra Brezzi, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 93. Valter Curzi, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 94. Silvia Polettini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 95. Andrea Peghinelli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 96. Isabeau Birindelli, Dipartimento di Matematica Guido Castelnuovo 97. Lucia D’Ambrosi, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 98. Massimo Marini, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 99. Francesca Nemore, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 100. Carmen Gallo, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 101. Luca Bacchini, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 102. Luca Alteri, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 103. Alessandra Vitullo, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 104. Andrea Luzzi, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 105. Giuseppe Lentini, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 106. Rita Francia, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 107. Gianfranco Crupi, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 108. Silvia Toscano, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 109. Alessandro Greco, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 110. Marta Marchetti, Lettere e Culture Moderne 111. Giulia Ecca, Dipartimento di Scienze dell’Antichità
L’Onu: in 48 ore stop alle operazioni umanitarie a Gaza per mancanza di carburanteRoma, 13 nov. (askanews) – Il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) a Gaza, Thomas White, ha avvertito oggi che “le operazioni umanitarie cesseranno entro 48 ore, se non sarà consentito l’ingresso di carburante a Gaza”, assediata da Israele e in preda ai combattimenti tra Hamas e i militari dello Stato ebraico.
“Questa mattina due dei nostri principali subappaltatori della distribuzione idrica hanno smesso di lavorare – non hanno più carburante – e ciò priverà 200.000 persone dell’acqua potabile” nell’enclave, dove più della metà dei 2,4 milioni di abitanti sono sfollati e sono ormai totalmente dipendenti dagli aiuti umanitari per sopravvivere, ha detto Thomas White su X.
Medio Oriente, il direttore dell’ospedale al Shifa: la situazione è catastroficaRoma, 13 nov. (askanews) – Le condizioni all’interno dell’ospedale di al Shifa a Gaza sono “catastrofiche” e le unità essenziali stanno collassando, ha detto alla Cnn il direttore dell’ospedale Mohammad Abu Salmiya secondo cui dentro al nosocomio sono ancora rifugiate 7.000 persone, insieme a 1.500 pazienti e al personale medico.
L’ospedale ha chiesto all’esercito israeliano 600 litri di carburante ogni ora per alimentare i suoi generatori, ma l’esercito non ha ancora risposto, ha aggiunto. Ieri, le forze israeliane avevano reso noto di aver consegnato 300 litri di carburante all’ingresso del complesso ospedaliero, ma che Hamas aveva impedito all’ospedale di riceverli. Abu Salmiya ha spiegato alla televisione Al Arabya che il personale era troppo spaventato per andare a prenderlo e che “i 300 litri di carburante offerti non sono sufficienti per far funzionare l’ospedale per 30 minuti”. “Non c’è più acqua, cibo, latte per bambini e neonati… la situazione in ospedale è catastrofica”, ha detto Abu Salmiya.
Spagna, mercoledì e giovedì il dibattito sulla fiducia a SanchezRoma, 13 nov. (askanews) – La presidente del Congresso dei deputati spagnolo, Francina Armengol ha confermato le date in cui si terrà il dibattito sull’investitura di Pedro Sánchez, segretario generale del partito Socialista spagnolo e presidente ad interim del governo: l’appuntamento è fissato per mercoledì 15 novembre e giovedì 16 novembre. Sanchez, dopo aver incassato l’appoggio degli indipendentisti catalani di Junts al termine di un difficile negoziato, ha ora i voti necessari per ottenere la fiducia e restare al governo nonostante l’opposizione dei Popolari che ieri sono scesi in piazza in tutto il Paese.
La scorsa settimana Sanchez e gli indipendentisti hanno raggiunto un’intesa sulla base dello scambio tra governabilità e amnistia anche per il leader di Uniti per la Catalogna Carles Puigdemont che dovrebbe poter tornare in patria. Intanto, l’accordo tra Psoe e gli indipendentisti catalani di Junts è stato messo nuovamente all’indice dai Popolari. La direzione nazionale del Pp ha dichiarato che “la piazza ieri ha condannato” Sanchez, poiché “due milioni di spagnoli” hanno parlato “forte e chiaro” nei 52 capoluoghi di provincia della Spagna dove sono scesi in piazza contro la legge sull’amnistia e il resto degli accordi per l’investitura.
In un’intervista su Antena3 raccolta da Servimedia, il coordinatore generale del Pp, Elías Bendodo, si è detto soddisfatto della “risposta massiccia e pacifica” della piazza “di fronte alle enormi bugie di Sanchez” per continuare a restare a La Moncloa. Bendodo ha preso poi le distanze dalle manifestazioni davanti alla sede socialista di Ferraz: “Condanniamo ogni tipo di violenza”, ha detto, ricordando che il Pp non convoca né partecipa a questo tipo di proteste e che in quelle indette ieri in tutta la Spagna contemporaneamente “non ci sono stati scontri”. (con fonte Servimedia)
Guerra in Medio Oriente, Borrell: l’Ue chiede pause umanitarie immediate a GazaBruxelles, 13 nov. (askanews) – “Ieri abbiamo lavorato tutto il giorno per pubblicare una dichiarazione a 27, e sono lieto di dire che siamo riusciti a mettere insieme i 27 Stati membri in una dichiarazione comune; sapete quanto è stato difficile presentare un approccio completamente unito le ultime volte, dopo il voto alle Nazioni unite, dove i Paesi Ue hanno votato in modi diversi. A questo ho lavorato tutto il weekend”. Lo ha sottolineato oggi a Bruxelles l’Alto Rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Josep Borrell, parlando alla stampa al suo arrivo al Consiglio Esteri, dove il conflitto in corso a Gaza è il primo punto in agenda.
“In questa dichiarazione comune dei 27 – ha continuato Borrell – chiediamo pause immediate, al plurale, non una sola ma diverse pause; e c’è anche un aggettivo, ‘immediate’, pause immediate per stabilire corridoi umanitari per affrontare la terribile situazione della popolazione di Gaza”. “Chiediamo a Israele di fare prova della massima moderazione al fine di salvare le vite dei civili; e condanniamo l’uso che fa Hamas della popolazione e degli ospedali come scudi, ma esprimiamo anche la nostra preoccupazione per la terribile situazione degli ospedali che hanno subito un pesante impatto dai bombardamenti”.
“Gaza – ha insistito l’Alto Rappresentante – ha bisogno di più aiuti, da tutti i punti di vista: acqua, carburante, cibo. Questi aiuti sono disponibili, stanno a alle frontiere e aspettano di entrare”. Nella dichiarazione comune dei Ventisette pubblicata ieri sera, l’Ue si dice “seriamente preoccupata per l’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza”.
“L’Ue – si legge – si unisce alle richieste di pause immediate delle ostilità e della creazione di corridoi umanitari, anche attraverso una maggiore capacità di accesso ai valichi di frontiera e attraverso una rotta marittima dedicata, in modo che gli aiuti umanitari possano raggiungere in sicurezza la popolazione di Gaza”. “In linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 26 ottobre – prosegue la dichiarazione – l’Ue ribadisce il diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. L’Ue chiede un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli e aiuti per raggiungere le persone bisognose attraverso tutte le misure necessarie”.
Inoltre, “l’Ue rinnova l’appello ad Hamas per il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. È fondamentale che al Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) venga concesso l’accesso agli ostaggi”. “L’Ue – si legge ancora nella dichiarazione – condanna l’uso degli ospedali e dei civili come scudi umani da parte di Hamas. I civili devono poter lasciare la zona di combattimento. Queste ostilità stanno avendo un grave impatto sugli ospedali e stanno causando terribili perdite di civili e di membri del personale medico”. “L’Ue sottolinea che il diritto internazionale umanitario prevede la protezione degli ospedali, delle forniture mediche e dei civili all’interno degli ospedali”, ricorda la dichiarazione, aggiungendo che “gli ospedali devono essere riforniti immediatamente delle forniture mediche più urgenti e i pazienti che necessitano di cure mediche urgenti devono essere evacuati in sicurezza. In questo contesto, esortiamo Israele a esercitare la massima moderazione per garantire la protezione dei civili”. “L’Ue e i suoi Stati membri – conclude la dichiarazione – continueranno a lavorare a stretto contatto con i partner internazionali, le Nazioni Unite e altre agenzie, nonché i paesi della regione, per fornire un flusso sostenuto di assistenza e facilitare l’accesso a cibo, acqua, assistenza medica, carburante e fornire riparo” alla popolazione di Gaza.
L’Idf: a Gaza trovate armi in scuole e moschee. Tra gli ostaggi di Hamas anche un bambino americano di 3 anniRoma, 13 nov. (askanews) – Le Forze di difesa israeliane affermano che le truppe di terra continuano a trovare armi e infrastrutture di Hamas durante i raid nella Striscia di Gaza, anche all’interno di scuole, moschee e case di miliziani del gruppo estremista. Lo scrive il Times of Israel.
Le truppe della 401a Brigata che operano alla periferia del campo di al-Shati hanno individuato infrastrutture di Hamas nell’Università di Al-Quds e un deposito di esplosivi all’interno della moschea di Abu Bakr, secondo una nota dell’Idf. Le truppe della 551esima Brigata di Riserva hanno fatto irruzione nella casa di un anziano operativo della Jihad islamica palestinese nell’area di Beit Hanoun e hanno trovato un deposito di armi anche nella camera da letto di un bambino. In un altro raid a Beit Hanoun, le truppe hanno scoperto un tunnel, materiali di intelligence e armi.
Dopo lo stop di Hamas alla trattativa per la liberazione degli ostaggi, il presidente USA Joe Biden ha discusso con l’emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al-Thani della guerra a Gaza e degli sforzi compiuti dal Qatar per liberare gli ostaggi. In un resoconto della telefonata, la Casa Bianca ha rivelato che uno degli ostaggi detenuti è un bambino americano di 3 anni i cui genitori sono stati uccisi da Hamas durante gli attacchi del 7 ottobre in Israele.
“I due leader hanno convenuto che tutti gli ostaggi devono essere rilasciati senza ulteriori ritardi”, ha dichiarato la Casa Bianca. Nella telefonata di domenica, Biden ha “affermato la sua visione di un futuro Stato palestinese in cui israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco con uguale stabilità e dignità. Ha osservato che Hamas è stato a lungo un ostacolo a questo risultato”, si legge ancora nella dichiarazione della Casa Bianca.
Zelensky teme l’inverno: l’Ucraina deve prepararsi agli attacchi russi alle infrastruttureRoma, 13 nov. (askanews) – L’Ucraina deve “prepararsi” agli attacchi russi alle infrastrutture quest’inverno, ha avvertito il presidente Volodymyr Zelensky: “Dobbiamo prepararci alla possibilità che il nemico aumenti il numero di attacchi di droni o missili sulle nostre infrastrutture”, ha detto nel suo discorso quotidiano.
“Tutta la nostra attenzione deve concentrarsi sulla difesa (…) su tutto ciò che l’Ucraina può fare per aiutare il nostro popolo a superare l’inverno”, ha aggiunto. L’Ucraina ha ricevuto importanti sistemi di difesa aerea dai suoi alleati occidentali, compresi i Patriots di fabbricazione statunitense. “Purtroppo (lo scudo aereo) non protegge ancora completamente l’intero territorio. Stiamo lavorando per migliorarlo ulteriormente”, ha aggiunto Zelensky.
Gran Bretagna, Indi Gregory è mortaRoma, 13 nov. (askanews) – “Indi Gregory è morta questa notte alle 1.45 inglesi”. Lo scrive su X Simone Pillon, l’avvocato italiano della famiglia Gregory.
Indi è morta nell’hospice per malati terminali dopo essere stata trasferita dall’ospedale Queen Medical Service per ordine della Corte di Appello di Londra. Sabato era iniziato il distacco progressivo delle macchine vitali che tenevano in vita la piccola di otto mesi. Per il sup trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma era tornata a fare un appello venerdì la premier Giorgia Meloni, dopo che il governo le aveva riconosciuto la cittadinanza italiana. Al capezzale della piccola Indi nell’hospice i due genitori “disperati per il dolore e indignati per il comportamento della magistratura inglese”, aveva detto al telefono l’avvocato italiano della famiglia Gregory Simone Pillon. La Corte inglese aveva dato tempo fino a lunedì per procedere al distacco delle macchine che tengono in vita Indi, raccomandando però di ridurre al minimo le sofferenza della neonata. Da qui la decisione dell’avvio già sabato delle procedure di distacco.