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Israele, operazioni in Cisgiordania mentre continuano i raid a Gaza

Israele, operazioni in Cisgiordania mentre continuano i raid a GazaRoma, 22 ott. (askanews) – Nel sedicesimo giorno di conflitto tra Israele e Hamas, Forze di difesa (Idf) e polizia dello stato ebraico hanno annunciato di aver identificato i corpi di 1.075 persone uccise nel massacro compiuto due settimane fa dal movimento integralista islamico palestinese. A oggi, sono stati identificati 769 civili e 307 soldati. Secondo la polizia, ci sono altri 200 corpi di civili le cui identità non sono state confermate. L’esercito ha sostenuto che attualmente a Gaza sono detenuti almeno 212 ostaggi.

Il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, ha detto che nella Striscia di Gaza sono stati compiuti decine di attacchi durante la notte in cui sono stati uccisi decine di terroristi, compreso il vice comandante dell’unità lanciarazzi di Hamas. “Continuiamo ad attaccare obiettivi con particolare attenzione alla città di Gaza e ai suoi dintorni, ma anche all’intera Striscia di Gaza, in preparazione alla prossima fase della guerra”, ha detto Hagari, ripetendo il suo appello ai residenti della Striscia di Gaza a spostarsi verso Sud. Ieri le Idf hanno arrestato un terrorista della forza d’élite Nukhba di Hamas, che era entrato in Israele il 7 ottobre. È stato catturato dopo aver tentato di tornare a Gaza ed è stato consegnato allo Shin Bet. Al confine libanese, intanto, Israele e Hezbollah continuano a essere coinvolti in conflitti a fuoco. L’esercito israeliano ha affermato di aver abbattuto un drone che sorvolava il Libano e si avvicinava a Israele e di aver attaccato una squadra terroristica che tentava di lanciare missili anticarro sul confine settentrionale. Lo stato ebraico ha annunciato che evacuerà altre 14 città e comunità vicino al confine con il Libano.

In Cisgiordania, un attacco aereo delle Idf a Jenin è stato effettuato da un caccia, mirato contro una cellula che intendeva effettuare una serie di attentati contro gli israeliani. L’attacco ha preso di mira una cellula terroristica nella moschea al Anasari della città e finora si sono registrate due vittime. È la prima volta dalla Seconda Intifada che un aereo da caccia ha colpito un obiettivo in Cisgiordania. Idf e Shin Bet hanno annunciato che 46 palestinesi ricercati sono stati arrestati durante la notte in Cisgiordania, 27 dei quali erano agenti di Hamas. Inoltre, le Idf hanno sigillato una tipografia a Hebron utilizzata per stampare materiali incendiari per scopi terroristici e le attrezzature sono state sequestrate. Il ministero della Difesa siriano ha denunciato che Israele ha lanciato attacchi aerei e missili verso gli aeroporti di Damasco e Aleppo, alle 5.25 del mattino. Secondo un comunicato diffuso dal ministero della Difesa, un operaio che lavorava all’aeroporto di Damasco è stato ucciso e un altro è rimasto ferito. Altre fonti hanno parlato di due operai morti. Ingenti danni sono stati causati alle piste di entrambi gli aeroporti, provocandone la chiusura.

Il Papa interviene sul conflitto Israele-Hamas: fratelli fermatevi

Il Papa interviene sul conflitto Israele-Hamas: fratelli fermateviRoma, 22 ott. (askanews) – “Rinnovo il mio appello affinché si aprano degli spazi, si continuino a far arrivare gli aiuti umanitari e si liberino gli ostaggi. La guerra, ogni guerra nel mondo, è una sconfitta. La guerra sempre è una sconfitta, è una distruzione della fraternità umana. Fratelli, fermatevi”. E’ il grido alla pace lanciato da papa Francesco al termine della recita dell’Angelus in piazza San Pietro.

“Cari fratelli e sorelle, ancora una volta il mio pensiero va a quanto sta accadendo in Israele e in Palestina”, aveva esordito il pontefice, “Sono molto preoccupato e addolorato. Prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari. Penso alla grave situazione umanitaria a Gaza e mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti nei giorni scorsi”. “Ricordo che per venerdì prossimo 27 ottobre”, ha concluso papa Francesco, “ho indetto una giornata di digiuno, di preghiera, di penitenza e quella sera, alle 18 a San Pietro, vivremo un’ora di preghiera per implorare la pace nel mondo”.

Summit per la pace al Cairo, non ci sarà una dichiarazione finale dei partecipanti

Summit per la pace al Cairo, non ci sarà una dichiarazione finale dei partecipantiRoma, 21 ott. (askanews) – I partecipanti al Summit per la pace del Cairo non adotteranno una dichiarazione finale a causa di contrasti tra le delegazioni arabe ed europee. Lo ha riferito l’emittente Sky News Arabia.

Le divergenze sono emerse sulla formulazione “diritto di Israele all’autodifesa” e sulla condanna del movimento integralista palestinese Hamas, ha riferito l’emittente. Il Summit del Cairo per la pace si svolge oggi nella capitale egiziana con la partecipazione di oltre 30 stati e di una serie di organizzazioni internazionali. Il 7 ottobre, Hamas ha lanciato a sorpresa un attacco missilistico su larga scala contro Israele dalla Striscia di Gaza e ha violato il confine, uccidendo e sequestrando persone nelle comunità israeliane vicine. Israele ha lanciato attacchi di rappresaglia e ha ordinato il blocco totale della Striscia di Gaza, dove vivono oltre 2 milioni di persone, tagliando le forniture di acqua, cibo e carburante. Il blocco è stato poi allentato per consentire l’ingresso nella Striscia di Gaza di camion con aiuti umanitari. L’escalation ha provocato migliaia di morti e feriti da entrambe le parti.

M.O., Zucchero: radere al suolo Gaza innescherà un casino gigante

M.O., Zucchero: radere al suolo Gaza innescherà un casino giganteRoma, 21 ott. (askanews) – La musica può lanciare un messaggio di pace? “Bisogna volerla la pace. Radere al suolo o cancellare Gaza dal mondo rischia di innescare, anzi innescherà, un casino di proporzioni giganti”. Lo afferma Zucchero “Sugar” Fornaciari, in una intervista ad askanews, in occasione della presentazione del docu-film presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e nelle sale cinematografiche il 23-24-25 ottobre.

“Avevo cercato di unire in un concerto in Francia, a Bercy, a Parigi, Noa – cantante israeliana – e Cheb Mami, musulmano algerino, proprio per sottolineare e sensibilizzare sul tema della pace. Vedendo i fatti di oggi – sottolinea l’artista – è una pentola a pressione, ma questo me lo avevano già detto in Israele, sotto Natale, i miei amici, che era una pentola a pressione che sarebbe esplosa prima o poi, perché forse non c’è la volontà, o per interessi”.

A Gaza i primi aiuti, al Cairo il vertice per un cessate il fuoco

A Gaza i primi aiuti, al Cairo il vertice per un cessate il fuocoRoma, 21 ott. (askanews) – All’indomani del rilascio di due ostaggi americani da parte di Hamas, un convoglio di 20 camion ha attraversato il valico di Rafah, tra Egitto e Striscia di Gaza, per portare aiuti umanitari alla popolazione dell’enclave palestinese sotto assedio dal 7 ottobre scorso, giorno degli attacchi di Hamas in territorio israeliano. Aiuti che però verranno distribuiti nella zona meridionale della Striscia, ha precisato l’esercito israeliano, mentre nel nord continuano gli attacchi lanciati da Israele contro obiettivi di Hamas, che hanno causato finora almeno 4.385 morti, secondo le autorità sanitarie di Gaza. E non si fermano gli scontri a fuoco al confine nord di Israele, a fronte dei ripetuti lanci di razzi dal sud del Libano per cui il gruppo sciita libanese Hezbollah pagherà un “caro prezzo”, ha detto oggi il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant. L’esercito israeliano oggi ha reso noto che negli ha dichiarato oggi che “sono stati approvati i piani per espandere le attività operative. Le unità dell’Idf, sia in servizio regolare che in servizio di riserva, sono schierate sul campo e conducono esercitazioni di addestramento in conformità con i piani operativi approvati”.

L’assedio di Gaza e il timore di un’escalation del conflitto tra Israele e Hamas in corso da 15 giorni, dopo l’attacco da parte del movimento estremista palestinese, che ha causato la morte di almeno 1.300 israeliani, sono al centro del vertice convocato al Cairo dal presidente egiziano Abdel-Fattah Al Sisi, che punta a concordare una roadmap per mettere fine alla crisi umanitaria a Gaza, avviare un negoziato per un cessate il fuoco e rilanciare quindi il processo di pace per dare attuazione alla soluzione dei due Stati. Dopo giorni di intensi negoziati, questa mattina è entrato nella Striscia di Gaza il primo convoglio di aiuti umanitari dall’inizio delle ostilità e dell’assedio imposto da Israele. Un convoglio composto da 20 camion carichi di medicinali e scorte alimentari che verranno distribuiti dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), secondo quanto riferito dalle autorità di Gaza, che hanno sollecitato la creazione di un “corridoio sicuro che funzioni 24 ore su 24 per rispondere ai bisogni umanitari e fornire servizi essenziali”.

Il Sottosegretario generale per gli affari umanitari dell’Onu, Martin Griffiths, ha rimarcato che “questo primo convoglio non deve essere l’ultimo”, dicendosi “fiducioso” che rappresenti “l’inizio di uno sforzo sostenibile per garantire forniture essenziali – tra cui cibo, acqua, medicine e carburante – alla popolazione di Gaza, in modo sicuro, affidabile, incondizionato e senza ostacoli”. Ma il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha dichiarato che dal valico di Rafah arriverano nel sud della Striscia di Gaza cibo, acqua e medicinali, mentre “il carburante non entrerà”. Secondo le forze armate israeliane, sono circa 700.000 le persone che hanno lasciato il nord della Striscia di Gaza, su una popolazione dell’area stimata in 1,1 milione, per raggiungere il sud dell’enclave. Mentre sono sei, su 20, gli ospedali che hanno risposto all’ordine israeliano di evacuare a sud. Il portavoce dell’esercito ha ribadito oggi che l’esercito “continuerà gli attacchi contro le roccaforti di Hamas nel nord di Gaza”, ma proseguono anche gli scontri a fuoco nel nord di Israele, dove oggi si è recato in visita il ministro della Difesa. Dall’altra parte del confine, nel sud del Libano, si è recato sempre oggi in visita il comandante della missione Onu (Unifil), generale Aroldo Lazzaro, “per valutare la situazione e per parlare con i peacekeeper”. Proprio riguardo al fronte nord, secondo il New York Times, l’amministrazione americana avrebbe chiesto cautela alle autorità israeliane, per scongiurare l’ingresso nel conflitto dell’organizzazione Hezbollah e un conseguente allargamento regionale della guerra.

Scenario che i leader riuniti oggi al Cairo, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, puntano a scongiurare, definendo una roadmap che preveda anche il rilancio del processo di pace per creare uno Stato Palestinese. Nei loro interventi di apertura dei lavori, i paesi arabi hanno condannato la “punizione collettiva” inflitta alla popolazione di Gaza, definendo ancora una volta come “linea rossa” lo sfollamento forzato dei civili dall’enclave, ammonendo poi l’Occidente sul “messaggio forte e chiaro che il mondo arabo sta ascoltando”, ha denunciato il re di Giordania. Ossia che “le vite palestinesi contano meno di quelle israeliane, che l’applicazione del diritto internazionale è facoltativa e che i diritti umani hanno dei limiti: si fermano ai confini, si fermano alle razze, si fermano alle religioni”.

A Gaza i primi aiuti, al Cairo vertice per (improbabile) cessate il fuoco

A Gaza i primi aiuti, al Cairo vertice per (improbabile) cessate il fuocoRoma, 21 ott. (askanews) – All’indomani del rilascio di due ostaggi americani da parte di Hamas, un convoglio di 20 camion ha attraversato il valico di Rafah, tra Egitto e Striscia di Gaza, per portare aiuti umanitari alla popolazione dell’enclave palestinese sotto assedio dal 7 ottobre scorso, giorno degli attacchi di Hamas in territorio israeliano. Aiuti che però verranno distribuiti nella zona meridionale della Striscia, ha precisato l’esercito israeliano, mentre nel nord continuano gli attacchi lanciati da Israele contro obiettivi di Hamas, che hanno causato finora almeno 4.385 morti, secondo le autorità sanitarie di Gaza. E non si fermano gli scontri a fuoco al confine nord di Israele, a fronte dei ripetuti lanci di razzi dal sud del Libano per cui il gruppo sciita libanese Hezbollah pagherà un “caro prezzo”, ha detto oggi il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant. L’esercito israeliano oggi ha reso noto che negli ha dichiarato oggi che “sono stati approvati i piani per espandere le attività operative. Le unità dell’Idf, sia in servizio regolare che in servizio di riserva, sono schierate sul campo e conducono esercitazioni di addestramento in conformità con i piani operativi approvati”.

L’assedio di Gaza e il timore di un’escalation del conflitto tra Israele e Hamas in corso da 15 giorni, dopo l’attacco da parte del movimento estremista palestinese, che ha causato la morte di almeno 1.300 israeliani, sono al centro del vertice convocato al Cairo dal presidente egiziano Abdel-Fattah Al Sisi, che punta a concordare una roadmap per mettere fine alla crisi umanitaria a Gaza, avviare un negoziato per un cessate il fuoco e rilanciare quindi il processo di pace per dare attuazione alla soluzione dei due Stati. Dopo giorni di intensi negoziati, questa mattina è entrato nella Striscia di Gaza il primo convoglio di aiuti umanitari dall’inizio delle ostilità e dell’assedio imposto da Israele. Un convoglio composto da 20 camion carichi di medicinali e scorte alimentari che verranno distribuiti dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), secondo quanto riferito dalle autorità di Gaza, che hanno sollecitato la creazione di un “corridoio sicuro che funzioni 24 ore su 24 per rispondere ai bisogni umanitari e fornire servizi essenziali”.

Il Sottosegretario generale per gli affari umanitari dell’Onu, Martin Griffiths, ha rimarcato che “questo primo convoglio non deve essere l’ultimo”, dicendosi “fiducioso” che rappresenti “l’inizio di uno sforzo sostenibile per garantire forniture essenziali – tra cui cibo, acqua, medicine e carburante – alla popolazione di Gaza, in modo sicuro, affidabile, incondizionato e senza ostacoli”. Ma il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha dichiarato che dal valico di Rafah arriverano nel sud della Striscia di Gaza cibo, acqua e medicinali, mentre “il carburante non entrerà”. Secondo le forze armate israeliane, sono circa 700.000 le persone che hanno lasciato il nord della Striscia di Gaza, su una popolazione dell’area stimata in 1,1 milione, per raggiungere il sud dell’enclave. Mentre sono sei, su 20, gli ospedali che hanno risposto all’ordine israeliano di evacuare a sud. Il portavoce dell’esercito ha ribadito oggi che l’esercito “continuerà gli attacchi contro le roccaforti di Hamas nel nord di Gaza”, ma proseguono anche gli scontri a fuoco nel nord di Israele, dove oggi si è recato in visita il ministro della Difesa. Dall’altra parte del confine, nel sud del Libano, si è recato sempre oggi in visita il comandante della missione Onu (Unifil), generale Aroldo Lazzaro, “per valutare la situazione e per parlare con i peacekeeper”. Proprio riguardo al fronte nord, secondo il New York Times, l’amministrazione americana avrebbe chiesto cautela alle autorità israeliane, per scongiurare l’ingresso nel conflitto dell’organizzazione Hezbollah e un conseguente allargamento regionale della guerra.

Scenario che i leader riuniti oggi al Cairo, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, puntano a scongiurare, definendo una roadmap che preveda anche il rilancio del processo di pace per creare uno Stato Palestinese. Nei loro interventi di apertura dei lavori, i paesi arabi hanno condannato la “punizione collettiva” inflitta alla popolazione di Gaza, definendo ancora una volta come “linea rossa” lo sfollamento forzato dei civili dall’enclave, ammonendo poi l’Occidente sul “messaggio forte e chiaro che il mondo arabo sta ascoltando”, ha denunciato il re di Giordania. Ossia che “le vite palestinesi contano meno di quelle israeliane, che l’applicazione del diritto internazionale è facoltativa e che i diritti umani hanno dei limiti: si fermano ai confini, si fermano alle razze, si fermano alle religioni”.

”A Gaza 4.385 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani”

”A Gaza 4.385 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani”Roma, 21 ott. (askanews) – Dallo scorso 7 ottobre, giorno degli attacchi di Hamas e dell’inizio delle ostilità tra Israele ed Hamas, 4.385 persone sono rimaste uccise negli attacchi israeliani, tra cui 1.756 bambini e 967 donne. Secondo questo ultimi bilancio, aggiornato dalla Sanità della Striscia di Gaza, altre 13.561 persone sono rimaste ferite e il 70% delle vittime degli attacchi israeliani sono bambini, donne e anziani. Il dicastero, riportato da Al Jazeera, aggiunge che molte persone sono ancora sotto le macerie.

Guerra in Medio Oriente, Hamas libera due ostaggi Usa

Guerra in Medio Oriente, Hamas libera due ostaggi UsaRoma, 21 ott. (askanews) – Le Brigate al-Qassam, ala militare di Hamas, hanno annunciato il rilascio di due ostaggi (madre e figlia) con passaporto statunitense “per motivi umanitari”.

Fonti israeliane hanno confermato il rilascio, precisando che si tratta di un’iniziativa unilaterale e non del frutto di un accordo fra le parti. I due ostaggi sono stati identificati dai media israeliani come Judith e Natalie Raanan, madre e figlia. Secondo fonti diplomatiche citate dal quotidiano israeliano Times of Israel i negoziati per il rilascio sarebbero stati condotti dal Qatar, con il contributo degli stessi Stati Uniti.

Joe Biden ha parlato con la famiglia di Judith e Natalie Raanan. Venerdì pomeriggio, si legge in un comunicato della Casa Bianca, “il presidente ha parlato telefonicamente con la famiglia delle due americane liberate dopo essere state prese in ostaggio da Hamas durante il terribile attacco terroristico contro Israele”. Gli ostaggi americani che Hamas ha accettato di liberare sono “al sicuro nelle mani delle autorità israeliane in Israele”. Lo ha confermato il segretario di stato americano Antony Blinken, che ha parlato con i giornalisti a Washington Dc.

M.O. Funzionari Ue contro von der Leyen: due pesi e due misure

M.O. Funzionari Ue contro von der Leyen: due pesi e due misureBruxelles, 20 ott. (askanews) – Diverse centinaia di funzionari (843 secondo una fonte) della Commissione europea e di altre istituzioni dell’Ue, con sede a Bruxelles o in delegazioni all’estero, hanno firmato una lettera inviata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in cui si criticano duramente quelli che vengono definiti come “il sostegno incondizionato” a Israele da parte dell’Esecutivo comunitario, e la sua “apparente indifferenza dimostrata nei giorni scorsi riguardo ai massacri di civili in corso nella Striscia di Gaza, in spregio dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”.

La lettera sarebbe stata recapitata a von der Leyen nelle scorse ore, secondo quanto riferisce una fonte a Bruxelles. Il testo, di cui Askanews è in possesso, ma senza le firme in calce, è stata oggetto di una riunione del Comitato del Personale della Commissione, secondo quanto hanno confermato fonti dello stesso Comitato, e sarà sottoposta la settimana prossima alla discussione di una riunione intersindacale dell’Istituzione. “Siamo rattristati – affermano i funzionari europei che hanno sostenuto l’iniziativa – dall’evidente dimostrazione di ‘due pesi e due misure’” usati nelle valutazioni della Commissione, “per cui si considera il blocco (di acqua e carburante) operato dalla Russia nei confronti del popolo ucraino come un atto di terrore, mentre l’identico atto di Israele contro il popolo di Gaza viene completamente ignorato”.

“Non possiamo restare osservatori silenziosi quando”, si legge nella lettera, la Commissione “con le sue recenti azioni e posizioni infelici sembra dare mano libera all’accelerazione e alla legittimità di un crimine di guerra nella Striscia di Gaza”. “In questo momento critico, ci saremmo aspettati che l’Istituzione che Lei rappresenta – scrivono i funzionari a Von der Leyen – avrebbe sostenuto i suoi princìpi fondatori, la pace, la giustizia e i diritti umani, e si sarebbe opposta fermamente alla loro violazione. Saremmo stati orgogliosi se l’Unione europea, faro della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto, nonché premio Nobel per la pace nel 2012, avesse chiesto la cessazione immediata delle ostilità e della violenza indiscriminata contro i civili. Lo saremmo stati anche se l’Unione europea avesse utilizzato tutti i mezzi diplomatici a sua disposizione per avviare un dialogo tra le parti per il ritorno a casa sani e salvi degli ostaggi israeliani e internazionali e per la revoca dell’assedio di Gaza”.

In un punto della lettera, i funzionari europei firmatari evocano chiaramente il fatto che le posizioni assunte dalla Commissione possono rappresentare un rischio per la loro sicurezza, in particolare per il personale delle delegazioni distaccate in certi paesi, e alimentare atti di antisemitismo o di anti islamismo in Europa: “La posizione partigiana” della Commissione, si legge, “sta contribuendo ad ampliare il divario tra l’Europa e il mondo musulmano, dentro e fuori le frontiere dell’Unione, nonché un crescente sentimento di antisemitismo. Questo non solo è pericoloso dal punto di vista della sicurezza, anche per il personale dell’Ue nelle sedi centrali e nelle delegazioni, ma favorisce l’emergere di ideologie che hanno pesato su generazioni di europei prima di noi, e che i Padri fondatori dell’Europa hanno cercato di sradicare proprio attraverso questa Europa in cui continuiamo a credere”. I firmatari chiedono quindi a von der Leyen di “contribuire a porre fine alle atrocità che si svolgono davanti ai nostri occhi”, e la esortano “a chiedere, insieme ai leader di tutta l’Unione, il cessate il fuoco e la protezione della vita dei civili”. La presidente della Commissione viene poi sollecitata, insieme agli altri attori coinvolti, “a sostenere le convenzioni che l’Ue ha ratificato”. Altrimenti, avvertono i firmatari della lettera, “l’Ue rischia di perdere ogni credibilità e la sua posizione di intermediario giusto, equo e umano”.

Infine,i firmatari della lettera esortano von der Leyen e “i massimi dirigenti dell’Unione europea” a “chiedere incessantemente la creazione, e a contribuirvi attivamente, di uno Stato palestinese indipendente, lungo i confini del 1967, che viva fianco a fianco con lo Stato di Israele”. Loc

M.O, Tajani a Saied: lavoriamo con Tunisia per la pace

M.O, Tajani a Saied: lavoriamo con Tunisia per la paceTunisi, 20 ott. (askanews) – L’Italia lavora “per la pace” e “per una de-escalation” in Medio Oriente e la Tunisia, che ha relazioni forti con la Palestina, può giocare un ruolo per evitare un ulteriore inasprimento delle tensioni e una “regionalizzazione” del conflitto. Antonio Tajani è arrivato a Tunisi questa mattina, insieme al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, e al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, con un obiettivo preciso: scongiurare la destabilizzazione dell’intero Medio Oriente e continuare a ricercare “una soluzione diplomatica” al conflitto “innescato dalla barbara aggressione di Hamas” a Israele. “Ho riferito al presidente (Kais) Saied e al ministro degli Esteri” Nabil Ammar “che l’Italia continua a lavorare affinché non ci sia un allargamento del conflitto in corso”, ha precisato Tajani al termine del suo incontro con il capo dello Stato, che ha ricevuto il titolare della Farnesina e i colleghi italiani al palazzo presidenziale.

Il governo ritiene che anche la Tunisia possa essere un interlocutore positivo. Per anni il Paese è stato sede dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. E l’Italia spinge perché possa adempiere al suo “ruolo di pacificatore”, con altri Paesi arabi e l’Onu, che “più di ogni altro può svolgere un ruolo di mediazione”. “Vogliamo tutti la pace. Ho ascoltato tutte le osservazioni e le idee del presidente Saied e del ministro degli Esteri sulla questione palestinese. Vogliamo continuare ad ascoltare e confrontarci con i paesi arabi perché insieme possiamo raggiungere l’obiettivo della pace”. La necessità più immediata è però “salvare vite umane” e portare gli ostaggi fuori dalla Striscia di Gaza. Il valico di Rafah è ancora chiuso. Ci sono “problemi organizzativi” e l’accordo tra Israele e l’Egitto per sbloccare questa via di transito strategica al confine tra i due paesi non è ancora arrivato, mentre è sempre più urgente l’impellenza di mettere in salvo i civili. “Il nostro appello a tutti è di rispettare sempre i diritti umani, di rispettare il diritto internazionale e di tenere al di fuori di qualsiasi inziativa militare la popolazione civile, da una parte e dall’altra”, ha detto Tajani a Saied. Il ministro ha quindi illustrato al suo interlocutore “la posizione dell’Italia”, che chiede “la liberazione degli ostaggi”, “si augura e lavora perché possa essere aperto il valico di Rafah e possano arrivare i rifornimenti alimentari e di medicine al popolo palestinese che vive nella Strsicia di Gaza”, e anche che “possano uscire dalla Striscia i nostri concittadini italiani che hanno in alcuni casi la doppia nazionalità italiana e palestinese”, ha aggiunto il ministro. Tra chi resta in attesa di uscire ci sono infatti anche “12-15” connazionali, che “potrebbero passare attraverso il valico di Rafah insieme ad altri occidentali”, ha auspicato Tajani. Poi si potrà puntare alla realizzazione della soluzione dei “due popoli e due Stati”, per cui l’Italia “è fortemente impegnata”: “stiamo tentando di convincere tutte le parti in causa a raggiungere questo obiettivo”, ha insistito il ministro. Insomma “la nostra idea è continuare a lavorare per far sì che due popoli possano vivere in due Stati che riconoscono a vicenda il diritto di Israele ad esistere e il diritto del popolo palestinese ad avere il suo Stato”.

Ma il rapporto con Tunisi continua ad avere una rilevanza strategica per l’Italia anche per il controllo dei flussi migratori, dopo le tensioni di Saied con i vertici europei sul Memorandum per la gestione dei flussi. In un momento in cui l’allarme terrorismo in Europa è tornato ad essere alto, anche se non ci sono segnalazioni di pericolo immediato e diretto per il nostro Paese, le nostre forze dell’ordine, di sicurezza e di intelligence hanno rafforzato i controlli tra i migranti in arrivo o già presenti sul territorio nazionale. L’imperativo è evitare infiltrazioni di jihadisti. Approfondire la collaborazione italo-tunisina nel settore migratorio è dunque un passo che va anche in questa direzione. In questo quadro si inserisce anche la decisione di organizzare a Tunisi la prossima riunione del Processo di Roma. “Condividiamo con la Tunisia una forte preoccupazione per i flussi migratori e per l’azione di trafficanti di esseri umani che sfruttano la sofferenza di persone che non riescono a vivere nel loro paese. Abbiamo una visione comune e la collaborazione nella lotta contro i trafficanti di esseri umani sta dando risultati positivi”, ha detto Tajani, che ha firmato con l’omologo Nabil Ammar un Memorandum che offrirà a 4.000 lavoratori tunisini qualificati l’opportunità di venire a lavorare nel nostro Paese. Durante la sua permanenza a Tunisi, infine, Tajani, Lollobrigida e Calderone hanno partecipato ai lavori di chiusura di una missione di attori istituzionali e imprenditori italiani arriivati nel Paese nordafricano per incontrare le controparti tunisine nei settori dell’agro-industria e della sicurezza agro-alimentare. L’obiettivo, in questo caso, è potenziare la cooperazione strutturata tra Italia e Tunisia nei settori dell’agricoltura, della gestione delle acque e della ricerca e dell’innovazione.