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Ucraina, Podolyak su Uman: Russia è “folle gruppo terroristico”

Ucraina, Podolyak su Uman: Russia è “folle gruppo terroristico”Milano, 28 apr. (askanews) – “Cinque del mattino, Uman. Bombardamento deliberato di edifici a più piani in cui le famiglie con bambini dormivano pacificamente”. Così pubblicando una foto di un edificio tagliato dai bombardamenti, Mikhailo Podolyak, il consigliere del capo dell’Ufficio del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky su Twitter. “No, questi non sono memorie dei nazisti nel 21° secolo. Questa è la realtà degli ucraini uccisi dai russi” aggiunge. “Questi sono i metodi non del ‘secondo esercito del mondo’, ma del folle gruppo terroristico ‘Federazione Russa’” conclude Podolyak.

Almeno 12 civili sono stati uccisi e 23 feriti negli ultimi attacchi della Russia in Ucraina, riferisce il media ucraino The Kyiv Independent. La distruzione peggiore è avvenuta appunto nella città di Uman, nella parte centrale dell’Ucraina, dove le truppe russe hanno colpito un condominio di nove piani. Alle 10 a Uman erano noti 10 civili morti e 17 feriti, afferma il ministero dell’Interno ucraino sul servizio di messaggistica Telegram .

Nella città di Dnipro, a sud di Kiev, sono morti una giovane donna e un bambino di 3 anni, e quattro persone sono rimaste ferite, ha detto su Telegram il governatore della regione di Dnipropetrovsk . Secondo il ministero dell’Interno, a Kiev ci sono due feriti, uno dei quali è un bambino di 13 anni.

Pioggia di missili russi sull’Ucraina, colpito anche un condominio. Kiev: almeno 12 morti nei raid

Pioggia di missili russi sull’Ucraina, colpito anche un condominio. Kiev: almeno 12 morti nei raidRoma, 28 apr. (askanews) – Continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime degli attacchi missilistici russi di questa notte in Ucraina. Almeno 12 persone hanno perso la vita, secondo le ultime informazioni delle autorità locali. Il ministro dell’Interno ucraino, Ihor Klymenko, ha infatti appena confermato che l’attacco missilistico nella città di Uman, a sud di Kiev, ha provocato 10 morti e 17 feriti.

Il missile ha colpito un condominio di nove piani prima dell’alba, mentre i residenti stavano ancora dormendo. Nella città sud-orientale di Dnipro, inoltre, un missile ha colpito una casa, uccidendo una bambina di due anni e una donna di 31 anni, ha detto il governatore regionale, Serhiy Lysak.

Ambasciatore in Lettonia: presenza italiani apprezzata in base Nato

Ambasciatore in Lettonia: presenza italiani apprezzata in base NatoRiga, 28 apr. (askanews) – La presenza italiana nel Battle Group NATO in Lettonia vanta “un apprezzamento unanime” e “contribuisce alla deterrenza nei confronti di possibili minacce provenienti dal confine orientale dell’Alleanza”. Lo spiega Alessandro Monti, ambasciatore italiano a Riga che in un colloquio con askanews sottolinea: “il Governo italiano è in prima linea nel preparare un futuro di pace ed integrazione europea dell’Ucraina”.

askanews: Perché è importante per l’Italia che ci sia tale presenza? Ambasciatore Monti: “La partecipazione al dispositivo della NATO in Lettonia contribuisce alla deterrenza nei confronti di possibili minacce provenienti dal confine orientale dell’Alleanza. La presenza del contingente italiano – circa 250 militari e 140 mezzi terrestri della Brigata Bersaglieri “Garibaldi” – rappresenta per l’Italia anche una dimostrazione concreta di amicizia e solidarietà nei confronti di un importante partner dell’Unione Europea come la Lettonia”.

askanews: Come viene percepito il personale italiano dalla popolazione lettone? Ambasciatore Monti: “Dalla nascita del Battle Group NATO nel 2017 le nostre donne e uomini in uniforme sono presenti in Lettonia, e fin dal principio sono stati accolti ovunque con grande rispetto e gratitudine. Un apprezzamento unanime che ci viene ribadito dalle autorità lettoni in ogni occasione di dialogo politico e che rispecchia un sentimento di simpatia che è facile riscontrare per le strade dei centri urbani nei pressi di Adazi (dove si trova la base, ndr) e della capitale Riga”.

askanews: Come si articola la posizione che ha assunto il nostro Paese? Ambasciatore Monti: “In una situazione internazionale caratterizzata da una profonda e dolorosa incertezza, Italia e Lettonia restano fianco a fianco nel sostegno all’Ucraina. Lo scorso luglio, in occasione del Summit di Madrid, il nostro Paese ha sostenuto il rafforzamento della presenza dell’Alleanza Atlantica lungo il confine orientale, nel segno della solidarietà europea ed atlantica. Allo stesso tempo, il Governo italiano è in prima linea nel preparare un futuro di pace ed integrazione europea dell’Ucraina. Per questo la Farnesina ha organizzato il 26 aprile a Roma una Conferenza bilaterale di alto profilo istituzionale e imprenditoriale per offrire un contributo concreto alla ricostruzione dell’Ucraina”.

(di Cristina Giuliano e Serena Sartini)

Lettonia, Base Nato: “Siamo sempre pronti, ma situazione tranquilla”

Lettonia, Base Nato: “Siamo sempre pronti, ma situazione tranquilla”Adazi (Riga), 28 apr. (askanews) – Il Tenente Colonnello Massimiliano Erra è il comandante del Task Group Baltic, ad Adazi, in Lettonia, dal 20 dicembre 2022. Il Battle Group è a guida canadese, ma l’Italia gioca un ruolo di primo piano, con i suoi circa 250 soldati, uomini e donne, impegnati nella Base Nato al confine est del Baltico, a 300 chilometri dalla Russia.

“L’Italia, a seguito del vertice di Varsavia nel 2016, nel 2017 ha aderito a questa attività, inviando un gruppo di soldati italiani, inserito in un Battle-Group a guida canadese. Il nostro Paese – spiega ad askanews il comandante – ha aderito subito e responsabilmente alla richiesta di partecipare a questa attività. Con i nostri circa 250 soldati, siamo il terzo contingente per presenza numerica qui in Lettonia, dopo Canada e Spagna. Il supporto che dà l’Italia è estremamente concreto”. Il compito principale del contingente italiano, in linea con il mandato Nato, è quello della deterrenza. “Quello che svolgiamo qui, attraverso una razionalizzazione di tutte le unità addestrative – prosegue il Ten. Col. Erra – è quello della deterrenza, per evitare un deterioramento della pace verso questi territori. L’obiettivo è garantire la pace, la tranquillità e l’unità territoriale dei nostri alleati Nato, qui nel confine est, attraverso una serie di esercitazioni e attività addestrative estremamente razionalizzate”.

Il comandante ci tiene a precisare che “ad Adazi si respira un’atmosfera normale e tranquilla, nonostante la vicinanza al confine con la Russia. La nostra attività, fin dal 2017, non è mai cambiata. I soldati italiani qui si addestrano tutti i giorni, costantemente, con l’obiettivo di integrarsi anche con gli altri Paesi dell’Alleanza”. Nessuna escalation di tensione? “Ovviamente – risponde il Ten. Col. Erra – è intrinseco nell’essere soldati avere sempre un massimo livello di allerta, qualunque sia la condizione geopolitica del momento. Ma non c’è nessuna escalation del livello di allarme o rischi particolari dopo l’invasione della Russia in Ucraina. Non ci sono state minacce concrete, la situazione è tranquilla, viviamo in armonia insieme agli altri Paesi che contribuiscono alla formazione del Battle Group, è un’esperienza estremamente esaltante per i nostri soldati, poter lavorare insieme mantenendo il principio della Nato – insieme per la sicurezza delle nostre Nazioni”. Di Serena Sartini e Cristina Giuliani

Lettonia, nella Base Nato: “Ci addestriamo per difendere confine est”

Lettonia, nella Base Nato: “Ci addestriamo per difendere confine est”Adazi (Riga), 28 apr. (askanews) – I militari si esercitano a ritmo serrato. Si simula un’attività di combattimento nei centri urbani. Si sentono gli spari, i proiettili sono a salve, ma è tutto come se fosse reale. Corrono tra i boschi, i militari, tra loro anche i tiratori scelti, si fanno scudo a vicenda, indossano i pesanti giubbotti antiproiettili, sul capo gli elmetti con il tipico piumetto dei bersaglieri. Poco distante, nel lungo corridoio degli uffici, c’è un gran daffare: nella cellula operativa cibernetica si monitora h24 la situazione per evitare attacchi; l’ufficio a fianco è la parte logistica che organizza con attenzione le attività quotidiane dei militari.

Le mimetiche dei Bersaglieri si mescolano alle divise dei carabinieri dell’Arma. Ma nel corridoio del Comando Nse (National Support Element) si incrociano anche militari spagnoli e canadesi. Siamo nella Base Nato di Adazi, in Lettonia, a circa 30 chilometri dalla capitale Riga e a 300 dal confine con la Russia. Una base composta da circa 4000 soldati, uomini e donne, la cui attività sta diventando sempre più strategica per la loro posizione al confine Est dell’Alleanza dopo l’invasione russa in Ucraina. Il contingente italiano qui ha un ruolo decisivo. Askanews ha visitato la Base, trascorrendo una giornata a fianco dei militari italiani. Il contingente italiano – il terzo per entità numerica dopo Canada e Spagna – è inserito nell’eFP Battle Group Lettonia. E’ composto da circa 250 militari, tra donne e uomini, che si alternano a cadenza semestrale. Attualmente il contingente italiano, arrivato oramai alla XII rotation, è composto su base Brigata Bersaglieri ‘Garibaldi’ dell’Esercito Italiano, e si suddivide in una componente operativa e in una di supporto nazionale. La decisione di schierare delle unità militari nei Paesi Baltici ed in Polonia è stata presa nel luglio del 2016 con il Vertice Nato di Varsavia, dove si espresse la volontà di porre in essere alcune ‘misure di garanzia’ per tutti quei Paesi membri dell’Alleanza che percepivano un deterioramento della sicurezza ai propri confini. Tra queste misure era compresa la enhanced Forward Presence (eFP), la cui attività – è bene chiarirlo fin da subito – è di natura difensiva.

L’obiettivo, infatti, è il rafforzamento del principio della deterrenza, per contribuire in maniera concreta a preservare la pace e l’integrità territoriale dell’area euro-atlantica contro ogni possibile aggressione e minaccia esterna. ‘Siamo sempre pronti’, ripetono dalla base di Adazi. Anche se la guerra non ha influito sull’attività del contingente italiano e l’allerta non è aumentata. Il Tenente Colonnello Massimiliano Erra è il comandante del Task Group Baltic da dicembre 2022. ‘L’Italia, a seguito del vertice di Varsavia nel 2016, nel 2017 ha aderito a questa attività, inviando un gruppo di soldati italiani, inserito in un battaglione a guida canadese. Il nostro Paese ha aderito subito e responsabilmente alla richiesta di partecipare a questa attività. Con i nostri 250 soldati – spiega ad askanews – siamo il terzo contingente per presenza numerica qui in Lettonia, dopo Canada e Spagna. Il supporto che dà l’Italia è estremamente concreto’.

Il compito principale del contingente italiano, in linea con il mandato Nato, è quello della deterrenza. ‘Quello che svolgiamo qui, attraverso una razionalizzazione di tutte le unità addestrative, è quello della deterrenza, per evitare un deterioramento della pace verso questi territori. L’obiettivo è garantire la pace, la tranquillità e l’unità territoriale dei nostri alleati Nato, qui nel confine est, attraverso una serie di esercitazioni e attività addestrative estremamente razionalizzate’. Il comandante ci tiene a precisare che ‘qui ad Adazi si respira un’atmosfera normale e tranquilla, nonostante la vicinanza al confine con la Russia. La nostra attività, fin dal 2017, non è mai cambiata. I soldati italiani qui si addestrano tutti i giorni, costantemente, con l’obiettivo di integrarsi anche con gli altri Paesi dell’Alleanza’. Nessuna escalation di tensione? ‘Ovviamente – risponde il Ten. Col. Erra – è intrinseco nell’essere soldati avere sempre un massimo livello di allerta, qualunque sia la condizione geopolitica del momento. Ma non c’è nessuna escalation del livello di allarme o rischi particolari dopo l’invasione della Russia in Ucraina. Non ci sono state minacce concrete, la situazione è tranquilla, viviamo in armonia insieme agli altri Paesi che contribuiscono alla formazione del Battle Group, è un’esperienza estremamente esaltante per i nostri soldati, poter lavorare insieme mantenendo il principio della Nato – insieme per la sicurezza delle nostre Nazioni’.

Il principio guida, dunque, è l’articolo 5, ovvero quello che regola la possibilità di intervento difensivo dei Paesi alleati in caso di un attacco sul suolo di un membro Nato. Di questo ha parlato anche il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, giunto nella Base di Adazi nel marzo 2022, proprio mentre in Ucraina arrivavano i missili russi. ‘La nostra presenza qui in Lettonia manda un inequivocabile messaggio di unità e risolutezza: il nostro impegno nei confronti dell’articolo 5 è assoluto’, aveva detto Stontelberg in quell’occasione. E proprio all’indomani della sua visita era arrivata la decisione di raddoppiare il numero di Battlegroup. I paesi diventavano così otto: oltre ai tre Paesi Baltici e alla Polonia, le truppe pronte al combattimento si addestrano ora anche in Romania, Slovacchia, Slovenia e Bulgaria. Quella di Camp Adazi è una delle quattro Basi dove la Nato ha sviluppato e continua a rafforzare il suo fianco orientale che separa Ucraina, Bielorussia e Russia dai 31 Paesi dell’Alleanza, pronti a rispondere se un solo colpo d’artiglieria russo dovesse cadere oltre la linea di confine, lungo 200 chilometri.

Nell’area addestrativa di Camp Adazi, l’Italia schiera carri armati ‘Ariete’, veicoli di combattimento ‘Dardo’, blindo ‘Centauro’ e veicoli tattici multiruolo ‘Lince’. A guidare la Compagnia nel Battaglione multinazionale è il capitano Pierre Ciampi, proveniente dall’8° Reggimento Bersaglieri ‘Garibaldi’. ‘La compagnia italiana – spiega – si articola su due plotoni di fanteria meccanizzata e un plotone carri su base Ariete. Oltre a questo abbiamo un nucleo tiratori scelti, un nucleo JTAC e una squadra comando. L’Italia, inoltre, mette a disposizione del Battle Group un plotone esplorante su base blindo ‘Centauro’, un plotone di decontaminazione CBRN e un plotone di difesa aerea a corta gittata’.

‘Ci addestriamo quotidianamente – prosegue il capitano -. Abbiamo la capacità di combattere di giorno e di notte, con camere termiche e visori notturni, una capacità ogni tempo. Ci troviamo molto bene anche dal punto di vista tecnologico’. Un reparto veramente competitivo. ‘La compagnia – spiega Ciampi – è stata selezionata dal Battle Group multinazionale per recarsi in Estonia, nella seconda decade di maggio, per svolgere una grande esercitazione multinazionale denominata Spring Storm che vedrà circa 15mila unità confrontarsi nel territorio estone. Sarà un’attività molto interessante’.

Poco distante, in un’altra area della base, si addestra un plotone di decontaminazione. A guidarlo è il Maresciallo ordinario Pasquale Simone Montefusco, effettivo al 7° Reggimento Difesa CBRN Cremona, di stanza a Civitavecchia. ‘Siamo l’unico assetto presente in Lettonia sotto il Battle Group Difesa Multinazionale. Qui si addestra un plotone di decontaminazione di personale, mezzi e materiali militari in seguito a una eventuale contaminazione chimica o biologica’, spiega. ‘Dopo una prima operazione di decontaminazione del personale con una particolare procedura di svestizione, viene effettuata la decontaminazione del veicolo per far sì che si possano proseguire le operazioni militari’.

C’è infine una unità JTAC, impegnata nel controllo di assetti aerei da combattimento in situazioni dove le truppe di terra si trovano a distanza ravvicinata con il nemico. A guidarla è una donna, il Graduato Scelto Martina Marchionna, Comandante del Team JTAC, proveniente dal 3° Reggimento Artiglieria Terrestre (da montagna). ‘Forniamo supporto di collegamento tra l’assetto aereo e la forza di manovra di terra – spiega -. Inoltre possiamo controllare anche il fuoco di superficie e quello navale. Come Team JTAC abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una esercitazione multinazionale che ha visto coinvolte la eFP di Estonia, Lettonia e Lituania. Una attività di tre settimane, nei tre Paesi, con l’obiettivo di integrare tutti i team JTAC delle varie eFP in modo da confrontarsi’.

Al termine del Summit di Madrid del 29 giugno 2022, la Nato ha stabilito di potenziare la Base in Lettonia, elevandola da livello di Battaglione a Brigata. Il punto 9 della dichiarazione, infatti, definisce il dispiegamento di ‘ulteriori forze robuste e pronte al combattimento sul fianco orientale’. ‘Accogliamo con favore le offerte iniziali degli alleati per il nuovo modello di forze della Nato – si legge nella dichiarazione – che rafforzerà e modernizzerà la struttura delle forze della Nato e fornirà risorse alla nostra nuova generazione di piani militari. Potenzieremo le nostre esercitazioni di difesa collettiva per essere pronti ad operazioni ad alta intensità e multidominio e per garantire il rafforzamento di qualsiasi alleato con breve preavviso. Tutte queste misure rafforzeranno in modo sostanziale la deterrenza e le difese avanzate della Nato. Ciò contribuirà a prevenire qualsiasi aggressione contro il territorio della Nato, negando a qualsiasi potenziale avversario di raggiungere i propri obiettivi’. Ad Adazi, dunque, si passerà dagli attuali 4mila soldati a un numero ben maggiore.

Infine, come si legge sul sito del Ministero della Difesa della Lettonia, la perla del Baltico intende sviluppare altri campi di addestramento come Lacusils, un centro di addestramento nella regione di Aluksne, o Mezaine – vicino a Skrunda – e Meza Mackevici, nella regione di Augsdaugava. Tutte le basi militari sono abitualmente impegnate nell’addestramento delle truppe delle Forze Armate Nazionali della Lettonia e della Guardia Nazionale. Ma anche le truppe alleate partecipano a queste esercitazioni per essere pronte a difendere la Lettonia e il suo territorio in caso di necessità.

(Di Serena Sartini e Cristina Giuliano)

Sudan, accordo tra le forze armate: cessate-il-fuoco prorogato per altre 72 ore

Sudan, accordo tra le forze armate: cessate-il-fuoco prorogato per altre 72 oreRoma, 27 apr. (askanews) – Le forze armate sudanesi hanno concordato con il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF)di estendere il cessate-il-fuoco di 72 ore. Lo ha affermato oggi l’esercito in un comunicato. “Grazie agli sforzi compiuti dalla parte saudita e americana per aiutare a disinnescare la situazione ed estendere la tregua al fine di creare condizioni adeguate per il processo di evacuazione degli stranieri da vari paesi e per promuovere gli aspetti umanitari per i nostri cittadini, il comando delle forze armate e le RSF hanno acconsentito a una proroga del cessate-il-fuoco, proposta per ulteriori 72 ore”, ha affermato l’esercito sui social media.

Premier ucraino Shmyhal in visita al Sovrano Ordine di Malta

Premier ucraino Shmyhal in visita al Sovrano Ordine di MaltaRoma, 27 apr. (askanews) – Il primo ministro dell’Ucraina, Denys Shmyal, è stato ricevuto con gli onori militari oggi alla Villa Magistrale dal Luogotenente di Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, Fra’ John Dunlap. La visita, che cade nel quindicesimo anniversario dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra il Sovrano Militare Ordine di Malta e l’Ucraina – avviate nel febbraio 2008 – ha rappresentato, si legge in una nota, l’occasione per analizzare i programmi sviluppati dall’Ordine di Malta nel paese alla luce delle esigenze mediche ed umanitarie in continua evoluzione.

I legami di amicizia e cooperazione risalgono al 1990 quando l’Organizzazione di soccorso dell’Ordine di Malta in Ucraina ha avviato le sue prime attività umanitarie. I programmi delle sue tre strutture – situate a Lviv, Ivano-Frankivsk e Berehove – si sono sviluppati sempre di più nel corso degli anni, soprattutto a partire dal febbraio 2022, all’indomani dello scoppio della guerra con la Russia. Il premier ucraino Denys Shmyhal ha espresso gratitudine e riconoscenza per il supporto continuo che l’Ordine di Malta fornisce all’Ucraina. “Vi ringrazio dal profondo del cuore a nome del Governo, del presidente e del popolo ucraino per l’importante ruolo che svolgete nel nostro Paese”, ha scandito il primo ministro ucraino. Roma, 27 apr. (askanews) – Nel corso dei colloqui – prosegue la nota – si è parlato della drammatica situazione umanitaria nel Paese, che risulta essere il più contaminato al mondo da mine antiuomo. Il premier Shmyhal ha spiegato che le operazioni per sminare il territorio impiegheranno centinaia di anni e per questo sarà necessario personale altamente qualificato. La salute mentale della popolazione ucraina – soprattutto quella dei bambini – è stata un’altra emergenza al centro dell’incontro, per cui – ha auspicato il premier ucraino – sarà necessario implementare sinergie con l’Ordine di Malta.

“La stretta e proficua sinergia tra la nostra Ambasciata a Kiev e la nostra organizzazione di soccorso ci permette di svolgere al meglio la nostra missione umanitaria, che beneficia anche dell’Accordo di cooperazione che abbiamo firmato con l’Ucraina nel 2019”, ha scandito il Luogotenente di Gran Maestro, Fra’ John Dunlap, nel corso dell’incontro caratterizzato da un clima di cordialità e collaborazione. “Continueremo ad aiutare il popolo ucraino finché sarà necessario. Lo dobbiamo ai nostri uomini e donne nel vostro Paese, lo dobbiamo alle vittime innocenti di questa guerra”, ha aggiunto il Luogotenente di Gran Maestro, spiegando che la stretta collaborazione tra le entità diplomatiche e operative dell’Ordine, sia in Ucraina che nei Paesi limitrofi, ha permesso di offrire aiuti d’emergenza e supporto umanitario a centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati che hanno attraversato i confini.

Incessante è stato infatti l’impegno a livello diplomatico, come ha ribadito il Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta, Riccardo Paternò: “A livello bilaterale è stato chiesto formalmente alle autorità ucraine di garantire la libera circolazione dei beni umanitari introdotti dall’Ordine di Malta nel Paese e destinati agli sfollati, e di proteggere il personale umanitario in osservanza delle leggi internazionali”. L’Ordine di Malta ha attivato una rete di sostegno sia in Ucraina che nei paesi confinanti fornendo sostegno medico e sociale, assistenza logistica e psicologica, mettendo a disposizione rifugi per gli sfollati e distribuendo generatori e batterie solari e allestendo un laboratorio mobile di protesi per le vittime delle mine antiuomo. Il Malteser International, l’agenzia di soccorso mondiale dell’Ordine di Malta, ha coordinato – e coordina tutt’oggi – gli sforzi nazionali e internazionali, aumentandone l’efficacia. Più di 6.100 tonnellate di aiuti sono stati distribuiti a circa 65 città e paesi dell’Ucraina; oltre 680.000 razioni di cibo sono state distribuite ai punti di confine e all’interno dell’Ucraina; oltre 130 psicologi sono impegnati nel Paese con progetti di assistenza soprattutto per i bambini traumatizzati e per dare supporto ai medici e infermieri a rischio “burn out”; oltre 13.000 persone hanno seguito i corsi di primo soccorso di base. Le Associazioni nazionali dell’Ordine di Malta nei paesi circostanti – Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania – hanno tutte partecipato ai soccorsi fornendo personale qualificato, alloggi, assicurando assistenza medica e trasporto di feriti.

All’incontro di stamani hanno partecipato anche il Gran Commendatore Fra’ Emmanuel Rousseau, il Grande Ospedaliere Alessandro de Franciscis, il Ricevitore del Comun Tesoro Fabrizio Colonna, il Segretario Generale degli Affari Esteri Stefano Ronca e l’Ambasciatore dell’Ordine di Malta in Ucraina, Antonio Gazzanti Pugliese di Cotrone.

Nato,Lettonia: confiniamo con Russia ma noi più al sicuro che mai

Nato,Lettonia: confiniamo con Russia ma noi più al sicuro che maiRiga, 27 apr. (askanews) – “La nostra appartenenza alla NATO e all’Unione europea ha dimostrato che vale la pena fare i compiti a casa, prima dell’adesione”. Lo afferma in una video intervista ad askanews la viceministra degli Esteri lettone Gunda Reire, segretario parlamentare del ministero degli Affari esteri della Lettonia. “Sì, paradossalmente, da un lato vediamo che la Russia sta conducendo una guerra di aggressione in Ucraina, ma dall’altro è vero che la Lettonia in questo momento si trova nella situazione più sicura che mai, perché facciamo parte della comunità euroatlantica, – il prossimo anno festeggeremo i 20 anni da quando siamo membri sia dell’Unione Europea, sia della NATO – e quindi sì, siamo sotto l’ombrello di sicurezza e difesa della NATO. Siamo nell’Unione Europea e la Lettonia è un Paese sviluppato. Facciamo anche parte dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)”.

Gli aiuti materiali servono ma non bastano per vincere una guerra come quella che Kiev combatte contro l’invasione russa. “Sappiamo – continua – che non sono solo gli aiuti materiali o le infrastrutture che aiutano a vincere. Ci deve essere spirito combattivo – e anche speranza nella società – e questo è ciò a cui stiamo assistendo in questo momento in Ucraina, questo spirito combattivo e solidarietà”. Reire aggiunge poi che in Lettonia “abbiamo lo stesso, direi, spirito combattivo degli ucraini, e ammiro davvero questa società e anche quella ucraina: perché da un lato ovviamente sosteniamo e appoggiamo l’Ucraina, anche a livello internazionale, militarmente, economicamente, finanziariamente. Inoltre, stiamo inviando qualsiasi attrezzatura possibile e cerchiamo di aiutare con ciò che è necessario”, afferma. “Il primo milione di euro in questo Paese è stato raccolto, donato dalla nostra società, ed è stato raccolto in 2 giorni: un milione di euro. Questo è ciò che la nostra società ha realmente fatto. E davvero non lo vedo come un segno di debolezza o qualcosa del genere”, spiega Reire.

“La NATO è l’alleanza più forte della storia” ma bisogna contribuire alla difesa. “Stiamo costruendo una base militare completamente nuova qui in Lettonia, un’altra (dopo quella di Adazi, ndr)”, afferma la viceministra. “Abbiamo già raggiunto il 2% del PIL in spesa per la difesa e abbiamo in programma di raggiungere il 2,5 nel 2025 e il 3% nel 2027. Ma c’è una ragione per questo e lo sapevamo fin dall’inizio degli anni ’90. Ed è questo quello che cerchiamo di dire a tutti voi occidentali: noi viviamo accanto all’aggressore” dichiara, in riferimento agli oltre 200 km di confine con la Russia. Reire aggiunge poi che la popolazione “apprezza la nostra appartenenza alla Nato. È molto molto importante che l’anno scorso al vertice di Madrid si sia deciso che il Battle group (in Lettonia, Campo base di Adazi, ndr) venga elevato a un livello di Combat capable brigade (sostanzialmente un aumento del numero di soldati, ndr): questo è molto, molto importante per noi”, aggiunge Reire. Secondo la viceministra degli Esteru, “l’appartenenza alla NATO e all’Unione europea” ha dimostrato a Riga “che vale la pena fare i compiti a casa, prima dell’adesione. Il processo di adesione lo abbiamo attraversato negli anni ’90 e anche un po’ più tardi. E questo è ciò che in realtà stiamo dicendo ai nostri paesi del partenariato orientale come Georgia, Ucraina, Moldova: i periodi di adesione a volte sono difficili, ma ne vale la pena”, afferma. “Dobbiamo prendere decisioni difficili, decisioni a volte impopolari, ma ne vale la pena perché l’anno scorso, il 24 febbraio, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, ci si creda o no, mio fratello che studiava in un altro paese europeo – e anche questa è una delle libertà che abbiamo come Unione europea, possiamo muoverci liberamente attraverso l’Europa – mi ha chiamato quella sera e ha detto che è qualcosa di inimmaginabile quello che sta succedendo in Ucraina; ‘è oltre i livelli di comprensione che un paese nel 21° secolo possa semplicemente invadere un altro paese in Europa, ma d’altra parte – ha detto mio fratello – non so nemmeno cosa fare. Forse dovrei mandare dei fiori alla nostra ex presidente Vaira Vike-Freiberga’, che era in prima linea nell’adesione”, aggiunge Reire.

“Questo è un sentimento condiviso qui nella nostra società in questo momento in Lettonia: abbiamo molto a cuore la nostra appartenenza (alla Nato e all’Ue, ndr), e anche i sondaggi di opinione in realtà lo dimostrano perché quasi il 70% della nostra società, se viene chiesto, quale direzione nella politica estera preferiscono – a est o a ovest – preferiscono, ovviamente l’orientamento a ovest, e direi che siamo un paese europeo. Lo eravamo anche durante l’occupazione sovietica, che è durata più di 50 anni, ma il sostegno in realtà ha enfatizzato tali sentimenti. E ora questa è una chiara prova che tutte le decisioni difficili che i politici e la società hanno dovuto prendere prima dell’adesione. Ne vale la pena”, chiosa Reire. (di Cristina Giuliano e Serena Sartini)

I russi hanno messo postazioni militari sui tetti dei reattori della centrale nucleare di Zaporizhia

I russi hanno messo postazioni militari sui tetti dei reattori della centrale nucleare di ZaporizhiaMilano, 27 apr. (askanews) – La Russia ha costruito stazioni di combattimento con sacchi di sabbia sui tetti di diversi edifici della centrale nucleare di Zaporizhia. Lo afferma il Ministero della Difesa britannico nella sua ultima analisi dell’intelligence diffusa su Twitter.

Il ministero basa le sue deduzioni sulle foto aeree che pubblica sul social. Dalle immagini risulta che le truppe russe hanno costruito postazioni con sacchi di sabbia sui tetti di alcuni reattori, a marzo al più tardi. La centrale nucleare di Zaporizhia ha sei reattori nucleari. Sulla base della veduta aerea, le stazioni di battaglia sarebbero state costruite sui tetti di tre di essi.

L’organizzazione di stazioni di combattimenti indica evidentemente un grave pericolo per la sicurezza nucleare nella più grande centrale nucleare d’Europa.

Almeno 15 siriani uccisi in Sudan. Emergency resta aperta con quattro strutture

Almeno 15 siriani uccisi in Sudan. Emergency resta aperta con quattro struttureRoma, 27 apr. (askanews) – Almeno 15 cittadini siriani sono stati uccisi durante scontri armati tra forze rivali in Sudan, ha confermato Bish al Shaar, l’incaricato d’affari dell’ambasciata siriana a Khartoum.

Il ministero degli Esteri siriano ha affermato in precedenza che l’Arabia Saudita, la Giordania e l’Algeria hanno fornito assistenza per l’evacuazione dei cittadini siriani dal Sudan che desideravano lasciare il paese. “Finora, 15 siriani sono stati vittime degli scontri a Khartoum. Non ci sono informazioni sui feriti. Tutti i membri della missione diplomatica stanno bene”, ha detto al Shaar all’emittente siriana Sham FM. Il diplomatico siriano ha spiegato che l’ambasciata, su indicazione del ministero degli Esteri del Paese, ha registrato dall’inizio degli scontri i cittadini che desiderano rientrare in patria. Ha notato che circa 30.000 siriani vivono nel territorio del Sudan. Gli scontri tra l’esercito regolare sudanese e le forze paramilitari sono scoppiati il 15 aprile dopo un lungo periodo di crescenti tensioni all’interno dell’esercito. Il numero delle persone uccise negli scontri ha raggiunto quota 459 e almeno altre 4.072 sono rimaste ferite, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.

“Emergency ha quattro strutture attive in Sudan: oltre al Salam Centre” a Khartoum, “c’è un ambulatorio pediatrico in un campo profughi disastrato vicino Khartoum che ospita un milione di persone, a Maio ma abbiamo dovuto chiuderlo subito perché non era più sicuro né raggiungibile; poi si sono altri due ospedali pediatrici, a Port Sudan sul Mar Rosso e a Nyala, nel Darfur. A pieno regime è uno staff importante, 50 internazionali e circa 550 locali”. Lo afferma in un’intervista al Manifesto, Franco Masini, il medico a capo della missione di Emergency nel Paese. “Il problema è stato fin dall’inizio l’organizzazione del personale locale, una buona parte non poteva tornare a casa e così abbiamo creato una specie di accampamento dentro l’ospedale, con materassi dappertutto”, precisa. “Molti altri era impossibile andarli a prendere. Però sono loro che ci stanno dando un grande supporto e ci hanno chiesto di non chiudere, perché l’ospedale è fondamentale. Solo ieri abbiamo avuto tre casi che se non ci fossimo stati sarebbero finiti male. Ma visto che abbiamo ridotto il numero dei pazienti e che permangono rischi nello stare qui, ieri abbiamo lasciato la scelta di restare o partire ai singoli. Siamo rimasti in sette qui a Khartoum, tutti italiani, più una decina di internazionali tra Port Sudan e Nyala. Gli altri ora sono in viaggio verso la Germania”, spiega Masini. “Il timore”, ora, “riguarda le bande armate fuori controllo in cerca di soldi e bottini”, precisa ancora Masini. “Dal nostro responsabile della sicurezza sappiamo di irruzioni e razzie in alcune strutture del centro. È un corollario tipico in questi frangenti. E il disastro come sempre arriverà dopo, se e quando questa roba finirà: quelli che non hanno fatto i controlli né la terapia, quelli che non hanno potuto raggiungerci… Riorganizzare il lavoro sarà dura, peggio che dopo la pandemia. È una guerra questa”, conclude.