Roma, 25 mar. (askanews) – “Abbiamo trovato un accordo con la Germania sull’uso futuro degli e-fuel nelle automobili”. Lo ha annunciato su Twitter il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans.
“Lavoreremo ora per ottenere quanto prima l’adozione delle norme in materia di CO2 per il regolamento sulle autovetture e la Commissione darà seguito rapidamente alle misure giuridiche necessarie per attuare il considerando 11”, ha aggiunto il vicepresidente. Si tratta di una doccia fredda per l’Italia che aveva chiesto alla Ue la scorsa settimana in una lettera inviata dai ministri Urso, Salvini e Pichetto Fratin di considerare i biocarburanti tra i possibili utilizzi dei carburanti al ternativi.
Le discussioni si sono sviluppate dopo i dubbi espressi anche dai tedeschi sullo stop definitivo alla vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2035. Allo stop si è opposta anche l’Italia vista la contrarietà al solo utilizzo dei motori elettrici in nome di una neutralità tecnologica che consideri combustibili alternativi. Berlino aveva chiesto una deroga per gli e-fuel arrivando a un accordo come annunciato dal vicepresidente della Commissione.
Roma, 25 mar. (askanews) – Il ministro per la Protezione dell’ambiente e delle risorse naturali dell’Ucraina, Ruslan Strilets, ha allertato sulla situazione di cinque milioni di ucraini che non hanno accesso all’acqua potabile a causa della guerra.
Secondo Strilets, intervenuto alla Conferenza dell’Onu sull’acqua per lo sviluppo sostenibile 2023 a New York, circa il 70% della popolazione ucraina rischia di essere privata dell’acqua, a causa dello stato delle infrastrutture idriche del Paese danneggiate o distrutte dagli attacchi russi. Il ministro ha anche avvertito di un possibile disastro nucleare, poiché la fuoriuscita di acqua dal bacino di Kakhovka rischia di interrompere i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dalla Russia da un anno. “Ciò significherebbe un possibile scenario Fukushima nel mezzo del continente europeo a causa della Russia”, ha detto Strilets.
Roma, 24 mar. (askanews) – L’Onu ha accusato le forze ucraine e russe di aver commesso decine di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra durante l’invasione russa dell’Ucraina. “Siamo profondamente preoccupati per l’esecuzione sommaria di venticinque prigionieri di guerra russi e persone non combattenti”, nonché di “quindici prigionieri di guerra ucraini”, ha dichiarato Matilda Bogner, capo della missione di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina.
Secondo Bogner, le Nazioni Unite hanno documentato tali esecuzioni di russi da parte delle forze armate ucraine, “spesso” eseguite “immediatamente dopo la cattura sul campo di battaglia”. L’Onu è a conoscenza di cinque indagini condotte a Kiev che coinvolgono 22 vittime, ma “non siamo a conoscenza di alcun procedimento giudiziario contro gli autori” di questi crimini, ha aggiunto. Per quanto riguarda le esecuzioni di quindici prigionieri di guerra ucraini “subito dopo la loro cattura” da parte delle forze armate russe, undici sono state eseguite dal gruppo paramilitare russo Wagner, ha detto. Ucraina e Russia si sono accusate a vicenda di maltrattamenti di prigionieri che costituiscono crimini di guerra dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – “Il settore bancario dell’area dell’euro è resiliente, perché dispone di solide posizioni patrimoniali e di liquidità”; inoltre, “è forte perché abbiamo applicato tutte le riforme normative concordate a livello internazionale dopo la Crisi finanziaria globale”. Lo ha affermato oggi, secondo fonti Ue, La la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde davati ai leader dei Ventisette, durante l’Eurosummit a Bruxelles. “I recenti sviluppi ci ricordano quanto sia stato importante migliorare continuamente questi standard normativi. Ora dobbiamo progredire nel completamento dell’Unione bancaria. È inoltre necessario lavorare ulteriormente per creare dei mercati dei capitali veramente europei”, ha sottolineato Lagarde.
“Non c’è compromesso tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. Gli strumenti a nostra disposizione (‘toolbox’, ndr) ci consentono di affrontare i rischi per entrambi” i tipi di stabilità, ha aggiunto la presidente della Bce. “Sulla stabilità dei prezzi – ha assicurato Lagarde -, siamo decisi a riportare l’inflazione al 2%. Decideremo le tariffe future in base ai dati in arrivo. Sulla stabilità finanziaria, lo strumentario a disposizione della Bce è completamente attrezzato per fornire liquidità al sistema finanziario dell’Eurozona, se necessario”, ha concluso.
Roma, 24 mar. (askanews) – Un intero popolo è costretto ad affrontare una catastrofe umanitaria senza precedenti, a causa di una guerra devastante, iniziata nel 2015, con oltre 377 mila vittime dirette e indirette, di cui oltre 19 mila civili. L’economia è al collasso, con i prezzi di cibo, carburante e beni di prima necessità aumentati in modo vertiginoso. Oltre 21 milioni di persone, i due terzi della popolazione, dipendono oggi dagli aiuti umanitari per sopravvivere. È quanto denuncia Oxfam – al lavoro nel Paese per soccorrere la popolazione – a 8 anni esatti dall’inizio del conflitto.
“Dopo la fine della tregua durata 6 mesi, lo scorso ottobre, gli scontri non sono ripresi con l’intensità di prima, ma la Pace è ancora lontana e il prezzo più alto lo sta pagando la popolazione – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia – In questo momento più di 17 milioni di yemeniti sono sull’orlo della carestia, e tra loro il 75% sono donne e bambini, di cui 2,2 milioni sotto i 5 anni già gravemente malnutriti. L’inflazione, la mancanza di lavoro e reddito per le famiglie, si è sommata alla svalutazione monetaria e all’impatto della crisi ucraina, dato che il Paese importava ben il 42% di grano proprio da qui. La conseguenza è che l’incubo della fame rischia di riguardare adesso un intero Paese”. Lo Yemen è stato colpito in modo drammatico dall’aggravarsi della crisi alimentare globale. Due esempi su tutti. Dal 2015, i prezzi del grano sono aumentati quasi del 300% nelle aree sotto il controllo degli Houthi e quasi del 600% nelle aree controllate dal Governo riconosciuto a livello internazionale. Nello stesso periodo il prezzo del gas è aumentato circa del 600%, così molte famiglie sono costrette a usare la plastica di scarto come combustibile per cucinare, correndo gravi rischi per la salute.
“La crisi dei prezzi dell’ultimo anno ha colpito un Paese che era già poverissimo prima della guerra, costretto oggi ad importare il 90% dei prodotti alimentari. – continua Petrelli – Stiamo assistendo a una crisi umanitaria che rischia di trasformarsi in catastrofe. Le imprese che importano cibo hanno già messo in chiaro che l’aumento globale dei costi metterà a dura prova la loro capacità di assicurare le necessarie quantità di grano in Yemen, dove il pane rappresenta l’alimento principale per la stragrande maggioranza della popolazione. Questo significa che milioni di persone rischiano di morire letteralmente di fame”. Per sopravvivere tantissime famiglie hanno ridotto la quantità e la qualità del cibo, si sono indebitate per comprarlo o hanno venduto quel poco che avevano: bestiame, terreni, case. Con la metà delle strutture sanitarie inservibili e molti sistemi idrici andati distrutti, quasi 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e assistenza sanitaria di base.
Le famiglie che hanno pagato il prezzo più alto sono quelle in cui le donne si sono ritrovate a far fronte da sole ai bisogni dei figli. Molte ragazze hanno dovuto abbandonare la scuola. Altrettante sono costrette a matrimoni precoci o a chiedere l’elemosina in strada. A questo si aggiunge la situazione disperata per gli oltre 4 milioni di sfollati interni che non hanno più una casa a cui tornare e che per il 56% non hanno alcuna fonte di reddito: di questi il 77% sono donne e bambini. “Tutto è cambiato quando è iniziata la guerra. – racconta Eman, 38 anni, madre di tre figli – Abbiamo improvvisamente perso le nostre uniche fonti di reddito. Le cose col passare degli anni sono andate di male in peggio, abbiamo vissuto l’inferno e non abbiamo più nulla”.
Se da una parte i bisogni crescono, dall’altra mancano le risorse per rispondervi adeguatamente. Il World Food Program è stato costretto a ridurre gli aiuti, mentre al momento i grandi donatori internazionali, nel recente summit sulla crisi, si sono impegnati a stanziare appena un terzo dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza (1,2 miliardi su 4,3). “La comunità internazionale, i grandi Paesi donatori non possono voltare le spalle ancora una volta a quella che rimane una delle più gravi crisi umanitarie del mondo. – conclude Petrelli – È ora che i leader mondiali esercitino una reale pressione per riportare tutte le parti al tavolo delle trattative, in modo da porre fine in modo permanente al conflitto”. Da luglio 2015, Oxfam ha soccorso oltre tre milioni di persone colpite dal conflitto in nove governatorati del Paese, distribuendo acqua potabile e servizi igienici, fornendo aiuti per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità. Riabilitando le infrastrutture idriche e fornendone di nuove alimentate ad energia solare. Grazie alla campagna “Dona acqua, salva una vita” potrà, ad esempio, soccorrere oltre 10 mila sfollati e famiglie vulnerabili nell’area di Aden, Lahj e Al-Dhale’e e Abyan.
Roma, 24 mar. (askanews) – E’ un venerdì nero per i titoli bancari europei che affondano in Borsa, con Deutsche Bank, la maggiore banca tedesca e una delle più grandi del Vecchio Continente, in calo fino al 13%. L’indice delle banche Euro Stoxx 600, che contiene i maggiori istituti di credito della regione, è sceso del 4,6% a metà mattinata, superando la debolezza degli indici nazionali generali. La tedesca Commerzbank ha perso il 9%, mentre la francese Société Générale ha perso il 7% e la finlandese Nordea ha perso il 9,8%.
Dopo lo scoppio dello tensioni nelle banche regionali statunitensi e la frettolosa acquisizione del Credit Suisse da parte della sua rivale UBS lo scorso fine settimana, le autorità globali hanno ripetutamente cercato di placare le preoccupazioni degli investitori per il colpo finanziario che le banche potrebbero subire dagli aggressivi aumenti dei tassi di interesse delle banche centrali di l’anno scorso. “C’è ancora una domanda assillante tra i partecipanti al mercato sul fatto che le turbolenze nel settore bancario siano finite o se ci sarà un contagio più ampio”, ha detto al Financial Times Mobeen Tahir, direttore della ricerca macroeconomica e delle soluzioni tattiche presso WisdomTree Europe. “Ora è anche evidente dalle banche centrali che le turbolenze non metteranno un freno alle loro azioni di politica monetaria – questo sta mandando nervosismo nei mercati perché potrebbe esacerbare o esporre nuove vulnerabilità nel settore bancario”.
Le mosse di venerdì nelle azioni di Deutsche Bank sono arrivate dopo che il costo dell’acquisto di un’assicurazione per proteggersi dall’insolvenza sul debito è aumentato questa settimana. Il prezzo de cosiddetto credit default swap a cinque anni della banca – un derivato che agisce come un’assicurazione e paga se una società non rispetta i propri pagamenti – è salito da 134 punti base mercoledì a 198 punti base venerdì, secondo i dati di Refinitiv. Dirk Willer, stratega di Citigroup, ha affermato al Ft che è “troppo presto per dire” se lo stress del settore bancario sia cresciuto abbastanza da avere un impatto significativo sul ciclo economico statunitense. Ma ha aggiunto che alla luce dell’accresciuta incertezza, la Federal Reserve è “diventata più cauta, così come la BCE”.
Mercoledì la Fed ha proceduto con un aumento del tasso di interesse di 0,25 punti percentuali e giovedì anche la Banca d’Inghilterra ha aumentato il suo tasso di riferimento di 0,25 punti percentuali. Giovedì la Banca nazionale svizzera ha alzato i tassi di interesse di 0,5 punti percentuali, nonostante sia stato uno dei principali teatri del panico bancario dovuto al crollo del Credit Suisse e alla sua acquisizione forzata da parte della rivale UBS. La BCE la scorsa settimana ha alzato i tassi di 0,5 punti percentuali.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – Al termine dell’Eurosummit non ci sarà la consueta conferenza stampa istituzionale del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e della presidente Commissione Ursula von der Leyen. E’ quanto annunciato dal portavoce di Michel, ma non sono state fornite motivazioni sulla decisione che non ha precedenti nella storia recente dei Consigli europei. “La conferenza stampa è stata fatta ieri sera e ci sono molti altri leader che faranno dichiarazioni”, si è limitato a dire il portavoce.
Nel corso della discussione di oggi, a cui hanno partecipato anche la presidente della Bce Christine Lagarde e il presidente dell’Eurogruppo Pascal Donohoe, è stato affrontato anche il tema delle recenti crisi bancarie negli Usa e in Svizzera. Una delle ipotesi che potrebbero spiegare la cancellazione della conferenza stampa finale è legata alle difficoltà di Borsa registrate oggi su titoli bancari e in particolare su Deutsche Bank, arrivata a perdere il 14%. In questa situazione potrebbe essere stato ritenuto opportuno evitare dichiarazioni che potrebbero avere un impatto sui mercati.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – Al termine dell’Eurosummit non ci sarà la consueta conferenza stampa istituzionale del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e della presidente Commissione Ursula von der Leyen. E’ quanto annunciato dal portavoce di Michel, ma non sono state fornite motivazioni sulla decisione che non ha precedenti nella storia recente dei Consigli europei. “La conferenza stampa è stata fatta ieri sera e ci sono molti altri leader che faranno dichiarazioni”, si è limitato a dire il portavoce.
Nel corso della discussione di oggi, a cui hanno partecipato anche la presidente della Bce Christine Lagarde e il presidente dell’Eurogruppo Pascal Donohoe, è stato affrontato anche il tema delle recenti crisi bancarie negli Usa e in Svizzera. Una delle ipotesi che potrebbero spiegare la cancellazione della conferenza stampa finale è legata alle difficoltà di Borsa registrate oggi su titoli bancari e in particolare su Deutsche Bank, arrivata a perdere il 14%. In questa situazione potrebbe essere stato ritenuto opportuno evitare dichiarazioni che potrebbero avere un impatto sui mercati.
Milano, 24 mar. (askanews) – La visita del re Carlo III d’Inghilterra in Francia, prevista per il 26-29 marzo, sarà rinviata. I governi francese e britannico hanno preso la decisione a seguito di una telefonata tra il presidente Emmanuel Macron e il re, rende noto l’Eliseo. Quella in Francia doveva essere la prima visita di Stato all’estero per il re Carlo III.
È stato riferito che la visita del monarca britannico in Francia, prevista per il 26-29 marzo, è stata rinviata a causa dell’ondata di proteste nel Paese contro l’innalzamento dell’età pensionabile. Ma non è stata precisata la nuova data della visita all’Eliseo. Prima dell’annuncio, il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin aveva appena finito di assicurare il canale CNews: “Saremo pronti ad accogliere in ottime condizioni” il sovrano britannico.
All’inizio di marzo, il Palazzo dell’Eliseo ha annunciato che re Carlo III di Gran Bretagna avrebbe effettuato la sua prima visita di stato in Francia dal 26 al 29 marzo. È stato osservato che la visita riflette i “profondi legami storici” tra i Paesi e sarà “un onore per la Francia”. Era previsto che Macron avrebbe ospitato una cena ufficiale in onore del monarca britannico e di sua moglie Camilla alla Reggia di Versailles il 27 marzo. Successivamente, i media hanno riferito che il programma della visita del re Carlo III in Francia poteva essere modificato e la sua cena con il presidente Macron, prevista per lunedì, poteva non aver luogo alla Reggia di Versailles a causa delle manifestazioni contro la riforma delle pensioni. Il sindacato francese aveva invitato ad “andare a Versailles” per protestare contro la visita del re. All’inizio della settimana, una fonte del tribunale britannico ha affermato che i disordini in Francia potrebbero avere conseguenze sulla prevista visita di stato.
Roma, 24 mar. (askanews) – L’ipotesi di un colloquio telefonico tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il suo omologo cinese Xi Jinping, dopo al visita a Mosca del leader di Pechino, è ancora sul tavolo, ma sta andando incontro ad alcune “difficoltà”. Lo ha spiegato il consigliere presidenziale ucraino Mikhailo Podolyak, citato da Ukrainska Pravda.
“Ci sono piani. Sia l’Ufficio del Presidente che il ministero degli Esteri – sia Yermak che Kuleba – sono coinvolti nell’organizzazione”, ha precisato Podolyak. “Proponiamo di prendere l’iniziativa, perché oggi, a parte il presidente Zelensky, non c’è quasi nessuno che spieghi le conseguenze dell’errato svolgimento della guerra, perché il presidente pone abbastanza chiaramente tutti gli accenti tra i nostri partner, anche tra i paesi neutrali”, ha aggiunto. Allo stesso tempo, ha osservato Podolyak, ci sono alcune difficoltà nell’organizzazione dei negoziati tra i due leader, che sono legate alla mancanza di una posizione chiara della Cina riguardo alla risoluzione del conflitto tra l’Ucraina e la Federazione Russa. “È abbastanza difficile. C’è una domanda cui la Cina non ha ancora trovato una risposta politica. Cioè, se vuole affrontare la questione dell’accordo tra Russia e Ucraina o rimanere prudentemente in disparte. Da quello che ho inteso, la Cina stessa non l’ha ancora capito”, ha sottolineato.