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Sanchez rimonta ma la Spagna rischia un ritorno alle urne

Sanchez rimonta ma la Spagna rischia un ritorno alle urneRoma, 23 lug. (askanews) – Due mezzi vincitori: il premier socialista Pedro Sanchez e il Partido Popular; diversi sconfitti: l’estrema destra di Vox, l’indipendentismo catalano nel suo insieme e i sondaggisti. Un involontario trionfatore: l’ex presidente della Generalitat in esilio, Carles Puigdemont, il cui partito Junts si ritrova ago della bilancia della governablità a Madrid.

I risultati definitivi del voto spagnolo sono ben diversi da quelli che promettevano i sondaggi: il Pp di Alberto Nuñez Feijoó ha sì ottenuto la maggioranza delle preferenze, ma ben lontano dai livelli previsti dagli istituti demoscopici. Anche contando Vox (12,3%, terza ma in calo di consensi) e gli altri partiti minori, le destre si fermano a 171 seggi: cinque in meno della maggioranza assoluta che blinda il mandato a formare un nuovo governo. Nel dettaglio, il Partido Popular ha 136 seggi, distante dalla maggioranza assoluta anche contando l’ultradestra di Vox che ottiene 33 seggi e le altre formazioni minori della destra. Il partito Socialista limita i danni in netta rimonta rispetto alle previsioni demoscopiche: 122 seggi (31,7%, +2) ai quali si aggiungono i 31 della nuova coalizione di sinistra di Sumar (12,3%). Gli altri potenziali alleati della coalizione sommano altri 19 seggi (7 gli indipendentisti catalani di Erc, 6 la sinistra radicale basca di Bildu, 5 i nazionalisti baschi del Pnv più altre formazioni minori) per un totale di 172.

Rimangono quindi i sette voti degli indipendentisti conservatori catalani di Junts, che di fatto hanno attualmente la chiave della governabilità: senza il loro apporto, lo scenario più probabile è infatti un ritorno alle urne. Feijoó ha comunque rivendicato la vittoria e in quanto candidato più votato chiede agli altri partiti (ovvero, ai socialisti) di astenersi per permettergli di formare un governo di minoranza. Ma si tratta di uno scenario che appare del tutto improbabile; l’unica arma che gli rimane è quella di tentare di delegittimare a priori un eventuale esecutivo a guida socialista.

Il premier uscente Sanchez da parte sua ha ottenuto in buona parte il risultato voluto con l’anticipo delle elezioni: una mobilitazione della sinistra che grazie al voto utile gli ha permesso di limitare i danni (anzi, di migliorare leggermente i risultati del 2019, come ha fatto notare lo stesso premier nel suo discorso postelettorale), senza tuttavia raggiungere l’obbiettivo prefissato di poter riciclare senza problemi l’attuale maggioranza di governo. La sinistra e i suoi alleati, in tutte le sue declinazioni, arriva infatti a 172 seggi e Sanchez si è ben guardato dal fare previsioni su un futuro governo. Fuori dai due blocchi principali rimangono infatti i sette seggi di Junts (Uniti per la Catalogna: dal suo appoggio (diretto, o più probabilmente tramite un’astensione al secondo voto di investitura) dipende la riedizione della maggioranza attuale o un ritorno alle urne dal risultato ancor più incerto. Si tratta di un paradosso perché la vittima principale del voto utile (e dell’astensione) è stato proprio l’indipendentismo catalano nel suo insieme. In particolare la sinistra di Erc che ha perso ben sei seggi a favore dei socialisti del Psc; di fatto, a salvare Sanchez in termini numerici è stata proprio la Catalogna.

La questione principale quindi torna ad essere quella catalana: Sanchez fino ad ora l’ha sopita, ma non certo risolta; e questa volta, il prezzo politico da pagare per rimanere alla Moncloa potrebbe essere troppo alto da accettare. Per il premier infatti acconsentire ad un indulto personale per Puigdemont o addirittura a un futuro referendum di indipendenza sarebbe un suicidio politico. Ma basterebbe anche solo discutere l’idea per perdere voti a favore della destra, Vox o non Vox. Non è chiaro d’altra parte quale altro risultato che vada al di là di qualche concessione economica la coalizione politica catalana guidata da Carles Puigdemont possa realisticamente ottenere da un negoziato, visto che negli ultimi anni i socialisti hanno promesso molto e mantenuto quasi niente. Nonostante in campagna elettorale Junts abbia quindi dipinto il voto nazionale come un problema della Spagna e non della Catalogna, il settore più pragmatico del partito (minoritario nella dirigenza, non necessariamente nella base), potrebbe comunque finire col considerare l’investitura di Sanchez come il male minore. L’alternativa è infatti un’impasse che porterebbe di nuovo alle urne: Sanchez potrebbe in questo caso dare la colpa all’intransigenza dell’indipendentismo catalano, ma nulla gli garantisce che fra qualche mese l’elettorato progressista torni a votare con la stessa convinzione. La fase negoziale che inizia oggi quindi si preannuncia lunga e faticosa. In palio un voto di investitura che di fatto – data l’esistenza della sfiducia costruttiva – in caso di esito positivo garantirà al leader socialista altri quattro anni di governo, più o meno agitato. Se tutto sommato Sanchez può dirsi abbastanza saldo alla guida del suo partito – il risultato di ieri equivale a un mezzo miracolo – non si può dire altrettanto di Feijoó: se dovesse rimanere a mani vuote, è probabile che si produca un cambio della guardia per i popolari, con una serie di faide interne dalle quali potrebbe uscire vincitrice Isabel Díaz Ayuso, padrona del Pp di Madrid ma personaggio assai più divisivo in un Paese sempre più polarizzato. (di Maurizio Ginocchi)

Elezioni Spagna, Pp vince ma lontano dalla maggioranza assoluta

Elezioni Spagna, Pp vince ma lontano dalla maggioranza assolutaRoma, 23 lug. (askanews) – Il Partido Popular è il vincitore delle elezioni politiche spagnole, con 136 seggi (33% dei voti, +47 rispetto al 2019), ben lontano dalla maggioranza assoluta anche contando l’ultradestra di Vox (12,3%, terza forza con 33 seggi, -19) e le altre formazioni minori della destra, che si fermerebbe a 171 deputati sui 176 necessari.

Il partito Socialista limita i danni con un risultato ben al di là di quanto prevedevano i sondaggi: 122 seggi (31,7%, +2) ai quali si aggiungono i 31 della nuova coalizione di sinistra di Sumar (12,3%). Gli altri potenziali alleati della coalizione sommano altri 19 seggi (7 gli indipendentisti catalani di Erc, 6 la sinistra radicale basca di Bildu, 5 i nazionalisti baschi del Pnv più altre formazioni minori) per un totale di 172. Rimangono quindi i sette voti degli indipendentisti conservatori catalani di Junts, che di fatto hanno attualmente la chiave della governabilità: senza il loro apporto, lo scenario più probabile è infatti un ritorno alle urne.

Elezioni in Spagna, Popolari primo partito ma non c’è maggioranza

Elezioni in Spagna, Popolari primo partito ma non c’è maggioranzaMilano, 24 lug. (askanews) – Le elezioni politiche in Spagna hanno consegnato al Partito Popolare il ruolo di prima forza del Paese, con 136 seggi al Parlamento. Il partito di destra Vox però ha subito un crollo fermandosi a 33 seggi. Numeri che, sommati, non consentono al leader popolare Alberto Núñez Feijóo di arrivare ai 176 seggi necessari per la maggioranza assoluta. La coalizione dui destra si fermerebbe a 169.

Il Partito Socialista del premier Pedro Sanchez ha conquistato 122 seggi, mentre Sumar ne ha ottenuti 31. Una coalizione di sinistra potrebbe quindi arrivare a 153 seggi. In questo scenario diventano decisivi i seggi conquistati dagli indipendentisti catalani, ma secondo gli analisti c’è il rischio di un ritorno alle urne.

Spagna, exit poll: netta vittoria dei Popolari, con Vox avrebbero maggioranza

Spagna, exit poll: netta vittoria dei Popolari, con Vox avrebbero maggioranzaMilano, 23 lug. (askanews) – In Spagna il PP ottiene un’ampia vittoria e si avvicina alla maggioranza con Vox, secondo i primi exit poll. Alle 20 si sono chiuse le urne.

Secondo i sondaggi pubblicati alla chiusura delle urne, i Popolari avrebbero vinto nettamente le elezioni generali. Il sondaggio Sigma Dos per RTVE e le televisioni regionali dà ai Popolari il 34,2% dei voti, con un numero di deputati compreso tra 145 e 150. Si tratta di 5,3 punti di vantaggio sul PSOE, che rimarrebbe con il 28,9% dei voti e tra i 113 e i 118 deputati. Il sondaggio GAD3 per Telecinco, tuttavia, assegna al PP una vittoria ancora maggiore, dandogli il 35,5% dei voti, sette punti in più del partito di Pedro Sanchez. Secondo questi risultati, il PP di Alberto Nunez Feijo avrebbe 150 seggi, permettendo di raggiungere la maggioranza assoluta con Vox, che avrebbe 31 seggi. Per formare il governo serve la maggioranza assoluta alla camera bassa, ovvero 176 seggi. Il Psoe otterrebbe 112 seggi, mentre Sumar ne otterrebbe 27. ERC otterrebbe 8 seggi, Junts 7, Bildu 6, BNG 2.

Anche secondo un sondaggio di SocioMétrica per “El Espanol”, il leader del PP Alberto Núñez Feijóo sarebbe il vincitore delle elezioni in Spagna, ma con una forbice di numeri di seggi assegnati più bassi (134-140) rispetto ad altri sondaggi. In ogni caso con questi numeri servirebbe un accordo con Vox per raggiungere la maggioranza assoluta. Questo sondaggio colloca il PSOE come seconda forza più votata e gli assegna tra i 109 e i 115 seggi. Al terzo posto ci sarebbe Vox, con un minimo di 35 e un massimo di 39 seggi. Il partito di estrema destra in questo sondaggio è dato con un numero più alto di seggi. PP-Vox arriverebbero assieme a 172-177 seggi al Congresso dei Deputati. La maggioranza assoluta si raggiunge con 176 deputati. Sumar sarebbe la quarta forza più votata, ottenendo tra i 32 e i 35 seggi.

Zelensky dopo il raid su Odessa: serve uno scudo aereo

Zelensky dopo il raid su Odessa: serve uno scudo aereoMilano, 23 lug. (askanews) – Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, chiede più sistemi di difesa aerea dopo l’ultimo attacco a Odessa. “L’Ucraina ha bisogno di un vero e proprio scudo aereo: è l’unico modo per sconfiggere il terrore missilistico russo”, ha scritto Zelensky sui suoi canali social.

“Abbiamo già dimostrato di poter abbattere anche i missili russi di cui i terroristi si vantavano. Grazie all’aiuto dei nostri partner e ai sistemi di difesa aerea forniti all’Ucraina, i nostri difensori del cielo hanno salvato migliaia di vite. Ma – ha proseguito – abbiamo bisogno di più sistemi di difesa aerea per tutto il nostro territorio, per tutte le nostre città e comunità. Il mondo non deve abituarsi al terrore russo: il terrore deve essere sconfitto. Ed è possibile!”.

Un ponte crolla a Patrasso in Grecia, persone sotto macerie

Un ponte crolla a Patrasso in Grecia, persone sotto macerieRoma, 23 lug. (askanews) – Un ponte su cui erano in corso lavori edili è parzialmente crollato a Patrasso, nella parte occidentale della Grecia, e alcune persone sono rimaste intrappolate e ferite sotto le macerie. Lo hanno dichiarato vigili del fuoco e polizia.

“Ci sono persone intrappolate, ma non sappiamo quante”, ha detto un portavoce dei vigili del fuoco, mentre un portavoce della polizia ha detto pochi minuti dopo che c’erano alcuni “feriti”. Il canale televisivo pubblico Ert ha affermato che cinque persone sono rimaste gravemente ferite, ma questa notizia non è stata ancora confermata dalle autorità. È in corso un’operazione di soccorso su larga scala, con vigili del fuoco e ambulanze sul posto. Al momento non si conoscono le cause del crollo. Il ponte si trova sulla strada che collega il porto di Patrasso, nella penisola del Peloponneso sud-occidentale, ad Atene.

L’isola di Rodi brucia da giorni, la fuga dei turisti

L’isola di Rodi brucia da giorni, la fuga dei turistiRoma, 23 lug. (askanews) – I turisti sono stati lasciati nel limbo dopo che gli incendi che si sono diffusi sull’isola greca Continua a essere molto preoccupante la situazione nell’isola greca di Rodi, rinomata meta turistica in preda agli incendi, dove migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare i propri alberghi e i vacanzieri – riporta la Bbc – sono stati lasciati nel limbo. Una famiglia è stata costretta a dormire sui materassi adagiati sul pavimento della sala convegni dell’albergo che avevano prenotato, mentre altre sono alla disperata ricerca di una sistemazione alternativa.

Oltre 3.500 persone sono state evacuate via terra e via mare per mettersi in salvo. I vigili del fuoco greci si sono scusati e hanno avvertito che la situazione potrebbe peggiorare. Altre 1.200 persone saranno evacuate da tre villaggi: Pefki, Lindos e Kalathos. Rodi sta combattendo da martedì contro giganteschi incendi alimentati dalle alte temperature e dai forti venti, mentre tutta l’Europa è in preda a un’ondata di caldo. La Bbc ha raccontato la storia di Lesley Young, arrivata a Lindos, Rodi, ieri mattina e che ha spiegato di non essere potuta andare in albergo perché era stato evacuato. Malgrado un’assicurazione per le vacanze del valore di 2mila sterline da utilizzare per una sistemazione alternativa, Young ha spiegato che “non siamo riusciti a trovare nulla”.

“Così siamo stati portati in un hotel della stessa catena di quello che avevamo prenotato e hanno allestito dei materassi sul pavimento di una delle loro sale conferenze. Hanno cercato di fare del loro meglio, ma non sappiamo per quanto tempo resteremo in questa situazione”, ha ammesso. Young, che è in vacanza con un gruppo di sette persone, tra cui tre bambini e quattro adulti, ha detto di aver prenotato una vacanza di due settimane, ma di non essere sicura di poter restare così a lungo. “Per fortuna abbiamo i nostri bagagli e i bambini saltano su e giù sui materassi”, ha aggiunto. Non sono stati segnalati feriti, secondo quanto riportato dal Ministero della Crisi Climatica e della Protezione Civile greco. Il dicastero ha dichiarato che i turisti sono stati evacuati in sicurezza dalle aree colpite – che rappresentano meno del 10 per cento delle strutture ricettive dell’isola – e sono stati riprotetti verso altri hotel dell’isola.

Il vicesindaco di Rodi ha avvertito che non ci sono generi di prima necessità sufficienti e che i problemi si sono “moltiplicati”. “C’è solo acqua e cibo, non abbiamo materassi e letti”, ha detto Athanasios Vyrinis. Parlando a Open TV da un punto di raccolta, il vice sindaco ha sottolineato che la gente sta utilizzando scatoloni di cartone per dormire e che i turisti arrivati a Rodi non avevano un posto dove stare. L’emittente Ert ha riferito che le aree colpite dagli incendi non hanno ancora energia elettrica. Le autorità greche stanno esortando la gente del posto a donare prodotti per la colazione come croissant e frutta, poiché molti turisti si lamentano della mancanza di un piano per il cibo.

“È molto stressante”, ha dichiarato John Miller, che è stato evacuato due volte dal suo albergo insieme alla famiglia. L’hotel in cui si trovavano a Kiotari ha avuto diverse interruzioni di corrente e quindi sono stati trasferiti a Plimmiri, ha spiegato, “A Rodi c’è il caos”. Ha aggiunto che le strade sono bloccate e che i militari sono segnalati in arrivo.

La Spagna al voto

La Spagna al votoRoma, 23 lug. (askanews) – “Todo o nada”, tutto o niente: a decidere della sorte politica del premier spagnolo Pedro Sanchez saranno i trentasei milioni di elettori che si recheranno domenica alle urne in una data estiva del tutto insolita, frutto della scelta del governo di fare ricorso al voto anticipato. Una scommessa – dovuta alla secca sconfitta del partito Socialista alle recenti amministrative – che Sanchez non dispera tuttavia di vincere. La maggior parte dei sondaggi vede infatti favorita la destra del Partido Popular, sia pure di stretto margine; ma a decidere le sorti della governabilità sarà il risultato delle forze minori, dato che nessuno dei due partiti principali ha i numeri per una maggioranza assoluta. Psoe e Pp sono accreditati di circa il 30% delle preferenze, un dato peraltro difficile da tradurre in seggi visto il sistema proporzionale corretto che – non casualmente – premia il voto urbano e i partiti a più ampia distribuzione nazionale, ma sicuramente sotto la soglia fatidica dei 176 deputati necessari.

LA SINISTRA Il Psoe arriva alle elezioni col fiato corto: malgrado i buoni risultati economici complessivi, il governo ha subito una costante erosione di consensi dovuta (come altrove) alla sequenza del Covid e del conflitto ucraino, e alcuni provvedimenti benintenzionati ma piuttosto pasticciati in materia di diritti non hanno aiutato. Piuttosto che sopportare una interminabile campagna elettorale di sei mesi, Sanchez ha quindi optato per il voto anticipato, sperando in tal modo di mobilitare un elettorato di sinistra apparso tutt’altro che entusiasta, anche di fronte alla minaccia dell’approdo dell’ultradestra di Vox al governo. Perché la scommessa abbia successo tuttavia Sanchez deve sperare non solo in un buon risultato del socialisti, ma anche della neonata coalizione Sumar (ovvero Podemos e altre formazioni minori della sinistra), varata per necessità elettorali ma che al momento viene data come terza forza, con un 14% dei consensi. La somma dei deputati potrebbe permettere al premier di riproporre la coalizione attualmente al governo, senza peraltro risolverne i problemi interni – come il peso dei partiti catalani e baschi, che potrebbero rivelarsi decisivi.

LA DESTRA Il Pp di Alberto Nuñez Feijoo è dato come favorito per la vittoria finale, sebbene in leggero calo stando agli ultimi sondaggi: ma l’ex governatore della Galizia ha dovuto rompere gli indugi ed esplicitare l’obbligo di un’intesa con Vox come condizione necessaria per poter governare, intesa già varata peraltro in diverse comunità autonome all’indomani delle amministrative. In generale, non si tratterebbe certo di una rivoluzione, dal momento che la differenza fra i due partiti è più formale che sostanziale; e tuttavia, non è scevra da rischi dal momento che una frazione dell’elettorato moderato – di cui Feijoó vorrebbe farsi portavoce – potrebbe rifuggire da un coinvolgimento diretto di Vox al governo, con un conseguente travaso di voti verso il Psoe (che di fatto è ormai un partito centrista a esclusiva vocazione governativa) o l’astensione; inoltre, potrebbe mobilitare l’elettorato di sinistra – il che è esattamente ciò che spera Sanchez. Per Vox, dato come quarta forza con un 13% dei voti – peraltro in netto calo rispetto alle ultime politiche – il voto è la grande occasione di istituzionalizzarsi e certificare l’opa su almeno una parte della base del Pp, che dopo aver rifagocitato Ciudadanos sperava di poter fare rientrare nei ranghi anche la sua ala più estrema e riconquistare in tal modo l’egemonia politica della destra. Per il resto, il programma di governo non sarebbe un problema: Vox, alfiere del nazionalismo “españolista”, vuole semplicemente quel che vorrebbe il Pp se non fosse costretto ad automoderarsi per non perdere quella parte del voto centrista necessario per assicurarsi la maggioranza.

LE ALTRE FORZE Pochi deputati, ma che possono fare la differenza: sono quelli degli indipendentisti catalani di Erc, Junts e della Cup, dei nazionalisti baschi del PNV e della sinistra radicale di Bildu, nonché delle altre formazioni regionali minori. Per loro, il voto è l’occasione di poter costringere il futuro governo di Madrid, quale che sia. a concessioni economiche – e nel caso catalano, politiche. A Barcellona tuttavia il fronte indipendentista non è affatto unito: se la sinistra di Erc insiste per un voto utile che fermi l’ascesa di Vox, i conservatori di Junts non considerano affatto la sopravvivenza di Sanchez una priorità, dato che nei fatti la differenza di atteggiamento fra Psoe e Pp, fatta salva una maggior teorica disponibilità al dialogo dei socialisti, si è rivelata minima. Il governo uscente ha sì instaurato un “tavolo di discussione”, sostenuto da Erc, che al momento tuttavia si è distinto solo per gli innumerevoli rinvii: per Junts – vicina alle posizioni dell’ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont – una semplice perdita di tempo. Infine, l’astensione: la data non aiuta di certo, mentre il voto postale ha fatto registrare un nuovo record fra gli elettori vacanzieri; se tradizionalmente la bassa affluenza favorisce la destra, percentuali inusitatamente alte potrebbero effettivamente indicare una mobilitazione a sinistra ma renderebbero i sondaggi – tarati su una partecipazione media – pressoché inutili. I seggi si apriranno alle 9 e si chiuderanno alle 20; i primi exit poll sono attesi per le 21 (ovvero le 20 alle Canarie) e lo scrutinio dovrebbe essere completato già nella notte.

Russia, Putin incontra Lukashenko: controffensiva Ucraina è fallita

Russia, Putin incontra Lukashenko: controffensiva Ucraina è fallitaRoma, 23 lug. (askanews) – La controffensiva ucraina “è fallita”. Lo ha sottolineato il presidente russo Vladimir Putin, che sta incontrato il leader bielorusso Alexander Lukashenko per colloqui a San Pietroburgo.

Secondo le agenzie di stampa russe, Lukashenko ha dichiarato: “Non c’è nessuna controffensiva”. Il presidente russo ha puntualizzato: “Esiste, ma è fallita”. L’Ucraina ha iniziato la sua controffensiva, attesa da tempo, il mese scorso, ma finora ha ottenuto solo piccoli progressi contro le forze russe ben radicate che controllano più di un sesto del suo territorio.

Il generale statunitense Mark Milley ha dichiarato martedì che l’offensiva ucraina è “tutt’altro che un fallimento”, ma sarà lunga, dura e sanguinosa.

Missili russi su Odessa, colpita anche la Cattedrale della Transfigurazione

Missili russi su Odessa, colpita anche la Cattedrale della TransfigurazioneMilano, 23 lug. (askanews) – Odessa sotto attacco russo. Raid missilistici russi hanno colpito la città nella notte, provocando ingenti danni anche anche storica Cattedrale della Trasfigurazione, rimasta parzialmente distrutta dopo i bombardamenti. Il raid che ha colpito il principale luogo di culto di Odessa, riferisce il Kiev Indipendent, ha anche provocato un morto e 18 feriti, compresi 4 bambini.

Per tutta questa settimana, l’esercito russo ha attaccato ripetutamente Odessa con missili e bombe che hanno colpito importanti infrastrutture, causando morti e feriti tra i civili. E’ così arrivata la condanna da parte dell’Unesco che all’inizio dell’anno aveva dichiarato il centro storico di Odessa patrimonio dell’umanità.