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Italia-Turchia, Meloni da Erdogan. Focus su M.O. e migranti

Italia-Turchia, Meloni da Erdogan. Focus su M.O. e migrantiRoma, 19 gen. (askanews) – Missione in Turchia sabato per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che alle 18.30 (ora locale, le 16.30 in Italia) incontrerà il presidente della Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdogan, nel palazzo presidenziale di Vahdettin a Istanbul.

Si tratta della prima visita in Turchia per la premier dopo i colloqui tra i due leader avvenuti a margine degli incontri multilaterali di Bali, Vilnius, New York e Dubai, visita che punta – spiegano fonti italiane – a confermare la strategicità del partenariato, a livello bilaterale, nel bacino del Mediterraneo e in ambito Nato. Sul tavolo anche il rafforzamento delle relazioni economiche bilaterali e l’organizzazione della prossima Commissione congiunta economica commerciale (Jetco), nonché il tema delle relazioni tra Unione europea e Turchia in ambito politico, economico e commerciale, anche alla luce della Comunicazione congiunta della Commissione e dell’Alto Rappresentante Ue denominata “Join (2023) 50 Final”.

Secondo le stesse fonti, la missione della premier a Istanbul sarà finalizzata anche alla prosecuzione del percorso di rafforzamento della collaborazione in ambito migratorio e non mancherà un confronto sulla guerra tra Israele e Hamas a Gaza e sull’invasione russa dell’Ucraina, anche alla luce della Presidenza italiana del G7.

La Marca (Pd): ritardi in erogazione pensioni italiani Nord America

La Marca (Pd): ritardi in erogazione pensioni italiani Nord AmericaRoma, 19 gen. (askanews) – In queste ore, la senatrice del Pd Francesca La Marca ha depositato un’interrogazione a risposta scritta alla ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Calderone per invitarla a spiegare i motivi dei ritardi nell’erogazione dei ratei della pensione a molti italiani residenti in Nord America. Lo riferisce una nota, precisando che “molti esponenti di spicco del Partito democratico hanno sottoscritto l’interrogazione come i senatori Furlan, Delrio, Malpezzi”.

“Ho ritenuto necessario – spiega La Marca – interrogare la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Elvira Calderone, in merito ai malfunzionamenti di Inps nel servizio di erogazione delle pensioni agli italiani residenti in Nord America. Numerose sono state le richieste, pervenute al mio ufficio negli scorsi mesi, che lamentano la mancata ricezione di molteplici mensilità arretrate”. “Nonostante le sollecitazioni – continua la parlamentare eletta all’estero nella ripartizione Nord e Centro America – non abbiamo ricevuto risposta dai funzionari di Inps delle sedi presenti nei comuni di riferimento per gli iscritti Aire, responsabili di questo tipo di pratiche. La situazione è grave e riguarda, per lo più, persone anziane che per la maggior parte delle volte non hanno la possibilità di adoperarsi in prima persona per risolvere le incongruenze. Il servizio di assistenza non è adeguato e dimostra una scarsa attenzione anche ai tanti patronati attivi sul territorio. Serve una risposta rapida da parte del Ministero – conclude La Marca – che metta quest’ultimi nella condizione di poter offrire un servizio adeguato e valorizzi la comunità dei pensionati residenti all’estero”.

Autonomia, braccio di ferro al Senato. Martedì voto finale sul ddl

Autonomia, braccio di ferro al Senato. Martedì voto finale sul ddlRoma, 18 gen. (askanews) – Maggioranza e Governo forzano le regole dei lavori parlamentari al Senato per gestire i loro problemi interni: è questa, in sostanza, l’accusa che le forze di opposizione lanciano in una mattinata di tensioni e polemiche sul ddl Calderoli. A fine giornata il bilancio dello scontro è in pareggio: l’opposizione allunga (di poco) l’iter del provvedimento, la maggioranza corregge il testo con una norma che in qualche modo soddisfa le esigenze politiche e comunicative di Fratelli d’Italia sulla legge-bandiera della Lega. Concluso l’esame degli oltre 300 emendamenti, approvati gli 11 articoli del testo, le dichiarazioni di voto e il voto finale avranno luogo – in diretta tv – martedì prossimo, 23 gennaio, nella seduta convocata alle 16.30.

La legge proposta dal ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli regola l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, opzione introdotta oltre 20 anni fa dal centrosinistra con la riforma del Titolo V della Costituzione. Pomo della discordia in giornata l’emendamento di Fratelli d’Italia, a prima firma Andrea De Priamo, politicamente significativo perché consente al partito guida della coalizione di governo di rivendicare come proprio successo la garanzia che anche le regioni che non dovessero richiedere la devoluzione di determinate materie riceveranno comunque le risorse per l’erogazione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni). Lo scontro si apre nella riunione della commissione Bilancio di palazzo Madama, che deve completare i pareri sugli emendamenti al ddl prima della seduta dell’aula. Le opposizioni contestano la rifomulazione “last minute” dell’emendamento De Priamo e abbandonano la commissione, poi chiedono e ottengono una riunione “informale” della conferenza dei capigruppo, che si conclude con l’intesa dello slittamento alla prossima settimana del voto finale, in attesa della seconda lettura della Camera. La contestazione delle opposizioni ha origine dal fatto che emendamenti simili a quello di FdI, ma presentati dalla minoranza parlamentare, erano stati dichiarati inammissibili a norma dell’articolo 81 della Costituzione, che recita: “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”. Non a caso, dopo un lungo scontro in aula, nella votazione della proposta di FdI le opposizioni si astengono e la norma passa con 90 sì, 62 astensioni e un solo voto contrario (voto “tecnico” di un’esponente del M5S che aveva svolto un intervento aggiuntivo in aula e per avere la parola aveva dovuto dichiarare di parlare “in dissenso dal gruppo”).

“E’ inaccettabile che si usino due pesi e due misure”, tuona il capogruppo del Pd Francesco Boccia. Sulla stessa lunghezza d’onda Tino Magni di AVS: “Io – dice prendendo la parola in aula – ho quattro emendamenti uguali all’emendamento 4.203 che sono stati dichiarati inammissibili”, si tratta, accusa, di “una lesione del sacrosanto diritto dei parlamentari di intervenire”. Enrico Borghi, presidente dei senatori di Italia viva, sposta l’attenzione sul merito della norma in discussione: “L’emendamento 4.203 – osserva – afferma un elemento paradossale, signor presidente, cioè che garantiamo tutto a tutti e diamo più soldi ad invarianza di spesa. Se non è una presa in giro questa, non so che cosa lo sia”. Lo scontro però non manca di produrre qualche increspatura anche sui banchi della maggioranza. Il presidente della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni (FdI) invita a “una riflessione” sul tema, e denuncia di aver trovato, nel corso dei lavori sul ddl, “contraddittori e a volte addirittura inspiegabili, se non del tutto infondati” i motivi per la dichiarazione di inammissibilità di alcuni emendamenti “non soltanto dell’opposizione”. E questo, avverte, “è un tema che riguarda la sovranità che appartiene a questa assemblea”. “Sull’emendamento del senatore De Priamo – precisa il presidente della commissione Bilancio Nicola Calandrini (FdI) – ci sono state una rivalutazione e una riformulazione da parte del Governo, in quanto il testo originario avrebbe ricevuto, come tutti gli altri, parere contrario ex articolo 81. Rivalutazioni di questo tipo ci sono sempre state”, ma, aggiunge, la prossima volta sugli emendamenti per l’aula questo tipo di interventi andrà fatto in aula “ed eviteremo le speculazioni sulla commissione”. Il presidente del gruppo del M5S, Stefano Patuanelli, infine, chiede di rimettere la materia alla Giunta per il Regolamento. Richiesta “non ostativa” alla votazione sull’emendamento, taglia corto il presidente del Senato Ignazio La Russa, chiudendo la discussione e aprendo la votazione sul discusso emendamento.

Manovra, Porta (Pd): aumenta tassa sugli immobili all’estero

Manovra, Porta (Pd): aumenta tassa sugli immobili all’esteroRoma, 12 gen. (askanews) – “Con la Legge di Bilancio per il 2024 è arrivata, tra i tanti provvedimenti, una brutta notizia per gli italiani residenti in Italia i quali posseggono un immobile situato all’estero. Infatti il comma 91 dell’articolo 1 della Manovra finanziaria aumenta l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero dallo 0,76 all’1,06 per cento (oltre che l’aliquota dell’IVAFE dal 2 al 4 per mille annuo per i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato). Ciò significa che le persone fisiche residenti in Italia proprietarie di immobili all’estero, a qualunque uso destinati, hanno ora l’obbligo di versare al fisco italiano la nuova e più elevata Ivie (imposta sul valore degli immobili situati all’estero) che, ricordiamo, fu istituita e disciplinata nel 2011”. Lo afferma il senatore del Pd Fabio Porta, eletto nella circoscrizione dell’America meridionale.

“Giova ricordare quindi – prosegue – che la legge stabilisce che tale imposta è dovuta in particolare dai proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività di impresa o di lavoro autonomo; dai titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi; dai concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali; ed infine dai locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria”. “Dal 1° gennaio 2016 – spiega – l’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risulterebbero classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Inoltre è fondamentale sapere che dall’Ivie è possibile dedurre l’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile”.

“Le istruzioni dettagliate sul valore degli immobili da prendere come riferimento per il pagamento dell’imposta – ricorda ancora Porta – sono contenute nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 2 luglio 2012. Questa circolare stabilisce, in sintesi, che tale valore cambia a seconda dello Stato in cui è situato l’immobile: per i Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (Norvegia e Islanda) che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore da utilizzare è prioritariamente quello catastale, così come è determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato, per l’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale. In mancanza del valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile; per gli altri Stati, il valore dell’immobile è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. L’aliquota scende allo 0,4% per gli immobili adibiti ad abitazione principale che in Italia risulterebbero classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo ammontare) un importo pari a 200 euro, rapportati al periodo dell’anno durante il quale l’immobile è destinato ad abitazione principale. Tuttavia il versamento non è dovuto se l’importo complessivo (calcolato a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta) non supera i 200 euro”. “L’ aumento dell’Ivie sarebbe stato motivato col fatto che così verrebbe equiparata la tassazione degli immobili posseduti all’estero a quella applicata agli immobili tenuti a disposizione in Italia (aliquota IMU). Ovviamente la mancata dichiarazione di beni immobili situati all’estero sottoposti all’obbligo del monitorggio fiscale, comporta l’applicazione di sanzioni amministrative”, conclude.

Camera approva risoluzione maggioranza: continua sostegno all’Ucraina

Camera approva risoluzione maggioranza: continua sostegno all’UcrainaRoma, 10 gen. (askanews) – La Camera ha approvato con 190 voti a favore, 49 contrari e 60 astenuti la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del ministro della Difesa sugli aiuti all’Ucraina.

La risoluzione impegna il Governo a continuare a “sostenere, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà ulteriormente concordato in ambito Nato e Unione europea nonché nei consessi internazionali di cui l’Italia fa parte, le autorità governative dell’Ucraina anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”. Nel documento si sottolinea anche la necessità di “profondere tutti gli sforzi diplomatici in tutte le sedi, anche in qualità di Presidente di turno del Gruppo G7, con l’obiettivo di porre fine al conflitto e alle sofferenze del popolo ucraino e giungere ad una pace giusta, duratura ed equilibrata che ristabilisca la sicurezza e l’ordine mondiali nel rispetto del diritto internazionale; continuare a garantire l’assistenza umanitaria al popolo ucraino pesantemente logorato dalla guerra; assicurare il supporto a tutte le iniziative di ricostruzione e ripartenza economica, sociale, politica e istituzionale della Nazione ucraina in piena sinergia con gli intendimenti dell’Unione europea e degli alleati occidentali, a mantenere un costante dialogo con il Parlamento in riferimento all’andamento del conflitto e sugli sviluppi politici e diplomatici”.

L’aula della Camera ha approvato anche la risoluzione del Pd (che impegna il governo a sostenere il popolo e le istituzioni ucraine, a rafforzare l’impegno diplomatico e politico dell’Unione europea per una pace giusta e sicura e per superare le resistenze dell’Ungheria sul sostegno agli aiuti europei per l’Ucraina) e quella del Terzo Polo (che sollecita un sostegno in tutte le forme) grazie all’astensione della maggioranza. Respinta quella del Movimento 5 stelle e dell’Alleanza Verdi e Sinistra per lo stop all’invio di armi al paese di Zelensky.

Meloni più vicina a candidatura per europee, sfida a Schlein in tv

Meloni più vicina a candidatura per europee, sfida a Schlein in tvRoma, 4 gen. (askanews) – Giorgia Meloni valuta ancora la candidatura alle Europee (e propende per il sì) ma intanto lancia la ‘sfida’ alla segretaria del Pd Elly Schlein, con cui è pronta al confronto televisivo. La premier ne ha parlato nella lunga conferenza stampa di fine anno, che era stata rinviata due volte per problemi di salute.

La riserva sulla sua partecipazione diretta al voto di giugno ancora non è pienamente sciolta, ma Meloni lascia capire che è intenzionata a correre. “Non ho ancora preso la decisione – spiega – niente conta di più per me che sapere di avere il consenso dei cittadini. Anche oggi che sono premier il misurarsi col consenso sarebbe una cosa utile e interessante. Né mi convince la tesi di chi dice che candidarsi alle europee è una presa in giro dei cittadini perché poi ci si dimette, ma i cittadini lo sanno, anche questa è democrazia”. Dunque la scelta sembra presa, però sarà condivisa con gli alleati perchè “è una scelta che è corretto fare insieme”. Il ‘nodo’ comunque verrà sciolto presto perchè la campagna è già iniziata, in particolare da parte della Lega: Matteo Salvini punta a marcare le differenze da Fdi per recuperare consensi e questo potrebbe creare problemi alla stabilità dell’esecutivo, che però Meloni nega: “Credo che quelle differenze siano un valore aggiunto e che si possa crescere tutti quanti. Non mi pare ci sia da parte di alcuno la volontà di sottomettere la tenuta del governo all’interesse di partito”. L’avversario, dunque, è il campo delle opposizioni, e qui arriva la ‘sfida’ a Schlein (che avrebbe accettato un faccia a faccia su Sky), perchè è “normale e giusto che il presidente del Consiglio si confronti col leader dell’opposizione”.

Su come schierarsi dopo il voto, la presidente del Consiglio è cauta ma fa capire la linea. Intanto, assicura di lavorare per “una maggioranza alternativa” a quella attuale (Ppe, Pse, Liberali) che “ha dimostrato di potere esistere”. Ma se invece, come appare dai sondaggi, si dovesse profilare una nuova ‘maggioranza Ursula’, spiega quale sarà l’orientamento: separare il sostegno alla Commissione dallo schieramento al Parlamento di Strasburgo. Dunque ok all’esecutivo comunitario perchè “ovviamente quando si fa un accordo e ciascun governo nomina il suo commissario poi i partiti di governo tendono a favorire la nascita di quella Commissione” mentre “non sarei disposta a fare una maggioranza stabile con la sinistra in Parlamento”. Dunque il perimetro resta quello dei conservatori di Ecr, di cui è presidente, mentre con partiti come Afd (alleato della Lega) ci sono “distanze insormontabili, a partire dal rapporto con la Russia, su cui invece il partito di Le Pen sta facendo un ragionamento interessante”. In conferenza stampa emerge anche il possibile ruolo di Mario Draghi che alcuni – a partire da Emmanuel Macron – vorrebbero alla guida della Commissione o del Consiglio. Sul tema Meloni non si sbilancia ma non appare entusiasta. Per il “toto-nomi” è presto, assicura, ricordando che il suo stesso predecessore “ha detto di non essere disponibile”. E comunque a lei interessa avere “una politica europea più forte negli scenari di crisi, più efficace, più determinata nell’agenda strategica e nella sovranità strategica per non consegnarsi a nuove pericolose dipendenze, più efficace e ferma nella difesa dei confini, più capace di armonizzare il tema della transizione con la sostenibilità economica e sociale. E naturalmente perchè l’Italia abbia un ruolo importante in linea con il suo peso”. A questo proposito, assicura Meloni, non c’è un pericolo di isolamento del Paese – che “non ha minori diritti delle altre nazioni” – neanche dopo la mancata ratifica del Mes. “La modifica del Mes è stata bocciata perchè non c’è mai stata la maggioranza in Parlamento” ed è Giuseppe Conte ad aver fatto “un errore” sottoscrivendo un trattato pur “sapendo che non c’era maggioranza” e mettendo così l’Italia in una “situazione difficile”. Comunque, ribadisce la premier, “il Mes è uno strumento che esiste da tempo e che è obsoleto” e questa “può diventare un’occasione per trasformarlo in qualcosa di più efficace”. Infine la presidente del Consiglio ribadisce anche la convinzione che il no al Mes non sia in relazione con il nuovo Patto di stabilità, che “non è il Patto che avrei voluto io” ma è una “sintesi” di cui “sono soddisfatta, alle condizioni date”.

Manovra, Ricciardi (Pd): italiani all’estero trattati come pezzenti

Manovra, Ricciardi (Pd): italiani all’estero trattati come pezzentiRoma, 29 dic. (askanews) – “Il governo tratta le questioni degli italiani all’estero come un fastidio. Gli italiani all’estero come dei pezzenti. Abbiamo chiesto 500 mila euro per recuperare parte del milione e mezzo di euro tagliato lo scorso anno per garantire il normale e corretto funzionamento del Consiglio Generale Italiani all’Estero e dei Comitati Italiani Residenti all’Estero. Parliamo di organismi di rappresentanza all’estero eletti a cui avete tagliato i fondi. Evidentemente non contano nulla per voi. Se 500 mila euro sono una richiesta che mette a repentaglio le finanze pubbliche, siamo messi molto male. Mi duole constatare che il ministro degli Esteri Tajani, oggi presente in Aula, non ha fatto molto per tutelare la rappresentanza delle italiane e degli italiani all’estero”. Lo ha detto in aula, Toni Ricciardi, vice capogruppo del Pd eletto all’estero.

Ricciardi, nella sua dichiarazione ha annunciato di non accettare la riformulazione del suo ordine del giorno con cui chiedeva al governo un impegno a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, l’integrazione finanziaria necessaria a garantire il normale e corretto funzionamento del Consiglio Generale Italiani all’Estero e dei Comitati Italiani Residenti all’Estero garantendo un incremento del finanziamento almeno pari a 200 mila euro per l’anno 2024 per il Consiglio Generale Italiani all’Estero e almeno 300 mila euro per l’anno 2024 per Comitati Italiani Residenti all’Estero.

Manovra, La Marca (Pd): non servono mancette a italiani nel mondo

Manovra, La Marca (Pd): non servono mancette a italiani nel mondoRoma, 21 dic. (askanews) – “Le mancate politiche a favore degli italiani nel mondo in questa legge di bilancio e da parte di questo governo in generale non sono un torto che si fa agli emigrati ma rappresentano invece un grande torto all’Italia”. Lo ha detto la senatrice Pd, Francesca La Marca, eletta nella circoscrizione estero, ripartizione America Settentrionale e Centrale, intervenendo in Aula nella discussione generale sulla legge di bilancio.

“Gli italiani nel mondo non hanno bisogno di mancette ma di politiche lungimiranti che sappiano valorizzare questo grande bacino con enorme potenziale, soprattutto economico, e che sono tra l’altro i più grandi promotori del Made in Italy e che contribuiscono alla ricchezza di questo paese. Peccato l’ennesima opportunità sprecata”, ha aggiunto.

Porta (Pd): anche assegno inclusione negato a italiani che rientrano

Porta (Pd): anche assegno inclusione negato a italiani che rientranoRoma, 21 dic. (askanews) – “Ci risiamo. Sembra che il governo non abbia capito o non vuole capire che subordinare le prestazioni di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale come il Reddito di cittadinanza e ora l’Assegno di inclusione (e il Supporto per la formazione ed il lavoro) a specifici requisiti di residenza viola i principi dei Trattati europei e dei relativi regolamenti”. Così il deputato del Pd, Fabio Porta, eletto nella circoscrizione estero, ripartizione America Meridionale.

“La normativa sull’Assegno di inclusione (Adi), prevista dal decreto-legge n. 48/2023 – che dovrebbe nell’intenzione del legislatore conferire alle persone fragili o in condizione di grave disagio un sostegno economico e un percorso verso l’inclusione sociale e lavorativa – stabilisce infatti che il richiedente al momento della presentazione della domanda deve essere residente in Italia da almeno cinque anni di cui gli ultimi due in modo continuativo”, prosegue Porta. “Ed è proprio quest’ultimo requisito, e cioè i due anni di residenza continuativi immediatamente prima della presentazione della domanda, che esclude dal beneficio tutti gli italiani che rientrano in patria dall’estero. Infatti, come ci spiega l’Inps nella circolare n. 105 del 16 dicembre u.s. la continuità della residenza, in ogni caso, si intende interrotta nella ipotesi di assenza dal territorio italiano per un periodo pari o superiore a due mesi continuativi, ovvero nella ipotesi di assenza dal territorio italiano nell’arco di diciotto mesi per un periodo pari o superiore a quattro mesi anche non continuativi. Solo le assenze per gravi e documentati motivi di salute non interrompono la continuità del periodo. Si tratta di requisiti escogitati ovviamente per limitare agli stranieri l’accesso al beneficio”, evidenzia il deputato Dem.

“Tuttavia, come ho informato in un mio recente comunicato, proprio nelle scorse settimane la Commissione europea ha inviato al Governo italiano una lettera con ‘parere motivato’ che contesta all’assegno unico e universale per i figli a carico introdotto a marzo 2022 il mancato rispetto delle norme sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori proprio a causa dei requisiti di residenza previsti”, sottolinea. “Precedentemente la Commissione europea, come avevo da tempo denunciato con i miei interventi politici e le mie interrogazioni, aveva altresì invitato l’Italia ad allineare la sua legislazione sul Reddito di cittadinanza (RDC) al diritto della UE in materia di mobilità dei lavoratori avviando una procedura di infrazione (INFR2022/4024) ed aveva inoltre inviato una seconda lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR2022/4113) per il mancato rispetto delle norme UE sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori sostenendo che l’introduzione dal marzo 2022 del nuovo assegno unico e universale per figli a carico – cui hanno diritto solo le persone residenti in Italia da almeno due anni a condizione che vivano in uno stesso nucleo familiare insieme ai figli – contrasta con il diritto UE in quanto non tratta i cittadini della UE in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione”, ricorda Porta.

“Visto che l’Italia con la normativa ora in vigore sull’Assegno di inclusione – che sostituisce a partire dal 2024 il Reddito di cittadinanza – ha reintrodotto i requisiti di residenza e non si è quindi allineata ai rilievi della Commissione europea – è facile prevedere che il nostro Paese sarà oggetto di una ennesima procedura di infrazione da parte della UE rischiando l’ennesima figuraccia e soprattutto il deferimento alla Corte di giustizia europea”, aggiunge. “Ricordiamo che l’Assegno di inclusione è riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni: con disabilità; minorenne; con almeno 60 anni di età e che soddisfino particolari requisiti di reddito, di patrimonio, di cittadinanza e appunto di residenza (e soggiorno). Aspettiamo con interesse gli sviluppi di questo contenzioso (non mancheremo di intervenire) che sta danneggiando i nostri connazionali residenti all’estero i quali a causa delle clausole di residenza previste dalle norme introdotte sono stati inopinatamente privati del diritto alle prestazioni e detrazioni familiari (sul reddito prodotto in Italia) e – coloro i quali rientrano – del diritto al Reddito di cittadinanza, all’Assegno di inclusione e al Supporto per la formazione e il lavoro”, conclude.

Billi (Lega): incontro con neo-eletti parlamentari italo-svizzeri

Billi (Lega): incontro con neo-eletti parlamentari italo-svizzeriRoma, 18 dic. (askanews) – “Ho partecipato all’incontro organizzato dall’ambasciatore italiano in Svizzera, Gian Lorenzo Cornado, con due dei neo-eletti parlamentari federali svizzeri che hanno anche passaporto italiano: Carlo Sommaruga e Mauro Poggia. All’incontro ha partecipato anche Andrea Anastasi, capo del Dipartimento Esteri del Parlamento Svizzero. Si è trattata di un’ottima iniziativa per avvicinare ancora di più i nostri due Paesi e poter lavorare sempre meglio nell’interesse comune dei nostri cittadini. Faccio i complimenti all’ambasciatore Cornado: mi auguro che questo tipo di incontri possano essere più frequenti”. Lo comunica Simone Billi, deputato eletto nella circoscrizione estero-Europa e presidente del Comitato sugli Italiani nel Mondo.