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Istat: i centenari sono 22.552, per l’81% donne

Istat: i centenari sono 22.552, per l’81% donneRoma, 7 nov. (askanews) – Al primo gennaio 2024 i centenari residenti in Italia sono 22.552, l’81% dei quali di sesso femminile. Considerando che al primo gennaio 2014 i centenari erano 17.252, la crescita in un solo decennio è stata di oltre il 30%. Lo rende noto l’Istat nel rapporto “I centenari in Italia al 1° gennaio 2024”.


Alla stessa data, i residenti con almeno 105 anni di età (semi-supercentenari) sono 677. Questi ultimi registrano una netta diminuzione rispetto ai 1.047 individui rilevati nel 2020 (picco raggiunto dall’inizio della rilevazione) per una ragione di carattere strutturale: negli ultimi quattro anni sono entrati progressivamente nella classe di età degli over 105enni i superstiti delle generazioni nate negli anni della Prima Guerra Mondiale, contraddistinti da una natalità contingentemente più bassa. Tale effetto strutturale aveva interessato tra il 2016 e il 2019 le generazioni precedenti, portando a un calo della popolazione di 100 anni e più, che a partire dal 2020 ha ripreso a crescere in misura consistente registrando un incremento di quasi il 60% tra il 2019 e il 2024. Il rapporto di genere tra i semi-supercentenari è fortemente sbilanciato a favore delle donne: sono infatti 600, pari all’89% del totale, contro 77 uomini (11%). Al 1° gennaio 2024 i residenti che hanno raggiunto e superato la soglia dei 110 anni (supercentenari) sono 21. A conferma di una maggiore longevità femminile soltanto uno di essi è di sesso maschile. Nei 15 anni di rilevazione della popolazione semi-super e supercentenaria, ovvero nel periodo 2009-2024, spiega ancora l’Istat, nel complesso sono 8.521 gli individui che hanno superato la soglia dei 105 anni di età, di cui 7.536 donne (88%) e 985 uomini (12%). I nomi di battesimo più diffusi sono Giuseppe per gli uomini e Maria per le donne, seguiti da Antonio e Rosa al secondo posto e Giovanni e Anna al terzo. Tanto le donne quanto gli uomini che hanno raggiunto i 105 anni di età sono quasi tutti nello stato civile di vedovanza (86% e 81% rispettivamente).


Le differenze maggiori si riscontrano tra i celibi e le nubili, i maschi sono il 6% e le femmine il 12%, ma soprattutto tra i coniugati e le coniugate dove le donne rappresentano solo l’1%, mentre gli uomini il 13%, per effetto della maggiore longevità femminile che porta più frequentemente le persone di sesso maschile a trascorrere gli ultimi anni della propria vita ancora con il partner. Complessivamente sono stati 200 gli individui che tra il 2009 e il 2024 hanno oltrepassato i 110 anni di età, il 92% dei quali di genere femminile. Al 1° gennaio 2009, di questi solo 10 erano in vita, mentre al 1° gennaio 2024 ben 21 lo sono ancora, per una crescita più che raddoppiata in 15 anni.


All’inizio del 2024 la persona più anziana è una donna residente in Emilia-Romagna, a ottobre di quest’anno ha potuto tagliare il traguardo dei 114 anni di età. Tra gli uomini, il più anziano vivente al 1°gennaio 2024 era un individuo residente in Molise di 110 anni di età, successivamente scomparso nel corso dei primi mesi dell’anno. A fine ottobre il ‘nuovo’ decano risiede in Basilicata e ha anch’egli superato i 110 anni. Rimangono, pertanto, ancora imbattuti i record assoluti di longevità maschili e femminili italiani, rispettivamente detenuti da Antonio Todde (residente in Sardegna) deceduto nel 2002 poche settimane prima di compiere 113 anni e soprattutto da Emma Morano (residente in Piemonte) deceduta nel 2017 all’età di 117 anni che, finché in vita, aveva ottenuto il primato di donna contemporanea più longeva al mondo. Oggi tale record è detenuto a livello mondiale da John Alfred Tinniswood, cittadino inglese, tra gli uomini (112 anni di età) e da Tomiko Itooka, cittadina giapponese, tra le donne (116 anni). In assoluto, da quando esiste una documentazione ufficialmente riconosciuta a livello internazionale, la donna più longeva della storia è stata Jeanne Calment, cittadina francese deceduta nel 1997 all’età di 122 anni. L’uomo più longevo, invece, è stato Jir?emon Kimura, cittadino giapponese deceduto nel 2013 all’età di 116 anni.


Gli oltre 22mila centenari viventi all’1 gennaio 2024, rileva l’Istat, sono distribuiti sul territorio in maniera eterogenea. La Lombardia è la regione con la presenza più alta in valore assoluto, con oltre 3mila residenti, seguita dal Lazio e dall’Emilia-Romagna che ne contano oltre 2mila. Discorso analogo per i semi-supercentenari che si concentrano in Lombardia con più di 100 residenti, quindi in Emilia-Romagna e Veneto con oltre 60 individui. In termini relativi la rappresentazione territoriale della popolazione centenaria cambia. La Liguria, infatti, è la regione con la concentrazione più elevata di centenari, 61 ogni 100mila residenti, seguita dal Molise (58) e dal Friuli Venezia-Giulia (54). La Lombardia con un valore del 34 per 100mila si posiziona nelle ultime posizioni, anche al di sotto del valore nazionale (38 per 100mila). Limitando l’analisi alla sola popolazione semi-supercentenaria è invece il Molise a presentarne la maggiore concentrazione, 3,1 ogni 100mila residenti, seguita dalla Liguria (2,4) e dalla Basilicata (2,1).

Verso il taglio degli aerei antincendio Canadair, denuncia di piloti e sindacati

Verso il taglio degli aerei antincendio Canadair, denuncia di piloti e sindacatiRoma, 7 nov. (askanews) – Il servizio antincendio dei Canadair italiani è a rischio. Per il calo del numero di aeromobili schierati e la progressiva obsolescenza della flotta; il taglio delle ore operative già dalla prossima estate. A completare il quadro che potrebbe ritardare gli interventi e la stessa efficacia dell’antincendio aereo nel sud della penisola, lo spostamento della base calabrese da Lamezia Terme a Crotone.


La denuncia, che arriva dai piloti impegnati nelle attività antincendio e dalle rappresentanze sindacali, è rimbalzata dalle chat ai social network per poi arrivare ad alcuni magazine di settore, ed ora – si annuncia – potrebbe sfociare anche in una manifestazione di livello nazionale, da fare a Roma. Il 29 ottobre scorso la questione dei Canadair è stata presentata in commissione ambiente della Camera dai sindacati Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporto Aereo e dell’Anpac-associazione nazionale professionale aviazione civile. Il portavoce delle organizzazioni, che rappresentano i lavoratori, ha affrontato i temi che preoccupano il settore: dalle limitazioni operative imposte dal bando alle incongruenze rispetto alla crisi climatica, fino alla riduzione del personale qualificato.


Sono a rischio, per il momento, nove equipaggi – si sottolinea- “18 piloti di grande esperienza da lasciare a casa, con riflessi anche sull’impossibilità per l’operatore a schierare la macchina aggiuntiva, sovente richiesta da circostanze straordinarie nei periodi estivi”. La “minore operatività” prevista dal nuovo capitolato sul servizio aereo antincendio ad ala fissa (con 18 aeromobili, la maggiore al mondo) porterà via risorse – si denuncia – e si lascerà che “professionalità altamente specializzate ammirate da tutte le forze aeree straniere” vengano di fatto perdute. Perché i piloti italiani potrebbero essere indotti a lasciare lo Stivale “per essere ingaggiati dai paesi che oggi invece, con adeguata lungimiranza, investono su questi mezzi aerei così efficaci”. La consegna delle buste con le offerte per l’affidamento della flotta dovrebbe avvenire entro il 16 novembre. A prescindere da chi, tra gli operatori in lizza, si aggiudicherà la gara, il calo dei finanziamenti comporterà – si precisa – “meno Canadair schierati e meno ore volabili da ogni aeromobile nel periodo più critico, quello estivo. In pratica i mezzi non potranno avere la piena capacità operativa e saranno costretti a lasciare i boschi in fiamme – anche quando i roghi comporteranno minacce a strutture abitative e allevamenti – soprattutto quando, a fine giornata, sarà maggiormente necessario il loro supporto”.


Il Dipartimento della Protezione Civile negli anni – si aggiunge – aveva approntato uno strumento efficace ed efficiente, facendo diventare i Canadair tricolore un fiore all’occhiello dell’intero sistema antincendio. “Ed adesso che in tutta Europa e nei paesi già classificati come ‘Non-Fire’, a causa del crescente flagello degli incendi boschivi, aumenta la sensibilità verso questi mezzi, l’Italia, in netta controtendenza, relega i nostri Canadair a un ruolo sempre meno centrale”. Chi è impegnato nel servizio antincendio dei Canadair conferma il prossimo trasferimento del cosiddetto “Avamposto Sud”, dall’aeroporto di Lamezia Terme a quello di Crotone. In questo modo – si denuncia – si allontanano, di fatto, i Canadair dalle zone statisticamente più colpite dagli incendi. “Ne faranno le spese soprattutto la Sicilia, la Calabria stessa e tutta la costa tirrenica deIl’Italia meridionale, con ritardi negli interventi fino a 20 minuti, se non di più, nel caso di ostacoli meteorologici sui rilievi calabresi”. L’Europa, con tutti i paesi maggiormente colpiti dagli incendi boschivi – viene spiegato – si sta dotando di flotte più moderne per fronteggiare il fenomeno, in uno scenario previsto da tutti i sistemi di monitoraggio e previsione ambientale. “L’Italia è stata il sesto e cronologicamente ultimo paese a siglare l’opzione di acquisto di due nuovi Canadair 515 diventando così il fanalino di coda di un sistema europeo”.


I Canadair italiani hanno anche 30 anni di servizio e milioni di lanci di acqua sul fuoco. Alcuni sistemi di navigazione sono obsoleti e non più allineati agli standard previsti dalla normativa attuale. Rispetto alla gestione la soluzione potrebbe essere quella di una agenzia nazionale dell’antincendio boschivo, capace di coordinare i piloti e la sala operativa.

Emergency lancia campagna “R1PUD1A” “Italia ripudia la guerra”

Emergency lancia campagna “R1PUD1A” “Italia ripudia la guerra”Roma, 5 nov. (askanews) – L’Italia ripudia la guerra. Lo ribadisce con forza la campagna “R1PUD1A” di EMERGENCY che ha preso il via durante il weekend in occasione della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate: in oltre 60 città italiane si sono riuniti i volontari dell’associazione per riaffermare l’importanza e l’adesione all’articolo 11 della Costituzione italiana: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.


Da Milano a Catania, da Reggio Emilia a Sassari, i volontari si sono dati appuntamento in tutta Italia in luoghi simbolici, piazze e strade per ricordare che questo “NO alla guerra” è scritto all’interno della Costituzione. Lo hanno fatto questa mattina a Roma, srotolando lo striscione con scritto R1PUD1A al Colosseo, mentre ieri la scritta è stata dispiegata a Venezia al Ponte di Rialto, a Milano in Piazza del Duomo, a Torino sotto la Mole Antonelliana. Lo striscione con scritto R1PUD1A ieri è stato srotolato anche a Roma, a Piazza San Pietro, durante l’Angelus del Papa che ha salutato i volontari del gruppo romano di EMERGENCY, unendosi al messaggio con queste parole: “Che questo principio possa attuarsi in tutto il mondo. La guerra sia bandita e si affrontino le questioni col diritto e i negoziati, tacciano le armi, si dia spazio al dialogo”.


Tanti anche i flashmob dei volontari di EMERGENCY che hanno coinvolto la gente al Pantheon di Roma, sotto la Torre di Pisa, a Trieste al Molo Audace, in piazza dell’Unità d’Italia e piazza della Borsa e a Ferrara in piazza Trento e Trieste, fino a Volterra sotto il monumento ai Caduti di tutte le guerre. E ancora da Genova a Messina, passando per Pistoia e dal Lucca Comics e in tantissime altre città sono state numerose le sfilate silenziose con i partecipanti che hanno composto, con magliette e cartelli, la scritta con lo slogan della campagna. In un momento in cui la guerra sembra inevitabile e sono 56 i confilitti aperti nel mondo, l’appello di EMERGENCY diffonde il messaggio della nostra Costituzione. “In Italia c’è una legge bellissima: la Costituzione. Che nell’articolo 11 dice una cosa bellissima: l’Italia non vuole più fare la guerra. La ripudia. Dopo i conflitti mondiali, le atomiche e milioni di morti, l’Italia è rinata dall’idea che nessuna guerra potrà mai essere la soluzione – dichiara l’associazione -. Il nostro Paese si è impegnato a risolvere i conflitti con altri mezzi: con la diplomazia, la politica e la pace. Eppure non stiamo più assistendo a significative azioni di pace. Il linguaggio della guerra dilaga come fosse una verità inoppugnabile: l’opinione pubblica è chiamata alla guerra attraverso le parole dei politici e dei media. In Italia e in Europa i governi si riarmano e dicono che la pace è un lusso. Ma il lusso è proprio l’industria bellica. Secondo Milex, l’Osservatorio sulle spese militari in Italia, solo nel 2025 il nostro Paese ha già preventivato di destinare 32 miliardi di euro alle spese militari, record storico con un aumento del 12,4% rispetto al 2024 e del 60% sul decennio. Di questi 32 miliardi ne riserverà 13 per i nuovi armamenti, con un balzo del 77% nell’ultimo quinquennio”.


“La nostra storia ci dice di non tacere, di impegnarci per abolire la guerra, di non perdere mai di vista le vittime – conclude EMERGENCY nel suo appello – Non ci stancheremo di ripeterlo: EMERGENCY ripudia la guerra, come tantissimi in Italia. Con questa campagna è il Paese in prima persona a potersi esprimere. Perché il senso della Costituzione è inequivocabile e le persone possono darle nuova voce e farla vivere ancora. Perché dire “no alla guerra” è ovunque un’aspirazione ma è anche un modo per rispettare la storia del nostro Paese e dimostrare che la nostra Costituzione è ancora ‘lettera viva’”. Alla campagna “R1PUD1A” possono aderire singoli cittadini, scuole, teatri, Comuni, enti pubblici e locali.

Valditara: è importante vietare l’uso dei social sotto i 15 anni

Valditara: è importante vietare l’uso dei social sotto i 15 anniMilano, 5 nov. (askanews) – “Ecco perché, a dispetto di chi è rimasto ancora allo slogan ‘vietato vietare’, è importante vietare l’utilizzo dei social sotto i 15 anni. Ci sono contenuti spesso devastanti che rischiano di rovinare i nostri giovani”. Lo ha scritto sui social il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, facendo riferimento alla notizia dell’iniziativa di un gruppo di genitori francesi che, per la prima volta in Europa, ha fatto causa a TikTok con l’obiettivo di vedere riconosciuta la responsabilità del social network cinese per avere messo in pericolo i propri figli attraverso video che incitano all’automutilazione e al suicidio e che promuovono disturbi alimentari.

Rapporto Migrantes: dal 2020 +12% gli emigranti che lasciano l’Italia

Rapporto Migrantes: dal 2020 +12% gli emigranti che lasciano l’ItaliaRoma, 5 nov. (askanews) – In Italia aumenta il numero degli emigranti all’estero. Lo testimonia il nuovo Rapporto “Italiani nel mondo” 2024, della Fondazione Migrantes della Cei, pubblicato oggi.


Nel Rapporto si afferma che “continua la crescita di chi ha deciso di risiedere fuori dei confini nazionali (+11,8% dal 2020)” mentre attualmente la comunità dei nostri cittadini e delle cittadine residenti all’estero è composta da oltre 6 milioni 134 mila unità: da tempo, l’unica Italia a crescere continua ad essere soltanto quella che ha scelto l’estero per vivere”, commenta l’organismo della Cei che parla di evidente “impatto differente ed eterogeno” sui territori. “Ma quanto potente sia la ripercussione dell’attuale emigrazione sui territori già provati da criticità, quali lo spopolamento e la depressione economica, è materia importante da attenzionare a tutti i livelli per introdurre politiche finalizzate al sostegno della ‘riattrattività’ di cui diffusamente si discute oggi in molteplici contesti”, fa rilevare il Rapporto. La Sicilia intanto si conferma nel 2024 la regione con la comunità di iscritti all’AIRE (l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) più numerosa (+826 mila), seguita dalla Lombardia (+641 mila) e dal Veneto (+563 mila). Il 45,8% degli iscritti all’AIRE è di origine meridionale (oltre 2,8 milioni, di cui 956 mila isolani).


Oltre 2,3 milioni sono, invece, del Settentrione (il 19,0% sia per il Nord-Est che per il Nord-Ovest con una leggera differenza in positivo per quest’ultimo di circa 23 mila iscritti). Oltre 966 mila sono, invece, gli iscritti del Centro Italia (15,7%).

L’Istat: il Sud è indietro sugli indicatori del benessere

L’Istat: il Sud è indietro sugli indicatori del benessereRoma, 4 nov. (askanews) – L’analisi degli indicatori del benessere equo e sostenibile in Italia delinea un quadro complesso e articolato delle disuguaglianze, evidenziando differenze significative tra regioni, tra uomini e donne, tra gruppi di popolazione con diverso titolo di studio e diversa classe d’età. In occasione della settima edizione del Forum on Well-Being organizzato da Ocse, a Roma, in collaborazione con Istat e Mef viene diffuso una pubblicazione che, partendo dal progetto sul benessere equo e sostenibile (Bes), offre uno sguardo sulle disuguaglianze tra uomini e donne, tra generazioni, tra territori e tra gruppi di popolazione con diverso titolo di studio, con un approccio che tiene conto anche della combinazione di più caratteristiche, per individuare i gruppi maggiormente svantaggiati in termini di benessere nei vari ambiti della vita.


Le regioni del Nord presentano più spesso indicatori di benessere con valori migliori rispetto alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei domini del lavoro e delle relazioni sociali. Dal punto di vista delle disuguaglianze di genere, notevoli sono stati i progressi in ambito educativo e culturale per le donne: una giovane donna su tre, nella fascia d’età 25-34 anni è laureata contro uno su quattro tra gli uomini, inoltre i percorsi di istruzione femminili si distinguono per migliori risultati, con meno abbandoni e competenze più elevate. Nonostante questo le donne continuano a essere penalizzate nel mercato del lavoro, evidenziando un gap persistente nei tassi di occupazione (56,5% rispetto al 76% degli uomini), nella presenza nelle posizioni di rappresentanza politica ai vertici delle istituzioni e nelle condizioni economiche. Tuttavia, il maggiore investimento femminile nell’istruzione costituisce un fattore di potenziale attenuamento di questa disparità in futuro, soprattutto se accompagnato da un parallelo ampliamento delle opportunità e degli strumenti di sostegno alla conciliazione dei tempi di vita.


Il livello di istruzione si conferma un determinante cruciale per il benessere, infatti la maggior parte degli indicatori presenta un forte gradiente per titolo di studio, a sottolineare la crescente associazione positiva con le misure di benessere all’aumentare del livello di istruzione. Le differenze sono particolarmente marcate per la partecipazione culturale (64,6% tra i laureati di almeno 25 anni rispetto al 12,5% tra le persone con al più un titolo di scuola secondaria inferiore) e la formazione continua (25,2% tra le persone di almeno 25 anni con elevato titolo di studio rispetto a 3,2% per le persone con titolo di studio basso), con un forte impatto del titolo di studio posseduto anche sulle condizioni economiche e sulle possibilità di occupazione. “Pertanto politiche educative orientate a migliorare l’accesso all’istruzione superiore e universitaria, particolarmente nelle aree svantaggiate e per le fasce di popolazione più vulnerabili, possono costituire un fattore di crescita dell’equità del benessere”, ha osservato l’Istat. Gli indicatori di benessere presentano un forte gradiente per età, in alcuni casi a vantaggio dei più giovani, ad esempio il 93,9% dei giovani 25-34enni usa regolarmente internet, contro il 57% degli over 55-enni. Per gli stili di vita, i giovani sono meno sedentari degli over 55 (26,8% contro 45,8%) ma è più diffusa l’abitudine al fumo (26,9% contro il 14,4% degli ultra 55enni).


Infine, le disuguaglianze intergenerazionali pongono i giovani adulti in una condizione di vulnerabilità economica, che potrebbe avere ripercussioni nel lungo periodo, non solo a livello individuale ma anche per la coesione sociale e lo sviluppo del Paese. Occorre affrontare queste criticità – ha osservato l’Istat – con strategie mirate a ridurre le barriere di accesso al lavoro, a garantire continuità lavorativa e prospettive di avanzamento e a migliorare le opportunità di realizzazione delle nuove generazioni.


Per mettere in evidenza i gruppi di popolazione in condizioni maggiormente critiche, tuttavia, l’analisi si concentra sull’intersezione tra più fattori, facendo luce sulle disparità che colpiscono sottogruppi specifici della popolazione, incidendo profondamente sulla qualità della vita delle persone coinvolte. Emerge ad esempio come la partecipazione culturale fuori casa tra le donne con titoli terziari residenti al Nord sia oltre otto volte più alta rispetto a quella delle donne con al più la licenza secondaria inferiore del Mezzogiorno. Un altro esempio della multidimensionalità dei fattori di diseguaglianza è quello derivante dal rischio di povertà che tra i 25-34enni residenti nel Mezzogiorno con basso titolo di studio è 25 volte più alto di quello tra i residenti al Nord con alto titolo di studio (56,7% contro 2,2%).

Il sindacato Coisp: 9 milioni per l’alloggio degli agenti in Albania non è spreco

Il sindacato Coisp: 9 milioni per l’alloggio degli agenti in Albania non è sprecoMilano, 2 nov. (askanews) – “In merito alle recenti polemiche sui 9 milioni di euro destinati agli alloggi per il contingente dei circa 300 operatori delle forze dell’ordine in Albania, è necessario chiarire alcuni aspetti. Lo stanziamento economico, infatti, copre una cifra per operatore irrisoria, paragonabile a soli 80 euro giornalieri per vitto e alloggio. Una somma assolutamente inadeguata a garantire le stesse condizioni in Italia, dove è impossibile trovare alloggio e pasti dignitosi con un budget così ridotto. I costi nel nostro Paese per lo stesso numero di operatori, ad esempio a Lampedusa, sarebbero di gran lunga superiori e rappresenterebbero un onere maggiore per lo Stato. Queste critiche, dunque, sono del tutto infondate e, anzi, ignorano il risparmio che questa scelta comporta”. Lo afferma in una nota Domenico Pianese, Segretario Generale del sindacato di Polizia Coisp.


Secondo il sindacalista, “è paradossale parlare di sperpero quando si tratta solo di garantire condizioni adeguate ai nostri agenti, soprattutto considerando che la spesa totale per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina supera i due miliardi di euro l’anno”. “I costi per ogni migrante negli hotspot italiani – sottolinea Pianese – vanno dai 40 ai 60 euro al giorno, ai quali si sommano le spese di trasporto, di manutenzione, di utenze, di sicurezza antincendio e di assistenza sanitaria. Per i minori non accompagnati, invece, il Ministero dell’Interno rimborsa ai Comuni circa 100 euro al giorno, una cifra nettamente superiore ai costi sostenuti per vitto e alloggio di un agente in Albania”. “Assicurare condizioni dignitose per gli appartenenti alle forze dell’ordine non è un privilegio, ma un dovere di ogni Stato. Ecco perché ribadiamo che garantire un alloggio adeguato a chi rischia la vita per proteggere i confini nazionali non è solo giusto, ma rappresenta una scelta di responsabilità economica e sociale”, conclude il segretario Coisp.

A novembre è quasi estate

A novembre è quasi estateMilano, 2 nov. (askanews) – E’ iniziato un nuovo “mese estivo”: le temperature continuano ad essere ben sopra la media, e si registrano fino a 8°C in più sulle Alpi. Mattia Gussoni, meteorologo del sito ilmeteo.it, conferma che anche il mese di novembre è partito con sole e temperature miti. In alcune zone d’Italia sembra di essere ancora in Estate, specie in montagna e al Centro-Sud.


Da domenica ci saranno lievi disturbi orientali, con venti da est meno caldi e meno umidi, le massime scenderanno di 2-3 gradi, ma avremo anche meno nebbie in Val Padana e meno smog e prevarrà ancora il sole. Almeno fino a mercoledì 6 novembre poi l’anticiclone africano dominerà quasi incontrastato, a garanzia di un tempo ampiamente stabile e prevalentemente soleggiato su gran parte delle regioni. Nelle prossime ore poi le massime saranno sempre simil-estive: ad Oristano toccheremo i 27°C, ad Agrigento e Catania intorno ai 26°C, notevoli poi anche i 23-24°C di Latina, Napoli e Roma. Insomma sembrerà di essere ancora ai primi di settembre. Il sole accompagnerà quasi tutti gli italiani durante il Ponte di Ognissanti: da prestare attenzione solo alle ultime nebbie che potranno insistere in Pianura Padana e a qualche addensamento nuvoloso sulle Isole Maggiori.


Come detto, venti da est (deboli ma continui) porteranno un lieve calo delle massime da domenica in poi: la prossima settimana sarà sempre soleggiata e piacevole, ma con valori pomeridiani tra i 20 e i 23°C al Centro-Sud; al Nord le massime scenderanno intorno ai 13-15°C, abbandonando i 20°C degli ultimi giorni. Saremo comunque sempre sopra la media del periodo. Da giovedì 7 novembre qualcosa, però potrebbe cambiare: le correnti orientali più fresche, a contatto con il mar Mediterraneo ancora caldo per la stagione, potrebbero favorire gradualmente la formazione di una bassa pressione sul Tirreno meridionale in grado di guastare un po’ il tempo al Sud.


Seguiremo l’evoluzione di questa eventuale perturbazione, al momento si può parlare ancora di ‘Novembrata’ a tutti gli effetti. E dunque, che la ‘Novembrata’ continui: il termine, coniato da iLMeteo qualche anno fa, ormai è di uso comune, come lo era solo il termine Ottobrata fino a qualche tempo fa. Adesso usiamo sempre più spesso la coppia di fatto ‘Ottobrata-Novembrata’ per definire un periodo caldo e soleggiato nel cuore dell’Autunno, con temperature decisamente oltre la media.


Chissà se in futuro dovremo iniziare ad usare anche il termine ‘Dicembrata’ per questo caldo anomalo che provoca giornate piacevoli per molti, ma drammatiche per altri: il caldo anomalo, come sappiamo, purtroppo favorisce la formazione di eventi estremi, come quelli accaduti in Spagna e in Italia nelle ultime settimane.

Entra al pronto soccorso nel padovano e ferisce a coltellate medici e Cc

Entra al pronto soccorso nel padovano e ferisce a coltellate medici e CcPadova, 2 nov. (askanews) – Un uomo di 35 anni armato di coltello che, entrando nel Pronto Soccorso dell’ospedale di Cittadella in provincia di Padova, ha aggredito diverse persone. Sono stati feriti con la lama un medico, un infermiere e due carabinieri intervenuti per fermare l’aggressore. Profonda indignazione e’ stata espressa dal presidente del Veneto, Luca Zaia. “L’aggressione avvenuta questa mattina all’ospedale di Cittadella- ha sottolineato Zaia- è un episodio di una gravità inaudita. È inconcepibile che un luogo di cura e di soccorso, come il Pronto Soccorso, sia trasformato in uno scenario di violenza. Esprimo la mia totale e ferma condanna per quanto accaduto e tutta la mia solidarietà alle persone ferite, in particolare agli operatori sanitari e ai carabinieri intervenuti per proteggere vite umane. Attaccare chi si dedica alla cura del prossimo, spesso in situazioni di emergenza e difficoltà, è un atto ignobile e vergognoso.Medici, infermieri e tutto il personale sanitario lavorano ogni giorno con impegno e sacrificio per garantire la salute e la sicurezza della nostra comunità. Colpirli significa attentare ai valori stessi della nostra società”.


Le autorità sono sul posto per indagare sull’accaduto, e la zona è stata immediatamente posta sotto sequestro. “Chiedo che sia fatta piena chiarezza al più presto, e ritengo urgente una revisione normativa che introduca aggravanti specifiche per le aggressioni contro il personale sanitario. Gli episodi di violenza nei confronti di chi lavora in corsia, in particolare nei Pronto Soccorso, sono ormai all’ordine del giorno e rappresentano un inaccettabile rischio per chi dedica la propria vita a salvare quelle degli altri. Non possiamo più accettare che i nostri operatori siano costretti a lavorare in un clima di paura e insicurezza. Servono misure decise e concrete per garantire a loro protezione e sicurezza adeguate. È il momento di dare un segnale forte e inequivocabile”, ha concluso Zaia.

Spari in piazza nel napoletano, ucciso un 19enne

Spari in piazza nel napoletano, ucciso un 19enneNapoli, 2 nov. (askanews) – Un 19enne incensurato è deceduto, poco dopo la mezzanotte, dopo essere stato ferito in pieno petto da colpi d’arma da fuoco esplosi da uno sconosciuto al culmine di una lite tra gruppi di giovani. Il fatto in piazza Raffaele Capasso a San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli. Il ragazzo è morto non appena è arrivato al pronto soccorso dell’ospedale del Mare a Napoli. Ferito al gomito anche un altro giovane di 19 anni, anche lui incensurato, trasportato al pronto soccorso, non in pericolo di vita. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di San Sebastiano al Vesuvio e della sezione operativa di Torre del Greco che stanno conducendo le indagini.