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”Soldatini” di Luca Locatelli vince il Premio #afiancodelcoraggio

”Soldatini” di Luca Locatelli vince il Premio #afiancodelcoraggioRoma, 22 nov. (askanews) – È “Soldatini” di Luca Locatelli la storia vincitrice della sesta edizione di #afiancodelcoraggio, il premio letterario promosso da Roche Italia per dare voce ai racconti di malattia oncologica delle donne attraverso la lente narrativa dei caregiver uomini. Alla presenza della giuria, presieduta da Gianni Letta – e composta da Angela Coarelli, Marco Costa, Sergio Del Prete, Giordano Fatali, Elisabetta Iannelli, Giovanni Parapini, Francesco Perrone, Angelo Tanese ed Emanuela Zocaro – è stato presentato in anteprima l’omonimo cortometraggio, con la sceneggiatura di Marika Tassone, anch’essa premiata durante la serata.

La serata di premiazione a Roma, condotta da Laura Chimenti, giornalista del TG1, ha visto la presenza tra gli altri della ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, impegnata per il riconoscimento istituzionale del ruolo del caregiver, di Francesco Rutelli, presidente Anica Academy ETS, di Carolina Marconi, ambassador di #afiancodelcoraggio, e la partecipazione dell’attore e regista teatrale Massimo Ghini e dell’attrice e regista Michela Andreozzi che hanno letto i tre racconti finalisti. “Quando è arrivata la diagnosi di tumore a me e al mio partner, Alessandro, è crollato il mondo addosso, ma abbiamo affrontato questa battaglia insieme e ora siamo più forti. Degli uomini come Alessandro, che restano al tuo fianco quando affronti una malattia oncologica, si parla ancora troppo poco: non solo partner, ma anche padri, figli, fratelli, amici che ci aiutano ad affrontare le difficoltà a testa alta – ha raccontato Carolina Marconi – sono orgogliosa di essere ambassador di #afiancodelcoraggio, che in questi anni ha raccontato le loro storie e ha contribuito a cambiare la percezione dell’uomo nel ruolo di caregiver”.

Il cortometraggio “Soldatini” sarà diffuso prossimamente attraverso i circuiti e i canali dei partner dell’iniziativa; è prodotto da MP Film e interpretato da Marco Quaglia, Chiara Cavalieri, Luca Quadrano e Benedetta Lucidi, con la regia di Daniele Barbiero e la sceneggiatura di Marika Tassone, studentessa del corso “Creare Storie” promosso da Anica Academy ETS, anch’essa premiata nel corso della serata. “Rinnovare la nostra partnership con #afiancodelcoraggio rappresenta un motivo di orgoglio per noi. La possibilità di utilizzare il potente linguaggio cinematografico per sostenere e valorizzare il ruolo fondamentale dei caregiver, coloro che affiancano i malati oncologici nel difficile percorso di cura, è di inestimabile importanza – ha dichiarato Francesco Rutelli, presidente Anica Academy ETS – condividiamo appieno questi valori, centrati sullo sviluppo della persona e il bene comune”.

“Il premio #alfiancodelcoraggio è un’iniziativa di grande valore sociale che tiene alta l’attenzione su un tema molto importante che tocca la vita di tante famiglie – ha spiegato la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli – a tutti loro, uomini e donne che amano e curano i propri cari spesso facendo rinunce e restando isolati, a tutti coloro che con coraggio non smettono mai di essere un sostegno per le persone che amano, va il mio grazie, dal profondo del cuore. Con l’istituzione del tavolo interministeriale per il caregiver familiare ci impegneremo per dare ai caregiver il giusto riconoscimento e la speranza di non sentirsi più soli”. Sono sei, ad oggi, le edizioni di #afiancodelcoraggio e altrettanti i cortometraggi realizzati, 309 le storie selezionate, oltre 17.000 i voti online e 3 le medaglie ricevute dal Presedente della Repubblica.

Secondo i dati di Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 65% dei caregiver familiari sono donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o che sono state costrette ad abbandonarlo (nel 60% dei casi). Alcuni studi hanno mostrato come l’esperienza di cura non sia neutrale dal punto di vista del genere. Emerge, infatti, che il diverso grado di disagio sperimentato dai caregiver uomini o donne potrebbe essere associato alle diverse aspettative sociali legate al genere. Dalle storie di #afiancodelcoraggio affiora che anche gli uomini nel ruolo di caregiver si adeguano al modello sociale di genere che richiede loro forza, controllo, distacco e protezione e in cui prevale un’empatia controllata. In più di un terzo delle storie (38%), il caregiver afferma esplicitamente di aver esercitato un controllo deliberato sulle proprie emozioni nascondendole o vivendole in solitudine. Questi attributi collettivi dell’identità di genere diventano maschere che facilitano il caregiver nell’accompagnamento della donna con tumore ma che al tempo stesso lo isolano rendendo difficile una piena condivisione delle proprie emozioni e sentimenti.

Brescia, al Macof le foto sulla pena di morte di Luisa Menazzi Moretti

Brescia, al Macof le foto sulla pena di morte di Luisa Menazzi MorettiRoma, 19 nov. (askanews) – Immagini che danno parola alle emozioni. Dopo il successo della mostra alla Biennale di Fotografia di Berlino (EMOP Berlin 2016), il premio dell’International Photography Awards di New York del 2016 e l’esposizione a Santa Maria della Scala a Siena, arriva anche a Brescia, a conclusione del programma “Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023”, il progetto fotografico sulla pena di morte di Luisa Menazzi Moretti intitolato Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni.

Una mostra composta da diciassette immagini il cui titolo fa riferimento al tempo medio che un condannato attende nel braccio della morte dalla condanna all’esecuzione. Si tratta di opere che trasformano in immagini le frasi, le dichiarazioni e i testi delle lettere scritte dai detenuti del carcere di Livingston, vicino ad Huntsville, in Texas, in attesa dell’esecuzione. Fotografie singole, dittici o trittici di grande formato con accanto i testi delle lettere conservate nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Le fotografie di Luisa Menazzi Moretti non raccontano le parole, ma danno forma e immagine ai pensieri degli uomini e delle donne che le hanno scritte e pronunciate: una sorta di antologia visiva sui travagli interiori dei condannati a morte. La mostra sarà aperta al pubblico dal 25 novembre al 24 dicembre al Macof – Centro della fotografia italiana di Brescia ed è inserita all’interno delle iniziative di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.

Nessun intento di reportage, né documentaristico. L’opera di Luisa Menazzi Moretti immortala la solitudine, i silenzi, crea uno stato d’animo e innesca una comunicazione non verbale. Non parla di morte, ma narra la vita sospesa dentro quel luogo e in quello Stato americano (dove l’artista ha vissuto per molti anni) in cui, dal 1982 al marzo di quest’anno, sono stati giustiziati 583 detenuti. La morte non è esibita, né ci sono innocenti o colpevoli. Ci sono solo immagini elaborate: scatti di oggetti, simboli, pensieri di uomini e donne le cui parole cercano libertà, chiedono perdono, riflettono sulla condizione cui sono costretti, maledicono o invocano il cielo, il tempo, le ore e o minuti dell’attesa.

Ragnar Kjartansson, ritratto d’artista per Lo schermo dell’arte

Ragnar Kjartansson, ritratto d’artista per Lo schermo dell’arteFirenze, 20 nov. (askanews) – Ragnar Kjartansson è uno dei protagonisti brillanti della scena del contemporaneo, capace di unire nel proprio lavoro ricerca e leggerezza, diversi media e una spiccata attitudine per l’empatia. Al festival Lo schermo dell’arte di Firenze è stato presentato, in anteprima italiana, il documentario che Roxanne Bagheshirin Laerkesen ha dedicato all’artista islandese, intitolato “I’m not an authentic human being”.

Prodotto dal museo Louisiana in Danimarca, il film dà voce a Kjartansson che, dal suo studio di Reykjavík, racconta alcune delle sue opere più note, fino ad arrivare a uno dei capolavori, “The visitors”, installazione su nove schermi che è stata esposta, in una mostra memorabile, in Pirelli HangarBicocca a Milano nel 2013. Ragnar racconta, sorride, non si prende mai sul serio, ma i suoi lavori e le sue installazioni lasciano spesso il segno e ci dicono di un’arte contemporanea che guarda più avanti, senza mai perdere di vista la nostra umanità.

Lo schermo dell’arte, il festival punta sulla produzione

Lo schermo dell’arte, il festival punta sulla produzioneFirenze, 18 nov. (askanews) – Il cinema, l’arte e i grandi temi del presente: la 16esima edizione del festival Lo schermo dell’arte di Firenze torna a fare il punto sulla relazione tra le immagini in movimento e la scena del contemporaneo. Che nel 2023 si declina con alcune novità, che ci sono state raccontate dalla direttrice dell’evento, Silvia Lucchesi. “Era da tanto tempo – ha detto ad askanews – che stavamo pensando di impegnarci sulla produzione. Quest’anno ci siamo riusciti, infatti presentiamo cinque opere prodotte dallo Schermo dell’arte: sono di giovani artisti del progetto VISIO curato da Leonardo Bigazzi che si è trasformato in un progetto di produzione, da progetto di residenza, è diventato progetto di produzione e presentiamo quindi 4 film coprodotti con istituzioni e privati. E poi abbiamo presentato l’installazione sostenuta l’Italian Council, La montagna magica di Micol Roubini. Quindi sono state delle esperienze bellissime, nuove, completamente nuove, soprattutto lavorando con i giovani, con la giovane generazione”.

Il cinema La compagnia diventa ancor di più il centro di gravità del festival, che intorno alla sala di proiezione costruisce una narrazione ad ampio spettro, che spazia dalla Siria a Marte, dai documentari su artisti come Giulia Cenci o Ragnar Kjartansson al tema dell’amianto, dall’omaggio a Diego Marcon alle visioni distopiche del futuro. E per la conclusione il film “Inside”, alla presenza di un divo del cinema come Willem Dafoe, opera a cui ha lavorato anche il curatore Leonardo Bigazzi, storica figura del festival. “Avere Willem Dafoe a Firenze – ha detto Bigazzi – è un’emozione speciale, al parte il fatto che è una persona veramente eccezionale con cui avere un dialogo è stato estremamente facile, non ci si aspetterebbe, ma è anche un’emozione per il pubblico perché, insomma, è un pezzo di storia del cinema”. Il mondo che viene raccontato da Lo schermo dell’arte è un mondo complesso, lucido, drammatico, ma anche sostenuto dalle visioni degli artisti e in grado di aprire prospettive nuove. Che mostrano come anche il cinema possa essere a pieno titolo uno dei protagonisti della ricerca contemporanea.

Yayoi Kusama porta a Bergamo la poesia delle sue stanze infinite

Yayoi Kusama porta a Bergamo la poesia delle sue stanze infiniteMilano, 17 nov. (askanews) – Dal 17 novembre 2023 al 24 marzo 2024, Palazzo della Ragione a Bergamo accoglie la mostra di Yayoi Kusama, l’artista più popolare al mondo, secondo un sondaggio condotto dalla rivista The Art Newspaper, che porta nella città orobica “Fireflies on the Water” una delle sue Infinity Mirror Room più iconiche, proveniente dalla collezione del Whitney Museum of American Art di New York.

L’evento, promosso da The Blank Contemporary Art con il Comune di Bergamo, si svolge in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 ed è parte del programma del Festival di Arte Contemporanea ARTDATE, organizzato da The Blank e Palazzo Monti in corso fino al 26 novembre nelle città di Bergamo e Brescia. “È una mostra straordinaria sotto molti punti di vista – ha detto il curatore Stefano Raimondi, fondatore e direttore di The Blank Contemporary Art, che ha richiesto un impegno e un approccio non comuni, diventando mese dopo mese un appuntamento attesissimo, capace di arrivare a milioni di persone. Una iniziativa resa possibile dai rapporti internazionali con il Whitney Museum of American Art, uno dei principali musei al mondo, che per la prima volta nella sua storia ha prestato l’opera a una realtà non museale, e dal fitto dialogo con lo studio di Yayoi Kusama con cui si è creato un rapporto di grande collaborazione”.

“Bergamo dà il suo benvenuto a Yayoi Kusama, artista tra le più iconiche di questa nostra epoca e la accoglie in Palazzo della Ragione, uno dei luoghi più emblematici e ricchi di storia di Città Alta – ha aggiunto Giorgio Gori, sindaco di Bergamo – Per quattro mesi, la sua Infinity Mirror Room sarà una delle attrazioni di arte contemporanea più attese che sta già richiamando numerosi visitatori da ogni parte d’Italia. L’installazione arricchisce di prestigio il già importante programma di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura che come amministrazione ci vede entusiasticamente coinvolti. La collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York, da cui proviene questa opera, conferma quanto Bergamo sia da tempo riuscita, grazie al grande lavoro di The Blank, di Stefano Raimondi e di altri soggetti di rilievo, a ritagliarsi una solida credibilità a livello globale di promotore e valorizzatore dell’arte contemporanea. Un compito che la città continuerà a perseguire e a sviluppare anche quando i riflettori dell’anno della cultura si saranno spenti”. La rassegna, con un allestimento curato da Maria Marzia Minelli, si snoda lungo un itinerario che approfondisce la ricerca di Yayoi Kusama attraverso poesie, filmati, libri e documentazioni, creando infine uno spazio di condivisione fisica dell’esperienza vissuta e permettendo di entrare da più punti di vista nell’immaginario della celebre artista giapponese. Il fulcro della mostra è “Fireflies on the Water”, una installazione dalle dimensioni di una stanza pensata per essere vista in solitudine, una persona alla volta.

L’opera consiste in un ambiente buio, le cui pareti sono rivestite di specchi; al centro, si trova una pozza d’acqua, che trasmette un senso di quiete, in cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto che, come suggerisce il titolo, sembrano lucciole. Questi elementi creano un effetto abbagliante di luce diretta e riflessa, emanata sia dagli specchi che dalla superficie dell’acqua. Lo spazio appare infinito, senza cima né fondo, inizio né fine. Come nelle prime installazioni di Yayoi Kusama, tra cui l’Infinity Mirror Room (1965), Fireflies on the Water incarna un approccio quasi allucinatorio alla realtà. Sebbene legato alla mitologia personale dell’artista e al processo di lavoro terapeutico, quest’opera si riferisce anche a fonti varie come il mito di Narciso.

Il luogo che accoglie l’installazione è ovattato nelle luci e nei suoni e l’arrivo alle soglie della stanza ha la valenza di un atto meditativo, di una contemplazione capace di portare il pubblico in una dimensione altra e diversa, un invito ad abbandonare il senso di sé e ad arrendersi a una sorta di magia meditativa.

Il Dom di Bologna lancia l’iniziativa “un parco per Simone Weil”

Il Dom di Bologna lancia l’iniziativa “un parco per Simone Weil”Roma, 26 nov. (askanews) – Il 29 novembre, in occasione del XIV anno dalla fondazione di DOM la cupola del Pilastro, la Compagnia Laminarie curerà diversi appuntamenti dedicati all’opera di Simone Weil.

In questa occasione alle ore 18:30 si proporrà l’intitolazione alla filosofa dell’area verde, situata in via Panzini, alla presenza di Simone Borsari, Assessore ai Lavori pubblici, manutenzione e pulizia della città, protezione civile, toponomastica. Simone Weil nasce a Parigi il 3 febbraio 1909; professoressa di filosofia nei licei di provincia, militante nella sinistra rivoluzionaria, operaia metalmeccanica, combattente in Spagna in una colonna anarchica; a seguito dell’occupazione tedesca si trasferisce dapprima a Marsiglia, dove scrive gran parte della sua opera filosofico-religiosa; quindi è per un breve periodo a New York, da dove raggiunge a Londra il vertice della resistenza francese, al cui servizio s’impegna a ridefinire i caratteri etico-politici della Francia post bellica e ad immaginare il volto nuovo dell’Europa. Muore a trentaquattro anni di tubercolosi e inedia il 24 agosto 1943. L’intitolazione è stata presentata a conclusione di diverse azioni, realizzate da Laminarie a partire dal 2019, volte alla cura del parco adiacente allo spazio DOM.

A seguito di un confronto con le realtà che hanno sede nel Polo Panzini (Centro Volontariato Sociale, l’Istituto Comprensivo 11, la Scuola delle Donne, Servizi Educativi e Scolastici del Territorio Q.re San Donato-San Vitale) e con la commissione cultura del quartiere San Donato – San Vitale, convocata dalla Presidente di quartiere Adriana Locascio, si è convenuto di attribuire a Simone Weil l’area pubblica riconoscendo un’affinità tra l’opera della pensatrice francese e le opere messe in campo da chi abita l’ampia area verde del Polo Panzini. L’omaggio a Simone Weil, annunciato da una campagna di affissioni di manifesti di grande formato sull’intero territorio cittadino, allo scopo di creare l’installazione temporanea “Saluti dal Pilastro”, inizia con uno spettacolo dedicato all’infanzia: Storie di bambine che se la cavano di RadiceTimbrica Teatro. La compagnia, attiva dal 1996 che si situa nell’ambito della ricerca teatrale, proporrà ai bambini tre racconti ispirati a fiabe della tradizione popolare “Il diavolo dal naso d’argento” (tradizione popolare delle Langhe), “Il fidanzato brigante” e “La Vergine Malvina” (tradizione popolare tedesca), che vedono come protagoniste bambine capaci di superare terribili insidie. Le avventure di queste bambine hanno lo scopo di suscitare riflessioni e nuove prospettive nei partecipanti: i bambini e le bambine della scuola primaria Romagnoli.

Libri, esce “Il cibo ti cura!” di Vira Carbone

Libri, esce “Il cibo ti cura!” di Vira CarboneRoma, 17 nov. (askanews) – Mangiare bene per vivere in buona salute e a lungo. Un’alimentazione sana e una dieta equilibrata sono essenziali per dare giorno dopo giorno al corpo e allo spirito una reale prospettiva di benessere. “Il cibo ti cura!” accompagna il lettore a scoprire la funzione degli alimenti, i loro principi nutritivi, come abbinarli per potenziarne gli effetti. Perché mangiare bene non aiuta solo a perdere peso, a farci sentire a nostro agio con noi stessi, ma a prevenire l’insorgenza di molte malattie, nonché a migliorare la qualità della nostra vita. Un manuale di nutrizione strategica che raccoglie il sapere e i consigli degli specialisti del programma di Rai 1 “Buongiorno Benessere”, eccellenze nel campo medico, che hanno risposto alle domande di Vira Carbone e Marzia Valitutti. Dal cuore al sistema muscolo-scheletrico, dalla pelle all’intestino e alla tiroide, la prevenzione comincia a tavola.

“Il cibo ti cura” di Vira Carbone con Marzia Valitutti, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 17 novembre 2023. Vira Carboneè giornalista professionista e conduttrice televisiva. Ha collaborato a diverse trasmissioni ed è stata per cinque anni inviata di “Porta a Porta” di Bruno Vespa. Tra i programmi da lei condotti ricordiamo: “Sabato, domenica &”, “Il dolce e l’amaro”, “Un pensiero stupendo”, diverse edizioni del festival della canzone d’autore Musicultura su Rai 2. Dal 2014 è autrice e conduttrice del programma di Rai 1, da lei ideato, “Buongiorno Benessere”. Con la Rai ha pubblicato: La bellezza a fior di pelle (2015), Bellezza da bere (2016), Il tuo corpo ti parla (2018, con Sara Farnetti e Claudia Manari) e Il grande libro della longevità (2022, con Marzia Valitutti).

Marzia Valitutti è giornalista Rai e co-autrice de Il grande libro della longevità.

In libreria, tutti i racconti di Leonard Michels

In libreria, tutti i racconti di Leonard MichelsRoma, 17 nov. (askanews) – Susan Sontag lo definiva «Lo scrittore americano più notevole che sia apparso sulla scena negli ultimi anni.». Leonard Michels nella sua vita ha pubblicato solo due romanzi e diversi racconti che ora vengono raccolti da “Racconti edizioni” col titolo “Potendo li avrei salvati”. Il libro sarà disponibile dall’8 dicembre.

Si considerava un artista serio, è al racconto che si dedica di più per tutta la sua carriera. Attraverso questa inedita raccolta completa, si tratteggia un ritratto puntuale dello scrittore, illuminando tutte le sue sfaccettature di uomo e di artista. Dai racconti più sperimentali, a quelli più intimi; dal personaggio di Phillip Liebowitz, chiaro alter-e- go dello scrittore, al matematico ebreo Nachman, conosciuto solo con il cognome. Trentotto racconti che mettono in scena amori commo- venti, rapporti sessuali che sfidano il senso comune, amicizie violente e relazioni tossiche mentre il movimento febbrile di Manhattan dà ritmo e colore alle storie. Uomini fatti di parole alle prese col miste- ro indecifrabile ed elusivo del femminile e con l’ultimo, inevitabile spoiler, quello di un finale annunciato.

Il genio di Michaels miscela la sua tormentata biografia con stralci di metaletteratura e dappertutto si riconosce la sua lingua, ricca di retaggio yiddish, che molti hanno individuato come il vero tratto unico dell’autore. Potendo, li avrei salvati è un testamento che ci permette di scoprire Leonard Michaels, uno scrittore degno di stare tra i più grandi del Novecento americano. Leonard Michaels (New York, 1933 – Berkeley, 2003) ha scritto solo due romanzi: Sylvia (Adelphi), ispirato al suo primo matrimonio culminato col suicidio della moglie, e Il club degli uomini (Einaudi), da cui è stato tratto un film con Roy Scheider e Harvey Keitel.

Per la prima volta in italiano, Potendo, li avrei salvati racchiude tutto il resto della sua produzione let- teraria, composta da cinque raccolte di short stories. Secondo il Boston Globe: «in tutta la sua carriera Leonard Michaels non ha scritto una sola frase noiosa», e non è un caso che sia considerato fra i più grandi scrittori ameri- cani del Novecento.

Il mito della Callas riletto in chiave contemporanea alla Scala

Il mito della Callas riletto in chiave contemporanea alla ScalaMilano, 17 nov. (askanews) – Il mito e il contemporaneo: cinque protagonisti della scena culturale di oggi raccontano Maria Callas all’interno del Teatro alla Scala di Milano. “Fantasmagoria Callas” è una mostra raffinata, capace di fare cambiare passo perfino a un luogo sacro e tradizionalista come il tempio della lirica e di rinnovare la storia del soprano più celebre di sempre attraverso opere di Giorgio Armani, Alvin Curran, Latifa Echakch, Mario Martone e Francesco Vezzoli. E la fantasmagoria del titolo si declina soprattutto nella molteplicità dei mezzi espressivi scelti: dalla scultura alla moda, dal cinema al suono, fino alla fotografia ricamata. A curare il progetto è Francesco Stocchi a cui abbiamo chiesto come lo abbia pensato.

“Ho immaginato – ha detto ad askanews – partendo da un assunto molto semplice, che Callas è una di quelle rare figure che non è stata ma è, e quindi anche sarà. Perciò abbiamo pensato di lavorare non tanto in maniera retrospettiva, non tanto partendo dagli archivi, così come è solito lavorare in modo eccellente il Museo del Teatro a Scala, ma evocandola. Evocandola innanzitutto oggi per raccontare che cos’è per certe figure creative Maria Callas, e che cos’è per tutti noi e poi anche evocandola nella sua complessità”. L’esposizione è intensa, l’allestimento di Margherita Palli funziona e sottolinea l’unicità delle opere, ma permette anche di creare ambienti adatti ad ospitare video e suoni. E la sensazione è che le scelte di Stocchi abbiano anche la valenza di un ragionamento sui diversi modi interdisciplinari che fanno oggi quella cosa che chiamiamo arte contemporanea. Ma a prevalere poi è il mito stesso, la rievocazione rituale di un personaggio che, come ci ha detto Francesco Vezzoli, aveva qualità anche simboliche straordinarie.

“Rappresenta l’ossessione prima di tutto per la perfezione – ha raccontato l’artista -. L’ossessione per la perfezione tecnica, ma anche per la perfezione della propria immagine pubblica, che mi sembrano due binari molto importanti. Diciamo che viviamo in un mondo in cui c’è chi accelera nella tecnica, ma magari non è proprio impeccabile nel profilo Instagram e poi abbiamo profili Instagram meravigliosi, ma di persone completamente prive di sostanza. Quando invece qualcuno riesce a camminare su questi due binari con uguale forza, con uguale stamina, con uguale energia, riesce a creare il mistero di un mito e la Callas c’è riuscita”. Non serve essere melomani per restare intrappolati nel meccanismo narrativo della mostra: Maria Callas, attraverso le opere d’arte, va oltre perfino se stessa. E la sua storia esce anche fisicamente dalla Scala per arrivare alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, dove una mostra di fotografie dell’Archivio Publifoto racconta la cantante e la sua vita eccezionale attraverso i ritratti.

Mostre, Mauro Camponeschi con “Lune di Pietra” al Museo Crocetti

Mostre, Mauro Camponeschi con “Lune di Pietra” al Museo CrocettiRoma, 15 nov. (askanews) – La presentazione di una Mostra ha la necessità intrinseca di misurare il lavoro fatto con l’intento progettuale che ne ha generato l’esecuzione; per evitare difficili percorsi interpretativi che potrebbero non corrispondere completamente a detti intenti progettuali, l’autore preferisce offrire alcuni chiarimenti sulla modalità del proprio lavoro e sui contenuti della propria pittura, al fine di agevolare la fruizione dell’intero percorso espositivo. Questa scelta non vuole inibire le necessarie letture critiche e le sacrosante differenze che intercorrono fra le diverse funzioni, ma semplicemente vuole presentare il lavoro dal punto di vista della concreta esecuzione, con la consapevolezza che i quadri si raccontano, ma è necessario incontrarli, vederli, osservarli dal vero per poterli vivere da “dentro” e quindi averne piena consapevolezza.

“Lune di pietra” è il ciclo pittorico che raccoglie tutto il lavoro dedicato a Italo Calvino per “Le città Invisibili” e costituisce il nucleo centrale della Personale di Pittura presso il Museo Venanzo Crocetti di Roma. A questo ciclo si associano anche i lavori che caratterizzano l’intera attività pittorica: acquarelli, acrilici, assemblaggi polimaterici, pitture ad olio su tela e su tavola, disegni a china, taccuini e stampe da incisioni. Il disegno, l’equilibrio compositivo e cromatico, l’uso di materiali canonici e non canonici costituiscono un modo concreto di fare la pittura, non solo nel senso di avvicinare, “accarezzare la pittura”, ma essenzialmente di percorrerla come fosse un racconto, storia per immagini. I lavori esposti nella mostra “Lune di pietra” sono il risultato e la sintesi di un percorso e di una ricerca basata essenzialmente sugli elementi strutturali della composizione visiva. Partendo da un approccio progettuale legato alla sperimentazione di materiali, forme e colori, l’intento è anche quello di perseguire, con una puntuale proposta, la capacità narrativa dell’immagine, invitando l’osservatore a costanti viaggi nella memoria e nel proprio mondo interiore. Colore e forma si integrano in composizioni sempre in equilibrio fra paesaggi fantastici e paesaggi reali. Nelle opere, infatti, il tema del “paesaggio”, sia esso costituito da spazi urbani o spazi verdi, si completa in scenari metafisici, creando un costante richiamo sia a frammenti e dettagli propri dell’immaginazione collettiva, sia a scenari, figure e materiali riconducibili alla vita quotidiana.

Tale condizione lascia all’osservatore il tempo per lo stupore, per l’osservazione attenta dei particolari e per il gusto profondo della cura e del dettaglio. Nella costruzione del lavoro e dell’immagine incanto e disincanto si uniscono e convivono in atmosfere sospese senza tempo e senza spazio. In questo gioco di rimandi, rincorrendo la capacità narrativa dell’immagine, ognuno resta libero di individuare un punto di vista, un’inquadratura, il personale ed essenziale distacco, il senso del silenzio, nella speranza di entrare in ascolto del proprio racconto. Tutto questo al fine di alimentare nella pittura, “nella costruzione della pittura”, una atmosfera “magica” e quasi di sogno, che vorrebbe generare nell’osservatore una forma narrante per immagini, in sequenza, come fosse un film. Elemento essenziale di questa modalità pittorica sono i materiali scelti per completare forme, colori e composizioni. In questo senso gli assemblaggi polimaterici non sono soltanto esercizi di stile e ricerca di armonie, ma costituiscono una sorta di magazzino espressivo cui ricorrere per dare concretezza e aspetto formale all’idea, all’immagine e alla composizione. In particolare l’assemblaggio polimaterico, concepito come una tecnica di collage, consente anche di rincorrere la citazione, di recuperare la memoria di un materiale, decontestualizzandolo, ovvero consente di restituire una rinnovata dignità ai materiali logorati dal tempo e dall’usura, scartati dalla produzione, diventati “rifiuti”. E’ in questa ottica che trovano nuova vita i rifili del marmista e del falegname, le carte usate (buste del pane, imballaggi), le cortecce, i legni delle cassette del mercato. I lavori esposti vogliono testimoniare un tipo di ricerca pittorica che invita alla riflessione e allo stesso tempo sollecita l’enunciazione di una “poetica” intrinseca nel frammento: montaggio ragionato di elementi materici che dialogano in un tempo sospeso, in attesa, forse, di ritrovare l’unità perduta. Il “tempo sospeso” e la “proposta dell’attesa” vogliono incoraggiare l’osservatore a curiosare, a cercare una propria soluzione, attraverso la necessaria interpretazione personale; così il piacere di osservare si coniuga con l’immaginario e con il mondo interiore del fruitore, producendo un fantastico gioco di arricchimento.

I 56 lavori presentati, secondo un itinerario anche cronologico (dalle opere del 1976 fino alle opere del 2023), sono tutti attraversati da una voluta ricerca di coerenza formale e stilistica. L’affermazione di una chiara personalità pittorica e di un’originalità compositiva sono testimoniate dal ripetersi di segni, colori e forme, comuni in quasi tutte le opere: i fogli in primo piano che attraversano “volando” la tela; i limoni e gli orologi presenti in molti acquarelli e olii; gli svariati materiali di scarto; soprattutto i colori blu e ocra nelle loro più articolate sfumature. In questo contesto e nell’ambito della mostra dedicata, risultano significativi gli omaggi a Italo Calvino per “Le città invisibili”, a Elsa Morante per “l’Isola di Arturo” e a Venanzo Crocetti per le sue sculture.