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Bolaffi, asta record per un manifesto di Marcello Dudovich

Bolaffi, asta record per un manifesto di Marcello DudovichRoma, 18 apr. (askanews) – Ha superato le stime diventando il manifesto di Marcello Dudovich più caro mai venduto in un’asta: il Cablé Confort Michelin è stato aggiudicato a 100 mila euro (inclusi diritti) durante la vendita dei manifesti andata in scena il 16 e il 17 aprile in Sala Bolaffi a Torino.


Ad aggiudicarselo, dopo un’accesa competizione con partecipanti online e palette in Sala Bolaffi, un famoso collezionista italiano appassionato di automobili d’epoca e di cimeli automobilistici, collegato al telefono. Resta quindi in Italia il celebre Bibendum, mascotte di Michelin, rappresentato nel poster adagiato comodamente all’interno di uno pneumatico mentre studia la cartina stradale del nostro Paese (lotto 46). Filippo Bolaffi, amministratore delegato di Aste Bolaffi, ha commentato: “Dopo tanti anni siamo tornati ‘in pista’ con un’asta di poster davvero unica per varietà e selezione del materiale e mi fa piacere che questo evento sia stato segnato da un prestigioso record per un nostro grande autore. Il manifesto di Dudovich si inserisce a pieno titolo tra i più cari mai venduti al mondo”. L’asta, a cui hanno partecipato tramite il sito astebolaffi.it collezionisti da ogni parte del mondo, in particolare da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, si è chiusa con un risultato totale di oltre 570 mila euro diritti inclusi. Sul podio dei top lot, al secondo posto si è posizionato un altro manifesto di Dudovich sempre di tematica automobilistica, la ricercata affiche del 1908 per la Società Torinese Automobili Elettrici, di cui si conoscono pochissimi esemplari (lotto 107, 25 mila euro diritti inclusi), mentre al terzo posto il manifesto di Umberto Di Lazzaro del 1933 per la Crociera aerea del decennale (lotto 123, 17.500 euro diritti inclusi).

Gli occhi delle donne dal carcere: la Santa Sede in Biennale

Gli occhi delle donne dal carcere: la Santa Sede in BiennaleVenezia, 17 apr. (askanews) – Era uno dei padiglioni più attesi alla 60esima Biennale d’arte di Venezia ed effettivamente visitarlo è un’esperienza intensa, difficile, commovente. La Santa Sede, tornata in Biennale dopo alcune edizioni di assenza, ha presentato il progetto “Con i miei occhi”, allestito nel carcere femminile della Giudecca. Otto artisti, tra cui Maurizio Cattelan, Simone Fattal e Claire Fontaine, hanno portato il loro lavoro nella casa di reclusione, progettandolo per e insieme alle detenute.


“L’idea – ha detto ad askanews Bruno Racine, il direttore di Palazzo Grassi che è uno dei curatori – era quella di trovare un luogo che fosse anche un messaggio, quindi vista la tematica della Biennale, intitolata Stranieri ovunque, e vista anche l’insistenza di Papa Francesco sugli emarginati, le persone umili e scartate dalla società, abbiamo pensato che il carcere femminile dell Giudecca, che ha anche una storia molto interessante, potesse essere il posto giusto”. Il ruolo delle persone del carcere è fondamentale, sono le stesse donne a fare da guida ai visitatori, raccontando le opere e accompagnandoli nel percorso espositivo. Particolarmente toccanti le poesie scritte dalle detenute, che Simone Fattal ha riportato su molte placche pittoriche con anche i nome delle loro autrici, ma è di grande forza pure la scritta blu di Claire Fontaine, che nel cortile principale del carcere, dice alle ospiti che “Siamo con voi nella notte”.


“Questo progetto – ha aggiunto Chiara Parisi, altra curatrice del padiglione – non poteva essere realizzato in una casa di detenzione senza che ci fosse una vera collaborazione, già nel momento in cui la direzione accetta l’incredibile invito della Santa Sede di intervenire all’interno. Ma tutto nasce davvero dalla collaborazione tra gli artisti e le signore della casa. In più, nel momento in cui la narrazione passa attraverso le parole di queste donne, significa che la libertà della creazione artistica è possibile”. Una libertà che è anche al centro del film di Marco Perego con Zoe Saldana, che racconta le ultime ore di detenzione di una donna, ma anche le primissime di un’altra. In un intreccio di dolore e speranza che sembra caratterizzare tutta l’esperienza di “Con i miei occhi”.


Il progetto è certamente ambizioso e rappresenta in modo plastico la vocazione sociale della Santa Sede. La domanda vera, alla fine, sembra essere quanto beneficio tutto questo porterà realmente alle persone del carcere, alle loro storie e alla loro possibilità di vivere in modo diverso lo spazio della detenzione. (Leonardo Merlini)

La Treccani celebra Eleonora Duse nel centenario:”somma artista”

La Treccani celebra Eleonora Duse nel centenario:”somma artista”Roma, 16 apr. (askanews) – A 100 anni dalla scomparsa, l’Enciclopedia Italiana ripercorre “l’arte febbrile e di forte impatto emotivo” della leggenda del teatro italiano: Eleonora Duse, incoronandola in una nuova voce come “somma artista, attrice rivoluzionaria”.


“Figlia d’arte, nata il 3 ottobre 1858 a Vigevano in una locanda o, secondo alcuni, in un vagone di terza classe, non aveva ancora cinque anni quando, nel marzo 1863, interpretò Cosetta dei Miserabili di Victor Hugo, per poi diventare una leggenda del teatro: “il suo nome – sottolinea la Treccani nella voce curata da Silvio d’Amico – non tanto rimane tra le gerarchie dei grandi attori, quanto fra quelle dei sommi artisti”.Con la compagnia dei genitori Alessandro e Angelica Cappelletto ebbe un’infanzia vagabonda e misera, fra teatrini d’infimo ordine, in mezzo agli stenti e alla fame”. “Nulla faceva presagire in lei notevoli capacità, tanto che un suo capocomico la esortò a cambiare mestiere. Magra, non bella, di lineamenti irregolari e di carnagione olivastra, sembrava quasi recitare svogliata, come di creatura nauseata dalla vita. Ma il successo arrivò a Verona nella parte di Giulietta, poi come Ofelia nell’Amleto, e nella Teresa Raquin di Zola e si rivelò pienamente a vent’anni recitando La principessa di Bagdad di Alexandre Dumas figlio. Cominciò quindi per lei la serie dei trionfi, durati con ritmo crescente – salvo la lunga parentesi del suo silenzio – sino alla morte”. “La sua carriera iniziò con il “naturalismo”; l’arte nuova della giovane attrice fu salutata come stupenda “verità”, non fotografica ma così impetuosa e violenta che nei primi tempi fu tacciata addirittura di scorrettezza: “arte, difatto, alata e potente; furibonda sensualità e passione stragrande, con scatti e voli sino allora sconosciuti, e donde scoppiava la rivelazione d’una personalità ribelle, che pareva effondersi in disperati aneliti verso un irraggiungibile ideale” come scrive Silvio d’Amico nella voce della Enciclopedia Italiana Treccani. La sua esistenza fu assai tumultuosa: la separazione dall’attore Tebaldo Checchi prima, poi diverse esperienze passionali, trasportata dall’ardore del suo temperamento e dal suo dichiarato senso pagano, infine la scoperta dei grandi poeti e l’incontro, devastatore, con d’Annunzio, a seguito del quale Eleonora Duse fu conquistata alla cosiddetta religione della Bellezza e si fece banditrice del nuovo teatro patrocinato dal poeta”.


“Iniziò così un periodo caratterizzato da quell’estetismo in cui l’attrice stilizzò con squisita preziosità la sua arte, cercando di imporre il teatro dannunziano (Sogno d’un mattino di primavera, Sogno d’un tramonto d’autunno, La città morta, La Gioconda, Francesca), ma anche ibseniano (Rosmersholm, Casa di bambole, Hedda Gabler, La donna del mare), e maeterlinckiano (Monna Vanna).I suoi trionfi, presso pubblico e critica, suscitarono echi vastissimi; il nome di Duse cominciò a esser circonfuso da un’aura di leggenda. Ma il 25 gennaio 1909, dopo una rappresentazione di La donna del mare a Berlino, Duse si ritirò dalle scene per raccogliersi in solitudine: aveva da poco compiuto cinquant’anni. Nel 1920 iniziarono le trattative per il suo rientro a teatro, che si realizzò nel 1921. Dopo una tournée italiana del 1921, la Duse formò compagnia da sola e andò in tournée a Londra e Vienna. Imbarcatasi per gli Stati Uniti, fu colta dalla polmonite e morì a Pittsburgh il 21 aprile 1924.Onori sovrani furono resi alla sua salma, sia in America, sia al rientro in Italia”. “Attrice rivoluzionaria, alla quale negli anni Trenta il regista Rouben Mamoulian avrebbe voluto dedicare un film interpretato da Greta Garbo rinunciandovi solo per la complessità del personaggio, come ricorda Mario Verdone nella voce della Enciclopedia del Cinema Treccani. Salutata fin dalla sua prima apparizione come una innovatrice, Eleonora Duse non lasciò che il successo raggiunto arrestasse la sua evoluzione di donna e di attrice: la sua intera carriera – afferma la Treccani- fu un’incessante ricerca del superamento di sé stessa. Per questo l’Istituto della Enciclopedia Italia ha ritenuto di annoverarla tra i sommi artisti”.

Al Teatro Greco di Siracusa la 59a stagione di rappresentazioni classiche

Al Teatro Greco di Siracusa la 59a stagione di rappresentazioni classicheRoma, 16 apr. (askanews) – Tre rappresentazioni classiche, il ritorno di Giuliano Peparini e, per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa, il Gala Roberto Bolle and Friends. L’INDA celebra i 110 anni dalla prima rappresentazione classica, l’Agamennone di Eschilo allestito il 16 aprile del 1914, con cinque grandi appuntamenti, portando in scena anche quest’anno registi, attori e artisti di fama internazionale. E da quest’anno, per consentire al pubblico di spettatori internazionali di seguire gli spettacoli, l’INDA introdurrà un nuovo dispositivo che grazie all’intelligenza artificiale permetterà attraverso un auricolare di seguire lo spettacolo in traduzione simultanea nella propria lingua.


La 59a Stagione di spettacoli classici debutterà il 10 maggio con la prima dell’Aiace di Sofocle per la regia di Luca Micheletti, nella traduzione di Walter Lapini. Micheletti, oltre a dirigere lo spettacolo interpreterà il ruolo di Aiace; nel cast figurano Roberto Latini (Atena /Messaggero), Daniele Salvo (Odisseo), Diana Manea (Tecmessa), Tommaso Cardarelli (Teucro), Michele Nani (Menelao), Edoardo Siravo (Agamennone), Lidia Carew (Ate/Thanatos), Giorgio Bongiovanni, Lorenzo Grilli, Mino Manni, Francesco Martucci (Corifei); Giovanni Accardi, Gaetano Aiello, Ottavio Cannizzaro, Pasquale Conticelli, Giovanni Dragano, Raffaele Ficiur, Gianni Giuga, Paolo Leonardi, Marcello Mancini, Marcello Zinzani (Coreuti). Nell’allestimento di Micheletti anche Francesco Angelico, Christian Barraco, Cecilia Costanzo (violoncelli); Giovanni Caruso (percussioni) e Giuseppina Vergine (arpa). “Tragedia dell’orrore e della follia – sono le parole di Micheletti -, Aiace è anche una potente meditazione sulla condizione dell’uomo in lotta con il proprio destino, incerto e spesso insensato”. Il testo di Sofocle sarà messo in scena al Teatro Greco di Siracusa per la quarta volta dopo gli allestimenti del 1939, 1988 e 2010. Sabato 11 maggio seguirà il debutto di Fedra (Ippolito portatore di corona) di Euripide diretto del regista scozzese Paul Curran nella traduzione dal greco di Nicola Crocetti. Alessandra Salamida sarà Fedra, mentre Riccardo Livermore interpreterà Ippolito; il cast è composto da Ilaria Genatiempo (Afrodite), Sergio Mancinelli (un Servo), Gaia Aprea (Nutrice), Alessandro Albertin (Teseo), Marcello Gravina (Messaggero), Giovanna Di Rauso (Artemide), Simonetta Cartia, Elena Polic Greco, Giada Lorusso, Maria Grazia Solano (Corifeee); Alba Sofia Vella, Giulia Valentini, Miriam Scala, Valentina Corrao e Maddalena Serratore (Coro di donne di Trezene). “L’antica storia di Fedra risuona oggi con sorprendente attualità – dichiara il regista – mettendo in luce le preoccupazioni contemporanee sulla salute mentale, le ossessioni malsane e i loro esiti pericolosi”. Quinto allestimento al Teatro Greco di Siracusa per il testo di Euripide dopo le edizioni del 1936, 1956, 1970 e 2010.


Prima assoluta nella storia delle rappresentazioni classiche al Teatro Greco, il Miles Gloriosus di Plauto debutterà il 13 giugno con la regia di Leo Muscato nella traduzione di Caterina Mordeglia. Muscato ha scelto per questa commedia latina un cast tutto al femminile con Paola Minaccioni nel ruolo del protagonista Pirgopolinìce. In scena anche Alice Spisa (Artotrògo), Giulia Fiume (Palestriòne), Pilar Perez Aspa (Periplectòmeno), Francesca Mària (Scèledro), Gloria Carovana (Filocomàsia), Arianna Primavera (Plèusicle), Ilaria Ballantini (Lurciòne), Deniz Ozdogan (Acrotelèuzia), Anna Charlotte Barbera (Milfidìppa), Valentina Spaletta Tavella (Schiavetto), Elena Polic Greco (Capo coro), Ginevra Di Marco, Sara Dho, Valentina Ferrante, Diamara Ferrero, Valeria Girelli, Margherita Mannino, Stella Piccioni, Giulia Rupi, Rebecca Sisti, Silvia Valenti, Irene Villa e Sara Zoia (Coro). In tutte e tre le produzioni saranno coinvolti gli allievi e le allieve dell’Accademia dell’INDA. Il 5 e 6 luglio ritorna al Teatro Greco Giuliano Peparini. Dopo il successo ottenuto nel 2023 con Ulisse, l’ultima Odissea, il regista, coreografo e direttore artistico di fama internazionale presenterà Horai. Le quattro stagioni, uno spettacolo di danza, musica, e poesia sul tema dell’amore universale attraverso le parole dei grandi classici della lirica greca e latina scelti e tradotti da Francesco Morosi. Sul palco, la meravigliosa presenza di Eleonora Abbagnato, prima italiana a ricoprire il ruolo di étoile dell’Opéra di Parigi. La stella della danza internazionale, direttrice del Corpo di Ballo e della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma, si esibirà per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa donando il suo talento e la sua forza interpretativa allo spettacolo che vedrà in scena 25 artisti e 15 tra allievi e allieve dell’Accademia dell’INDA; tra i protagonisti dello spettacolo anche Giuseppe Sartori, fra gli attori più amati dal pubblico del Teatro Greco di Siracusa. “E’ il racconto delle stagioni di un amore, dal primo incontro al fiorire del desiderio, dalla vampa della passione fino al gelo del disamore – racconta Peparini -. Un viaggio che faremo grazie alle musiche di Vivaldi, Scarlatti e brani di musica contemporanea ma anche attraverso le pagine più emozionanti della poesia antica, da Aristotele a Catullo, da Apollonio Rodio a Orazio”.


A chiudere la stagione al Teatro Greco di Siracusa il 14 luglio sarà il Gala Roberto Bolle and Friends, un evento speciale prodotto da Artedanza srl in collaborazione con l’INDA. Lo spettacolo, diventato ormai un cult che ogni anno affascina migliaia di persone, vedrà Roberto Bolle esibirsi per la prima volta nella splendida cornice del Teatro Greco di Siracusa. A scegliere cast e programma lo stesso Roberto Bolle che, accompagnato dai suoi Friends provenienti da tutto il mondo, crea una splendida alternanza di passi a due e assoli del repertorio classico e contemporaneo. Molte le iniziative in programma per celebrare i 110 anni delle rappresentazioni classiche al Teatro Greco. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, accogliendo la richiesta inviata dall’Unione Siciliana Collezionisti di Siracusa e dal Lions Club Filatelico Italiano, presieduti da Leonardo Pipitone, ha disposto l’emissione attraverso Poste italiane di un francobollo celebrativo nella serie tematica “Il patrimonio naturale e paesaggistico”. In tutta la città di Siracusa, grazie alla collaborazione con il Comune, saranno esposti i manifesti storici dell’INDA per trasformare le strade e le piazze della città in un museo a cielo aperto e in un percorso figurativo nei 110 anni di storia dell’INDA attraverso il genio creativo dei più grandi artisti del ‘900. Ma anche sotto il profilo della comunicazione si guarda al futuro perché l’anniversario dei 110 anni di attività è l’occasione per presentare la nuova identità grafica dell’INDA, col nuovo marchio e il nuovo logo. Il restyling proposto reinterpreta in chiave contemporanea le due maschere teatrali disegnate in dettaglio nel 1914 da Duilio Cambellotti creando così un dispositivo flessibile che risponde alle esigenze della comunicazione digitale moderna. Infine, il manifesto della 59. Stagione al Teatro Greco di Siracusa ed è un’opera inedita, intitolata Triscele, di Enzo Cucchi, pittore e scultore di fama internazionale considerato l’artista più visionario fra gli esponenti della Transavanguardia.


Un appuntamento imperdibile, arrivato ormai alla XXVVI edizione è il Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani che quest’anno vedrà la partecipazione a Palazzolo Acreide di oltre duemila studenti provenienti da tutto il mondo. Dal 12 maggio al 4 giugno si esibiranno gli allievi e le allieve di 84 istituti nazionali e internazionali (Grecia, Spagna, Tunisia, Francia e Lussemburgo). Il manifesto dell’edizione 2024 del Festival è stato realizzato da Alessandra Alcamo, una studentessa dell’Istituto Alessandro Rizza di Siracusa. La 59. Stagione al Teatro Greco di Siracusa segna anche l’ingresso fra gli sponsor dell’INDA di una grande azienda italiana quotata in borsa come Eni Spa che diventa main sponsor grazie a un accordo biennale di collaborazione a largo raggio. La Stagione inoltre è sostenuta da Unicredit, banking partner, da Urban Vision, media partner, e vede un’iniziativa di grande rilievo da parte della Fondazione Angelini, che in qualità di mecenate, ha deciso di offrire a più di mille studenti di sei licei romani la possibilità di assistere agli spettacoli al Teatro Greco acquistando i loro biglietti. L’Istituto Nazionale del Dramma Antico ringrazia anche Aeroporti di Roma e tutti i mecenati, aziende e privati, che anche quest’anno hanno voluto sostenere le attività e i programmi dell’INDA.

Milano, cultura e costume in ‘Dal Cuore alle Mani: Dolce e Gabbana’

Milano, cultura e costume in ‘Dal Cuore alle Mani: Dolce e Gabbana’Roma, 16 apr. (askanews) – Ha inaugurato domenica 7 aprile presso Palazzo Reale, a Milano, la mostra “Dal Cuore alle Mani: Dolce e Gabbana”, promossa dal Comune di Milano – Cultura, e prodotta da Palazzo Reale e IMG e curata da Florence Müller. Filmmaster e Civita Mostre e Musei hanno avuto il piacere di partecipare a questo progetto culturale di portata internazionale, coordinando la progettazione esecutiva e la produzione dell’allestimento della mostra sulla base delle ispirazioni creative e delle visioni di Dolce e Gabbana, della curatrice Florence Muller e dello Studio Galuchat.


La mostra celebra l’arte del fatto a mano, un valore fondante per Dolce e Gabbana, attraverso un viaggio che svela le molteplici fonti di ispirazione dei fondatori del brand, dall’artigianato all’arte visiva, passando per architettura, cinema, innovazione, teatro, musica, opera. Filmmaster e Civita Mostre e Musei hanno messo la loro esperienza al servizio di un progetto ambizioso. “Dal Cuore alle Mani: Dolce e Gabbana” non è solo una celebrazione della moda, è un viaggio attraverso la storia e l’identità di una delle Maison più rappresentative del Made in Italy. Ogni aspetto del percorso espositivo riflette la maestria e l’innovazione che caratterizzano il concept della mostra, interpretando e concretizzando la visione creativa di Dolce& Gabbana, traducendo la loro narrazione in un’esperienza espositiva coinvolgente. Dopo il suo debutto a Milano, la mostra prevede di toccare alcuni dei più influenti centri culturali internazionali, sottolineando l’approccio globale nella celebrazione di moda, arte e patrimonio italiano. Durante la mostra “Dal Cuore alle Mani: Dolce e Gabbana”, Palazzo Reale valorizza la propria eredità culturale presentando al pubblico alcune opere significative, precedentemente appartenenti alle sue raccolte, in un confronto creativo con le esclusive creazioni di Alta Gioielleria di Dolce&Gabbana. L’iniziativa “Tesori Riflessi” è un progetto del Comune di Milano – Cultura e realizzato da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei insieme a Filmmaster. Questa sezione speciale della mostra evidenzia le eccezionali realizzazioni di cinque artisti del XVIII e XIX secolo, che hanno contribuito all’estetica e agli arredi di Palazzo Reale, influenzando moda, gusto e design per generazioni. La curatela di “Tesori Riflessi” è affidata a Domenico Piraina, Direttore di Cultura del Comune di Milano e del Palazzo Reale, e a Simone Percacciolo, responsabile per la Valorizzazione del Palazzo Reale e per la Comunicazione.


“Ci troviamo di fronte ad una mostra che ha qualcosa di eccezionale” – ha spiegato Emanuele Tulli, Filmmaster Managing Director – c’è un’attenzione per il dettaglio mai vista finora, sia nei confronti del contenuto che del contenitore. Il percorso espositivo è una straordinaria esperienza immersiva, in equilibrio tra analogico e digitale. L’attenzione del visitatore viene catturata dalla complessa ricostruzione scenografica, che dialoga in armonia con le collezioni esposte”. “È stata una bellissima sfida, questo genere di progetti richiedono un grande lavoro di team, un grande lavoro dietro le quinte, e il modo in cui tutti abbiamo lavorato insieme è stato semplicemente meraviglioso. Talvolta quando le mostre sulla moda vanno nei musei – ha detto Nigel Hurst, vicepresidente e direttore di IMG Exhibition – tendono a essere abbastanza statiche, ma in realtà la moda è sempre in movimento, tanto letteralmente quanto metaforicamente, quindi abbiamo voluto creare una mostra che riflettesse quel dinamismo. Io amo il massimalismo, ‘More is More’. Credo che questo progetto affascinerà il pubblico in tutto il mondo”.

Alla Biennale di Venezia anche il Padiglione del Grenada

Alla Biennale di Venezia anche il Padiglione del GrenadaRoma, 16 apr. (askanews) – Manca poco all’inaugurazione di una delle manifestazioni d’arte più attese e prestigiose d’Italia: la 60° Biennale di Venezia, che aprirà i battenti a partire dal 20 aprile fino al 24 novembre. Il titolo di questa edizione “Stranieri Ovunque” – “Foreigners Everywhere” sottolinea una poetica contraria a razzismo e xenofobia.


La Biennale quest’anno avrà la partecipazione di 88 Stati esteri articolati nei Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Tra questi riconferma la sua presenza il Grenada, isola nel mar dei Caraibi conquistata in origine dai francesi con uno sterminio degli indigeni e passata poi, storicamente, sotto dominio inglese. Il progetto espositivo, curato da Daniele Radini Tedeschi, si intitola “No man is an island” traendo spunto dai versi del poeta John Donne. L’intenzione curatoriale è quella di dare un volto collettivo all’umanità – senza divisioni o separazioni – a tal punto che la morte di un uomo diventa lutto interiore di ognuno. Gli artisti in mostra, alcuni originari del luogo e altri internazionali, si sono ispirati anche al pensiero dello scrittore martinicano Édouard Glissant che sottolinea quanto ogni popolo non debba avere una identità fissa bensì aprirsi all’ascolto, attraverso il dialogo e lo scambio reciproco. Combattere divisioni, totalitarismi di qualsiasi natura si fa sempre più urgente in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo, in un momento storico in cui il numero di migranti forzati ha toccato le massime vette. Migrazione, decolonizzazione, trans-culturalità saranno i filoni espressivi di ogni autore in mostra, considerando inoltre quanto i Caraibi, di cui il Grenada fa parte, siano attualmente osservatorio significativo di influssi culturali diversi per la presenza di amerindi, africani, europei e indiani; terra che si pone, in assoluto, come luogo di incontro, relazione e passaggio verso il continente americano.


Jason deCaires Taylor è autore di sculture “sottomarine” abbandonate nei fondali oceanici, alterate nel tempo da una variopinta fauna sommersa, che rappresentano una fusione tra essere uomo e essere mondo, dove i riflessi della figura sulla superficie danno la visione di una sagoma cangiante e ogni volta nuova. Una ricerca invece concentrata sul linguaggio è propria di Lorenzo Marini, artista italiano che ragiona su quanto i sistemi linguistici, rappresentati da lettere su tela, possano influire nei rapporti umani creando gorghi e separazioni. Gabriele Maquignaz mette in scena sulla tela un’esplosione mistica e spirituale che apre a una possibilità di salvezza. Suelin Low Chew Tung invece si concentra sui mutamenti del proprio corpo colpito da una grave malattia che, se da un lato genera quasi un senso di estraneità, dall’altro determina “un’etica di complicità” verso l’esterno. E ancora Antonello Diodato Guardigli (ADGART), con un gigantesco catasto di detriti e macerie, pone lo spettatore dinnanzi alle conseguenze di ogni guerra. Benaiah Matheson torna sui rapporti tra due culture, da lei vissute, che interessano luoghi profondamente diversi: Carriacou (isola sorella del Grenada) e Huddersfield (Regno Unito). Nello Petrucci mette in scena, con una grande scultura in vetro, l’abisso interiore di un uomo clownésco, portavoce di un pensiero totalizzante. Frederika Adam e Alma Fakhre, al contrario, prospettano un universo mistico, in equilibrio; in particolare la prima lo fa con fotografie aventi a soggetto l’ecosistema, come a ricordare che il genere umano non custodisca in sé il principio di esclusività, mentre l’artista Fakhre mostra attraverso fotografia e pittura uno studio che rimanda al concetto di comunità e unicità al contempo.


Con Breakfast invece arte cinetica e uomo si rapportano: esperienze interattive tra macchina e visitatore registrano brevi interazioni di ogni individuo a contatto con il monitor generando una memoria dell’opera d’arte collettiva e non più individuale. The Perceptive Group si presenta come un collettivo di artisti, alcuni residenti in Grenada mentre altri internazionali – Bollani, Feofeo, Carlo Ciucchi Picchio, Fiorangela Filippini, Gina Marziale, Silvana Mascioli, Luca Ripamonti, Michele Rosa, Salvatore Scaramozzino, Emilio Sgorbati, Fedora Spinelli- orientati a una ricerca pittorica, scultorea, fotografica, proiettata nel “sistema complesso di un’identità relazionale” dove l’individualità di ciascuno si fonde in un contesto di comunione attraverso l’attenzione prestata alle relazioni tra le cose o semplicemente seguendone la loro reciproca “corrispondenza”.

Padiglione Israele in Biennale: non apriamo fino a cessate fuoco

Padiglione Israele in Biennale: non apriamo fino a cessate fuocoMilano, 16 apr. (askanews) – Il Padiglione israeliano alla 60esima Biennale d’arte di Venezia, nel giorno della pre apertura, ha annunciato che non aprirà le proprie porte fino al raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. L’artista Ruth Patir e i curatori del progetto hnnoa deciso questa forma di protesta per tentare di sensibilizzare anche il pubblico dell’arte internazionale sulla situazione in Medio Oriente.


Sulla porta a vetri del padiglione è stato affisso un comunicato della rappresentanza israeliana che annuncia al pubblico la decisione. L’apertura al pubblico della Biennale è prevista per sabato 20 aprile. Data la situazione del conflitto è possibile che l’apertura del padiglione di Israele sia ancora distante.

Biennale Arte, un mondo di stranieri per un presente diverso

Biennale Arte, un mondo di stranieri per un presente diversoVenezia, 16 apr. (askanews) – L’immagine simbolo è il Padiglione centrale, completamente ricoperto dalle pitture amazzoniche del collettivo MAHKU, che ha portato lo spirito della foresta, degli animali e delle comunità indigene a colonizzare il simbolo della Biennale di Venezia. In un circuito di ri-apertura al mondo e alle sue pluralità, oltre che di restituzione, che sembra essere il filo conduttore della 60esima Biennale d’arte intitolata “Foreigners Everywhere – Stranieri ovunque” e diretta dal primo curatore latinoamericano della storia, il brasiliano Adriano Pedrosa.


“L’espressione ‘Stranieri Ovunque’ – ha spiegato Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri”. Come principio guida, la Biennale Arte 2024 ha privilegiato artisti che non hanno mai partecipato all’Esposizione Internazionale, e attraversando gli spazi espositivi si percepisce un senso di urgenza, di ricerca, di apertura. Molti degli artisti presenti ci hanno detto che si sono riconosciuti immediatamente nell’idea di “straniero” scelta dal curatore, anche perché molti di loro vengono da territori che spesso sono confini, geografici o metaforici, del mondo contemporaneo. E sui confini si annidano le tensioni e le frizioni, che questa Biennale racconta soprattutto attraverso i ragionamenti sul corpo, sull’identità, sulla repressione e la diversità: siano di genere o orientamento sessuale, siano tecnologiche o politiche. Lo spazio del grande palcoscenico del contemporaneo si apre (quasi) per la prima volta a chi, straniero, non aveva avuto voce finora.


A partire da una scritta luminosa del collettivo Claire Fontaine, la mostra si snoda attraverso i luoghi e il tempo, con una forte presenza di artiste donne e di collettivi, con una sensazione di urgenza che alimenta il lavoro e prende forme diverse, dalle grandi installazioni alle fotografie, dalle performance ai murales. Come quello del collettivo indiano Aravani, che unisce donne cisgender e transgender, e che con la forza politica dei colori racconta storie di libertà, diritti ed emancipazione possibile. Ma le storie che si incontrano avvicinandosi alle opere e alle visioni degli artisti della mostra internazionale sono innumerevoli e molte ruotano intorno all’essere queer e alla necessità di andare oltre ogni idea di differenza. La sensazione è che questa Biennale, pur riprendendo strutture formali riconoscibili e consapevoli del fatto che si sia sempre all’interno del più grande sistema dell’arte, abbia comunque spinto il confine decisamente più avanti, abbia messo l’Occidente di fronte alle reali proporzioni del mondo; alle istanze di giustizia, sociale e climatica in primo luogo, che non possiamo più ignorare; al sempre più evidente bisogno di un paradigma che vada oltre il Realismo capitalista per aprire nuovi spazi. Nei quali gli “stranieri ovunque” diventiamo anche noi. E forse partendo da lì potremo essere liberi.


(Leonardo Merlini)

Amadeus: è tempo di nuove sfide professionali

Amadeus: è tempo di nuove sfide professionaliRoma, 15 apr. (askanews) – “Lavorare in Rai per tanti anni è stato per me motivo di orgoglio, di responsabilità e di immenso piacere. Al servizio pubblico va il mio più sentito ringraziamento. Grazie a tutti i Dirigenti che ho incontrato negli anni, che hanno riposto in me fiducia, garantendomi autonomia e serenità. Non è stata per me una scelta facile anche in considerazione degli sforzi importanti fatti in Rai per trattenermi, e senza che io abbia mai fatto alcuna richiesta per favorire i miei familiari o per escluderemiei passati collaboratori, a dispetto di quanto è stato fatto circolare sulla stampa negli ultimi giorni. Non è nel mio stile. Un grazie speciale va alle Maestranze Rai che rappresentano al meglio lo spirito dell’azienda. Grazie annche ai Colleghi e ai tanti Artisti che hanno creduto in me e si sono fatti coinvolgere nelle mie idee. I programmi che ho avuto la possibilità e la gioia di realizzare (Sanremo compreso) appartengono al Pubblico, ma rappresentano per me un pezzo di cuore e vita. Sono entrato ogni giorno nelle case di milioni di persone, ho provato a ripagare il grande affetto e l’apprezzamento ricevuto , con il lavoro, la professionalitàil rispetto e la libertà. Ho dato tutto me stesso. Ora è tempo di nuove sfide professionali e personali. E’ tempo di nuovi sogni. Grazie a tutti. Ci vediamo in Tv”. E’ il testo del video di Amadeus su Instagram.

JR in Stazione Centrale, una montagna per raccontarne la storia

JR in Stazione Centrale, una montagna per raccontarne la storiaMilano, 14 apr. (askanews) – Il Traforo del Sempione e la Stazione Centrale di Milano, un’illusione ottica tipica della pratica di JR, l’artista francese che sta cambiando con il suo passo scanzonato molti dei luoghi comuni sull’arte contemporanea, coinvolgendo spazi e persone in una narrazione che è certamente spettacolare e spendibile su Instagram, ma all’interno di una pratica che si connota sempre per forti elementi sociali.


L’opera è intitolata “La nascita” e vuole, attraverso le sue tipiche “coperture” e “ferite” dei monumenti, rivelare gli strati storici della stazione, costruita in seguito all’apertura del Traforo del Sempione nel 1906, monumentale impresa ingegneristica che diede avvio all’era dei grandi spostamenti in treno da Milano. L’opera milanese è anche la prima anamorfosi scultorea di JR, che si discosta dal mezzo tipico dello street artist, ossia carta e colla, per stampare l’immagine direttamente su pannelli di alluminio, che ampliano la stessa idea degli interventi pubblici dell’artista. L’installazione nasce per la Design Week di Milano e resterà visibile al pubblico fino al 1 maggio.