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A Malaga la mostra “Maria Blanchard. Pittrice malgrado il Cubismo”

A Malaga la mostra “Maria Blanchard. Pittrice malgrado il Cubismo”Roma, 12 mar. (askanews) – Il 30 aprile verrà inaugurata la mostra María Blanchard. Pittrice malgrado il Cubismo, una retrospettiva che illustrerà, in un percorso cronologico, le diverse fasi della vita artistica della pittrice spagnola (Santander, 1881 – Parigi, 1932), al Museo Picasso di Malaga.


María Blanchard fu la prima artista donna in Spagna ad adottare lo stile cubista e a sperimentare la frammentazione e le prospettive multiple nelle sue opere, motivo per cui il suo contributo al Movimento Moderno è considerato di particolare rilevanza. La sua scelta stilistica, insieme alla maestria tecnica e al rispetto che si guadagnò tra i contemporanei, hanno fatto di María Blanchard una figura di riferimento. Questa mostra va ad aggiungersi a quelle organizzate negli scorsi anni dal Museo Picasso Málaga per celebrare il lavoro di artiste donne. La mostra monografica illustrerà, in un percorso cronologico, le varie fasi della vita artistica di María Blanchard (Santander, 1881 – Parigi,1932), mettendo in luce la ricchezza simbolica, l’impegno sociale, la complessità formale e il carattere innovativo delle opere realizzate dalla pittrice spagnola nella sua relativamente breve carriera. Indubbiamente il lavoro della Blanchard non venne apprezzato come meritava in un contesto culturale che riteneva inferiore il ruolo delle donne nell’arte. Pittrice impegnata fino in fondo nel suo particolare modo di vivere e creare, María Blanchard superò i limiti degli stereotipi di genere.


Contribuì al Movimento Moderno come prima donna artista in Spagna a utilizzare sistematicamente lo stile cubista per costruire immagini. La combinazione di elementi geometrici e una sapiente simultaneità di punti di vista conferiscono un carattere originale sia alle immagini più astratte del primo periodo sia alle sue creazioni figurative post-cubiste realizzate a partire dal 1920. Il suo repertorio tematico con soggetti ispirati alla maternità, scene domestiche, bambini e donne lavoratrici riflette una partecipe attenzione femminile verso la vulnerabilità della condizione umana e il potere evocativo delle emozioni. Aspetti, questi, che mette in risalto con un’impeccabile padronanza tecnica e un palese interesse per la storia e la tradizione della pittura europea. Curata da José Lebrero Stals, la retrospettiva riunirà circa novanta opere della pittrice spagnola considerata la grande signora del Cubismo.


Il Museo Picasso Málaga mostra ancora una volta attenzione nel celebrare le artiste donne del XX secolo, dopo le precedenti mostre dedicate a Sophie Taeuber-Arp (2009), Hilma af Klint (2013), Louise Bourgeois (2015), Le artiste donne e il surrealismo (2017) e Paula Rego (2022).

”La Pietà di Michelangelo”, tra arte e fede: libro di Orazio La Rocca

”La Pietà di Michelangelo”, tra arte e fede: libro di Orazio La RoccaRoma, 11 mar. (askanews) – E’ storicamente considerato il più seguito e il più criticato viaggio di un’opera d’arte. E’ il trasporto per terra e per mare negli Stati Uniti d’America della Pietà di Michelangelo, capolavoro tra i più noti di tutti i tempi, devotamente ammirato e custodito nella basilica di San Pietro dal 1499, l’anno in cui vede la luce. La scultura che 465 anni dopo, il 4 Aprile del 1964, tra critiche e polemiche,esce dal Vaticano per la prima volta per essere portata alla Esposizione Universale di New York diventandone la star indiscussa, capace di attirare oltre 27 milioni di visitatori, un record finora imbattuto. L’opera resta a New York per ben 19 mesi, per fare ritorno in Vaticano il 13 Novembre 1965, accolta a braccia aperte da Paolo VI.


In occasione del 60esimo anniversario del viaggio, esce il libro “In viaggio con la Pietà” – sottotitolo “Il capolavoro di Michelangelo alla Esposizione Universale di New York 1964” – edito dalla San Paolo, scritto dal giornalista e scrittore Orazio La Rocca. “Il volume si avvale della “presenza” di tre angeli custodi d’eccezione – scrive l’autore – il cardinale Mauro Gambetti, presidente della Fabbrica di San Pietro ed arciprete della basilica vaticana, tutore massimo della stessa Pietà, che firma la presentazione; Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, autrice della prefazione; e Massimiliano Fuksas, tra i più grandi architetti al mondo, che ha scritto la postfazione. Tre nomi di altissimo livello, tre differenti storie personali, per professioni, competenze, interessi culturali dalle radici differenti, ma, legati da un unico denominatore comune nel sostenere che il viaggio negli States della Pietà è stato unico ed irripetibile”.


E certamente anche per questo parlarne a 60 anni di distanza si toccano tasti emotivi anch’essi “unici ed irripetibili”, destinati a colpire ancora oggi storici dell’arte, pellegrini, critici, gente comune, vale a dire tutto quel mondo che da circa 5 secoli ruota intorno alla Pietà appena mette piede nella basilica vaticana, restandone sempre affascinato. Una sorta di “commedia” dell’arte messa in scena da più “interpreti”. Il primo, a sua insaputa, il “padre” della Pietà, Michelangelo Buonarroti; seguito da due Papi, Giovanni XXIII e Paolo VI, dal capo della Chiesa cattolica degli States, il cardinale di New York Francis Joseph Spellman, da tecnici vaticani e americani gli uni contro gli altri armati per i disaccordi esplosi a causa delle differenti identità di vedute operative su come tutelare la scultura durante il viaggio; e, in maniera elegantemente defilata, John Fitzerald Kennedy, primo presidente cattolico Usa, il principale, benchè riservato, sponsor dell’operazione Pietà americana pro tempore.

”Gli ultimi Carbonari. La Storia di chi cambiò la Storia” di Balsamà

”Gli ultimi Carbonari. La Storia di chi cambiò la Storia” di BalsamàRoma, 10 mar. (askanews) – Una rivoluzione pacifica e democratica, la rivendicazione dei propri diritti non solo per se stessi ma per la crescita e l’evoluzione di un’intera società, un cambiamento storico in uno dei momenti più difficili della storia dell’Italia moderna. Sono solo alcuni degli elementi del romanzo storico ‘Gli ultimi Carbonari’, La Storia di chi cambiò la Storia, scritto da Giuseppe Sergio Balsamà, ex commissario di Polizia in pensione che ha lavorato per 36 anni in prima linea alla Squadra Mobile della Questura di Roma, con una lunga esperienza nel sindacato di polizia, ex segretario provinciale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori di Polizia). Una storia poco conosciuta, raccontata in prima persona da un narratore che è anche protagonista delle vicende dei Carbonari, che rappresenta un elemento fondamentale dell’evoluzione democratica dell’Italia, della nascita di una Polizia moderna, della smilitarizzazione del Corpo di Polizia, della nuova gestione dell’ordine pubblico, proprio in un momento di nuove tensioni sociali.


‘Non ci sono altri libri di questo genere. I Carbonari, quei colleghi che hanno sfidato il sistema anacronistico dell’epoca, nei loro testi si sono soffermati principalmente su alcuni avvenimenti legati alla sindacalizzazione, io ho cercato di focalizzarmi sull’intera storia. Una battaglia portata avanti non solo per la categoria, ma anche per la società civile’, racconta Balsamà parlando del libro edito da Edizioni Lavoro, con presentazione di Michele Placido e prefazione di Gianfranco D’Anna. ‘Nel corso della mia lunga attività sindacale, iniziata nel 1989, ho avuto la fortuna di incontrare questi colleghi che erano stati protagonisti del movimento clandestino e della smilitarizzazione della Polizia di Stato, di un processo che ha avuto ripercussioni sociali di cui pochissimo si parla. I loro racconti, le loro vicissitudini personali, professionali e familiari, non solo mi avevano affascinato ma anche posto quesiti e turbato, e da lì è nato il bisogno di raccontare la loro intima sofferenza vissuta dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, rivolgendomi non solo agli addetti ai lavori ma anche alla società civile’.


‘Una categoria di lavoratori, quella dei poliziotti, esclusa ed emarginata, che non poteva ancora avvalersi del diritto di parola né di pensiero’, scrive l’autore, riferendosi alle condizioni in cui versavano le guardie di pubblica sicurezza e introducendo poi la storia del protagonista che parte dalla Sicilia nel 1954 verso Roma per raggiungere la scuola di Polizia ‘Castro Pretorio’. Un periodo di sacrifici e privazioni, lavorando sette giorni su sette, con il rischio di essere licenziato o deferito al Tribunale militare. Un periodo in cui ‘cessato il boom, cominciarono ad affiorare i problemi reali, le prime storture di un sistema economico cresciuto senza regole’, si legge ancora, per arrivare alle prime lotte di classe, le manifestazioni ‘con il malcontento dei lavoratori che dilagò nel Paese a macchia d’olio’ con operai e studenti da una parte e la Polizia dall’altra. ‘Ero impressionato nell’ascoltare quelle testimonianze inedite che descrivevano con dovizia di particolari la vera natura della Polizia di quegli anni. Una Polizia militarizzata, pervasa da principi autoritari. Questi uomini di cui parlo erano decisi a cambiare il corso della storia e non accettavano che nel nostro Paese, dopo 30 anni dalla promulgazione della Costituzione e poco tempo dall’entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, i poliziotti fossero considerati dei cittadini invisibili, di serie B, esclusi ed incompresi da quella stessa società democratica’ che, spiega l’autore, ‘non sapeva quanto accadesse all’interno del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza’. ‘Solo nel 1953, l’allora Ministro degli Interni Fanfani aveva preso coscienza che ai poliziotti non veniva riconosciuto il riposo settimanale, come previsto dall’articolo 36 della Costituzione, rendendolo obbligatorio’, recita il testo.


Questi Carbonari, protagonisti di una riforma di vasta portata ‘si erano distinti per il loro alto senso dello Stato, per il loro grande equilibrio, non erano rivoluzionari, ma veri eroi senza medaglia, silenziosi, sconosciuti. Non si limitavano a rivendicare esclusivamente i diritti della loro categoria ma si preoccupavano anche del resto della società’, sottolinea Balsamà che racconta anche i sentimenti, l’anima di questa battaglia clandestina. Una lotta che generava anche timori e preoccupazioni per le possibili conseguenze: ‘Questi colleghi che decisero di partecipare al primo nucleo clandestino erano consapevoli dei seri rischi che correvano, come il licenziamento in tronco, il carcere militare o il trasferimento ad altra sede, provvedimenti che avrebbero messo a repentaglio il loro futuro e quello della loro famiglia. Nello svolgimento della loro missione, di questa pacifica rivoluzione democratica, non sono mancati momenti di sconforto, di timore, di un imperdonabile senso di colpa per aver trascurato la loro famiglia, i loro affetti più cari, coinvolgendoli indirettamente in quella battaglia che per loro rappresentava una giusta lotta democratica’. ‘Anche tra le nostre fila si sentiva l’esigenza di intervenire sull’istituzione ‘Polizia’ nell’intento di trasformarla in una struttura in primo luogo più ‘umana’ ed adeguata alle esigenze dei cittadini e del personale che vi operava’, si legge in un passo. E ancora: ‘Ci trovavamo in piazza a dover combattere persone come noi, individui che stavano rivendicando i loro diritti, una vita migliore’ e ‘gli scontri tra noi e gli studenti erano all’ordine del giorno. Attacchi duri da ambo le parti. A Valle Giulia, sede della facoltà di Architettura, si svolse una delle più violente manifestazioni dell’epoca’, racconta l’autore riferendosi ad una delle pagine più tristi della storia del nostro Paese.


‘I rischi legati all’attività clandestina, aumentarono con l’arrivo del terrorismo, quando iniziarono a morire i primi colleghi, e tra loro qualche carbonaro impegnato professionalmente – dice Balsamà – . Erano assaliti dalla paura di poter anch’essi diventare degli obiettivi a causa del loro impegno politico: si dovevano guardare dagli operai e dagli studenti in piazza, dai terroristi e dal ministero dell’Interno, che li teneva d’occhio. Tuttavia non si fermarono dinanzi a nessun ostacolo, consapevoli del consenso e dell’appoggio dei colleghi’. ‘Il momento della svolta, tra i tanti raccontati nel libro, arriva quando i Carbonari comprendono che non era sufficiente il solo consenso dei colleghi, ma che era necessario coinvolgere la società civile, il mondo politico e i sindacati confederali. Una strategia che con il tempo si rivelò vincente – spiega ancora l’autore – La svolta arrivò con il moltiplicarsi di questi incontri, riservati e clandestini, con parlamentari ed esponenti di tutte le forze politiche e sindacali, non permettendo mai a nessuno la strumentalizzazione del loro movimento. Tra i loro obiettivi anche quello di portare a conoscenza della gente che quelle forze di polizia, di scelbiana memoria, sul piano organizzativo, erano inadeguate ed impreparate alle esigenze del tempo, del Paese e alle sfide che lo Stato doveva affrontare, tra cui il terrorismo’. In questa dura e lunga lotta si distigue una figura che Balsamà vuole ricordare e che ritiene centrale e fondamentale per l’esito della storia: ‘Noi poliziotti senza un giornalista come Franco Fedeli, non avremmo mai potuto condurre quella pacifica rivoluzione democratica. In quegli anni, la rivista ‘Ordine Pubblico’, con il suo lungimirante direttore, rappresentò un elemento dirompente per abbattere il sistema ormai anacronistico. Inizialmente Fedeli, attraverso le pagine del suo giornale, aveva dato vita ad un dibattito sulle varie proposte di riforma dell’apparato di pubblica sicurezza. Poi a contatto con il nostro mondo si rese conto che andava cambiato per cambiare la società. Dall’esterno divenne il regista di questo cambiamento. In modo elegante e da ex partigiano, abituato alla clandestinità, costituì con il suo giornale l’unica valvola di sfogo delle quotidiane frustrazioni dei poliziotti, mettendo a nudo le loro drammatiche condizioni di vita e gli abusi da loro quotidianamente subiti. Fu un uomo coraggioso, carismatico a cui la Polizia deve tanto. Quel Caronte che ci traghettò dalla sponda dell’oppressione a quella della libertà’. Passando attraverso decine di incontri clandestini, i primi tentativi di raccontare al mondo la realtà quotidiana dei poliziotti, proteste improvvisate seguite da repressioni e indagini interne, le riunioni con sindacati e politici e i primi ufficiali che si schierano apertamente con i Carbonari ‘il nostro sogno si realizzò il primo aprile del 1981 con la riforma che sancì la smilitarizzazione della Polizia e con essa la conquista del sindacato. Dalle ceneri del Corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza, nacque finalmente la Polizia di Stato; le stellette della divisa, simbolo della condizione militare, lasciarono il posto alle mostrine raffiguranti fiamme d’oro su fondo cremisi’, recita il protagonista del romanzo. ‘I contenuti di questo libro sono ancora oggi di estrema attualità. Anche in questi ultimi giorni si parla di gestione dell’ordine pubblico e della piazza. I recenti avvenimenti ci fanno riflettere sugli sforzi posti in essere dai Carbonari, da questi uomini decisi e determinati che, con dignità, e nel rispetto dell’istituzione che rappresentavano offrirono il loro contributo per la costruzione di una nuova e diversa politica della sicurezza pubblica, desiderosi di abbattere quel muro di diffidenza che li separava dalla società civile. Conquiste di questi uomini coraggiosi che se non facciamo attenzione rischiano oggi di essere vanificate’, sottolinea Balsamà. ‘All’epoca i poliziotti, considerati proletari dallo stesso Pasolini in una sua celebre poesia, avevano cominciato a dialogare con gli operai e gli studenti per spiegare di non essere i loro antagonisti nelle piazze, di non rappresentare la loro controparte, ma semplici lavoratori. Dopo la diffidenza iniziale, si aprì il dialogo. Iniziò quel confronto che era divenuto improcrastinabile in un periodo storico caratterizzato da continui scioperi. Adesso questo muro di diffidenza rischia di rialzarsi – aggiunge – Può accadere che una situazione sfugga di mano, ma la polizia di oggi non è quella di allora. Come ha detto il ministro dell’Interno Piantedosi la gestione dell’ordine pubblico resta democratica, non è cambiata. I cittadini devono comprendere che i poliziotti svolgono un ruolo fondamentale per assicurare ordine e sicurezza e sono sempre al loro fianco, per assicurare l’esercizio dei loro diritti, di quegli stessi diritti per i quali i nostri carbonari hanno instancabilmente lottato’.

Nebula, una nuova mostra della Fondazione In Between Art Film

Nebula, una nuova mostra della Fondazione In Between Art FilmMilano, 8 mar. (askanews) – Fondazione In Between Art Film ha annunciato Nebula, una nuova mostra collettiva che aprirà al pubblico il 17 aprile 2024 al Complesso dell’Ospedaletto a Venezia in occasione della 60esima Esposizione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia.


Curata da Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi – rispettivamente Direttore Artistico e Curatore della Fondazione – Nebula presenterà otto nuove video installazioni site-specific commissionate a Giorgio Andreotta Calò (1979, Italia), Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme (1983, Cipro/1983, USA), Saodat Ismailova (1981, Uzbekistan), Cinthia Marcelle e Tiago Mata Machado (1974, Brasile/1973, Brasile), Diego Marcon (1985, Italia), Basir Mahmood (1985, Pakistan/Paesi Bassi), Ari Benjamin Meyers (1972, USA) e Christian Nyampeta. Tutte le otto opere sono commissionate e prodotte da Fondazione In Between Art Film, l’iniziativa concepita e presieduta da Beatrice Bulgari per promuovere la cultura delle immagini in movimento e sostenere gli artisti, le istituzioni e i teorici internazionali che esplorano il dialogo tra discipline e time-based media. Nebula, che in latino significa “nuvola” o “nebbia”, è il secondo capitolo di una serie di mostre organizzate dalla Fondazione a Venezia e continua quell’esplorazione degli stati della visione e della percezione extra-visiva già iniziata nel 2022 con Penumbra. La Fondazione torna al Complesso dell’Ospedaletto e ne trasforma nuovamente gli spazi: il risultato è un’architettura sensoriale che ingloba la Chiesa di Santa Maria dei Derelitti, la sala affrescata della musica e l’antica farmacia, e che svela un’ala mai aperta al pubblico della casa di riposo moderna.


Nebula amplifica il dialogo narrativo e spaziale tra il medium della video installazione e l’architettura che la ospita. Le opere sono state appositamente commissionate per la mostra e concepite dagli artisti in stretta relazione strutturale, visiva e sonora con gli spazi del Complesso dell’Ospedaletto. Sviluppata nell’arco di due anni, Nebula conferma la metodologia della Fondazione che, attraverso progetti espositivi ambiziosi imperniati sulla commissione e produzione di opere di immagini in movimento, offre agli artisti supporto curatoriale e produttivo di lunga durata. Beatrice Bulgari, Presidente della Fondazione In Between Art Film, dichiara: “È per noi un privilegio tornare a Venezia e, in particolare, al Complesso dell’Ospedaletto dopo il successo di Penumbra. È anche un’occasione per ampliare la nostra riflessione sul ruolo delle immagini in movimento nella nostra società come medium di espressione creativa. Se Penumbra guardava all’oscurità come soglia tra la luce e il buio, Nebula va oltre questa dicotomia utilizzando una metafora ampia come quella della nebbia, che rende tutto meno definito. Questo stato di nebulosità e di sospensione ci parla della possibilità dell’arte di scoprire nuove coordinate poetiche all’interno di tempi come i nostri, disorientati e disorientanti. Sono entusiasta di condividere con il pubblico internazionale della Biennale le opere degli artisti che ci hanno accompagnato in questo viaggio nell’ignoto”.


L’idea della mostra si ispira al fenomeno della nebbia come condizione materiale e metaforica in cui la possibilità di orientarsi tramite la vista si riduce, rendendo necessario attivare strumenti sensoriali diversi per conoscere la propria posizione e comprendere ciò che ci circonda. In questo contesto, le opere di Nebula affrontano forme di frammentazione psicologica, socio-politica, tecnologica e storica, e suggeriscono modalità per navigare il nostro tempo presente, spesso attraversato da forze che, come la nebbia, appaiono immateriali e insormontabili. Gli artisti in mostra rivolgono così l’attenzione a quegli spazi interiori e individuali che si rendono necessari di fronte a eventi che condizionano i movimenti delle esistenze. Infine, ponendo al centro del progetto allestitivo la diffusione di immagini e suoni nello spazio, Nebula propone anche una riflessione sulla produzione continua e sulla distribuzione pervasiva di sollecitazioni visive, informazioni, speranze e paure. Alessandro Rabottini, Direttore Artistico, e Leonardo Bigazzi, Curatore, della Fondazione In Between Art Film, affermano:”Ancora una volta è stata l’atmosfera unica di Venezia a ispirare l’idea su cui costruire la mostra e commissionare le otto video installazioni ad altrettanti artisti internazionali. A Venezia la nebbia diventa lo spazio liminale in cui acqua e cielo si fondono, dove la luce si fa presenza diffusa e misteriosa. È un fenomeno meteorologico che dimostra quanto possa essere fallace il nostro senso della prospettiva e la nostra comprensione di ciò che è al di fuori di noi. Grazie ai punti di vista degli artisti partecipanti, Nebula espande l’immagine del disorientamento dato dalla nebbia in una miriade di significati metaforici più ampi: dalla dimensione globale della migrazione alla percezione individuale della mortalità, dalle strutture opprimenti dell’economia alle conseguenze imponderabili della tecnologia”.


Ippolito Pestellini Laparelli e il suo studio milanese 2050+ sono stati nuovamente invitati a interpretare e spazializzare il progetto curatoriale attraverso la scenografia della mostra. I loro interventi di cesura e collegamento sinestetico tra le opere metteranno in scena situazioni visive, acustiche, tattili e mentali nebulose che a volte enfatizzano, altre volte celano, l’architettura originale. Nebula sarà accompagnata da un simposio interdisciplinare curato da Bianca Stoppani, Editor della Fondazione In Between Art Film, che coinvolgerà gli artisti presenti in mostra ed espanderà il dibattito riguardo alle loro pratiche attraverso momenti discorsivi con curatori e intellettuali internazionali. Il Complesso dell’Ospedaletto è uno spazio culturale che fa parte di Ospedaletto Contemporaneo, un’iniziativa promossa da Venews Arts.

Le energie di Giovanni Anselmo: l’invisibile oltre l’orizzonte

Le energie di Giovanni Anselmo: l’invisibile oltre l’orizzonteBilbao, 7 mar. (askanews) – Lo spazio, il tempo, i campi magnetici, le forze gravitazionali: Giovanni Anselmo ha praticamente sempre lavorato come artista intorno a questa tematiche e il Museo Guggenheim Bilbao gli dedica una grande mostra per raccontare una pratica e una visione che oggi, al tempo della crisi climatica, appare di perdurante attualità. Anselmo, morto a fine 2023, ha seguito la realizzazione del progetto fino all’ultimo e il museo vuole restituire “la profondità e il vitalismo della sua lezione”. Che, come ci ha detto Marta Blavia, del team di curatori del Guggenheim, ha avuto grande influenza.


“Sono in tanti – ha spiegato ad Blavia ad askanews – gli artisti contemporanei che dopo di lui hanno seguito questa strada di riflettere sulla natura, sulle forze che determinano il mondo. Quindi sono state scelte 41 opere che recuperano e che rivisitano tutta la sua carriera artistica sin dall’inizio negli Anni Settanta, fino a oggigiorno”. Forme, materiali, giustapposizioni tra grande peso e leggerezza, tra marmi e proiezioni effimere, a volte segrete, ma presenti e attivate dal passaggio dei visitatori. Tutto si muove intorno a un’idea di energie che si intrecciano e contribuiscono a dare forma al mondo e, ovviamente, alla stessa arte di Anselmo, che tende ad avvicinarsi all’infinito e, soprattutto, all’invisibile. “Quando camminiamo per le gallerie – ha aggiunto Marta Blavia – ci rendiamo conto che troviamo delle opere realizzate in diverse epoche, ma che alla fine parlano da diverse prospettive sui concetti essenziali, come la forza, l’energia, lo spazio, il tempo, eccetera eccetera”.


È chiaro che, di fondo, le suggestioni che si percepiscono in mostra rimandano alla sintassi dell’arte povera, ma le definizioni sono sempre restrittive alla fine e il lavoro di Anselmo mantiene una sua unicità, una sua coerenza, che lo avvicinano ad altri grandi della scena italiana molto difficili da incasellare, come per esempio Giulio Paolini. Ma ognuno corre da solo e lo fa con il suo passo ed è bello immaginare che fuori dalla celebre fotografia su tela “Entrare nell’opera”, l’artista stia correndo verso il mistero, l’insoluto e la sua complessa dimensione di libertà. Intitolata “Oltre l’orizzonte” e curata da Gloria Moure, l’esposizione del Guggenheim Bilbao è aperta al pubblico fino al 19 maggio.

Libri, “La ragazza di Boston”: il nuovo romanzo di Paolo Valenti

Libri, “La ragazza di Boston”: il nuovo romanzo di Paolo ValentiRoma, 7 mar. (askanews) – “La ragazza di Boston” è il nuovo romanzo del giornalista Paolo Valenti: edito da Arkadia Editore, sarà disponibile da domani, venerdì 8 marzo in tutte le librerie e negli shop online.


Le parole che danno il via alla storia sono quelle di Alessandro Gentili: un ragazzo di ventidue anni che, come tanti coetanei, divide le sue giornate tra studio, passione per il calcio e ascolto della musica. È il 21 marzo 1990 e sta per iniziare una nuova sessione d’esame. Alessandro non sa ancora che, varcando la soglia dell’aula, incontrerà la persona che più di ogni altra lascerà un’impronta indelebile nella sua vita: Meredith O’Brady, l’assistente che sta per interrogarlo, “la ragazza di Boston” del titolo, trasferitasi in Italia per via del lavoro del padre. Nel giro di poco tempo, la bella e brillante Meredith entra prepotentemente nelle giornate di Alessandro, insieme al quale si lancia con entusiasmo nel turbinio di emozioni, trasporto sentimentale e attrazione fisica di una relazione totalizzante. Passa qualche mese, siamo così nell’estate 1990: dopo la celebrazione del rito collettivo dei mondiali di calcio, Meredith spinge Alessandro ad accompagnarla nel suo temporaneo ritorno negli Stati Uniti. Una vacanza in cui Alessandro tocca con mano prima il dinamismo caotico di New York e delle sue esperienze fuori dal comune – come l’incontro ad Harlem con il reverendo che conobbe gli U2 quando girarono nella sua chiesa uno dei video del film Rattle and Hum – e poi la realtà diversa e più misurata di Boston.


Qui, per la prima volta, Alessandro intuisce che la sua relazione non gode dell’immunità ai problemi che, fino a quel momento, gli era parso che potesse avere. La conoscenza del fratello di Meredith e la notte nella quale lei lo lascia ad aspettarla fuori casa fino a tardi, portano Alessandro a coltivare dubbi e inquietudini che si materializzeranno a Roma qualche mese dopo, quando dal passato emergerà con prepotenza la figura di Francis, ex fidanzato di Meredith trasferitosi in Italia con l’intenzione di riconquistarla a tutti i costi. Non sempre l’amore vince su tutto…ma se le cose cambiassero quando, molti anni più tardi, un Alessandro ormai cinquantenne nel pieno della carriera, a Boston per motivi di lavoro, venisse colto dal richiamo di quei momenti mai più rivissuti, desiderando di incontrare nuovamente Meredith e di poterle aprire ancora le porte del suo cuore che, di fatto, non l’ha mai abbandonata?


“La ragazza di Boston è un romanzo intenso, una storia che racconta le esperienze totalizzanti della gioventù. Una cascata di emozioni che incide il suo percorso tra amore e amicizia, partite di calcio e passione per il rock e trova nel respiro lirico delle ultime pagine un finale scritto dalla fantasia del lettore”, commenta Paolo Valenti.

Arte, apre a Milano The Prism Core Center

Arte, apre a Milano The Prism Core CenterRoma, 7 mar. (askanews) – Dopo il successo di Project Revelation, sancito da oltre 5.000 visitatori, The Prism apre un nuovo spazio permanente: The Prism Core Center, dedicato alla ricerca artistica di Stefano Simontacchi, in Piazza Napoli 22 a Milano.


Un luogo di scambio e di sperimentazione, a ingresso gratuito, nato per creare connessioni con il pubblico, aperto alla città e ai visitatori, per stimolare la consapevolezza di sé e lo spirito di ricerca in ogni individuo. L’esposizione artistica e il palinsesto di eventi che saranno proposti sono curati da Marco Senaldi. The Prism Core Center è una piattaforma di dialogo artistico, ricerca interiore e sperimentazione che si apre alla dualità di introspezione e condivisione, un luogo dove fermarsi e dedicarsi del tempo. Un proposito che diventa sempre più necessario, essenziale in un tessuto urbano in perenne movimento che trova nella città di Milano la sua massima espressione. Da un lato, lo spazio propone una fruizione intima dell’arte esposta, che incoraggia il visitatore a una ricerca introspettiva e quindi individuale; al contempo si configura come luogo di scambio, di incontro e di sviluppo della conoscenza, grazie anche ad una ricca programmazione di appuntamenti ad ampio spettro tematico, tra talk, presentazioni di libri, workshop e laboratori aperti al pubblico.


The Prism Core Center ha l’obiettivo di creare connessioni con il mondo interiore ed esteriore intorno al quale ruota la vita di ogni individuo. Confrontarsi con le opere di The Prism significa intraprendere un viaggio emozionale che invita il visitatore a risvegliare immagini e archetipi dimenticati, ad andare oltre il semplice livello materiale, a riscoprire un dialogo tra la dimensione spirituale individuale e quella universale. Ogni opera esposta diventa una porta di ingresso verso una dimensione interiore più ampia alla scoperta del proprio autentico sé. Una visione e dei concetti che si radicano in una originale storia spirituale dell’arte, con rimandi alla fisica quantistica e sorprendenti riscontri negli studi neuroscientifici.


“The Prism Core Center proietta in una nuova dimensione che va oltre il concetto di mostra. – commenta Stefano Simontacchi, ideatore di The Prism – “È il cuore pulsante di un’esperienza in continuo divenire dove creazione, esposizione, interazione e scambio si fondono dando origine a una vera e propria opera d’arte vivente. The Prism Core Center è il concetto stesso di piattaforma fruibile che consente al visitatore di essere protagonista e creatore”. In merito alla realizzazione dello spazio The Prism Core Center, Stefano Simontacchi prosegue: “È molto bello avere partecipato a creare un luogo che dà la possibilità alle persone di vivere un’esperienza emozionale che diventa interazione. The Prism Core Center esiste per fare fruire l’energia che muove il mondo: le emozioni. Tantissime persone vengono e davanti a un’opera piangono, sorridono, si emozionano e poi ritornano per condividere l’esperienza con il partner, gli amici o i figli. È questa energia la vera protagonista qui”.


Gli ampi ambienti del centro ospitano la nuova sala espositiva Emotional Journey: l’imponente spazio accoglie un percorso composto da opere inedite afferenti alle emozioni, che per The Prism sono alla base del vivere quotidiano e delle esperienze che ognuno attraversa. Lo spettatore può godere e ammirare questa nuova esposizione accompagnato da un mediatore culturale, sempre presente all’interno dello spazio, per poi avventurarsi nel percorso immersivo di Project Revelation, un itinerario unico nel suo genere che si sviluppa attraverso sette sale, in cui lo spettatore, guidato dalla voce dell’artista, è protagonista di un viaggio meditativo e di rivoluzione umana, grazie alle opere esposte, all’utilizzo del suono, della luce, del colore e di una precisa simbologia.

Premio Artist of Europe: si afferma l’italiano Francesco Garofalo

Premio Artist of Europe: si afferma l’italiano Francesco GarofaloRoma, 4 mar. (askanews) – E’ finalmente arrivata, a distanza di circa tre mesi, la classifica definitiva del premio “Artist of Europe”, tenutosi presso l’Humboldt Forum di Berlino nel mese di dicembre 2023.


É stato un evento di grande risonanza nel mondo dell’arte, che ha visto la partecipazione di oltre 12000 artisti provenienti da ogni parte dell’Europa ed una giuria d’eccezione, di cui il celebre artista visivo Gerhard Richter ed il regista Werner Herzog sono stati componenti. Francesco Garofalo, italiano e, più precisamente, napoletano, classe 72, residente a Pizzighettone, in provincia di Cremona, si è distinto tra i partecipanti a questa prestigiosa competizione classificandosi al quarto posto.


L’evento, che ha visto la partecipazione di artisti di diverse discipline, è stata la stupenda e magnifica vetrina della creatività e del talento europeo. Le opere presentate, che spaziavano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia all’arte digitale, hanno offerto al pubblico una panoramica ricca e variegata delle espressioni artistiche contemporanee. La partecipazione dell’artista Francesco Garofalo, con l’opera “EYE OF PEACE”, è stata avvallata grazie all’ Unitelematica Elvetica ISFOA per volontà del Magnifico Rettore Stefano Masullo. Il suo ottimo piazzamento testimonia il livello elevato della qualità del lavoro svolto dall’artista italiano. La sua opera, realizzata con tecnica mista aerografo e spatola, ha saputo catturare l’attenzione della giuria e del pubblico rendendolo destinatario del meritato riconoscimento di collocarsi tra i migliori artisti europei presenti all’evento. Il premio Artista “Artist of Europe” a Berlino ha dunque confermato la vivacità e la diversità del panorama artistico del continente, offrendo una piattaforma di visibilità e confronto per talenti emergenti e affermati. Francesco Garofalo è, nel contempo, un esempio di eccellenza artistica italiana e un orgoglio per la scena artistica europea.


L’evento ha contribuito a celebrare la creatività e l’innovazione nel mondo dell’arte, evidenziando il ruolo fondamentale che gli artisti svolgono nella società contemporanea. Il successo di Francesco Garofalo rappresenta un esempio di valore inestimabile per gli artisti di tutto il continente, in quanto dimostra che il talento e la dedizione possono essere realizzativi di risultati straordinari anche in competizioni di livello internazionale.

A Roma inaugurato il progetto “Il Lavoro è vita, la vita è Donna”

A Roma inaugurato il progetto “Il Lavoro è vita, la vita è Donna”Roma, 4 mar. (askanews) – È stato inaugurato a Roma, presso la Borgo Pio Art Gallery, il progetto-evento “Il Lavoro è vita, la vita è Donna: la cultura dell’inclusione” a cura di Sveva Manfredi Zavaglia, un’iniziativa che punta a sensibilizzare il sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico e presentare la donna e i suoi molteplici ruoli, in dialogo tra Italia e Brasile, in occasione della giornata mondiale dell’Autismo ad aprile.


Il progetto, composto da due mostre, un workshop e un convegno-talk, è nato per sensibilizzare su tematiche difficili in un confronto di condivisione attraverso un progetto internazionale per la Fondazione Giovanni Campaniello Onlus a sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico, con la partecipazione della Confederazione AEPI: direzione Professioniste e Imprenditrici; Patrocinato dalla Regione Lazio: Assessorato Cultura e Pari Opportunità e Ambasciata del Brasile in Italia. Le opere in mostra esprimono emozioni, sentimenti, creatività e pensieri. Questa mostra ha l’obiettivo di favorire “l’inclusione sociale – ha detto la curatrice Sveva Manfredi Zavaglia – in riferimento al diritto di essere valorizzati e rispettati all’interno della nostra società. Questo è importante per quei bambini che hanno meno opportunità e incontrano più difficoltà, barriere e ostacoli. Ogni persona ha una luce e talenti unici. In questo senso, questa mostra è uno strumento importante in grado di spezzare le catene della disuguaglianza, offre un modo per dialogare con tutti. L’arte è così potente e positiva, rafforza l’autostima, l’empatia e l’autoriflessione. Attraverso le pratiche educative artistiche è possibile costruire un senso di appartenenza in cui le persone si sentano rappresentate e accettate”.


Artisti del panorama contemporaneo (tra cui Pamela Alfieri, Anya Anya, Bruss Albert Baltazar Garcìa, Paola Beck, Simona Bencivenga, Lorenza Bucci Casari, Paolo Campagnolo, Isabel Carafì, Giuliottavio Carradori, Sonia Casa de Robert, Massimo Ceccaccio, Riccardo Dalla Chiesa, en nico, Barbara Filippi, Giuseppe Fucsia, Andrea Gentili), si sono messi in gioco per realizzare un progetto pensato secondo i canoni espressivi adattato ai loro bisogni speciali e in cui si svilupperà il senso di identità e di appartenenza e trasparenza all’interno della galleria, che diventa così uno spazio protetto per liberare ed esprimere le emozioni, costruire amicizie e creare una nuova comunità. Inoltre, l’artista Paolo Pardi e i bambini della Fondazione realizzeranno un’opera tutti insieme, che verrà venduta, donata e dedicata alla Fondazione Giovanni Campaniello Onlus a sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico.

Passione Pokémon: le carte da collezione fenomeno anche in Italia

Passione Pokémon: le carte da collezione fenomeno anche in ItaliaMilano, 4 mar. (askanews) – Una passione sempre più diffusa, un hobby costoso, ma forse pure un’occasione di investimento. Collezionare carte Pokémon è diventato anche in Italia un fenomeno ricorrente, con centinaia di migliaia di appassionati che si muovono tra il Web e i negozi di giocattoli o le edicole, ma naturalmente anche nelle fiere, alla ricerca dei pezzi più pregiati. Per cercare di raccontare questa storia abbiamo incontrato chi su questa passione ha costruito un lavoro, come Makeawish, uno dei più seguiti content creator italiani in tema di Pokémon e carte collezionabili.


“È una passione che coinvolge veramente sempre più persone – ci ha detto – tra l’altro, diciamo a livello di numeri, quanto meno in Italia, io per esempio lo sperimento con il canale YouTube, che è incredibilmente in crescita. È difficile sapere quante persone effettivamente collezionano, ma di persone interessate sicuramente ce ne sono moltissime: abbiamo canali YouTube anche solo in Italia che quasi raggiungono il milione di iscritti. Quindi sicuramente la community è molto molto ampia”. Numeri in crescita e caccia ai pezzi rari, o anche solo ai video con l’apertura di pacchetti e set, sul Web. Questa dinamica, insieme a quella, dal lato dei produttori, che prevede il lancio periodico di nuove espansioni, è ormai consolidata e alimenta il business da entrambi i lati. Ma chi sono i collezionisti italiani? Lo abbiamo chiesto a Stefano Cavallaro, titolare dell’attività Collectors Mania a Lucca e da anni protagonista di una community dedicata ai Pokémon. “Ormai il collezionista di oggi – ci ha risposto – può essere chiunque. Abbiamo una grande varietà di collezionisti adulti, dai 30 ai 60, senza problemi anche di età un pochino più avanzata, che hanno capito che qua, in questo ambito qui, del mercato delle carte Pokémon, c’è un investimento, un’idea di investimento e poi abbiamo tutta la parte di collezionisti giovani, i bimbi, i ragazzi, che stanno portando avanti questa cosa, tendenzialmente che viene da dei familiari o da delle conoscenze che già collezionavano carte o cose simili”.


La passione per il mondo Pokémon, comunque, non riguarda solo il collezionismo, ma anche i videogame. E in occasione della Milano Games Week abbiamo incontrato Angelo Peruzzi, presidente del Team Aqua SD, un’associazione sportiva dilettantistica che si occupa del gioco competitivo di Pokémon. “Ogni allenatore di Pokémon – ci ha detto – sa che bisogna catturarli tutti e questo è il punto di partenza che si svela attraverso il videogioco, attraverso le carte, anche attraverso il collezionismo di quelle che sono le miniature di tutti i mostriciattoli tascabili e le vie in cui queste si possono manifestare”. Catturarli tutti, a livello di carte, è certamente impegnativo, data anche la quantità di set che negli anni sono stati prodotti per il gioco collezionabile, ma trovare alcuni Pokémon particolarmente rari significa avere in mano un oggetto di valore, anche economico, non trascurabile. “Molti di questi prodotti sono ricercati da tantissime persone e quindi valgono anche come quasi una riserva di valore in questo momento, quasi come un bene rifugio in alcuni casi”.


La Rete, da sempre, è, tra le altre cose, un alimentatore di sogni di guadagni e di popolarità. Probabilmente anche le carte Pokémon in parte affascinano potenziali speculazioni, ma, provando a guardare più da vicino, la sensazione è che a prevalere sia comunque la passione per il collezionismo, per il riuscire a trovare il pezzo raro e ad averlo nei propri album. Anche perché non va dimenticato che stiamo comunque parlando di un fenomeno che si rivolge in primo luogo ai bambini e ai ragazzi, anche in altri formati, come per esempio la serie “Orizzonti Pokémon”, che è stata da poco lanciata con il canale tv Boing. (Leonardo Merlini)