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Romics, dal 4 al 7 aprile il festival del Fumetto alla Fiera di Roma

Romics, dal 4 al 7 aprile il festival del Fumetto alla Fiera di RomaRoma, 3 apr. (askanews) – Va in scena a Roma, dal 4 al 7 aprile, Romics, alla Fiera di Roma, manifestazione fieristica internazionale, dove l’immaginario di giovani e meno giovani si sprigiona in un mix di generi e interessi attraverso molteplici percorsi di partecipazione e occasioni di confronto. Entertainment e approfondimento specialistico sono la cifra di una kermesse rivolta ad un pubblico di appassionati, professionisti e operatori del settore.


A firmare il manifesto ufficiale della XXXII edizione di Romics, Simone Bianchi, Romics d’Oro dell’edizione, con un magnifico tributo a Batman in occasione dell’85° anniversario, dove il cavaliere oscuro domina il cielo con una presenza maestosa, evocando un’atmosfera di mistero e forza che ha catturato l’ammirazione di generazioni di appassionati. Come di consueto, sono numerose le collaborazioni istituzionali attivate da Romics: col Ministero della Cultura e con il Centro per il libro e la lettura in tema di promozione del libro e della lettura attraverso l’assegnazione del Premio Nuovi Talenti conferito nell’ambito del Premio Romics del Fumetto 2024; la Regione Lazio e Camera di Commercio di Roma, con l’obiettivo di valorizzare le imprese culturali creative del Lazio e le misure a supporto della loro crescita attraverso la partecipazione di una collettiva di aziende del territorio. Lazio Innova presenterà al pubblico alcuni giochi in versione beta che sono stati sviluppati durante il programma Zagarolo Game House nello Spazio Attivo LOIC di Zagarolo, l’hub dell’innovazione della Regione Lazio che si rivolge ai settori game, cultura e turismo.


Nello stand regionale, inoltre, sarà presente un desk informativo sulle attività e i progetti realizzati nel FabLab Lazio e nella rete Spazi Attivi. A disposizione dei visitatori anche delle postazioni attrezzate con tavolette grafiche per realizzare disegni e fumetti in digitale. L’Istituzione Sistema Biblioteche e Centri Culturali di Roma Capitale conferma la presenza con un proprio spazio all’interno della manifestazione per presentare la rete delle quaranta biblioteche dislocate nei quindici municipi della Capitale, i servizi per la promozione e l’accesso alla lettura con l’offerta del proprio catalogo, dedicato anche al fumetto, e le numerose iniziative culturali che caratterizzano il sistema bibliotecario romano. Lo spazio di Biblioteche di Roma Capitale sarà animato da laboratori e workshop con autori e case editrici. La collaborazione tra Biblioteche di Roma Capitale e Romics ha avviato un fondo per la costituzione di una nuova Biblioteca di Fumetti e Graphic Novel da mettere a disposizione degli utenti. Inoltre, gli iscritti ai Circoli di Lettura delle Biblioteche di Roma decreteranno il Premio Giovani Lettori – Premio del Pubblico Graphic Novel che sarà conferito all’interno del Premio Romics del Fumetto 2024.


“Tante le sorprese per la trentaduesima edizione di Romics, – racconta Sabrina Perucca, Direttrice Artistica di Romics – un programma ampio e diversificato, capace di raccontare le innovazioni e i nuovi trend e allo stesso tempo di riservare centralità per i grandi Maestri, i personaggi e gli universi narrativi che ci accompagnano, direi nella nostra quotidianità, da diverse generazioni. Partiamo allora con i festeggiamenti per gli 85 anni di Batman, personaggio amatissimo e sorprendente nella sua capacità di rinnovarsi pur restando sempre fedele a se stesso. Ad accogliere il pubblico di Romics il meraviglioso manifesto realizzato da Simone Bianchi dedicato al cavaliere oscuro. Cinque straordinarie personalità artistiche nel fumetto, cinema e musica, premiate con l’assegnazione del Romics d’Oro: la geniale fumettista Vanna Vinci; il musicista e compositore Riccardo Zara; Dan Panosian, disegnatore americano di successi internazionali; Dylan Cole, Concept Art Director del grande cinema; Simone Bianchi, disegnatore per Marvel e DC Comics. Una edizione che celebra inoltre importanti compleanni come quello dei 75 anni del settimanale Topolino e delle Serie TV Happy Days e Heidi e che rende omaggio allo scomparso editore Francesco Coniglio con una mostra originale. In collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico e la Scuola Romana dei Fumetti, arrivano i Corpi a Regola D’Arte degli atleti paralimpici con una mostra e un evento di live painting. Un omaggio immancabile infine per Akira Toriyama, il grande mangaka scomparso recentemente. Centrale come sempre il grande fumetto d’autore con centinaia di iniziative e con il Premio Romics del Fumetto, in collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura – MIC e l’Istituzione Sistema Biblioteche e Centri Culturali di Roma Capitale”. Insigniti del prestigioso Romics d’Oro durante la XXXII edizione del Festival Simone Bianchi, Vanna Vinci, Riccardo Zara, Dan Panosian e Dylan Cole.


Simone Bianchi, noto per aver interpretato numerosi supereroi iconici come Superman, Batman e Spider-Man. Le sue opere originali sono state acquistate anche da George Lucas per la sua collezione personale, e nel 2018 è stato il primo europeo incaricato per il progetto “Marvel Masterpieces”. Oltre al suo lavoro nei fumetti, Bianchi ha anche collaborato con il mondo della musica, creando manifesti per concerti di artisti come TOOL e Smashing Pumpkins. L’incontro celebrativo con l’assegnazione del Romics d’Oro è in programma sabato 6 aprile. Vanna Vinci, ha iniziato la sua carriera nel fumetto negli anni ’80. Dopo aver creato storie a tematica quotidiana e intimista, ha inaugurato una serie di biografie a fumetti analizzando la figura e la questione femminile. Sta lavorando a una miniserie dal titolo Viaggio notturno, per la Sergio Bonelli Editore. Ha vinto numerosi premi e i suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Il suo personaggio più ribelle rimane la Bambina Filosofica. L’incontro celebrativo con l’assegnazione del Romics d’Oro è in programma sabato 6 aprile. Riccardo Zara, cantante e bandleader del gruppo musicale I Cavalieri del Re, specializzato in sigle televisive di cartoni animati. Ha inciso la sua prima sigla televisiva nel 1977: Rin TinTin, sigla del telefilm omonimo. Tra i suoi principali successi figurano la sigla musicale Woobinda, dell’omonima serie televisiva nonché tutte le sigle e canzoni realizzate con il gruppo da lui fondato I Cavalieri del Re, tra le quali L’uomo tigre e Lady Oscar. L’incontro celebrativo con l’assegnazione del Romics d’Oro è in programma domenica 7 aprile. Dan Panosian, esordisce nel mondo del fumetto per Marvel Comics e ha collaborato con DC Comics, Dark Horse, Boom! Studios, Dynamite Entertainment e Extreme Studios per il quale ha disegnato serie che hanno venduto milioni di copie. I suoi lavori sono apparsi anche in videogiochi, film, pubblicità e serie TV. Per la casa editrice saldaPress ha firmato Slots, An unkindness of ravens e la serie Alice con i volumi Alice per sempre e Alice mai più. La presenza dell’autore è resa possibile grazie alla collaborazione con saldaPress. L’incontro celebrativo con l’assegnazione del Romics d’Oro è in programma domenica 7 aprile. Dylan Cole, è stato nominato all’Academy Award come co-production design di Avatar: La via dell’acqua, supervisionando il design dell’intero franchise Avatar, in particolare per la luna di Pandora, compresi ambienti, creature, personaggi e culture. Ha contribuito ad oltre 60 film come Senior Matte Painter in Return of the King, Concept Art Director per Avatar e Production Designer in Maleficent. La passione per il disegno di astronavi e mondi alieni, lo ha portato a creare il suo primo libro per bambini, The Otherworldly Adventures of Tyler Washburn. L’incontro celebrativo con l’assegnazione del Romics d’Oro è in programma sabato 6 aprile.

Audible presenta Sigonella 85: la sfida tra Craxi e Reagan

Audible presenta Sigonella 85: la sfida tra Craxi e ReaganMilano, 3 apr. (askanews) – “Parliamo di un’epoca molto particolare, quella del pentapartito, in cui Partito Socialista Italiano e Democrazia Cristiana si trovarono a governare insieme. Da un lato, Sigonella ha rafforzato la figura del primo ministro Bettino Craxi, che non ha ceduto alle richieste americane in ragione della sua inclinazione alla mediazione con i Paesi arabi. D’altro canto, però, la crisi di Sigonella ha dimostrato che, pur seguendo una linea propria, il governo italiano non poteva prescindere dall’influenza della Casa Bianca. In altre parole, Sigonella non ha fatto altro che mostrare la volontà dell’Italia di affrancarsi da un alleato storico, gli Stati Uniti, pur rimanendo nella sua orbita per questioni di convenienza geopolitica”. Così Simone Guida, la persona che gestisce il canale YouTube Nova Lectio, ci introduce nel podcast “Sigonella 85”, podcast scritto da Matteo Liuzzi, distribuito come esclusiva da Audible e narrato proprio da Nova Lectio. Un viaggio dentro uno degli episodi più clamorosi della politica estera italiana del Dopoguerra.


Ricostruiamo i fatti: giovedì 10 ottobre 1985 un Boeing di linea egiziano viene costretto ad atterrare all’aeroporto di Sigonella, in provincia di Catania, da alcuni aerei militari americani. Non appena l’aereo tocca terra, in sua difesa arrivano gli uomini della VAM, la Vigilanza Militare. I militari americani vogliono arrestare a tutti i costi l’equipaggio dell’aereo e circondano i militari italiani. In loro difesa arrivano i Carabinieri che a loro volta circondano gli americani. È l’inizio della più grave crisi nei rapporti tra Italia e USA dai tempi della guerra. È uno scontro che potrebbe rimettere in discussione tutti gli equilibri atlantici. Da qui si torna indietro a dove tutto questo è iniziato: sulla nave Achille Lauro, presa in ostaggio da dei terroristi palestinesi sulla quale è stato ucciso un passeggero americano di origine ebraica. Motivo per cui gli Stati Uniti vogliono arrestare i terroristi imbarcati sul Boeing e processarli su suolo americano. Ma il delitto è stato commesso su una nave italiana e il processo deve svolgersi in Italia. Insomma, una storia che ha le caratteristiche per essere “il più grande thriller politico del XX secolo”. Per l’Italia della Prima repubblica Stati Uniti e Paesi arabi erano entrambi amici. A Sigonella questa condizione viene meno, e forse l’episodio segna una frattura destinata a non rimarginarsi mai più. “Se da una parte – ha aggiunto Nova Lectio – è vero che, da quel momento in poi, l’Italia si mostrò sempre più distante dalla causa palestinese e sempre più allineata alla linea americana in Medio Oriente, d’altra parte non bisogna dimenticare che Roma ha sempre considerato – e considera tuttora – il Mediterraneo come un importante tassello della sua politica internazionale. Lo dimostrano i rapporti che sarebbero stati intrattenuti più tardi con Libia, Egitto e Tunisia. Sigonella è un caso molto particolare e non ordinario, che segna sicuramente un precedente da tenere a mente. Tuttavia, non ha fatto sì che l’Italia togliesse immediatamente il suo ‘appoggio mediatore’ nei confronti dei Paesi arabi”.


Il podcast è affascinate e prova a indagare anche quello che non ci hanno raccontato all’epoca. Ma oggi cosa sappiamo in più? “Sulle conversazioni tra forze italiane e statunitensi, tra Craxi e Reagan – ha aggiunto Guida – sappiamo forse anche troppo, tanto da avere diverse versioni delle stesse dichiarazioni. Forse, non conosceremo mai l’esatto svolgimento della vicenda. A non venire citato spesso, a mio avviso, è un fatto che con Sigonella ha avuto a che fare soltanto dopo l’incidente. Parlo del cosiddetto e presunto “atto di riparazione” concesso da Craxi a Reagan, ovvero utilizzare Sigonella, nella primavera del 1986, per bombardare la Libia. Allo stesso tempo, però, Craxi informò Gheddafi prima che i bombardamenti avvenissero. Questa sorta di ‘doppio gioco’ dimostrerebbe come Craxi cercasse ancora di non alienarsi la simpatia dell’uno o dell’altro alleato”. “Per definizione – ha concluso Nova Lectio – un thriller politico non è nient’altro che una storia che riguarda – segretamente – alte cariche dello Stato impegnate nella risoluzione di delicate questioni geopolitiche. In simili contesti, una fallita mediazione potrebbe scatenare indesiderate escalation. La vicenda di Sigonella è stata caratterizzata da un tira e molla tra due capi di governo, Reagan e Craxi, da uno scontro fortunatamente sventato tra forze italiane e statunitensi, e dal coinvolgimento di importanti leader mediorientali come Hosni Mubarak, Yasser Arafat e Hafiz al-Assad, senza dimenticare Abu Abbas, all’epoca a capo del Fronte per la Liberazione della Palestina. Per di più, l’incomprensione tra Stati Uniti e Italia è stata generata da un crimine: l’omicidio di Leon Klinghoffer, passeggero americano della Achille Lauro scoperto morto soltanto una volta portata a termine la mediazione con i terroristi a bordo. Se invece vogliamo limitarci al caso specifico di Sigonella 85, il ritmo e la narrazione assumono contorni davvero coinvolgenti e intensi, da thriller appunto”.


(Leonardo Merlini)

Pompeii Theatrum Mundi, al via a giugno la rassegna teatrale

Pompeii Theatrum Mundi, al via a giugno la rassegna teatraleRoma, 2 apr. (askanews) – Un “matrimonio felice” fra uno straordinario sito archeologico e il teatro, perchè la cultura racchiude dentro di sè tante diverse manifestazioni”. Così, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, presentando oggi al MIC la settima edizione di “Pompeii theatrum mundi”, la rassegna teatrale realizzata grazie alla collaborazione tra il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e il Parco Archeologico di Pompei, che si svolgerà dal 13 giugno al 13 luglio 2024 nel Teatro Grande del Parco Archeologico. “In cartellone – ha osservato, intervenendo alla conferenza stampa alla presenza del Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi; dell’Assessore alla Semplificazione Amministrativa e al Turismo della Regione Campania, Felice Casucci; del Presidente del Teatro di Napoli, Luciano Cannito; del Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel e del Presidente del Teatro di Napoli, Roberto Andò – ci sono opere nelle quali ritroviamo l’essenza della cultura occidentale che affonda le sue radici nel mondo greco-romano”.


Con i suoi quattro titoli in programma la rassegna estiva del Teatro Nazionale di Napoli conferma la sua natura di vetrina di inedite riletture o rivisitazioni di testi e opere della classicità. Si parte giovedì 13 giugno con la prima assoluta di “Odissea Cancellata” di Emilio Isgrò, con la regia di Giorgio Sangati su installazione scenica di Emilio Isgrò, in una produzione del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. Lo spettacolo è progettato come un’opera nell’opera: le gradinate del Teatro Grande si trasformeranno in una gigantesca video-installazione dell’artista-autore. Mentre i versi dell’Odissea impressi sulla pietra dei gradini verranno cancellati a vista, dalle cancellature stesse prenderà vita il testo. Di fatto la drammaturgia di Isgrò procede allo stesso modo: cancella Omero (tornando alla fonte primaria dell’epica) selezionando solo i frammenti che ritiene essenziali e, sradicandoli dal loro contesto, restituisce loro nuova e inaspettata forza. Repliche venerdì 14 e sabato 15 giugno. Giovedì 27, con repliche venerdì 28 e sabato 29 giugno la rassegna propone un altro debutto nazionale. Si tratta dello spettacolo De Rerum Natura

Socialismo, in libreria la prima biografia di Giuseppe Faravelli

Socialismo, in libreria la prima biografia di Giuseppe FaravelliMilano, 1 apr. (askanews) – Settant’anni di storia del socialismo in Italia raccontati attraverso la prima biografia Giuseppe Faravelli, figura di spicco dell’antifascismo, a lungo direttore di “Critica Sociale”. A cinquant’anni dalla scomparsa di uno dei principali protagonisti del socialismo e della politica italiana, approda in libreria “L’eretico. Giuseppe Faravelli nella storia del socialismo italiano”, scritto da Fabio Florindi (giornalista professionista e appassionato studioso della storia politica italiana) ed edito da Arcadia Edizioni. Una narrazione ricca di dettagli e di documenti inediti non solo sulla vita politica del militante del socialismo italiano ma anche sui momenti più cruciali della storia del XX secolo.


Faravelli ha attraversato un’ampia stagione politica italiana, stando sempre dalla parte dei lavoratori e del socialismo turatiano. Vicino a Matteotti, con l’avvento del fascismo anche lui subirà le persecuzioni che lo porteranno ad espatriare all’estero, dove diventa Joseph, tra i più intransigenti ed influenti capi dell’antifascismo in esilio. Nel libro l’autore sottolinea il suo grande impegno nella lotta per la democrazia e la Repubblica e per la costruzione di un partito autonomo e autenticamente socialista. Un impegno che si concretizza soprattutto sulle pagine di “Critica Sociale”, dove Faravelli svolge una formidabile azione di stimolo al partito e al movimento socialista italiano. Grazie a uno stile coinvolgente, il libro ci restituisce non solo la figura pubblica di Faravelli, ma anche il suo lato più intimo e umano.


“L’eretico. Giuseppe Faravelli nella storia del socialismo italiano” è il terzo saggio firmato da Florindi che sempre con Arcadia edizione ha già pubblicato “La missione impossibile. Il Psu e la lotta al fascismo”, conquistando Premio Matteotti nel 2022, e “Pericolosi sovversivi. Storia del centro socialista interno (1934-1944)”.

Roma, il 5 aprile la presentazone del progetto “Dissolvenze Romane”

Roma, il 5 aprile la presentazone del progetto “Dissolvenze Romane”Roma, 30 mar. (askanews) – Inaugurerà il 5 aprile a Roma “Dissolvenze Romane”, progetto di tre artiste, Manuela De Perna, Valentina Barbera e Andreina Ciaglia. Un’esposizione, curata da Chiara Sticca, che vuole raccontare e esprimere il sentimento che le tre artiste romane, dai trascorsi differenti, provano per la città che le ospita.


La presentazione presso MV Augusta, vicino alla Stazione Tiburtina è un evento tra arte, musica e poesia, con cantautori romani e intermezzo teatrale, con testi in romanesco, e degustazione dove sarà possibile ammirare le opere (che resteranno esposte circa due settimane) che mostrano la Capitale, spaziando da una Roma dal passato glorioso, a una Roma caotica e “caciarona”, da una Roma di viuzze e monumenti a una Roma immensa. “Dissolvenze artistiche”, spiegando le artiste, vuole instaurare un dialogo tra la tendenza a rappresentare “ciò che è” e “ciò che si sente”, nella necessità di andare oltre la struttura conosciuta e percepita. Una Roma vissuta, interpretata e dipinta in tre modi diversi ma complementari, un viaggio artistico attraverso una città da amare, da esportare, ma nel contempo faticosa da vivere; in una continua alternanza tra l’amore e l’odio. Manuela De Perna, Valentina Barbera e Andreina Ciaglia riscoprono il bello del disegno salvifico da una quotidianità non sempre scelta. Tele sospese per uno spazio-tempo invertito. Opere in cui il disegno ricerca una redenzione dell’ordinarietà, verso dimensioni oniriche, lontane, innaturali, sfocando ciò che disturba e mettendo a fuoco l’amato. Un’arte talvolta verso il simbolismo e il surrealismo, talvolta figurativa dai tratti leziosi e puntuali.

A Treviso e Monopoli in arrivo “In My Name”, mostra di urban art

A Treviso e Monopoli in arrivo “In My Name”, mostra di urban artRoma, 30 mar. (askanews) – Una grande mostra-evento internazionale che celebra la storia e traccia l’evoluzione dell’Urban Art. Dal 9 maggio al 30 giugno a Treviso e dal 19 luglio al 3 novembre 2024 a Monopoli (BA), arriva IN MY NAME. Above the show. La mostra è organizzata da Unlike Unconventional Events con il patrocinio del Comune di Treviso e il Comune di Monopoli, e curata da Martina Cavallarin con Antonio Caruso, con la direzione artistica di MADE514 e il coordinamento culturale e scientifico di Christian Leo Comis. L’obiettivo di IN MY NAME. Above the show è fare il punto sullo stato dell’Urban Art grazie alla presenza di artisti che sono i precursori di questa disciplina. BOOST, CENTO CANESIO, DADO, ETNIK, GIORGIO BARTOCCI, HEMO, JOYS, MACS, MADE514, PEETA, PROEMBRION, SATONE, SODA, V3RBO, VESOD, WON ABC, ZED1 sono i più autorevoli artisti di fama internazionale che hanno segnato lo sviluppo dell’Urban Art in Europa. I discendenti di quella cultura ribelle del Graffiti Writing, emersa negli Stati Uniti mezzo secolo fa, improntata alla sperimentazione e alla rottura dei vecchi paradigmi. Con una carica energica sorprendente hanno invaso le superfici delle città di tutto il mondo dando vita a una vera e propria corrente artistica che oggi vive negli spazi aperti come nei musei e nelle gallerie. 17 artisti, 155 fra tele e disegni, 2 opere in Virtual Reality, 18 tra sculture e installazioni, 5 video installazioni e proiezioni, più di 4000 mq di spazi espositivi tra Treviso e Monopoli, 23 eventi collaterali, 5 performance live, 1 contest per video maker, 2 bookshop con innumerevoli stampe, multipli ed edizioni limitate, 1 catalogo e 159 giorni di esposizione: sono i numeri di IN MY NAME. Above the show. Più di una mostra, è un vero happening che attraversa l’Italia in sei mesi, due città e due regioni, da nord a sud. Prima a Treviso, presso il complesso industriale rigenerato delle ex Ceramiche Pagnossin, poi a Monopoli, negli spazi dell’Ex Deposito militare Carburanti. Le creazioni inedite dei rami germinali dell’Urban Art si esprimono mediante una grande varietà di opere: lavori inediti e site specific realizzati con tecniche poliedriche, dall’acrilico allo spray, dalla sabbia alle lastre metalliche e trasparenti, dai labirintici teli appesi alla virtual reality, fino a sculture e installazioni audio video di diverse dimensioni e supporti. IN MY NAME è una presa di posizione. Il titolo dichiara una partecipazione responsabile, un atto di presenza. Lo faccio nel mio nome, a mio nome, io sono qui e mi dichiaro. Gli spazi scenografici intrisi della memoria storica industriale del Novecento si fanno palcoscenico partecipato e condiviso sul quale le opere dialogano con un ricco calendario eventi: performance, azioni time specific, discipline urbane come parkour, bike e skate restituiscono senso e substrato a una vera e propria avanguardia in grado di riunire gioventù, periferie e minoranze e influenzare profondamente l’immaginario collettivo contaminandone tutti i campi, dalla moda alla musica, dal cinema alla fotografia, fino alla pubblicità.

Continuare a farci male: la grandezza di Anselm Kiefer

Continuare a farci male: la grandezza di Anselm KieferFirenze, 29 mar. (askanews) – È indubbio che un parte del fascino sia dovuta al nome dell’artista, un nome che evoca la Storia con la maiuscola, il potere dell’arte, una grandezza sconfinata. Evoca anche celebrità, in senso culturale certo, ruvida, scontrosa, ma celebrità. La mostra di Anselm Kiefer a Palazzo Strozzi a Firenze forse arriva al pubblico partendo da qui, dall’aura e dalla possanza del suo protagonista, storicizzato in vita come pochi altri. Ma fermarsi a questo livello, che se volete potrebbe essere il livello del grande dipinto posto nel cortile del palazzo – cosa assolutamente meritoria per l’idea di spazio pubblico e fruizione libera, sia chiaro -, limitarsi a questo sarebbe un errore, perché la mostra, poi, riesce in molti modi a superare il Nome e a lasciare che lo spazio sia interamente occupato dall’arte, dalla forza che anima la figura, paradigmatica quanto volete, di Anselm Kiefer.


L’esposizione, curata dal direttore di Palazzo Strozzi, Arturo Galansino, si intitola “Angeli caduti” e l’ingresso non potrebbe essere più potente: c’è l’enorme ala di un aereo che esce dal dipinto dedicato a Lucifero, il più bello dei ribelli celesti, e questa ala, a chiunque appartenga, è un colpo che ci trascina dentro il senso della storia, dentro la sua e nostra tragedia, dentro una scala di grandezze che sono ulteriori. Sono i bombardieri nucleari che non atterrano mai, sono le guerre dal cielo, sono forse semplicemente la metafora esplicita della potenza terribile di un angelo, “Michele”, è scritto in ebraico, sotto l’ala. Poi due grandi opere dorate dedicate a Eliogabalo e il primo dei giganteschi girasoli, che testimoniano il ciclo della vita, ma anche dell’arte. Non servono troppe speculazioni, qui è la pittura a farla da padrona, così tanto da far dimenticare il brutto pavimento della sala, che è illuminata dalla luce dei dipinti, come se fossero una sorta di scenografia per il museo stesso. Se le opere dedicate ai filosofi sono meno travolgenti, poi la mostra si rimette subito in moto, con le sculture e i libri e la parola e l’architettura. Ancora una volta l’uso dell’oro è decisivo, perché cita il Trecento, ma lo fa “alla Kiefer”, e quindi in modo attualizzato. La scrittura inonda la sala, sotto forma di segni, indicazioni, tracce che sono macerie di mitologie, come quella di Danae, ma anche di storia dell’arte, e non si può non pensare a Beuys, al suo corpo, ai suoi materiali. Letteratura che si manifesta ancora, sotto forma di uno specchio borgesiano che crea una voragine nella sala della rocambolesca quadreria sulla dissoluzione, uno specchio che letteralmente fa precipitare in un’altra dimensione, quasi fosse un enorme Aleph che contiene tutto il Mondo (e se tutto è dentro, fuori resta il nulla, la scomparsa, anche di questo ci parla l’artista).


A questo punto la mostra ha funzionato, ci ha scombussolato e commosso. Ci sono ancora le spose, ci sono altri girasoli, ci sono continui rimandi alla consapevolezza di Kiefer come artista e come essere umano. Ma Galansino ha la brillantezza per giocare ancora con il suo visitatore, consegnandoci un’ultima sala che in un certo senso finge di demolire tutta la mitologia dell’artista che abbiamo costruito fino a quel momento, passo dopo passo. Tutta la meraviglia che abbiamo accumulato sembra di colpo rimbalzare sopra le superfici piombate delle fotografie di fine anni Sessanta che ritraggono un più giovane Kiefer vestito con la divisa della Wehrmacht che apparteneva al padre nell’atto di fare il saluto nazista in diversi luoghi d’Europa. Anche sapendo che sono azioni che avevano l’esplicito scopo di far riflettere sul tema dell’identità e sulla notte più cupa, che è sempre pronta a entrare nelle nostre vite, quelle fotografie toccano, smuovono, confondono. E ci dicono che l’arte è importante quando non è un santino o un talismano e neppure una valutazione stratosferica da Christie’s. L’arte è importate se continua (anche) a farci male. (Leonardo Merlini)

Newton classico, ma anche inedito, alle Stanze della Fotografia

Newton classico, ma anche inedito, alle Stanze della FotografiaVenezia, 29 mar. (askanews) – Un’eredità che, nel momento in cui la si racconta, diventa sempre più vasta e abbraccia le varie città che accolgono l’esposizione. Il grande progetto antologico sul lavoro di Helmut Newton arriva alle Stanze della Fotografia a Venezia, dopo le tappe a Milano e Roma, e nel bellissimo spazio sull’isola di San Giorgio la mostra “Legacy” trova un’accoglienza spettacolare, oltre che una prospettiva diversa rispetto alle tappe precedenti, come ci ha raccontato il direttore artistico delle Stanze, Denis Curtis, che ha co-curato la mostra.


“Abbiamo chiesto e ottenuto, grazie alla generosità della Fondazione Newton di Berlino – ha spiegato Curti ad askanews – di poter presentare uno shooting praticamente inedito, o comunque poco conosciuto, che Newton ha scattato qui a Venezia e con un punto di vista proprio da qua, dall’isola di San Giorgio. Abbiamo costruito una cassettiera che custodisce più di 50 polaroid, che sono un oggetto, uno strumento che Newton usava tantissimo per capire meglio le inquadrature, per capire meglio le storie. Abbiamo delle lettere che Newton scriveva a June, insomma abbiamo moltissimi materiali inediti e soprattutto siamo riusciti per la prima volta ad esporre tutte le immagini che compongono questa rassegna che si intitola Legacy”. E dalla somma di queste immagini, alcune famosissime, altre quasi mai viste, emerge una storia potente, quella di un fotografo che voleva essere tale, e non un artista, ma che con la sua capacità di sguardo, con la spregiudicatezza delle messe in scena e con un approccio all’immagine spesso in anticipo sui tempi ha saputo sia modellare l’immaginario collettivo sia vivere più vite professionali in una sola, dal reporter al fotografo di moda, dal ritrattista in posa fin quasi all’astrazione degli ultimi lavori. Il tutto con una costante sensualità e un gusto forte per la libertà espressiva.


E la mostra, promossa da Marsilio Arte e Fondazione Giorgio Cini, nell’allestimento mobile delle Stanze della Fotografia, vuole dare spazio a ognuno di questi diversi Newton. “Siamo andati a ricostruire delle vere e proprie stanze – ha aggiunto Denis Curtis – per dare conto di un andamento cronologico della mostra, abbiamo addirittura organizzato delle proiezioni per far vedere ancora più materiali e per essere ancora più completi”. Poi il fascino di un fotografo come Helmut Newton sta anche nel fatto che la completezza del racconto non si potrà mai raggiungere davvero, per fortuna. E ogni immagine, sia un nudo monumentale o un ritratto affilato di David Bowie, continua a portarsi dentro il suo inafferrabile fondo di mistero, che la mantiene viva anche in un mondo che ha cambiato i modelli di riferimento.

Associazione Imprese Culturali e Creative, eletto nuovo Consiglio

Associazione Imprese Culturali e Creative, eletto nuovo ConsiglioMilano, 27 mar. (askanews) – Si è riunita oggi presso la sede di Confindustria l’Assemblea della AICC-Associazione Imprese Culturali e Creative, di cui è presidente Luigi Abete. L’Assemblea ha approvato all’unanimità la relazione del presidente e ha eletto i rappresentanti in Consiglio Generale per il biennio 2024-2026.


I 10 rappresentanti eletti sono: Rosanna Cappelli (Electa-Mondadori), Ugo Timoteo Casolino (Opera Laboratori Fiorentini), Giuseppe Costa (Costa Edutainment), Ilaria D’Uva (D’Uva), Luca De Michelis (Marsilio Editori), Alessandro Degnoni (Skira), Alessandro Lorica (DM Cultura), Federico Silvestri (Gruppo 24 Ore), Giorgio Sotira (Civita Mostre e Musei) e Giovanni Verreschi (ETT). L’Assemblea ha inoltre approvato all’unanimità il Bilancio consuntivo 2023.

Richard Serra, l’artista del metallo che ha cambiato il tempo

Richard Serra, l’artista del metallo che ha cambiato il tempoMilano, 27 mar. (askanews) – Uno scultore che usava il metallo, l’acciaio ossidato, per realizzare non solo forme, ma spazi: spazi reali e metaforici, di senso e di sentimento. Con la morte di Richard Serra a 85 anni – era nato a San Francisco nel 1938 – il mondo dell’arte perde un gigante, ma continua a godere della sua lezione, dei suoi lavori e della sua idea di una forma, come nel caso del monumentale complesso di sculture ospitato al Guggenheim di Bilbao, che ha saputo ripensare e cambiare il tempo stesso. Entrando in quei passaggi ricurvi, muovendosi al ritmo della struttura, diventandone parte, i visitatori sperimentano un luogo altro, dove libertà e possibilità si dilatano, offrendo l’occasione di una più intensa percezione di noi stessi. Che in un’epoca di costante urgenza e, come ha scritto Mark Fisher di “privatizzazione dello stress”, è un’opportunità che diventa ancora più significativa e carica di valore.


Richard Serra ha accostato fogli d’acciaio, ha usato pietre e luoghi naturali, ha occupato fino a saturarli gli spazi delle grandi gallerie newyorchesi, ha usato il cuoio e il carbone. Ma soprattutto ha saputo ridare profondità, complessità e mistero allo spazio pubblico. Vale per le grandi installazioni museali, che comunque, pure all’interno di luoghi che sono codificati nell’immaginario collettivo, generano della diversità e della consapevole dissonanza, ma soprattutto vale per gli spazi aperti, come nel caso dei monoliti installati nel deserto del Qatar, fuori dalla capitale Doha. Un’opera che definisce il paesaggio stesso, che gli permette di essere pienamente se stesso, che gli conferisce una profondità, anche in questo caso, che è temporale e perdurante. Dove prima c’era una distesa di sabbia le sculture di Serra hanno portato un luogo, hanno definito la natura di uno spazio. E, soprattutto, hanno costruito le condizioni per modificare la nostra percezione dello stare in quel luogo, e quindi gettato le basi per cambiare il senso del tempo, la sua processione e il nostro esserne parte. Le strutture di Serra, nel loro essere pienamente e consapevolmente arte pubblica, sono presenti in moltissimi luoghi del mondo: a Liverpool, nella Ruhr, a Berlino, in Olanda, a Pistoia… Opere che, proprio per la loro forza spazio-temporale, danno la sensazione di essere sempre state lì e quindi la stessa lezione dell’artista sembra non avere tempo, sembra esistere insieme alle cose stesse. Questo forse ci aveva portati a pensare che Richard Serra fosse immortale. (Leonardo Merlini)