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Le energie di Giovanni Anselmo: l’invisibile oltre l’orizzonte

Le energie di Giovanni Anselmo: l’invisibile oltre l’orizzonteBilbao, 7 mar. (askanews) – Lo spazio, il tempo, i campi magnetici, le forze gravitazionali: Giovanni Anselmo ha praticamente sempre lavorato come artista intorno a questa tematiche e il Museo Guggenheim Bilbao gli dedica una grande mostra per raccontare una pratica e una visione che oggi, al tempo della crisi climatica, appare di perdurante attualità. Anselmo, morto a fine 2023, ha seguito la realizzazione del progetto fino all’ultimo e il museo vuole restituire “la profondità e il vitalismo della sua lezione”. Che, come ci ha detto Marta Blavia, del team di curatori del Guggenheim, ha avuto grande influenza.


“Sono in tanti – ha spiegato ad Blavia ad askanews – gli artisti contemporanei che dopo di lui hanno seguito questa strada di riflettere sulla natura, sulle forze che determinano il mondo. Quindi sono state scelte 41 opere che recuperano e che rivisitano tutta la sua carriera artistica sin dall’inizio negli Anni Settanta, fino a oggigiorno”. Forme, materiali, giustapposizioni tra grande peso e leggerezza, tra marmi e proiezioni effimere, a volte segrete, ma presenti e attivate dal passaggio dei visitatori. Tutto si muove intorno a un’idea di energie che si intrecciano e contribuiscono a dare forma al mondo e, ovviamente, alla stessa arte di Anselmo, che tende ad avvicinarsi all’infinito e, soprattutto, all’invisibile. “Quando camminiamo per le gallerie – ha aggiunto Marta Blavia – ci rendiamo conto che troviamo delle opere realizzate in diverse epoche, ma che alla fine parlano da diverse prospettive sui concetti essenziali, come la forza, l’energia, lo spazio, il tempo, eccetera eccetera”.


È chiaro che, di fondo, le suggestioni che si percepiscono in mostra rimandano alla sintassi dell’arte povera, ma le definizioni sono sempre restrittive alla fine e il lavoro di Anselmo mantiene una sua unicità, una sua coerenza, che lo avvicinano ad altri grandi della scena italiana molto difficili da incasellare, come per esempio Giulio Paolini. Ma ognuno corre da solo e lo fa con il suo passo ed è bello immaginare che fuori dalla celebre fotografia su tela “Entrare nell’opera”, l’artista stia correndo verso il mistero, l’insoluto e la sua complessa dimensione di libertà. Intitolata “Oltre l’orizzonte” e curata da Gloria Moure, l’esposizione del Guggenheim Bilbao è aperta al pubblico fino al 19 maggio.

Libri, “La ragazza di Boston”: il nuovo romanzo di Paolo Valenti

Libri, “La ragazza di Boston”: il nuovo romanzo di Paolo ValentiRoma, 7 mar. (askanews) – “La ragazza di Boston” è il nuovo romanzo del giornalista Paolo Valenti: edito da Arkadia Editore, sarà disponibile da domani, venerdì 8 marzo in tutte le librerie e negli shop online.


Le parole che danno il via alla storia sono quelle di Alessandro Gentili: un ragazzo di ventidue anni che, come tanti coetanei, divide le sue giornate tra studio, passione per il calcio e ascolto della musica. È il 21 marzo 1990 e sta per iniziare una nuova sessione d’esame. Alessandro non sa ancora che, varcando la soglia dell’aula, incontrerà la persona che più di ogni altra lascerà un’impronta indelebile nella sua vita: Meredith O’Brady, l’assistente che sta per interrogarlo, “la ragazza di Boston” del titolo, trasferitasi in Italia per via del lavoro del padre. Nel giro di poco tempo, la bella e brillante Meredith entra prepotentemente nelle giornate di Alessandro, insieme al quale si lancia con entusiasmo nel turbinio di emozioni, trasporto sentimentale e attrazione fisica di una relazione totalizzante. Passa qualche mese, siamo così nell’estate 1990: dopo la celebrazione del rito collettivo dei mondiali di calcio, Meredith spinge Alessandro ad accompagnarla nel suo temporaneo ritorno negli Stati Uniti. Una vacanza in cui Alessandro tocca con mano prima il dinamismo caotico di New York e delle sue esperienze fuori dal comune – come l’incontro ad Harlem con il reverendo che conobbe gli U2 quando girarono nella sua chiesa uno dei video del film Rattle and Hum – e poi la realtà diversa e più misurata di Boston.


Qui, per la prima volta, Alessandro intuisce che la sua relazione non gode dell’immunità ai problemi che, fino a quel momento, gli era parso che potesse avere. La conoscenza del fratello di Meredith e la notte nella quale lei lo lascia ad aspettarla fuori casa fino a tardi, portano Alessandro a coltivare dubbi e inquietudini che si materializzeranno a Roma qualche mese dopo, quando dal passato emergerà con prepotenza la figura di Francis, ex fidanzato di Meredith trasferitosi in Italia con l’intenzione di riconquistarla a tutti i costi. Non sempre l’amore vince su tutto…ma se le cose cambiassero quando, molti anni più tardi, un Alessandro ormai cinquantenne nel pieno della carriera, a Boston per motivi di lavoro, venisse colto dal richiamo di quei momenti mai più rivissuti, desiderando di incontrare nuovamente Meredith e di poterle aprire ancora le porte del suo cuore che, di fatto, non l’ha mai abbandonata?


“La ragazza di Boston è un romanzo intenso, una storia che racconta le esperienze totalizzanti della gioventù. Una cascata di emozioni che incide il suo percorso tra amore e amicizia, partite di calcio e passione per il rock e trova nel respiro lirico delle ultime pagine un finale scritto dalla fantasia del lettore”, commenta Paolo Valenti.

Arte, apre a Milano The Prism Core Center

Arte, apre a Milano The Prism Core CenterRoma, 7 mar. (askanews) – Dopo il successo di Project Revelation, sancito da oltre 5.000 visitatori, The Prism apre un nuovo spazio permanente: The Prism Core Center, dedicato alla ricerca artistica di Stefano Simontacchi, in Piazza Napoli 22 a Milano.


Un luogo di scambio e di sperimentazione, a ingresso gratuito, nato per creare connessioni con il pubblico, aperto alla città e ai visitatori, per stimolare la consapevolezza di sé e lo spirito di ricerca in ogni individuo. L’esposizione artistica e il palinsesto di eventi che saranno proposti sono curati da Marco Senaldi. The Prism Core Center è una piattaforma di dialogo artistico, ricerca interiore e sperimentazione che si apre alla dualità di introspezione e condivisione, un luogo dove fermarsi e dedicarsi del tempo. Un proposito che diventa sempre più necessario, essenziale in un tessuto urbano in perenne movimento che trova nella città di Milano la sua massima espressione. Da un lato, lo spazio propone una fruizione intima dell’arte esposta, che incoraggia il visitatore a una ricerca introspettiva e quindi individuale; al contempo si configura come luogo di scambio, di incontro e di sviluppo della conoscenza, grazie anche ad una ricca programmazione di appuntamenti ad ampio spettro tematico, tra talk, presentazioni di libri, workshop e laboratori aperti al pubblico.


The Prism Core Center ha l’obiettivo di creare connessioni con il mondo interiore ed esteriore intorno al quale ruota la vita di ogni individuo. Confrontarsi con le opere di The Prism significa intraprendere un viaggio emozionale che invita il visitatore a risvegliare immagini e archetipi dimenticati, ad andare oltre il semplice livello materiale, a riscoprire un dialogo tra la dimensione spirituale individuale e quella universale. Ogni opera esposta diventa una porta di ingresso verso una dimensione interiore più ampia alla scoperta del proprio autentico sé. Una visione e dei concetti che si radicano in una originale storia spirituale dell’arte, con rimandi alla fisica quantistica e sorprendenti riscontri negli studi neuroscientifici.


“The Prism Core Center proietta in una nuova dimensione che va oltre il concetto di mostra. – commenta Stefano Simontacchi, ideatore di The Prism – “È il cuore pulsante di un’esperienza in continuo divenire dove creazione, esposizione, interazione e scambio si fondono dando origine a una vera e propria opera d’arte vivente. The Prism Core Center è il concetto stesso di piattaforma fruibile che consente al visitatore di essere protagonista e creatore”. In merito alla realizzazione dello spazio The Prism Core Center, Stefano Simontacchi prosegue: “È molto bello avere partecipato a creare un luogo che dà la possibilità alle persone di vivere un’esperienza emozionale che diventa interazione. The Prism Core Center esiste per fare fruire l’energia che muove il mondo: le emozioni. Tantissime persone vengono e davanti a un’opera piangono, sorridono, si emozionano e poi ritornano per condividere l’esperienza con il partner, gli amici o i figli. È questa energia la vera protagonista qui”.


Gli ampi ambienti del centro ospitano la nuova sala espositiva Emotional Journey: l’imponente spazio accoglie un percorso composto da opere inedite afferenti alle emozioni, che per The Prism sono alla base del vivere quotidiano e delle esperienze che ognuno attraversa. Lo spettatore può godere e ammirare questa nuova esposizione accompagnato da un mediatore culturale, sempre presente all’interno dello spazio, per poi avventurarsi nel percorso immersivo di Project Revelation, un itinerario unico nel suo genere che si sviluppa attraverso sette sale, in cui lo spettatore, guidato dalla voce dell’artista, è protagonista di un viaggio meditativo e di rivoluzione umana, grazie alle opere esposte, all’utilizzo del suono, della luce, del colore e di una precisa simbologia.

Premio Artist of Europe: si afferma l’italiano Francesco Garofalo

Premio Artist of Europe: si afferma l’italiano Francesco GarofaloRoma, 4 mar. (askanews) – E’ finalmente arrivata, a distanza di circa tre mesi, la classifica definitiva del premio “Artist of Europe”, tenutosi presso l’Humboldt Forum di Berlino nel mese di dicembre 2023.


É stato un evento di grande risonanza nel mondo dell’arte, che ha visto la partecipazione di oltre 12000 artisti provenienti da ogni parte dell’Europa ed una giuria d’eccezione, di cui il celebre artista visivo Gerhard Richter ed il regista Werner Herzog sono stati componenti. Francesco Garofalo, italiano e, più precisamente, napoletano, classe 72, residente a Pizzighettone, in provincia di Cremona, si è distinto tra i partecipanti a questa prestigiosa competizione classificandosi al quarto posto.


L’evento, che ha visto la partecipazione di artisti di diverse discipline, è stata la stupenda e magnifica vetrina della creatività e del talento europeo. Le opere presentate, che spaziavano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia all’arte digitale, hanno offerto al pubblico una panoramica ricca e variegata delle espressioni artistiche contemporanee. La partecipazione dell’artista Francesco Garofalo, con l’opera “EYE OF PEACE”, è stata avvallata grazie all’ Unitelematica Elvetica ISFOA per volontà del Magnifico Rettore Stefano Masullo. Il suo ottimo piazzamento testimonia il livello elevato della qualità del lavoro svolto dall’artista italiano. La sua opera, realizzata con tecnica mista aerografo e spatola, ha saputo catturare l’attenzione della giuria e del pubblico rendendolo destinatario del meritato riconoscimento di collocarsi tra i migliori artisti europei presenti all’evento. Il premio Artista “Artist of Europe” a Berlino ha dunque confermato la vivacità e la diversità del panorama artistico del continente, offrendo una piattaforma di visibilità e confronto per talenti emergenti e affermati. Francesco Garofalo è, nel contempo, un esempio di eccellenza artistica italiana e un orgoglio per la scena artistica europea.


L’evento ha contribuito a celebrare la creatività e l’innovazione nel mondo dell’arte, evidenziando il ruolo fondamentale che gli artisti svolgono nella società contemporanea. Il successo di Francesco Garofalo rappresenta un esempio di valore inestimabile per gli artisti di tutto il continente, in quanto dimostra che il talento e la dedizione possono essere realizzativi di risultati straordinari anche in competizioni di livello internazionale.

A Roma inaugurato il progetto “Il Lavoro è vita, la vita è Donna”

A Roma inaugurato il progetto “Il Lavoro è vita, la vita è Donna”Roma, 4 mar. (askanews) – È stato inaugurato a Roma, presso la Borgo Pio Art Gallery, il progetto-evento “Il Lavoro è vita, la vita è Donna: la cultura dell’inclusione” a cura di Sveva Manfredi Zavaglia, un’iniziativa che punta a sensibilizzare il sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico e presentare la donna e i suoi molteplici ruoli, in dialogo tra Italia e Brasile, in occasione della giornata mondiale dell’Autismo ad aprile.


Il progetto, composto da due mostre, un workshop e un convegno-talk, è nato per sensibilizzare su tematiche difficili in un confronto di condivisione attraverso un progetto internazionale per la Fondazione Giovanni Campaniello Onlus a sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico, con la partecipazione della Confederazione AEPI: direzione Professioniste e Imprenditrici; Patrocinato dalla Regione Lazio: Assessorato Cultura e Pari Opportunità e Ambasciata del Brasile in Italia. Le opere in mostra esprimono emozioni, sentimenti, creatività e pensieri. Questa mostra ha l’obiettivo di favorire “l’inclusione sociale – ha detto la curatrice Sveva Manfredi Zavaglia – in riferimento al diritto di essere valorizzati e rispettati all’interno della nostra società. Questo è importante per quei bambini che hanno meno opportunità e incontrano più difficoltà, barriere e ostacoli. Ogni persona ha una luce e talenti unici. In questo senso, questa mostra è uno strumento importante in grado di spezzare le catene della disuguaglianza, offre un modo per dialogare con tutti. L’arte è così potente e positiva, rafforza l’autostima, l’empatia e l’autoriflessione. Attraverso le pratiche educative artistiche è possibile costruire un senso di appartenenza in cui le persone si sentano rappresentate e accettate”.


Artisti del panorama contemporaneo (tra cui Pamela Alfieri, Anya Anya, Bruss Albert Baltazar Garcìa, Paola Beck, Simona Bencivenga, Lorenza Bucci Casari, Paolo Campagnolo, Isabel Carafì, Giuliottavio Carradori, Sonia Casa de Robert, Massimo Ceccaccio, Riccardo Dalla Chiesa, en nico, Barbara Filippi, Giuseppe Fucsia, Andrea Gentili), si sono messi in gioco per realizzare un progetto pensato secondo i canoni espressivi adattato ai loro bisogni speciali e in cui si svilupperà il senso di identità e di appartenenza e trasparenza all’interno della galleria, che diventa così uno spazio protetto per liberare ed esprimere le emozioni, costruire amicizie e creare una nuova comunità. Inoltre, l’artista Paolo Pardi e i bambini della Fondazione realizzeranno un’opera tutti insieme, che verrà venduta, donata e dedicata alla Fondazione Giovanni Campaniello Onlus a sostegno dei Disturbi dello Spettro Autistico.

Passione Pokémon: le carte da collezione fenomeno anche in Italia

Passione Pokémon: le carte da collezione fenomeno anche in ItaliaMilano, 4 mar. (askanews) – Una passione sempre più diffusa, un hobby costoso, ma forse pure un’occasione di investimento. Collezionare carte Pokémon è diventato anche in Italia un fenomeno ricorrente, con centinaia di migliaia di appassionati che si muovono tra il Web e i negozi di giocattoli o le edicole, ma naturalmente anche nelle fiere, alla ricerca dei pezzi più pregiati. Per cercare di raccontare questa storia abbiamo incontrato chi su questa passione ha costruito un lavoro, come Makeawish, uno dei più seguiti content creator italiani in tema di Pokémon e carte collezionabili.


“È una passione che coinvolge veramente sempre più persone – ci ha detto – tra l’altro, diciamo a livello di numeri, quanto meno in Italia, io per esempio lo sperimento con il canale YouTube, che è incredibilmente in crescita. È difficile sapere quante persone effettivamente collezionano, ma di persone interessate sicuramente ce ne sono moltissime: abbiamo canali YouTube anche solo in Italia che quasi raggiungono il milione di iscritti. Quindi sicuramente la community è molto molto ampia”. Numeri in crescita e caccia ai pezzi rari, o anche solo ai video con l’apertura di pacchetti e set, sul Web. Questa dinamica, insieme a quella, dal lato dei produttori, che prevede il lancio periodico di nuove espansioni, è ormai consolidata e alimenta il business da entrambi i lati. Ma chi sono i collezionisti italiani? Lo abbiamo chiesto a Stefano Cavallaro, titolare dell’attività Collectors Mania a Lucca e da anni protagonista di una community dedicata ai Pokémon. “Ormai il collezionista di oggi – ci ha risposto – può essere chiunque. Abbiamo una grande varietà di collezionisti adulti, dai 30 ai 60, senza problemi anche di età un pochino più avanzata, che hanno capito che qua, in questo ambito qui, del mercato delle carte Pokémon, c’è un investimento, un’idea di investimento e poi abbiamo tutta la parte di collezionisti giovani, i bimbi, i ragazzi, che stanno portando avanti questa cosa, tendenzialmente che viene da dei familiari o da delle conoscenze che già collezionavano carte o cose simili”.


La passione per il mondo Pokémon, comunque, non riguarda solo il collezionismo, ma anche i videogame. E in occasione della Milano Games Week abbiamo incontrato Angelo Peruzzi, presidente del Team Aqua SD, un’associazione sportiva dilettantistica che si occupa del gioco competitivo di Pokémon. “Ogni allenatore di Pokémon – ci ha detto – sa che bisogna catturarli tutti e questo è il punto di partenza che si svela attraverso il videogioco, attraverso le carte, anche attraverso il collezionismo di quelle che sono le miniature di tutti i mostriciattoli tascabili e le vie in cui queste si possono manifestare”. Catturarli tutti, a livello di carte, è certamente impegnativo, data anche la quantità di set che negli anni sono stati prodotti per il gioco collezionabile, ma trovare alcuni Pokémon particolarmente rari significa avere in mano un oggetto di valore, anche economico, non trascurabile. “Molti di questi prodotti sono ricercati da tantissime persone e quindi valgono anche come quasi una riserva di valore in questo momento, quasi come un bene rifugio in alcuni casi”.


La Rete, da sempre, è, tra le altre cose, un alimentatore di sogni di guadagni e di popolarità. Probabilmente anche le carte Pokémon in parte affascinano potenziali speculazioni, ma, provando a guardare più da vicino, la sensazione è che a prevalere sia comunque la passione per il collezionismo, per il riuscire a trovare il pezzo raro e ad averlo nei propri album. Anche perché non va dimenticato che stiamo comunque parlando di un fenomeno che si rivolge in primo luogo ai bambini e ai ragazzi, anche in altri formati, come per esempio la serie “Orizzonti Pokémon”, che è stata da poco lanciata con il canale tv Boing. (Leonardo Merlini)

Dentro il vuoto, andando oltre il presente: Tosatti a Barcellona

Dentro il vuoto, andando oltre il presente: Tosatti a BarcellonaBarcellona, 1 mar. (askanews) – Le stanze di Gian Maria Tosatti sono uno di quei luoghi di confine nei quali il contemporaneo accade. E lo fa in maniera silenziosa, apparentemente implicita, in realtà con effetti che poi si rivelano potentissimi e duraturi per chi ha la fortuna di attraversarli. Succede così anche con l’installazione che l’artista ha portato a Barcellona all’interno di una mostra che il Centro d’arte Santa Monica ha dedicato a “The Other Side”, ciò che sta “dall’altra parte”.


“Ogni visitatore – ha detto Tosatti ad askanews – ha il suo sentimento entrando in quest’opera. Certo è un’opera che è stata costruita attorno a un vuoto. L’opera è l’episodio di Cape Town, del mio progetto, ‘Il mio cuore vuoto come uno specchio’ e quella città è una città che quando ci lavorai mi resi conto che era edificata attorno a un vuoto, a un senso di vuoto. E quindi da un certo punto di vista questo è il sentimento che alberga dentro questa installazione. È ovvio però che l’installazione è sempre uno specchio, quindi ognuno ha il suo tipo di vuoto”. La sensazione, attraversando gli spazi, è quella di essere parte di qualcosa che sappiamo di conoscere, ma a un livello che resta sospeso, in fondo misterioso, come gli specchi che non riflettono e le parole che scompaiono da giornali e televisori. La vita è da qualche parte, è certo, ma dove sia non è chiaro. Eppure, dentro quel luogo che per molti versi sembra essere profondamente drammatico, si avverte anche una sensazione di libertà.


“L’opera – ha aggiunto l’artista – è una macchina che serve a produrre la condizione di libertà, è una macchina estremamente precisa, come un’equazione matematica in cui tutti i numeri devono tornare, perché funzioni. Il punto è che nel momento in cui funziona, però, deve darti la sensazione di essere completamente libero di andare dove vuoi e come vuoi, ma effettivamente è così. L’opera deve poterti guardare dentro, questo è il punto”. Concepita in Sudafrica e per quel contesto, la stanza funziona anche a Barcellona, perché crea uno spazio che è interamente suo e gestisce il proprio vuoto. Forse la sua magia ha a che fare anche con il fatto di perdere l’orientamento sulla propria posizione nel presente e nella storia. “Effettivamente – ha concluso Gian Maria Tosatti – il senso della storia in questo lavoro è presente come forse anche in altri lavori, ma non è mai identico, con una pagina precisa. Il senso della storia è qualcosa di respiro più ampio, anche perché l’uomo vive di cicli e di ricorsi storici, errori sempre ripetuti. Quindi la storia è qualcosa di più immanente, di più espanso”.


E la stanza a Barcellona è certamente un’occasione per espandere il nostro stare di fronte, in questo caso dentro, al contemporaneo. Un’occasione per pensare e sentire il bisogno di quelle stesse bottiglie d’acqua che potrebbero stare a raccontarci dell’inesausta sede di qualcosa che vada oltre il senso di soffocamento di un presente che non finisce mai. (Leonardo Merlini)

Biennale: impossibile esculdere delle partecipazioni nazionali

Biennale: impossibile esculdere delle partecipazioni nazionaliMilano, 28 feb. (askanews) – La Biennale di Venezia non può decidere di escludere la partecipazione di nessuno tra i Paesi che l’Italia riconosce. Dopo le polemiche su Israele e Iran alla prossima Biennale Arte, in seguito a petizioni e appeli legati alle vicende in Medio Oriente, Ca’ Giustinian hga diffuso una nota ufficiale. “In merito alla partecipazione all’Esposizione Internazionale d’Arte di Paesi presenti nei padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e in città – si legge – La Biennale di Venezia precisa che tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica Italiana possono in totale autonomia richiedere di partecipare ufficialmente. La Biennale, di conseguenza, non può prendere in considerazione alcuna petizione o richiesta di escludere la presenza di Israele o Iran dalla prossima 60esima Esposizione Internazionale d’Arte”.


“La Biennale ricorda, inoltre, – prosegue la nota – che la chiusura del Padiglione della Russia alla 59esima Esposizione Internazionale d’Arte 2022 è stata decisa dal Commissario e dal Curatore nominati dal Ministro della Cultura della Federazione Russa, che ha comunicato che non parteciperà alla prossima 60. Esposizione Internazionale d’Arte. Con riferimento a citate esclusioni di domande di ammissione a Evento Collaterale della 60. Esposizione, si precisa che su 72 progetti eleggibili, due vedevano la partecipazione di artisti palestinesi, uno dei quali è stato inserito fra i 30 Eventi Collaterali approvati dal Curatore Adriano Pedrosa, in totale autonomia e a suo insindacabile giudizio artistico”. “Ci sono anche artisti palestinesi nella 60esima Esposizione Internazionale d’Arte a cura di Adriano Pedrosa, come risulta dalla lista dei partecipanti diffusa dalla Biennale il 31 gennaio 2024”, conclude la nota.

Biennale Arte, Padiglione Italia: con Bartolini un ascolto aperto

Biennale Arte, Padiglione Italia: con Bartolini un ascolto apertoVenezia, 27 feb. (askanews) – Si intitola Due qui / To Hear il progetto espositivo per il Padiglione Italia alla 60esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione generale Creatività contemporanea del ministero della Cultura. A cura di Luca Cerizza (con l’assistenza di Francesca Verga), il progetto ha il suo nucleo centrale in una grande installazione sonora e ambientale dell’artista Massimo Bartolini, che torna alla Biennale dopo la partecipazione al Padiglione Italia alla Biennale Arte 2013. In un’attenta relazione con il contesto espositivo, Due qui / To Hear propone un itinerario attraverso tutti gli spazi del Padiglione Italia, incluso il giardino di pertinenza, in cui l’alternarsi di vuoti e pieni, di movimenti e soste, conducono a incontri con opere e installazioni di natura sonora e performativa.


Il progetto per il Padiglione Italia dialoga con il tema della Biennale di Adriano Pedrosa, Stranieri Ovunque / Foreigners Everywhere, proponendone un’ulteriore declinazione per la quale il non essere straniero deve iniziare con il non essere stranieri a se stessi. In questo senso “ascoltare se stessi” è cruciale per comprendere la posizione dell’individuo nel mondo e nella serie di relazioni che stabilisce all’interno della società. “Giocare sull’assonanza tra ‘Two here’ (due qui) e ‘To hear’ (sentire/udire) – ha detto il curatore Cerizza – suggerisce la natura relazionale del suono. Ci si incontra per ascoltarsi e per ascoltare l’altro: un essere umano, una forma naturale, una macchina. Se poi consideriamo che, per Massimo Bartolini, l’arte è un percorso di conoscenza, ‘prestare ascolto’ diventa uno strumento per aspirare a essere forse migliori”. Il titolo del progetto già suggerisce, insomma, come ascoltare, ‘tendere l’orecchio’ sia una forma di azione verso l’altro. Incontro e ascolto, relazione e suono sono, d’altronde, elementi indissolubili nella pratica ultratrentennale di Bartolini. In Due qui / To Hear il paradigma acustico va letto, dunque, sia come esperienza fisica che come metafora e invito all’attenzione, all’apertura verso l’altro.


In un percorso potenzialmente circolare, due figure fanno da ideali introduzioni agli spazi e al progetto: gli alberi del Giardino delle Vergini e un Bodhisattva Pensieroso. Incarnazioni di un principio di natura e di spiritualità, sembrano rappresentare momenti di immobilità. In verità è un’inazione solo apparente. L’albero che è connesso attraverso le radici o il Bodhisattva che sta seduto a pensare incarnano forme di relazione forse più profonde con il Mondo. Intorno a loro e con loro si delineano le opere che aprono e chiudono il progetto, che ha il suo centro in una grande installazione sonora attraversabile dal pubblico. Il Bodhisattva Pensieroso è una figura tipica dell’iconografia buddista che, una volta raggiunta l’illuminazione, vi rinuncia volontariamente per indicare la via agli altri esseri umani. “Il Bodhisattva – ha spiegato Bartolini – è una figura che mi ha sempre affascinato, perché è un individuo che non agisce, ma riflette. Il suo invito a non fare niente mette in discussione il concetto di storia dalle fondamenta. L’installazione, invece, non produce architettura, ma suono: è una struttura che non occupa spazio, ma lascia passare tutti e passa attraverso tutti, generando comunità temporanee unite proprio dall’ascolto di una stessa fonte”. È alla base di questo meccanismo contemplativo che Bartolini situa il riferimento all’esempio del Bodhisattva, come forma di dissenso verso una cultura dell’agire intesa come unica prospettiva.


La pratica dell’artista abbraccia, invece, una molteplicità di suggestioni, riferimenti, linguaggi: alla profonda sensibilità per la musica, il teatro e la performance, unisce la capacità di sviluppare un rapporto unico con gli spazi e la loro architettura. E nel confrontarsi con un luogo tanto connotato come quello delle Tese delle Vergini, l’artista ha voluto optare per un radicale rispetto. Infatti, gli ambienti saranno nudi, esposti nella loro seducente stratificazione storica, senza sofisticazioni, pronti ad abbracciare le presenze che risuoneranno al loro interno. Nella varietà tipica della sua ricerca, che spazia tra opere scultoree, installative, sonore e performative, Bartolini delinea così una modalità collaborativa che vuole coinvolgere attivamente il pubblico, chiamato a muoversi, sostare e a vivere diverse esperienze in una dimensione sinestetica. In questo senso, il progetto per il Padiglione Italia è il risultato più complesso e ambizioso di questa pratica collaborativa usata con frequenza attraverso gli anni e che Bartolini definisce, con termine musicale, “jam session”. In un lungo processo di dialogo e scambio attraverso molteplici forme di ospitalità, curatore e artista definiscono una rete di relazioni e collaborazioni, che danno vita a un progetto collettivo in cui sono inclusi, in diverse forme, la presenza di altri artisti di diverse discipline e provenienze geografiche. Le giovani compositrici Caterina Barbieri e Kali Malone e uno dei musicisti più importanti della musica sperimentale degli ultimi cinquant’anni, Gavin Bryars (insieme al figlio Yuri Bryars), contribuiranno alle opere sonore di Bartolini, mentre la scrittrice e illustratrice per l’infanzia Nicoletta Costa e il romanziere e poeta Tiziano Scarpa sono stati invitati a concepire nuovi testi che saranno performati all’interno dello spazio del Giardino nei giorni dell’inaugurazione e come parte del Public Program.


“È straordinaria – ha commentato il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto – la coincidenza fra il progetto di Massimo Bartolini, che nel Padiglione Italia mette al centro l’ascolto, e la recente riproposta di Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono messa in scena a gennaio di quest’anno nella Chiesa di San Lorenzo a Venezia. La capacità di ascoltare come strumento di conoscenza di se stessi, oltre che di attenzione agli altri, è il comune denominatore di questi due progetti artistici simbolicamente riuniti nella Biennale a distanza di 40 anni l’uno dall’altro. Un altro aspetto che avvicina il Padiglione Italia di quest’anno alla molteplicità di temi e ricerche della Biennale è la presenza di diverse discipline e degli incontri multidisciplinari all’interno del Public Program curato da Luca Cerizza con la collaborazione di Gaia Martino”. “Il progetto curato da Luca Cerizza – ha aggiunto Angelo Piero Cappello, direttore generale Creatività contemporanea e commissario del Padiglione Italia – è senza dubbio capace di sollecitare le corde più intime della nostra appartenenza identitaria. ‘Ascoltare’ è proprio il filo rosso che viene teso al Padiglione Italia da Massimo Bartolini e dagli altri artisti coinvolti, accompagnando il visitatore tra le Tese delle Vergini e il Giardino, in un gioco visivo, tattile e sonoro che alterna il perdersi e il ritrovarsi, nello spazio e nel tempo”.

”Insufficente?”: Novara sfida Valditara a confronto sulle valutazioni

”Insufficente?”: Novara sfida Valditara a confronto sulle valutazioniRoma, 27 feb. (askanews) – “Lanciamo una sfida al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: sulla questione della valutazione si confronti con noi in un dibattito pubblico, anche in TV; scelga pure il programma che preferisce. La modalità delle risposte via social non ci appartiene, incontriamoci e dialoghiamo”: così il pedagogista Daniele Novara e il maestro Alex Corlazzoli dopo la risposta alla loro petizione/appello (https://www.change.org/NoVotiNumericieGiudiziSintetici) contro il ritorno ai giudizi sintetici che nel frattempo ha superato le 5.000 firme.


Nei giorni scorsi i due educatori, sostenuti da circa sessanta firmatari tra cui noti nomi del mondo pedagogico (Elisabetta Nigris, Alberto Pellai; Silvia Vegetti Finzi; Milena Santerini, Raffaele Mantegazza e tanti altri) e della cultura (Luca Zingaretti, Stefano Accorsi, Carlotta Natoli, Moni Ovadia, Pierfrancesco Favino e altri) avevano inviato in viale Trastevere la loro richiesta per tentare di fermare l’emendamento della maggioranza al Disegno di Legge sul voto di comportamento nella scuola secondaria che introduce una modifica importante al modello di valutazione in vigore oggi nella scuola primaria dopo la “riforma” del 2020: il ritorno dei giudizi sintetici. A questo appello ci ha risposto su “X” il ministro: “Temo che alcuni sottoscrittori di appelli non conoscano ciò contro cui firmano. L’emendamento governativo sulla riforma della valutazione alla scuola primaria non elimina la descrizione analitica dei livelli di apprendimento raggiunti in ogni disciplina dall’alunno, che è fra l’altro fondamentale per il portfolio e la futura attività dei docenti tutor. Elimina piuttosto giudizi sintetici, astrusi e incomprensibili quali “avanzato” o “in via di prima acquisizione”, sostituendoli con giudizi chiari e da tutti comprensibili, come ottimo o insufficiente. Non si perde nulla, piuttosto si migliora, semplificando e chiarendo, nell’interesse degli studenti e delle famiglie”.


Parole che i firmatari rispediscono al mittente lanciando un confronto pubblico: “Tutto il mondo pedagogico di prestigio ha aderito al nostro appello perché il ministero rinunci a reintrodurre i giudizi sintetici corrispondenti ai voti numerici o a ‘sufficiente’, ‘gravemente insufficiente’ etc. Etimologicamente c’è differenza tra ‘in via d’acquisizione’ e ‘insufficiente’. Fare chiarezza non significa né semplificare con dei giudizi da pagelle anni Trenta né applicare la logica della punizione. Pretendere che ‘gravemente insufficiente’ rappresenti un elemento di chiarezza significa confermare l’intenzione di procedere al ritorno di un apparato mortificatorio nei confronti dei bambini che sviluppano il loro percorso di apprendimento con errori e sbagli”.


Continuano i due estensori dell’appello: “Il mondo pedagogico è la base di riferimento scientifico per le riforme e i cambiamenti scolastici: non esiste nessun’altra disciplina così attinente. Questo è il campo nel quale ci si deve muovere per capire la direzione da adottare per modifiche così importanti, non certo l’appagamento di una certa opinione pubblica”. “Risulta offensivo sentire le parole del ministro che affermano che chi ha sottoscritto l’appello non ha capito cosa stava firmando. Stiamo parlando di docenti universitari ad altissimo livello. La presenza di attori e personalità del mondo della cultura è un riconoscimento che i pedagogisti e gli insegnanti non sono soli in questa richiesta. La società civile è vigile sull’operato del ministero”, concludono Novara e Corlazzoli.