In libreria, tutti i racconti di Leonard MichelsRoma, 17 nov. (askanews) – Susan Sontag lo definiva «Lo scrittore americano più notevole che sia apparso sulla scena negli ultimi anni.». Leonard Michels nella sua vita ha pubblicato solo due romanzi e diversi racconti che ora vengono raccolti da “Racconti edizioni” col titolo “Potendo li avrei salvati”. Il libro sarà disponibile dall’8 dicembre.
Si considerava un artista serio, è al racconto che si dedica di più per tutta la sua carriera. Attraverso questa inedita raccolta completa, si tratteggia un ritratto puntuale dello scrittore, illuminando tutte le sue sfaccettature di uomo e di artista. Dai racconti più sperimentali, a quelli più intimi; dal personaggio di Phillip Liebowitz, chiaro alter-e- go dello scrittore, al matematico ebreo Nachman, conosciuto solo con il cognome. Trentotto racconti che mettono in scena amori commo- venti, rapporti sessuali che sfidano il senso comune, amicizie violente e relazioni tossiche mentre il movimento febbrile di Manhattan dà ritmo e colore alle storie. Uomini fatti di parole alle prese col miste- ro indecifrabile ed elusivo del femminile e con l’ultimo, inevitabile spoiler, quello di un finale annunciato.
Il genio di Michaels miscela la sua tormentata biografia con stralci di metaletteratura e dappertutto si riconosce la sua lingua, ricca di retaggio yiddish, che molti hanno individuato come il vero tratto unico dell’autore. Potendo, li avrei salvati è un testamento che ci permette di scoprire Leonard Michaels, uno scrittore degno di stare tra i più grandi del Novecento americano. Leonard Michaels (New York, 1933 – Berkeley, 2003) ha scritto solo due romanzi: Sylvia (Adelphi), ispirato al suo primo matrimonio culminato col suicidio della moglie, e Il club degli uomini (Einaudi), da cui è stato tratto un film con Roy Scheider e Harvey Keitel.
Per la prima volta in italiano, Potendo, li avrei salvati racchiude tutto il resto della sua produzione let- teraria, composta da cinque raccolte di short stories. Secondo il Boston Globe: «in tutta la sua carriera Leonard Michaels non ha scritto una sola frase noiosa», e non è un caso che sia considerato fra i più grandi scrittori ameri- cani del Novecento.
Il mito della Callas riletto in chiave contemporanea alla ScalaMilano, 17 nov. (askanews) – Il mito e il contemporaneo: cinque protagonisti della scena culturale di oggi raccontano Maria Callas all’interno del Teatro alla Scala di Milano. “Fantasmagoria Callas” è una mostra raffinata, capace di fare cambiare passo perfino a un luogo sacro e tradizionalista come il tempio della lirica e di rinnovare la storia del soprano più celebre di sempre attraverso opere di Giorgio Armani, Alvin Curran, Latifa Echakch, Mario Martone e Francesco Vezzoli. E la fantasmagoria del titolo si declina soprattutto nella molteplicità dei mezzi espressivi scelti: dalla scultura alla moda, dal cinema al suono, fino alla fotografia ricamata. A curare il progetto è Francesco Stocchi a cui abbiamo chiesto come lo abbia pensato.
“Ho immaginato – ha detto ad askanews – partendo da un assunto molto semplice, che Callas è una di quelle rare figure che non è stata ma è, e quindi anche sarà. Perciò abbiamo pensato di lavorare non tanto in maniera retrospettiva, non tanto partendo dagli archivi, così come è solito lavorare in modo eccellente il Museo del Teatro a Scala, ma evocandola. Evocandola innanzitutto oggi per raccontare che cos’è per certe figure creative Maria Callas, e che cos’è per tutti noi e poi anche evocandola nella sua complessità”. L’esposizione è intensa, l’allestimento di Margherita Palli funziona e sottolinea l’unicità delle opere, ma permette anche di creare ambienti adatti ad ospitare video e suoni. E la sensazione è che le scelte di Stocchi abbiano anche la valenza di un ragionamento sui diversi modi interdisciplinari che fanno oggi quella cosa che chiamiamo arte contemporanea. Ma a prevalere poi è il mito stesso, la rievocazione rituale di un personaggio che, come ci ha detto Francesco Vezzoli, aveva qualità anche simboliche straordinarie.
“Rappresenta l’ossessione prima di tutto per la perfezione – ha raccontato l’artista -. L’ossessione per la perfezione tecnica, ma anche per la perfezione della propria immagine pubblica, che mi sembrano due binari molto importanti. Diciamo che viviamo in un mondo in cui c’è chi accelera nella tecnica, ma magari non è proprio impeccabile nel profilo Instagram e poi abbiamo profili Instagram meravigliosi, ma di persone completamente prive di sostanza. Quando invece qualcuno riesce a camminare su questi due binari con uguale forza, con uguale stamina, con uguale energia, riesce a creare il mistero di un mito e la Callas c’è riuscita”. Non serve essere melomani per restare intrappolati nel meccanismo narrativo della mostra: Maria Callas, attraverso le opere d’arte, va oltre perfino se stessa. E la sua storia esce anche fisicamente dalla Scala per arrivare alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, dove una mostra di fotografie dell’Archivio Publifoto racconta la cantante e la sua vita eccezionale attraverso i ritratti.
Mostre, Mauro Camponeschi con “Lune di Pietra” al Museo CrocettiRoma, 15 nov. (askanews) – La presentazione di una Mostra ha la necessità intrinseca di misurare il lavoro fatto con l’intento progettuale che ne ha generato l’esecuzione; per evitare difficili percorsi interpretativi che potrebbero non corrispondere completamente a detti intenti progettuali, l’autore preferisce offrire alcuni chiarimenti sulla modalità del proprio lavoro e sui contenuti della propria pittura, al fine di agevolare la fruizione dell’intero percorso espositivo. Questa scelta non vuole inibire le necessarie letture critiche e le sacrosante differenze che intercorrono fra le diverse funzioni, ma semplicemente vuole presentare il lavoro dal punto di vista della concreta esecuzione, con la consapevolezza che i quadri si raccontano, ma è necessario incontrarli, vederli, osservarli dal vero per poterli vivere da “dentro” e quindi averne piena consapevolezza.
“Lune di pietra” è il ciclo pittorico che raccoglie tutto il lavoro dedicato a Italo Calvino per “Le città Invisibili” e costituisce il nucleo centrale della Personale di Pittura presso il Museo Venanzo Crocetti di Roma. A questo ciclo si associano anche i lavori che caratterizzano l’intera attività pittorica: acquarelli, acrilici, assemblaggi polimaterici, pitture ad olio su tela e su tavola, disegni a china, taccuini e stampe da incisioni. Il disegno, l’equilibrio compositivo e cromatico, l’uso di materiali canonici e non canonici costituiscono un modo concreto di fare la pittura, non solo nel senso di avvicinare, “accarezzare la pittura”, ma essenzialmente di percorrerla come fosse un racconto, storia per immagini. I lavori esposti nella mostra “Lune di pietra” sono il risultato e la sintesi di un percorso e di una ricerca basata essenzialmente sugli elementi strutturali della composizione visiva. Partendo da un approccio progettuale legato alla sperimentazione di materiali, forme e colori, l’intento è anche quello di perseguire, con una puntuale proposta, la capacità narrativa dell’immagine, invitando l’osservatore a costanti viaggi nella memoria e nel proprio mondo interiore. Colore e forma si integrano in composizioni sempre in equilibrio fra paesaggi fantastici e paesaggi reali. Nelle opere, infatti, il tema del “paesaggio”, sia esso costituito da spazi urbani o spazi verdi, si completa in scenari metafisici, creando un costante richiamo sia a frammenti e dettagli propri dell’immaginazione collettiva, sia a scenari, figure e materiali riconducibili alla vita quotidiana.
Tale condizione lascia all’osservatore il tempo per lo stupore, per l’osservazione attenta dei particolari e per il gusto profondo della cura e del dettaglio. Nella costruzione del lavoro e dell’immagine incanto e disincanto si uniscono e convivono in atmosfere sospese senza tempo e senza spazio. In questo gioco di rimandi, rincorrendo la capacità narrativa dell’immagine, ognuno resta libero di individuare un punto di vista, un’inquadratura, il personale ed essenziale distacco, il senso del silenzio, nella speranza di entrare in ascolto del proprio racconto. Tutto questo al fine di alimentare nella pittura, “nella costruzione della pittura”, una atmosfera “magica” e quasi di sogno, che vorrebbe generare nell’osservatore una forma narrante per immagini, in sequenza, come fosse un film. Elemento essenziale di questa modalità pittorica sono i materiali scelti per completare forme, colori e composizioni. In questo senso gli assemblaggi polimaterici non sono soltanto esercizi di stile e ricerca di armonie, ma costituiscono una sorta di magazzino espressivo cui ricorrere per dare concretezza e aspetto formale all’idea, all’immagine e alla composizione. In particolare l’assemblaggio polimaterico, concepito come una tecnica di collage, consente anche di rincorrere la citazione, di recuperare la memoria di un materiale, decontestualizzandolo, ovvero consente di restituire una rinnovata dignità ai materiali logorati dal tempo e dall’usura, scartati dalla produzione, diventati “rifiuti”. E’ in questa ottica che trovano nuova vita i rifili del marmista e del falegname, le carte usate (buste del pane, imballaggi), le cortecce, i legni delle cassette del mercato. I lavori esposti vogliono testimoniare un tipo di ricerca pittorica che invita alla riflessione e allo stesso tempo sollecita l’enunciazione di una “poetica” intrinseca nel frammento: montaggio ragionato di elementi materici che dialogano in un tempo sospeso, in attesa, forse, di ritrovare l’unità perduta. Il “tempo sospeso” e la “proposta dell’attesa” vogliono incoraggiare l’osservatore a curiosare, a cercare una propria soluzione, attraverso la necessaria interpretazione personale; così il piacere di osservare si coniuga con l’immaginario e con il mondo interiore del fruitore, producendo un fantastico gioco di arricchimento.
I 56 lavori presentati, secondo un itinerario anche cronologico (dalle opere del 1976 fino alle opere del 2023), sono tutti attraversati da una voluta ricerca di coerenza formale e stilistica. L’affermazione di una chiara personalità pittorica e di un’originalità compositiva sono testimoniate dal ripetersi di segni, colori e forme, comuni in quasi tutte le opere: i fogli in primo piano che attraversano “volando” la tela; i limoni e gli orologi presenti in molti acquarelli e olii; gli svariati materiali di scarto; soprattutto i colori blu e ocra nelle loro più articolate sfumature. In questo contesto e nell’ambito della mostra dedicata, risultano significativi gli omaggi a Italo Calvino per “Le città invisibili”, a Elsa Morante per “l’Isola di Arturo” e a Venanzo Crocetti per le sue sculture.
Nasce Dicolab. Cultura al digitale: il nuovo sistema formativoRoma, 14 nov. (askanews) – La formazione è una componente strategica della grande sfida europea della trasformazione digitale. Una sfida che dovrà portare innovazione e cambiamento anche nel sistema del patrimonio culturale, lavorando sul miglioramento e l’aggiornamento delle competenze digitali per il vasto mondo dei professionisti, degli operatori, delle organizzazioni del settore. E che dovrà alimentare la costruzione e lo sviluppo di un nuovo “ecosistema del patrimonio culturale digitale”, di cui ognuno dovrà imparare a maneggiare gli strumenti e i linguaggi.
È in questo scenario che nasce Dicolab. Cultura al digitale, il sistema formativo realizzato e curato dalla Fondazione Scuola dei beni e attività culturali e promosso dal Ministero della Cultura – Digital Library nell’ambito del PNRR Cultura 4.0. Si tratta di un progetto di rilevanza strategica che, per vincere la sfida della trasformazione digitale in ambito culturale e sostenere l’innovazione del settore a livello nazionale, mette in campo azioni diversificate secondo un format modulare e scalabile grazie ad un modello innovativo di blended learning che prevede un’offerta formativa gratuita, altamente qualificata e certificata, con attività in presenza e online.
Dicolab. Cultura al digitale, si colloca all’interno del Piano Nazionale per la Digitalizzazione del patrimonio culturale, importante segmento del PNRR Cultura 4.0 affidato alla Digital Library del Ministero della Cultura. Il Piano affida infatti alla formazione il compito di migliorare e aggiornare le competenze digitali indispensabili per accrescere il valore del patrimonio culturale nella sua nuova dimensione digitale. Dichiara Angelantonio Orlando, direttore generale dell’Unità di missione per l’attuazione del PNRR del Ministero della Cultura: “Il Piano Nazionale di Digitalizzazione per il patrimonio culturale (PND) che il Ministero della Cultura sta portando avanti, costituisce il contesto strategico per la realizzazione degli obiettivi del PNRR. In tale ambito il progetto ‘Dicolab. Cultura al digitale’ assume una rilevanza strategica in quanto il rafforzamento delle competenze digitali costituisce un fattore abilitante per i professionisti e gli operatori del settore che, grazie al sistema formativo, potranno utilizzare al meglio i nuovi strumenti messi loro a disposizione dalle numerose linee di intervento del PND”
L’impegnativo obiettivo assegnato dal PNRR è il raggiungimento di una grande platea di utenti che dovranno completare 40.000 unità formative entro giugno 2026. “E’ un progetto di ampio respiro e lunga visione che contribuirà a dar vita ad un originale ecosistema culturale teso ad affrontare le sfide e a cogliere le opportunità del processo di trasformazione digitale del patrimonio culturale” dichiara Vincenzo Trione, presidente della Fondazione Scuola dei beni e attività culturali.
Dunque in poco più di tre anni il progetto Dicolab. Cultura al digitale dovrà generare un impatto diretto e concreto sul sistema culturale italiano. E lo farà attraverso la realizzazione di 100 prodotti formativi originali, l’offerta di 400 ore di attività laboratoriali e il coinvolgimento di oltre 300 docenti. I processi di ascolto, engagement e animazione territoriale delle iniziative saranno attivati attraverso una rete che potrà comprendere fino a 10 Hub diffusa in tutto il Paese, per mobilitare competenze, attivare le istituzioni culturali e coinvolgere le imprese, i professionisti e le realtà locali. Un percorso già avviato in stretto dialogo con le Amministrazioni centrali e locali, le Regioni, le organizzazioni e gli istituti culturali, le imprese del settore. “Con ‘Dicolab. Cultura al digitale’ mettiamo a disposizione l’esperienza maturata dalla Scuola dei beni e delle attività culturali, nella formazione e nella ricerca in ambito culturale. La sfida strategica della trasformazione digitale non può avanzare senza un adeguato intervento sulle competenze degli operatori. Per agire sul cambiamento delle istituzioni, delle organizzazioni e dell’intero sistema” aggiunge Alessandra Vittorini, direttore della Fondazione Scuola dei beni e attività culturali. Un vero e proprio laboratorio in continua evoluzione con un ricco programma formativo organizzato in aree tematiche e numerosi percorsi, su temi che spaziano da Pensiero digitale e soft skills per la trasformazione digitale a Produzione e gestione orientati all’utente, Uso e condivisione del patrimonio culturale, Governance della trasformazione digitale, Ricerca e innovazione del settore culturale, Processi di supporto per la trasformazione digitale delle organizzazioni culturali. Il bacino di riferimento cui il progetto si rivolge è ampio e diversificato e comprende l’intera comunità di professionisti e organizzazioni del sistema culturale: dal personale del Ministero della Cultura (coinvolto con la collaborazione della Direzione Generale Educazione, ricerca e istituti culturali) e delle altre pubbliche amministrazioni, alle imprese e organizzazioni del settore culturale, al mondo universitario (laureandi, specializzandi, dottorandi e ricercatori), agli istituti culturali, pubblici e privati, agli operatori, agli specialisti ed esperti del settore. Al completamento di ogni unità formativa, ad ogni partecipante sarà rilasciata una certificazione in forma di open badge, uno standard utilizzato a livello europeo che attesta, in modo trasparente e verificabile, non solo i contenuti e gli strumenti formativi, ma anche le competenze acquisite. Attraverso la nuova piattaforma e-learning della Fondazione Scuola dei beni e attività culturali (fad.fondazionescuolapatrimonio.it) gli utenti avranno libero accesso alle numerose risorse multimediali rilasciate progressivamente e potranno iscriversi alle attività formative in presenza. I primi contenuti formativi sono già on line e riguardano le tematiche fondamentali per confrontarsi con le sfide della trasformazione digitale del settore culturale: dalla comunicazione ai processi di ascolto, dal data management alla gestione del cambiamento organizzativo. Entro gennaio 2024 saranno disponibili 20 corsi multimediali, 4 cicli di webinar, un seminario, un podcast di 8 episodi e 2 serie di video pillole; un corposo set di prodotti formativi che spaziano dal project management allo human-centered design, dall’archivio digitale al tema cruciale del diritto e digitalizzazione.
A Roma “Le onde. Omaggio a Virginia Wolf”, mostra di Chiara MonteneroRoma, 14 nov. (askanews) – Dal primo al 15 dicembre a Roma la nuova mostra personale di Chiara Montenero “Le onde. Omaggio a Virginia Woolf”, nella nuova sede della Galleria della Tartaruga all’interno della libreria Eli, a Roma.
Le venti opere esposte – a ingresso libero – sono un omaggio alla grande scrittrice inglese, soprattutto al suo “Le onde”, e costituiscono un approfondimento sul tema che indaga sui moti dell’animo da cui discende il sentimento dell’empatia. Un argomento che all’artista sta molto a cuore, motore propulsivo di tutta la sua ricerca sia nel campo della scrittura che in quello della pittura. “L’artista osserva e sperimenta il variare della luce attraverso i riflessi dell’acqua, da cui il nesso con il testo di Virginia Woolf con la scelta, per i tre monocromi, del bianco, il non colore simbolo dell’innocenza dei bambini che si affacciano alla vita, e che rimanda anche alla dolorosa storia della morte a cui dovranno assistere e al lutto che li colpirà – ha spiegaTO la curatrice Irene Niosi – in questi monocromi, come nelle tele che, nate candide, si sporcano di spruzzi di colore, è ravvisabile una narrazione sia poetica che metaforica presentata con disarmante semplicità, in cui le connotazioni immaginarie, insieme agli elementi autobiografici strettamente legati alla storia personale dell’artista e alla sua origine culturale, contribuiscono a formare una base di solida, quanto credibile autenticità”.
“La mostra è dedicata allo splendido romanzo ‘Le Onde’ di Virginia Woolf – ha spiegato Chiara Montenero – non si parla solo delle onde del mare ma soprattutto di quelle emozioni fluttuanti che i sei protagonisti vivono dall’infanzia alla maturità, fino al dolore comune per la scomparsa del comune amico. Per la Woolf, l’acqua è l’ambiente indifferenziato per eccellenza, ma anche ciò verso cui tende spontaneamente l’alchimia degli esseri, il luogo ultimo della loro metamorfosi”.
OGR Torino, Sarah Sze e Sara Enrico: il tempo plurale dei corpiTorino, 14 nov. (askanews) – Due artiste internazionali che ragionano sulle pratiche scultoree e sui modi nei quali è possibile pensarle nella contemporaneità. Le OGR di Torino ospitano la grande installazione “Metronome” di Sarah Sze e la mostra “Tainted Lovers” di Sara Enrico. L’opera dell’artista americana ricostruisce una sorta di cosmo dell’immagine, un mondo nel quale si condensano diverse suggestioni dell’iper-presente.
“Quello che vediamo – ha detto ad askanews il curatore delle OGR e delle due mostre, Samuele Piazza – è scultura, installazione, ma è anche un montaggio filmico in qualche modo in tempo reale. Chi entra si ritrova all’interno di questa sorta di lanterna magica che in qualche modo riporta al proto cinema che è anche una delle fonti che Sarah cita per questi lavori e si trova davanti ad una miriade di immagini che entrano in relazione come capita spesso a tutti ormai di avere un bombardamento di immagini reali e digitali che in qualche modo si conglomerano e in questo caso l’artista li usa come materiali”. La scultura in questo caso prende la forma degli schermi che sono onnipresenti nella nostra vita, e il metronomo rimarca un’accelerazione che, da molti punti di vista, sembra essere divenuta insostenibile. Ma è anche uno spazio nel quale il tempo è plurale e condiviso e dialoga con l’ambiente che ospita l’installazione. La stessa conversazione con l’architettura si ritrova nella mostra dedicata a Sara Enrico, una delle artiste più interessanti della scena italiana, i cui corpi e le cui forme, spesso viste in piena luce, ora si muovono nella penombra.
“L’idea – ha aggiunto Samuele Piazza, era che fossimo in un ambiente altro, quasi che la promenade all’interno dello spazio diventasse una narrazione quasi filmica, in cui alcune cose compaiono, spariscono, ritornano. E per me è interessante vedere come questa pratica, in questo contesto, mostra una parte diversa di quello che siamo abituati a vedere”. Lo spazio del lavoro di Sara Enrico, è quello della contaminazione tra il corpo e l’oggetto di design, ma si tratta di corpi che sono desideranti e anno forma a un’idea di amore che è legata alla stessa forza fisica che li plasma. Con esiti che hanno una grande evidenza scultorea, che nasce proprio dalla loro costante ambiguità.
Le riflessioni spirituali nei testi di Mogol diventano un libroRoma, 13 nov. (askanews) – “Non ho mai pensato che molti dei miei testi avessero un contenuto spirituale: Don Giuseppe, accompagnandomi nella ricerca di Dio, me lo ha svelato in questo libro”: parola di Giulio Rapetti Mogol. Questo libro è la storia di un bambino che non sapeva di aver “ricevuto un dono”. Quel bambino è cresciuto guardando e osservando l’esistenza che lo circondava, e attraverso di essa ha percorso un viaggio che dura tuttora fino a comprenderne la profonda preziosità spirituale che ha saputo tradurre – come solo lui sa fare – nei suoi versi, raggiungendo il cuore di milioni di persone che ancora oggi cantano a memoria le sue canzoni.
Don Giuseppe Capsoni è il padre spirituale di Mogol, e insieme a lui ha voluto analizzare e approfondire il significato di 33 sue canzoni, facendo emergere la spiritualità su ciascun brano, rilevando differenze e affinità tra l’uomo religioso Giulio e l’artista Mogol: entrambi mossi, ispirati e depositari di una ispirazione divina. Per il Giulio religioso è l’impulso intellettuale-razionale nel campo della Fede, per l’artista Mogol è invece l’ispirazione. Un libro importante che dà una lettura nuova alle parole di un grande artista. Don Giuseppe Capsoni è nato nel 1969 ed è presbitero diocesano dal 1998. Dopo le scuole superiori, ha iniziato gli studi teologici presso la Pontificia Università Sant’Anselmo in Roma conseguendovi il relativo grado accademico. Si è successivamente laureato in Diritto presso la Pontificia Università Lateranense in Roma ed ha conseguito due master presso i Dicasteri vaticani del Culto Divino e degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica. È stato docente di diritto presso gli studi interdiocesani dei seminari Lombardi di Crema, Cremona, Lodi e Vigevano e docente presso l’istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Agostino in Pavia.
Ha pubblicato: L’aborto tra diritto e morale. Accogliere il mistero della vita (If Press, 2013), San Martino di Tours: un santo (Edizioni Casa del Giovane, 2008); L’ordine delle Vergini: lineamenti storici, canonici e liturgici (Edizioni Dehoniane, Bologna 2015); Una vita per Dio e per la Chiesa. Profilo pastorale del Cardinale Luigi Poggi (Edizioni Shalom, Roma 2017).
Media, i videogiochi come strumenti per insegnare la storiaRoma, 10 nov. (askanews) – Insegnare la storia con i videogiochi. Se ne è parlato a Bari all’Apulia Digital Experience (Ade), la prima conferenza internazionale made-in-Italy dedicata all’innovazione digitale nelle industrie creative, apertasi oggi e in programma fino a domenica 12. Nei panel odierni si è discusso di “videogiochi e alta cultura”, “storia e game development”, “historia ludens” e “storia militare (video) ludens”. Tra i partecipanti storici, accademici e imprenditori del settore. Che i videogiochi siano strumenti in grado non di sostituire i libri, ma di affiancarli nella didattica storica, ne è convinto Fabio Belsanti, ceo e founder di AgeOfGames, una software house indipendente pugliese.
Lui stesso è approdato dagli studi storici all’ideazione e realizzazione di videogames. Ad askanews ha raccontato il suo singolare percorso: “Tutto nasce dalla mia tesi di laurea sperimentale sulla digitalizzazione delle fonti archivistiche dei libri contabili della compagna di ventura di Michele Attendolo. E’ stata una delle prime opere di digitalizzazione dei nostri archivi. Il professore, all’Università di Siena, mi affidò questa tesi di ricerca sperimentale, e fondamentalmente il piano era di finire la laurea e poi fare una società di multimedializzazione della storia collegata all’Università di Siena”. Il progetto però non andò in porto e Belsanti tornò quindi a Bari, da dove era partito. “Qui incontrai dei giovanissimi ragazzi pazzi che più o meno volevano fare giochi, non avevano nessuno che li organizzasse, io ero quello più strutturato, ero laureato, feci il manager; e con 500 mila lire e cinque comuputer di casa abbiamo dato vita a questa società indipendente. Adesso sono 23 anni che sviluppiamo videogiochi. Abbiamo la soddisfazione di fare in lavoro che amiamo”. “Da subito – ha aggiunto Belsanti – la società ha avuto tre settori di interesse principali: uno ovviamente dell’intrattenimento incentrato sulla narrazione; un altro dedicato alla cultura, alla parte educational, e un altro invece alla ricerca un po’ più speculativa che in questi anni si è concretizzata con il progetto ‘Videogiochi e alta cultura’, giunto quest’anno alla sesta edizione”.
“Il videogioco – ha spiegato a sua volta Francesco Biasi, giovane studioso di storia militare dell’Università di Salerno – diventa utile nel momento in cui riesce a raccontare la complessità delle esperienze storiche del passato, delle dinamiche umane; in questo senso è una esperienza videoludica, e diventa una esperienza didattica se guidata dall’insegnante. Non sostituisce comunque il manuale, la parte di contestualizzazione storica, ma aiuta a rendere ancora più importante il ruolo della storicizzazione degli eventi attraverso un impatto visivo più diretto. Tramite la storicizzazione, appunto, va a rompere gli stereotipi del passato, e soprattutto racconta la complessità che c’è intorno alle vicende storiche e alle sue interpretazioni”. Inoltre, ha osservato Fabio Saksida, dell’Università di Torino, “il videogioco offre anche un supporto visivo, rende reale qualcosa che magari si è finora studiato, ti permette di sentire come concreto qualcosa che prima percepivi come astratto. Sempre più spesso, dunque, gli storici accademici vengono impiegati come consulenti per realizzare videogame e film storici. Mentre il game designer, essendo il videogame un medium che non nasce unicamente per divulgazione, a volte risponde a delle sue logiche che a volte possono entrare anche in conflitto con la rappresentazione storica di un determinato fatto”.
Il 13 E il 14 novembre a Roma la “Cernobbio della Cultura”Roma, 10 nov. (askanews) – In occasione del ventesimo anniversario della convenzione Unesco sul Patrimonio Culturale Immateriale si terrà a Roma il 13 novembre, nella Sala della Regina della Camera dei Deputati per proseguire poi il 14 novembre al Senato della Repubblica, la “Cernobbio della Cultura”, la conferenza internazionale Unesco sul patrimonio culturale immateriale e sul suo rapporto con lo sviluppo sostenibile. La conferenza, organizzata dalla Cattedra Unesco dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, diretta dal professor Pier Luigi Petrillo e promossa da Civita Mostre e Musei e dalla Fondazione Treccani, con la collaborazione di numerosi altri soggetti pubblici e privati, vedrà impegnati esperti da tutto il mondo. I lavori saranno aperti dal Vicepresidente della Camera Sergio Costa, dal Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone e dal Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Aree Interne Alessandro Battilocchio e saranno conclusi dal Presidente della Commissione Cultura del Senato e dal Vicepresidente del Senato Gianmarco Centinaio. Dall’Australia al Brasile, da Singapore all’Uganda, dalla Lituania all’Egitto, dall’Iran all’Arabia Saudita, dal Kirjikistan al Canada, i partecipanti, riuniti insieme per la prima volta, discuteranno e ragioneranno sui patrimoni culturali immateriali ovvero quei “patrimoni viventi” (l’Unesco li definisce “living heritage”) che rappresentano le tradizioni, le pratiche, i riti che, tramandandosi di generazione in generazione, narrano l’identità di una comunità e di un territorio. Oggi in Italia sono censiti dai Ministeri della Cultura, dell’Agricoltura e dell’Ambiente oltre 180 mila diversi esempi di questi patrimoni. A livello mondiale, l’Unesco ha riconosciuto 677 tradizioni provenienti da 146 diversi Stati, tra cui il tango argentino, lo Yoga indiano, la cultura della birra belga. L’Italia è ottava con 17 riconoscimenti, tra cui l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la transumanza, i violini di Cremona, i pupi siciliani. Tra i tanti interventi si parlerà anche della candidatura Unesco a Patrimonio Immateriale de La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale.
Tv, Il futuro del broadcasting è in stazioneRoma, 9 nov. (askanews) – Dal divano al binario: il mondo della televisione sta attraversando una transizione profonda, un cambio di paradigma che vede l’allontanamento sempre più marcato dai classici device di fruizione – il proprio schermo di casa – per spostarsi verso un modello di consumo più fluido e versatile, privilegiando così i contesti di mobilità: uno su tutti, la stazione. Di questo si è parlato al Workshop “Advanced TV: dal device al contesto di vita” organizzato da Grandi Stazioni Retail (GSR), che si è svolto oggi nella cornice di IAB Forum a Milano.
Alla discussione hanno partecipato Giuseppe De Bellis, Direttore di SkyTg24, Giuliano Noci, Professore Ordinario di Strategia & Marketing del Politecnico di Milano, Cesare Salvini, Chief Marketing e Media Officer di GSR, Nicola Spiller, Direttore Osservatorio Internet Media, Osservatorio Omnichannel Customer Experience e Osservatorio Multicanalità e Alessandro Tavallini, Media Sales Director di GSR. Come ha illustrato il professor Noci, il cambiamento del mondo del video e della tv segue il processo evolutivo delle esperienze mediali, la cui qualità si gioca sempre meno sul sofà di casa, ma sempre di più in relazione ai contesti di vita della mobilità, in cui le persone trascorrono sempre più tempo. Un cambiamento che interessa fortemente anche il mondo dell’informazione, sempre più multicanale e in tempo reale, ha sottolineato Giuseppe De Bellis, che deve rispondere a un pubblico che vuole essere informato in qualunque momento, in qualunque contesto e con qualunque device, durante gli spostamenti più brevi e in quelli più lunghi. In questa cornice, le stazioni rappresentano un contesto privilegiato, a fronte di un tempo di permanenza medio che in quelle del network GSR supera i 30 minuti: è qui che le TV di nuova generazione, le Advanced TV, possono giocare un ruolo fondamentale nel soddisfare la richiesta del visitatore di valorizzare il tempo a disposizione e, al tempo stesso, nell’offrire ai brand degli asset formidabili per unire l’advertising all’entertainment.
L’esperienza di video strategy di Grandi Stazioni Retail si inserisce proprio in questa direzione: “i nostri asset TV sono il principale veicolo attraverso il quale sviluppiamo e implementiamo la mission di Grandi Stazioni Retail: rendere le stazioni luoghi di comfort, dove i visitatori possano fare esperienze culturali e di intrattenimento”, ha dichiarato Cesare Salvini. “Per questo motivo, il prodotto della GoTV Plus rappresenta al meglio questo obiettivo: un prodotto di intrattenimento che possa far sentire le persone sul proprio divano di casa, ottimizzando così la visibilità dei brand che lo utilizza”. Gli impianti televisivi di Grandi Stazioni Retail godono oggi di un palinsesto animato dai più importanti broadcaster a livello internazionale – Sky, Paramount, Eurosport – che, assieme ad altri partner di prestigio quali exibart e DDN, si combinano sinergicamente alle comunicazioni di brand. Un prodotto finale capace di soddisfare un segmento di pubblico qualificato: “il target delle nostre TV è di alto profilo come quello di una Pay TV – perché effettivamente il visitatore paga un biglietto per viaggiare – ma allo stesso tempo è ampio e orizzontale come quello della classica TV generalista”, ha commentato Alessandro Tavallini.
Oltre a questo aspetto, il vero valore aggiunto sta nella misurabilità: “tutta la nostra offerta è inserita nel Digital Planner, il nuovo tool integrato nel software Kubik di MediaSoft che permette di gestire pianificazione crossmediali, consentendo di effettuare analisi a PRE con l’utilizzo delle stesse regole di ingaggio della TV, come gli indicatori di comunicazione, gli indicatori di economicità e la reach Incrementale”, ha concluso Tavallini.