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Aste Bolaffi e i fumetti: una monumentale collezione di Topolino

Aste Bolaffi e i fumetti: una monumentale collezione di TopolinoMilano, 13 feb. (askanews) – Appuntamento con la terza asta di fumetti organizzata da Aste Bolaffi, in programma giovedì 23 febbraio alle ore 15 in modalità internet live (astebolaffi.it). In catalogo 243 lotti tra cui spiccano una collezione completa del piccolo Ranger – incluso il numero 32, vera e propria chicca per collezionisti (lotto 156, base d’asta 300 euro) – e una monumentale collezione completa di Topolino, dagli albori del Topolino giornale fino al numero 2000, tra cui il primo numero dell’aprile 1949 (lotto 66, base 300 euro) ed esemplari pari al nuovo corredati dei gadget allegati all’epoca, come il numero 500 completo della farfalla (lotto 104, base 50 euro), e il numero 578 con la lettera che annuncia la morte di Walt Disney (lotto 110, base 50 euro).
Arricchiscono il catalogo numerosi lotti divertenti e curiosi, tra cui il raro amuleto scacciaguai allegato al Corriere della paura del 1974 (lotto 37, base 100 euro), una cartolina autografa di Charles Schulz con disegno di Snoopy a pennarello (lotto 220, base 250 euro) e il disegno di Guido Crepax “Il sorpasso” firmato e datato 1992 (lotto 225, base 800 euro). Da segnalare, infine, una raccolta completa di Diabolik che include il primo numero “Il re del terrore” in seconda ristampa Sodip 1964 con barzelletta (lotto 178, base 100 euro).

Libri, l’8 marzo e la fatica delle artiste italiane di Paola Ugolini

Libri, l’8 marzo e la fatica delle artiste italiane di Paola UgoliniRoma, 13 feb. (askanews) – E’ una storia dell’arte lontana dalla retorica e, nello stesso tempo, molto efficace nel rendere immediato il percorso difficilissimo compiuto dalle artiste italiane che dal dopoguerra ad oggi hanno sfidato l’impronta patriarcale del settore della cultura. Il percorso conoscitivo elaborato da Paola Ugolini è un alfabeto atroce e privilegiato che conferma quanto sia stato difficoltoso fare affiorare l’impronta femminile, combattendo stereotipi e una forte cultura di stampo maschilista. E’ ovviamente una Storia dell’Arte differente che ribalta il solito punto di vista dell’osservazione storica.
Già dal titolo del libro – Artiste e femminismo in Italia, per una rilettura non egemone della Storia dell’arte (edito da Christian Marinotti Edizioni) – si capisce la forza con la quale è stato pensato il filo conduttore che parte dalla veneziana Bice Lazzari, classe 1900, sperimentatrice di nuove tecniche che, giovanissima e senza gabbie mentali, la quale agli inizi del secolo sovvertiva gli schemi scrivendo: “Qualche volta gli elementi si raggruppano come suoni ripetuti per creare un centro focale che puo’ andare libero oltre al limite dello spazio a mia disposizione, e creare quindi una immagine non bloccata. La libertà di agire sulla tela è sempre la più importante esigenza che io mi conosca”.
Dalla Lazzari il percorso si snoda fino ad arrivare al periodo post-Covid, offrendo spazio a Silvia Giambrone, geniale giovane artista siciliana ma romana di adozione. Di lei viene ricordata, in particolare, un’opera del 2019 intitolata Il Danno che chiama in causa il corpo femminile. Si tratta di un mezzo busto femminile senza testa con una guaina elasticizzata post parto che non riesce più a contenere un corpo ormai sformato. “Questo lavoro riflette sulla profonda frattura fra donna reale e la proiezione capitalista e patriarcale della donna ideale, una contraddizione quotidiana che appare piuttosto manifesta in Italia, un fattore in larga misura ancora veicolato dall’egemonia mediatica”.
Il libro di Ugolini termina con una vetrina sul pensiero teorico di Benni Bosetto, promettente artista milanese decisa a superare ogni limite biologico tra uomo e donna per aspirare a una visione quasi spirituale dell’umanità. Il secolo delle arti al femminile è una indagine a largo spettro che fa affiorare la potenza creativa delle artiste normalmente oscurate dall’egemonia di una impronta maschile sul settore. “E’ l’indagine di una creatività osservata da un punto di vista non egemone volta ad aprire canali che, insieme alle mostre nelle gallerie e nei musei possa continuare a trasmettere e attualizzare le voci di chi per secoli non ha trovato ascolto”, scrive Ugolini.
La lista delle artiste è lunga e interessante. C’è la torinese Carol Rama che, negli anni venti, con la sua vita fuori dagli schemi ha agito in prima persona alla liberazione dai codici comportamentali imposti dalla cultura patriarcale. All’epoca il cliché della donna modello era quello di angelo del focolare e non di certo l’arte astratta e l’erotismo. Sempre a Roma, negli anni Sessanta e Settanta, opera l’artista americana Suzanne Santoro, autrice di una ricerca radicale sulla rappresentazione dell’organo sessuale femminile nella tradizione delle arti visive; anche in questo caso, la sua militanza sia in Rivolta Femminile che nella Cooperativa del Beato Angelico risulta imprescindibile per i rapporti tra arti figurative e femminismo.
A Torino troveremo invece Marisa Merz, unica donna all’interno di un gruppo “muscolare” quale quello degli artisti poveristi; il suo lavoro, apparentemente delicato, si fonde con l’esperienza della vita, con la maternità vissuta anche come momento di crisi e con l’ambiente domestico che diventa luogo di creatività e di resistenza all’omologazione. A Milano e a Roma troveremo rispettivamente Laura Grisi e Marinella Pirelli che, grazie all’uso della cinepresa, figurano tra le pioniere italiane delle sperimentazioni visive. La rosa si amplia con altri nomi altrettanto rivoluzionari: Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, Tomaso Binga e Greta Sho¨edl, le cui perfor- mance e poesie verbo-visive si fanno militanti, destrutturano il linguag- gio e la sua rappresentazione fino a trasformarlo in strumento di lotta. Non mancano ovviamente Marina Abramovic e Ulay, una coppia fuori dagli schemi che ha trasformato la loro relazione privata in opera d’arte, dalla prima performance in Italia durante la Biennale di Venezia del 1976 alla fine del loro rapporto umano e professionale sulla Grande Muraglia Cinese nel 2017.
In Austria, Renate Bertlmann impiega l’erotismo come strumento di lotta e di empowerment a partire dalla scandalosa performance Deflorazione in quattordici stazioni presentata alla Settimana della performance di Bologna nel 1977. A Bergamo c’è Mariella Bettineschi, che dai primi anni Ottanta sperimenta una serie di linguaggi artistici anche molto diversi tra loro spaziando da opere tridimensionali al ricamo fino alla fotografia; è proprio attraverso il mezzo fotografico che, a partire dal 2008, inaugura la serie dell’Era Successiva, un work in progress sulle icone femminili della Storia dell’arte dallo sguardo raddoppiato. Negli Stati Uniti, a Providence, nella sede della Rhode Island School of Design, fiorisce l’opera della giovane e talentuosa Francesca Wood- man che nel 1977 arriva a Roma dove realizza una serie di scatti fonda- mentali per lo sviluppo della sua ricerca sull’autorappresentazione. Nella Roma la Giambrone attraverso l’uso di diversi medium compie un lavoro di scavo all’interno dei rapporti di coppia toccando la violenza di genere e l’assuefazione che porta gli esseri umani ad accettarla. Sempre a Roma viene inclusa l’artista globe-trotter Marinella Senatore, che dal 2012 ad oggi, con la sua School of Narrative Dance, ha coinvolto circa sei milioni di persone nelle sue spettacolari parate. A Palermo, invece, opera Claire Fontaine, all’anagrafe Fulvia Carnevale e James Thornhill, duo sia nella vita che nelle pratiche artistiche che attraverso l’ironia, hanno trasformato l’arte concettuale in militanza. Infine ci sono Romina de Novellis, antropologa e performer e Elena Mazzi, artista visiva e ricercatrice entrambe attive nel percorso innovativo dell’eco-femminismo.

Al via il bando per partecipare al Moscerine Film Festival 2023

Al via il bando per partecipare al Moscerine Film Festival 2023Roma, 13 feb. (askanews) – Il mestiere del cinema nelle mani dei bambini. È al via il bando per partecipare alla seconda edizione del Moscerine Film Festival che si terrà dal 4 al 7 maggio al Nuovo Cinema Aquila a Roma.
Un’occasione unica per tutti gli under 12 di sperimentarsi con la Settima arte, diventando registi. Le opere dovranno essere consegnate entro e non oltre il 27 aprile e la partecipazione è completamente gratuita. Le sezioni del concorso quest’anno saranno tre: la “competitiva under 12” in cui possono partecipare tutti i bambini fino ai 12 anni, con un corto a tema libero, lungo massimo 20 minuti, il “focus scuole” è la sezione dedicata ai progetti video realizzati all’interno degli istituti scolastici (lunghezza max 20 minuti), la sezione “young creator” in cui i bambini possono partecipare con un video girato in verticale, con una durata massima di 90 secondi, secondo il linguaggio di Tik Tok.
Il Festival però non finisce qui: nel corso della kermesse si terranno anche dei laboratori di educazione all’immagine per bambini dagli 8 ai 12 anni e due matinée dedicate ai piccolissimi da zero a 3 anni intitolate “Cinema in culla”. La conduzione del Festival sarà in mano a due giovanissime presentatrici mentre la madrina della manifestazione, come lo scorso anno, è l’attrice Margot Sikabonyi.
Il Moscerine Film Festival non è solo “cinema per bambini” ma sceglie di portare attenzione alle tematiche legate all’inclusività. Lo fa anche quest’anno ospitando associazioni e festival che da tempo si battono per i diritti. Quest’anno, accanto alla giuria tradizionale composta da personaggi del mondo dello spettacolo, ce ne sarà anche una d’eccezione costituita dai pazienti degli ospedali pediatrici italiani, tra cui il Bambin Gesù di Roma, che attraverso la piattaforma “Cinema in ospedale” premieranno il cortometraggio più meritevole.
Per iscriversi https://filmfreeway.com/MoscerineFilmFestival.

I 70 anni del Museo della Scienza: dinamismo e festeggiamenti

I 70 anni del Museo della Scienza: dinamismo e festeggiamentiMilano, 13 feb. (askanews) – Il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano festeggia i suoi 70 anni nel 2023. Primo e più antico tra i musei scientifici italiani ospita progetti di Leonardo Da Vinci, a cui è anche intitolato, così come razzi spaziali; il sommergibile Toti e laboratori per bambini che esplorano il sistema solare con la realtà virtuale.
“Cercare i dare comprensione di quello che sta accadendo in modo sempre più repentino è la nostra vita quotidiana, e quindi invecchiare è praticamente impossibile”. Il direttore del museo, Fiorenzo Galli, in un certo senso, ha sintetizzato così i decenni che sono passati e poi ha gettato uno sguardo sui prossimi anni. “Lo scenario – ha aggiunto il direttore – è di rimanere agganciati nei modi migliori possibili a quello che è il progredire dell’umanità. Mi piace pensare che intorno a quelli che sono gli oggetti più belli e più prestigiosi non ci sia solo la storia scientifica e tecnica di questi, ma ci sia intorno una storia umana forte, penso per esempio al frammento di storia lunare, che porta in sé il coraggio di quelli che sono andati là a fare questo viaggio così straordinario e dei prossimi che andranno e che noi seguiremo con attenzione”.
Altre storie di questo tipo riguardano, per esempio, la Tenda Rossa di Umberto Nobile o il telescopio di Schiapparelli: il tutto all’insegna di una costante ricerca della relazione tra la scienza e la cultura, per un ritratto dell’umano a tutto tondo. E per festeggiare l’anniversario il Museo della Scienza e della Tecnologia apre le proprie porte per una grande festa il 15 febbraio.
“Il museo non invecchia – ci ha detto Barbara Soresina, direttore di produzione e promozione – e quindi abbiamo pensato che festeggiare con un super compleanno fosse la cosa giusta. Per questo apriremo le porte gratuitamente a chi vorrà partecipare, il museo si animerà di tantissime attività, con le esposizioni e i laboratori interattivi aperti, e poi performance un po’ ovunque”.
In programma per i festeggiamenti spettacoli teatrali, dj set e concerti, tutti all’interno dello spazio, fisico, ma anche mentale, di un museo che crede fortemente nell’idea di dinamismo.

Restaurata a Milano la celebre “tenda rossa” di Umberto Nobile

Restaurata a Milano la celebre “tenda rossa” di Umberto NobileMilano, 9 feb. (askanews) – La famosa “tenda rossa” di Umberto Nobile usata come rifugio dopo l’incidente al Polo Nord del dirigibile Italia nel 1928 è di nuovo a disposizione del pubblico dopo un accurato restauro durato 15 anni, a cura del Museo della Scienza e della tecnologia “Leonardo Da Vinci” di Milano.
“C’è un importante valore identitario di quest’oggetto – ha spiegato il direttore, Fiorenzo Galli – che non è solo legato ala storia internazionale del mondo della ricerca scientifica in cui il nostro Paese è stato così forte e così importante, ma anche un valore simbolico per l’aspetto umanistico della storia e della ricerca scientifica che si associa spesso alla capacità di scegliersi delle frontiere da raggiungere anche con azioni di coraggio che portano oltre le normali azioni del quotidiano”.
Il 25 maggio del 1928, durante il terzo volo, sulla via del ritorno dopo aver raggiunto il Polo Nord, il dirigibile Italia, ai comandi di Umberto Nobile, Generale dell’Aeronautica Militare – che proprio nel 2023 celebra i 100 anni dalla sua fondazione come Forza Armata autonoma – impattò il ghiaccio spaccandosi in due tronconi. Una parte, con a bordo 6 uomini, si risollevò e volò via senza essere più ritrovata. Sul ghiaccio, tra i relitti, rimasero 10 uomini, tra cui lo stesso Nobile; uno di essi morì poco dopo, gli altri 9 sopravvissero per 48 giorni fino all’arrivo dei soccorsi, proprio in questa tenda.
“Questa tenda – ha detto Marco Iezzi, curatore del dipartimento Trasporti del Museo – deve il suo nome ‘tenda rossa’ nonostante il suo aspetto che è totalmente bianco, a una tecnica dell’Aeronautica del tempo. Dall’aeronave si lasciavano cadere delle ampolle di anilina colorata per stabilire l’altitudine calcolando il tempo di caduta. Alcune ampolle sopravvissero allo schianto e i sopravvissuti decisero di spruzzarla sulla tenda per renderla più visibile. In effetti la tenda bianca sul ghiaccio sarebbe stata praticamente introvabile”.
Alcune di quelle macchie si vedono ancora oggi.
La tenda è stata data in comodato dal Comune di Milano al Museo della Scienza che ne ha curato il restauro, co-finanziato dalla regione Lombardia. Una complessa opera conservativa che ha interessato sia l’involucro interno sia la parte esterna, molto rovinata dal tempo e già interessata da precedenti restauri, coordinata dalla restauratice di tessuti Cinzia Oliva.
“È stata una sfida fin dall’inizio – ha precisato – per lo stato di conservazione, le dimensioni e la tridimensionalità del manufatto, per il fatto che non avevamo nessun tipo di confronto in letteratura”.
Per preservarne l’integrità, la tenda, di forma piramidale a base quadrata, è stata montata su una struttura in alluminio conservata in un apposito container ed esposta al pubblico dal 15 febbraio 2023, in occasione dei 70 anni del Museo “Da Vinci”.

Andrea Mastrovito, un libro racconta le possibilità del disegno

Andrea Mastrovito, un libro racconta le possibilità del disegnoBologna, 9 feb. (askanews) – Un libro per ripercorrere otto anni di lavoro di Andrea Mastrovito, uno degli artisti italiani più interessanti nella generazione dei quarantenni, sul tema del disegno, una delle manifestazioni più significative della sua pratica. Il volume “To Draw is to Know” è stato presentato dall’editore Magonza ad Arte Fiera a Bologna e lì abbiamo incontrato l’artista bergamasco.
“Dal 2014 – ha detto Mastrovito ad askanews – con una serie di mostre, in GAMeC, all’estero, in Svizzera, anche con un intervento molto particolare in Polonia, avevo cominciato veramente a focalizzarmi molto sul disegno. In questi otto anni ho cercato di portarlo in più posti possibile, non solo a livello di mostre, ma disegnando su qualsiasi superficie, con qualsiasi cosa, in qualsiasi situazione e con qualsiasi tipo di persona”.
Dai frottages alle vetrate, dalle conversazioni agli intarsi e alle lavagne, fino ai grandi ritratti realizzati disegnando sopra dei righelli colorati, Mastrovito ha mostrato quante possano essere le possibilità del disegno contemporaneo, e quanto viva sia la sua energia. Ma non si tratta solo di una abilità manuale.
“Spesso – ha aggiunto l’artista – si disegna a mano, si disegna liberamente. Ma molto del mio lavoro passa anche attraverso l’utilizzo della macchina, del taglio laser con l’intarsio, e anche nei film che ho fatto c’è moltissimo lavoro a mano, ma anche tantissima tecnologia. Quindi c’è una parte mia, ma anche una parte esterna che cerco sempre di piegare e forzare alla semplicità del disegno”.
Mastrovito è anche uno dei fondatori di The Drawing Hall a Bergamo, spazio espositivo che sta raccogliendo grande successo e interesse e che ha ospitato, tra le altre, anche una preziosa esposizione sui disegni di Gian Maria Tosatti.

May Musk e la modella russa Vodianova insieme alla WE Convention

May Musk e la modella russa Vodianova insieme alla WE Convention

Per l’8 marzo. Lo si apprende da una nota diffusa da Mosca

Milano, 9 feb. (askanews) – May Musk, mamma di Elon Musk, e la modella russa Natalia Vodianova insieme con “molte altre donne leader di tutto il mondo terranno una conferenza negli Emirati Arabi Uniti” dal titolo Women’s Empowerment Convention (WE Convention). Lo si apprende da una nota diffusa da Mosca.
Dubai ospiterà la riunione molto glamour il 7 e 8 marzo 2023. Il grande evento, organizzato dall’organizzazione internazionale Women’s Empowerment Council, riunirà oltre duemila ospiti e più di cinquanta donne leader di fama mondiale.
Durante la WE Convention, i partecipanti condivideranno le loro storie, idee e strategie per il successo nel campo della leadership delle donne. Tra loro ci saranno nomi noti in Russia: la blogger Elena Blinovskaya e l’attrice Renata Litvinova.
L’agenda della WE Convention è dedicata al miglioramento della vita delle donne attraverso l’istruzione, la motivazione e lo sviluppo delle loro capacità imprenditoriali e creative. I relatori invitati da tutto il mondo condivideranno la loro esperienza e conoscenza personale che aiuterà gli ascoltatori a cambiare in meglio la loro vita e carriera, promette una nota di annuncio dell’evento.
La conferenza è dedicata alla Giornata internazionale della donna. Oltre agli interventi, WEConvention ospiterà una serie di eventi: seminari, business networking, ma anche una sfilata di moda e una cena di gala.

A Pordenone inaugura il PAFF! Museo internazionale del fumetto

A Pordenone inaugura il PAFF! Museo internazionale del fumettoRoma, 8 feb. (askanews) – Il PAFF!, acronimo di Palazzo Arti Fumetto Friuli, allarga il proprio orizzonte e diventa International Museum of Comic Art. L’innovativo contenitore culturale che ha sede a Pordenone e organizza, promuove e ospita mostre temporanee di importanza nazionale e internazionale dei grandi maestri del fumetto mondiale, il 10 marzo 2023, con il patrocinio del ministero della Cultura, inaugura l’esposizione permanente, arricchita da una bibliomediateca ed entro la fine dell’anno da un archivio con deposito climatizzato.
Il Centro punta così a completare la sua corposa offerta che dal 2018, con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e del Comune di Pordenone, coniuga cultura, formazione, educazione, didattica, ricerca e intrattenimento attraverso lo strumento divulgativo del fumetto.
Sotto la direzione artistica del suo fondatore, Giulio De Vita, il PAFF! International Museum of Comic Art diventa una realtà unica in Italia che trova analogie per concept e dimensioni solo in capitali europee come Parigi e Bruxelles.
L’esposizione permanente, curata da Luca Raffaelli (esperto e storico del fumetto), offre attraverso un allestimento multimediale e interattivo l’opportunità di ammirare circa 200 tavole originali dei più famosi fumettisti di tutti i tempi e oltre 500 fra schizzi, fogli di sceneggiatura, pubblicazioni storiche e rare, costumi di scena utilizzati in film tratti da fumetti, scenografie e filmati provenienti da tutto il mondo tramite acquisti, prestiti e donazioni.
Collocata all’interno dei 2.200 metri quadrati di spazi espositivi del PAFF!, la collezione si estende su uno dei piani del museo, è suddivisa in 9 differenti sezioni e comprende tavole originali di numerosissimi maestri e disegnatori straordinari come Carl Barks, Milton Caniff, Giorgio Cavazzano, Will Eisner, Floyd Gottfredson, Chester Gould, Benito Jacovitti, Magnus, Milo Manara, George McManus, Andrea Pazienza, Hugo Pratt, Alex Raymond, Charles M. Schulz, Art Spiegelman. Sarà inoltre esposta una scultura di Ivan Tranquilli, mentre Davide Toffolo per il Museo ha realizzato la tavola introduttiva sul protofumetto, ovvero quelle storie illustrate (che ornano la Colonna Traiana o che erano pubblicate a disegni sui periodici dell’Ottocento), che anticipano la nascita dell’industria e del successo del fumetto.
Raffaelli ha dato una chiave di lettura originale alla narrazione del percorso espositivo: quella dei diversi formati con cui il fumetto – nei suoi oltre cento anni di vita – è stato letto, conosciuto e amato in ogni angolo del pianeta, a seconda delle culture, delle condizioni economiche e delle abitudini sociali dei lettori. È così che in America sono nate prima le tavole domenicali nei supplementi a colori dei quotidiani statunitensi, poi le strisce e i comic book. In Italia troviamo invece il formato giornale (quello del primo “Corriere dei Piccoli”) e le strisce di “Tex”, poi portate al successo dal formato che porta il suo nome; in Francia i volumi chiamati “albùm” in Giappone i tankobon, libretti dove vengono pubblicati i manga di successo.
Ricca e curata è infine la componente multimediale del Museo, che comprende 56 schermi touch screen, collegamento wi-fi con server dedicato per i monitor interattivi, neckbands e tablets di ultima generazione per permettere ai visitatori di vivere un’esperienza interattiva sulle arti del fumetto unica nel suo genere.
Entro la fine del 2023, l’International Museum of Comic Art si arricchirà anche di un archivio con deposito climatizzato per la conservazione delle tavole, dei disegni e delle pubblicazioni facenti parte della collezione del Museo. “L’apertura del museo rappresenta un altro petalo nella rosa di attività espositive didattiche e di formazione proposte dal PAFF! che si conferma a soli quattro anni dalla sua nascita, realtà di spicco in Europa in ambito culturale e interlocutore internazionale nel panorama museale”, ha commentato De Vita.
“L’idea di mostra e di museo sposata da Giulio De Vita e dal PAFF! è unica e innovativa e permetterà di vivere il fumetto come un mezzo di comunicazione completo e allo stesso tempo capace di interagire con le altre arti. Gli originali ci saranno e, come si vede dalla prestigiosa lista degli autori, sono di altissimo livello. Ma i visitatori li potranno ammirare solo dopo aver osservato le loro riproduzioni”, ha aggiunto Raffaelli.

JR alle Gallerie d’Italia di Torino: il mio lavoro è di tutti

JR alle Gallerie d’Italia di Torino: il mio lavoro è di tuttiTorino, 8 feb. (askanews) – “Io sono cresciuto nelle banlieue di Parigi e la mia arte è nata da lì, dai problemi sociali che ho visto nel mio ambiente e quando viaggio nei vari Paesi del mondo la gente non mi riconosce, ce ne sono solo uno o due che mi dicono che hanno visto il mio lavoro.Però le persone vengono lo stesso, perché è anche un modo per dare visibilità alla loro situazione. La mia arte è raggiungere la gente, anche qui a Torino, come abbiamo visto ieri; anche alla fine del mondo in Mauritania, dove sono andato senza pensare che la gente ha visto il mio lavoro, ma quando hanno visto l’immagine gigante del bambino si sono riconosciuti, non c’era bisogno di conoscere il mio lavoro”. Si è presentato così JR, uno degli artisti più noti della scena contemporanea e, al tempo stesso, soggetto anomalo e difficile da classificare nel grande e spesso problematico mare del Sistema dell’arte. Le sue azioni collettive e sociali, pur con una semplicità quasi difficile da immaginare, sono veri e propri scossoni a un palazzo che raccoglie in sé tante e spesso meravigliose contraddizioni, ma che è anche dominato in larga parte da fenomeni economici e tecnologici, più che sociali. Invece nell’artista francese, che pure è amato dai galleristi e usa la tecnologia, la dimensione sociale resta primaria.
Intelligente e delicato, ma anche molto abile nella comunicazione, JR ribadisce che “non sono una artista impegnato, sono un artista ‘ingaggiante’, che lavora con la gente, che cerca un’immagine per loro, che pone domande. Io voglio scoprire situazioni che non conosco, voglio viaggiare e trovare delle storie che abbiamo senso per le persone”. A Torino le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo ospitano la sua prima mostra personale in Italia, “Déplacés.e.s”, curata da Arturo Galansino e per l’occasione è andata in scena il 7 febbraio anche una grande performance collettiva tipica della pratica di JR. Che ha anche parlato di quando ha deciso che quella dell’arte sarebbe stata la sua strada. “Sono diventato un artista durante le proteste delle banlieue nel 2005 – ha raccontato – che ho documentato con le mie fotografie. Il mondo a quel punto ha conosciuto il mio lavoro e io ho cominciato a prendere coscienza della forza delle mie immagini”.
Poi però poi torna alle persone, alla relazione con loro invece che con la dimensione di superstar artistica, cosa che JR sicuramente è, ma che entra nel suo lavoro soprattutto come cassa di risonanza per le storie che poi va a raccontare, senza prestare, almeno a parole, troppa attenzione alla “firma” dell’artista acclamato. “Il mio lavoro è di tutti – ci ha spiegato JR – perché queste grandi immagini sono immagini dei bambini, non c’è il mio nome sopra, è solo la loro foto. E l’importante è creare questa partecipazione della gente, perché questa è l’arte: la comunione di persone che non si conoscono sono una scusa per mettere in relazione tutta questa gente”.
La mostra è curata da Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi che proprio a Firenze aveva portato durante la pandemia il lavoro dei JR “La Ferita”, sulla facciata rinascimentale del museo. E a lui abbiamo chiesto di dirci che tipo di ragionamento museologico sta alla base del progetto delle Gallerie d’Italia, a fronte di un lavoro dell’artista molto orientato all’effimero e all’azione. “JR – ci ha risposto Galansino – basa il suo lavoro sulla fotografia, sulla documentazione fotografica: il suo lavoro inizia da fotografo, ma certo è molto altro e comprende la partecipazione di persone, l’attivazione attraverso i canali social e molti altri modi. Così questa mostra è un grande ibrido nel quale tutte queste cose si sommano in questo formato difficile da categorizzare”.
“È la prima volta – ha aggiunto Michele Coppola, direttore delle Gallerie d’Italia ed Executive Director Arte, Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo – che lui sceglie di ‘occupare’ un museo in maniera integrale e il risultato è eccezionale. Se si pensa poi che le immagini che vediamo qui riprodotte sulle pareti, i video che presenta in un certo senso impongono di condividerli a nostra volta, di diventare ambasciatori del suo messaggio, ecco, credo che il cerchio si sia chiuso perfettamente”.
In fondo quella che emerge è una storia museale quasi impossibile e, per questo, tanto interessante quanto contemporanea, nel senso proprio della “pratica” del pensare e realizzare mostre che vanno oltre lo spazio fisico che le ospita, cosa che qui a Torino è evidente. E arriva a toccare corde molto sottili, nonostante l’immediatezza delle opere di JR e la loro forza, in un certo senso “elementare”, che a volte rende dubbiosi i critici sul suo status di artista. “Credo che la cosa importante qui oggi – ha detto ancora Arturo Galansino – sia vedere come, grazie alla sua energia e alla capacità di coinvolgere migliaia e milioni di persone in questi anni riesca a fare parlare di temi importanti, di argomenti così urgenti che spesso rifiutiamo perché sappiamo dei problemi dei campi profughi, ma è difficile conoscerli dal vero. JR ce li fa conoscere in modo diverso, con uno sguardo dal basso, che non si ferma solo ai lati drammatici. I campi profughi sono un fenomeno tipico della globalizzazione e in 10 anni è decuplicato il numero dei rifugiati, che oggi sono 100 milioni. Fare questa cosa con la gioia e la freschezza con cui lo fa lui credo sia una cosa eccezionale, artista o non artista”.
E infine, ma anche questo è un tema enorme, c’è l’aspetto della banca che organizza, promuove e ospita la mostra, mettendosi in gioco insieme a JR e alle persone che lui coinvolge. “È facile ragionare sul dividendo sociale delle imprese private – ha concluso Coppola – Intesa Sanpaolo è una grande banca con una lunga storia e il suo impatto sociale, il dividendo sociale è sotto gli occhi di tutti: anziché vendere palazzi li trasforma in musei, continua ad assicurare a quegli edifici una funzione chiara per la comunità nella quale sono presenti. Ma c’è anche un dividendo sociale che è immateriale: quello che è accaduto ieri, con le persone che si sono incontrate e che hanno deciso di partecipare e di dare il loro contributo a qualcosa che aveva un messaggio, di pace, di speranza o di preoccupazione. Che questo avvenga grazie alla visione illuminata di un’impresa privata italiana che è una banca è un unicum che secondo me come Sistema Italia dobbiamo guardare, perché non ce ne sono tanti nel mondo di esempi così”.
La mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo, è aperta al pubblico fino al 16 luglio in piazza San Carlo.
(Leonardo Merlini)

Corrado Veneziano nel Metaverso, in mostra i non-luoghi dell’artista

Corrado Veneziano nel Metaverso, in mostra i non-luoghi dell’artistaRoma, 8 feb. (askanews) – L’arte invade il Metaverso con le opere di Corrado Veneziano: a distanza di dieci anni dalla sua prima personale, la mostra antologica “Corrado Veneziano nel Metaverso” inaugura mercoledì 15 febbraio in un inedito spazio, quello della Sky Art Gallery su Spatial, ambientata sul comprensorio del Cervino, sospesa nel cielo con un panorama a 360 gradi. A curarla è Francesca Barbi Marinetti, l’architettura della galleria è realizzata da Dario Buratti, aka Colpo Wexler, la direzione artistica è di Marina Bellini, aka Mexi Lane, anche regista del video che sarà distribuito prossimamente sui canali social.
La mostra ripropone le opere più emblematiche della prima personale dell’artista, quella di Roma del 2013 (“L’anima dei non luoghi”), integrate con una selezione di quelle successive, presentate in gallerie e musei pubblici nazionali e internazionali: dai codici a barre ISBN agli alfabeti Morse che traducono testi filosofici e letterari, dai QR code che mimano i mosaici aztechi alle serialità vagamente warholiane. E ancora grafie moderne (cinesi, giapponesi, russe, indiane) e antichissime (l’aramaico, il sanscrito) che sacrificano il proprio significato per desemantizzarsi, diventando pura forma e astrazione.
“Per la prima volta nel Metaverso, Veneziano non poteva che considerare questo ambiente altro e parallelo del percorso umano un contesto che lo attendeva, proprio in considerazione dei temi che permeano la sua ampia produzione artistica: un reiterato confronto, costante e differenziato, con l’immensa foresta di linguaggi che qualificano il passaggio dell’esistere – ha spiegato la curatrice Francesca Barbi Marinetti – poeticamente l’uomo abita la terra, scriveva Hölderlin, e Veneziano si dedica interamente allo studio e rappresentazione della complessa struttura linguistica, simbolica visiva di questo abitare, sperimentandosi con i codici, (ISBN, QRcode, Morse) i “non luoghi” e i simboli della modernità (marchi commerciali compresi). Antico e contemporaneo dialogano costruendo prodigiosamente nuovi ponti e sentieri, in singolar tenzone tra tela e pennello, verso e prosa, miti e loghi, codici e visioni.”
Artista internazionalmente e istituzionalmente riconosciuto, i suoi celebri omaggi ai maestri della poesia e della pittura, da Dante Alighieri a Leonardo da Vinci, sono sempre ricerca innovativa e tentativo di risposta ai grandi quesiti passati e presenti. Ma in questa mostra la sua produzione artistica si sublima: in un ambiente di ricerca che crea e interconnette informazioni, soggetti, avatar e oggetti, i “non luoghi” di Corrado Veneziano assumono nuovo senso e significato. Veneziano ha esposto per la prima volta le sue opere dedicandole proprio ai “non luoghi”. La sua mostra del 2013 godeva dei testi critici di Achille Bonito Oliva e dell’antropologo e filosofo francese Marc Augé, che aveva inventato e battezzato la locuzione “non luoghi”, denunciandone la pericolosa invadenza. E se Bonito Oliva scriveva che “Veneziano lavora sulla riqualificazione dei luoghi per ridare presenza a un passato spaziale, a un’architettura abbandonata”, Marc Augé dichiarava in modo inequivoco che “Veneziano trasforma i non luoghi in spazi vitali”. E aggiungeva che “Veneziano è capace con la sua arte di portare luoghi apparentemente senza identità alla loro essenza più vera”. L’accezione di non luogo era forse per la prima volta resa più poetica, spirituale, umana. Oggi, invece, si sublima in un contesto innovativo, il Metaverso, “luogo non luogo” per antonomasia.
“Superando i concetti di realtà virtuale e realtà aumentata la costruzione di un essere in presenza, ovvero avatar, attraverso la tecnologia sociale, si avvale dell’interoperabilità fra mondi e piattaforme, in un ambiente di ricerca che crea e interconnette informazioni, soggetti, avatar e oggetti”, ha spiegato Marina Bellini.
“Le gallerie d’arte nei metaversi stanno trasformando il modo in cui percepiamo l’arte contemporanea – ha aggiunto Dario Buratti – Questi universi virtuali, come Second Life, Spatial e Sansar, offrono un’esperienza immersiva che va oltre ciò che è possibile in una galleria tradizionale. Essi rappresentano un vero e proprio territorio sperimentale: gli artisti hanno la possibilità di sfruttare la tecnologia per creare esposizioni interattive e coinvolgenti, che catturano l’immaginazione dei visitatori in modo dinamico, offrendo esperienze uniche ed immersive e permettendo di raggiungere un pubblico sempre più vasto”.