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Notte di stelle a Messina: assegnate le statuette del Me Fashion Award

Notte di stelle a Messina: assegnate le statuette del Me Fashion AwardRoma, 29 apr. (askanews) – Si è conclusa con successo la prima edizione di “Me Fashion Award”, il premio dedicato ai big della moda italiana e ai messinesi famosi nel mondo. Ideato e organizzato da Patrizia Casale, owner di E-Motion, la srl che da vent’anni organizza e promuove eventi fashion nella città dello Stretto, l’evento è stato realizzato con il sostegno del Comune e della Camera di Commercio di Messina, di Confartigianato e Sicindustria e con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana.

Per due giorni il Palacultura di Messina è stato l’head quarter dell’intera manifestazione che ha alternato momenti social, sfilate e talk con le personalità della moda della cultura coinvolte e premiate. Per il settore fashion, la sera di venerdì 28 aprile condotta dalla giornalista Marika Micalizzi hanno ricevuto l’ambito premio 23è, il brand siciliano di accessori eco-sostenibili creato da Deborah Correnti e Mirco Marchetti; De Santis By Martin Alvarez, la maison milanese che sta riscuotendo vasti consensi anche negli Stati Uniti. Applausi per Gianluca Alibrando, il couturier siciliano tra i più acclamati nei red carpet internazionali, per Mauro Scalia artefice dei total look di famose pop star e Pescepazzo il brand di accessori che fa capo a Laura Mendolia.

Cameo della serata il ritorno, insieme sulla passerella di Messina, del maestro orafo Gerardo Sacco e della stilista Raffaella Curiel, che a circa trent’anni anni dalla storica sfilata di Donna sotto le stelle, sulla scalinata di piazza di Spagna a Roma hanno sfilato insieme, emozionato il pubblico che li ha salutati con una commossa standing ovation. Dodici i look del défilé, sei con la collezione pap Noname by Raffaella Curiel e sei quelli iconici della maison milanese, arricchiti con i gioielli ispirati alla mitologia della Magna Grecia del maestro crotonese, illustre firma dell’arte orafa italiana. Uno dopo l’altro si sono succeduti altri big come Stefano Dominella, presidente della sezione moda e design di Unindustria e curatore di importanti mostre e Tiziano Guardini, il giovane designer romano che ha fatto della sostenibilità il suo stilema, il primo ad aggiudicarsi, nel 2017, il premio Franca Sozzani, Green Carpet Fashion Award For Best Emerging Designer.

Il riconoscimento è stato, inoltre assegnato alla fashion manager Stefania Caligiore e a Chiara Trombetta, entrambe messinesi, quest’ultima direttrice Media ed eventi di StartupItalia, all’illustratore di luxury brand Aldo Sacchetti e a Zive tra i più noti esponenti della Street art. Graditissima dal folto pubblico intervenuto alla cerimonia nel Palacultura la partecipazione di Padre Domenico Manuli già stilista, oggi sacerdote in provincia di Messina, ma anche eclettico artista che attinge ispirazione dai temi di carattere sociale, e quella del ballerino e coreografo Davide Telleri presente negli ultimi video-clip di Mahmood, Levante e Annalisa e nel cast della sfilata siciliana di Dolce & Gabbana a luglio dello scorso anno.

Sono stati parte attiva dell’evento i ragazzi, coinvolti nei talk, del Liceo Artistico di Messina E. Basile, dell’I.I.S.Antonello, dell’Istituto Tecnico Commerciale A.M.Jaci di Messina e dell’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria, questi ultimi anche autori di un’installazione sul tema moda e tendenze.

”Roma Art and Book”, il festival delle edizioni indipendenti

”Roma Art and Book”, il festival delle edizioni indipendentiRoma, 28 apr. (askanews) – A novembre Roma ospiterà la manifestazione voluta e ideata da Antonello Di Carlo e aperta a scrittori, poeti, pittori, scultori, fotografi, attori e registi. Un open space di 750 metri quadri, all’interno della Stazione Tiburtina, la location scelta. Intenso il programma, con dibattiti, proiezioni di cortometraggi, presentazioni di libri, readings letterari e ovviamente tanti stands.

“Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco. Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”. Le parole di Charles Bukowski, poeta e scrittore statunitense, rappresentano il manifesto di un’arte che è diritto di tutti, di tutti coloro che hanno qualcosa da dire. Un diritto che vedrà Roma protagonista, con una manifestazione, Roma Expo Art and Books il suo nome, che, per l’intero mese di novembre, promuoverà scrittori, poeti e artisti meno noti: “Sarà un evento culturale libero -spiega l’editore Antonello Di Carlo. Un festival che offrirà una vetrina di prestigio a case editrici indipendenti, ad autori (anche selfpublishing) e ad artisti di vario genere. come pittori, scultori, fotografi, attori e registi”. Nata da un’idea della Di Carlo Edizioni, l’iniziativa ha già l’adesione di Edizioni WE di Nicola Bergamaschi e della Pan di Lettere di Lara Di Carlo. La location sarà un open space di 750 metri quadri all’interno della Stazione Tiburtina, dove l’affluenza è ogni giorno di migliaia e migliaia di persone: “Il programma -spiega ancora Di Carlo- prevede giornate intense nel corso delle quali vi saranno diverse iniziative: dibattiti, proiezioni di cortometraggi, presentazioni di libri, readings letterari e ovviamente tanti stands. Previsti inoltre incontri con i protagonisti della rassegna e con gli esperti delle varie categorie. Noti critici letterari e artistici, galleristi di fama, maestri della fotografia e importanti registi hanno garantito la loro presenza per trasmettere i segreti della loro arte. Sarà insomma un tourbillon di emozioni da vivere tutte di un fiato”. L’ex caporedattore del Tg5, Paolo Di Mizio (padrino dell’evento), e Antonina Giordano, nota giornalista e docente presso l’Università di Siena, presenteranno rispettivamente, nel corso del Roma Expo Art and Books, le loro ultime fatiche letterarie: “Siamo onorati -continua Di Carlo- della loro presenza che dà ulteriore prestigio e alla rassegna. Con loro anche la nota critica letteraria Cinzia Baldazzi e tanti altri autori emergenti. Scrittori e poeti raffinati che avranno finalmente la possibilità di far conoscere le proprie capacità che sono altissime”.

Un parterre di tutto rispetto che renderà Roma, per un mese, la Capitale di una cultura spesso nascosta dalle più importanti etichette, ma che ora avrà la possibilità di emergere come merita. “Vogliamo che il nostro diventi un percorso continuativo e, perché no, in grado di mettere su rassegne simili in altre città italiane”. All’organizzazione dell’evento daranno anche il loro prezioso contributo Gaetano Piraino, Sabrina Morelli, Lucia Zappulla, Luigi Paciello, Maria Concetta Borgese, Claudio Raspollini, Michele Bussoni, Duilio Papi, Silvia Andriuoli e la libreria Ubik, quest’ultima partner e sede ufficiale delle prime presentazioni. Le successive, con il dovuto approfondimento tematico, si svolgeranno, con appuntamenti da calendarizzare, presso l’open space della Stazione Tiburtina. La stessa logica organizzativa sarà applicata anche per le numerosissime interviste radio-televisive. Per partecipare all’evento come autore o artista in generale, occorre inviare una mail all’indirizzo romaexpoartandbooks@gmail.com. “Chi deciderà di esserci -conclude Di Carlo- avrà la possibilità di presentare e poi di esporre, per tutta la durata del festival, la propria opera. Grazie all’accordo raggiunto con la libreria Ubik, l’autore inoltre avrà l’opportunità di avere un’ulteriore vetrina, questa volta, diciamo così, fisica, per il proprio volume. “L’arte diventa magia e i sogni realtà, questo è il motto della manifestazione che apre finalmente nuovi scenari per chi ha talento e finora non è riuscito ad esprimerlo. Sarà la rassegna delle case editrici indipendenti, darà l’occasione giusta per appassionarsi a un mondo che suscita emozioni e tanti interrogativi. Che scuote l’animo umano e lo rende migliore. L’essenza del fare cultura”.

Fotografia Europea, immagini dalla nostra identità inquieta

Fotografia Europea, immagini dalla nostra identità inquietaReggio Emilia, 28 apr. (askanews) – Un festival che guarda all’attualità e che riesce a cogliere il senso del contemporaneo attraverso una serie di mostre e progetti in dialogo con la nostra società. A Reggio Emilia si inaugura l’edizione 2023 di Fotografia Europea, evento promosso dalla Fondazione Palazzo Magnani con il Comune di Reggio e il sostegno della Regione Emilia-Romagna. Il titolo per quest’anno è “Europe matters: visioni di un’identità inquieta” e la direzione artistica è affidata a Tim Clark, Luce Lebart e Walter Guadagnini.

“Fotografia Europea – ha detto Guadagnini ad askanews – quest’anno si occupa di Europa, che vuoi dire occuparsi di tantissime cose, e sono davvero tante le possibilità di lettura di quello che sta accadendo in questo continente. Quindi c’è l’Europa della Brexit, c’è l’Europa delle proteste in Polonia e c’è naturalmente quella delle migrazioni e l’Europa che deve confrontarsi con l’Altro. Tutto questo attraverso i linguaggi di fotografi contemporanei, molto spesso giovani, che hanno questa straordinaria capacità di cogliere al volo quelli che sono i movimenti sociali che accadono. Quindi una fotografia documentaria che sa anche essere una fotografia di ricerca”. E a colpire, tanto nei Chiostri di San Pietro quanto nelle altre location del festival, è la varietà di panorami fotografici che si possono incontrare, la natura molteplice del medium che Fotografia Europea esplora da molti punti di vista e senza pregiudiziali. Aprendo al visitatore un’esperienza che per molti versi confina con quella dell’arte contemporanea. “Da questo punto di vista – ha aggiunto Guadagnini – è una mostra molto contemporanea, non solo nei soggetti, ma anche nei linguaggi”.

Che sono quello, classico e storicizzato, di Sabine Weiss, fotografa umanista francese che ha attraversato il Novecento, ma anche quello di ricerca socio-politica sulla Turchia portato avanti da Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinini. Oppure l’ode visiva di Yelena Yemchuk per Odessa e l’Ucraina, o ancora le ricerche di Miriam Meloni sul mito di Europa e lo sguardo da Tageri, così come quelle di Alessia Rollo sulla lettura magica e antropologica del Sud Italia. Solo per citarne alcuni. Ma a contare, a rappresentare il “matters” del titolo, è soprattutto l’insieme, il coro di voci diverse che “fanno” il festival e che ci restituiscono una sensazione di vitalità della fotografia e di pertinenza con le indagini sul presente che la cultura porta avanti. A Palazzo dei Musei, poi, torna Luigi Ghirri, con altri fotografi importanti, che hanno raccontato i giardini in Europa e l’architettura degli alberi. Un modo per ricordare l’ecologia dello sguardo del grande artista emiliano che diventa oggi anche uno sguardo ecologico.

Occultare la mitologia: i 70 anni segreti di Roberto Bolaño

Occultare la mitologia: i 70 anni segreti di Roberto BolañoMilano, 28 apr. (askanews) – Benno von Arcimboldi era scomparso da sempre. Di Cesárea Tinajero si erano perse le tracce da molti anni. Il primo era un leggendario scrittore tedesco che nessuno pareva avesse mai incontrato di persona, ma i cui libri lasciavano sempre uno strascico, tanto che il suo nome, puntualmente, rientrava tra i papabili per il Nobel. La seconda era una poetessa messicana, autrice di un unico componimento, che però è bastato, nella sua forza oscura, a dare vita a un intero movimento, il realvisceralismo. Sono scomparsi, sono invisibili, in qualche modo la loro voce sembra arrivare da dopo la morte. Sono anche due personaggi letterari, sono coloro intorno ai quali Roberto Bolaño ha costruito i suoi due monumentali romanzi, il postumo e totalizzante 2666 e il rivoluzionario e ingannatore I detective selvaggi, che lo portò al successo internazionale negli ultimi 5 anni della sua vita. Arcimboldi e Tinajero erano il santo Graal della sua letteratura, che ha vissuto di una serie di mitologie minori: quella dei giovani poeti sudamericani e delle loro sconfitte, quella della violenza insondabile dei confini messicani e delle dittature militari, quella dell’amore senza senso tanto per dei libri quanto per due sorelle, sempre le stesse, seppur con nomi diversi, in romanzi e racconti. Ma il talento di questo cileno, che scriveva poesie e si racconta che sia passato alla narrativa per tentare di garantire un futuro ai suoi due figli, Lautaro e Alexandra, una volta scopertosi gravemente malato, è stato proprio quello di fare diventare le sue storie una mitologia per i suoi lettori. Che, forse anche senza accorgersene, con I detective selvaggi nel 1998 si sono trovati in mano un oggetto letterario voluminoso – sono 845 pagine nella prima edizione italiana di Sellerio, poco meno di 700 nella successiva Adelphi – che al tempo stesso ribaltava clamorosamente il tavolo del romanzo contemporaneo a livello di struttura e lo faceva da una posizione non di nicchia colta, come spesso accade, ma in aperto, e probabilmente anche un po’ incosciente, confronto con il mainstream. I suoi romanzi a uno sguardo veloce sembrano essere dei gialli o dei noir, ma in realtà fingono; fingono di essere qualcosa di conosciuto e gestibile, qualcosa che sia meno terrificante, ma sono a tutti gli effetti fatti della stessa materia di cui è fatto, per dire, Moby Dick. E come il capolavoro di Melville finisce nella desolazione di un mare che si richiude sopra la scomparsa di Achab e della Balena Bianca (così come si richiudeva sopra il folle volo di Ulisse nella Divina Commedia), nello stesso modo l’epica segreta e devastata di Bolaño si chiude nel deserto, sempre lo stesso, quello del Sonora. Nello stesso silenzio assordante che deve avere sentito Ismaele alla fine della caccia in mare aperto.

Roberto Bolaño era nato a Santago del Cile il 28 aprile del 1953 e, complice il successo dei suoi Detective negli Stati Uniti, fenomeno molto raro per scrittori non aglofoni, è diventato rapidamente un autore di culto, soprattutto per lettori consapevoli, adulti. Quel tipo di persone che continuano ad amare David Foster Wallace, per fare un esempio. E come DFW, anche Bolaño è riuscito nell’impresa dei essere al tempo stesso di culto e di massa, andando a smuovere qualche meccanismo profondo delle dinamiche culturali più contemporanee, pur essendo entrambi scrittori che non hanno visto l’avvento della società iperconnessa e dei social media, ma in qualche modo i loro libri l’avevano anticipata o forse, come Philip Dick, l’avevano anche prevista, seppur in modi molto meno didascalici rispetto all’autore di Blade Runner. Oggi Roberto Bolaño avrebbe compiuto 70 anni. È morto a Barcellona aspettando un trapianto di fegato il 14 luglio del 2003, trapianto rimandato perché stava scrivendo 2666 e l’onda di quel romanzo non la poteva – e non la può – fermare nessuno. Enrique Vila-Matas, altro grandissimo scrittore e amico di Bolaño, per raccontare cosa significasse la scrittura per il cileno ha citato Kafka, che nelle Lettere a Felice spiegava che ‘scrivere è un sogno più profondo. Come la morte’. Noi oggi, con il senno dei lettori di poi e un vago senso di disperazione per la perdita, possiamo aggiungere che anche i suoi grandi romanzi erano così, in maniera talmente evidente da sembrare quasi intollerabile, come la morte. Tanto da far pensare che ci fosse un trucco, come se tutto fosse, per stare ancora nei territori kafkiani (la sua America così immaginaria e quella di Bolaño, così lontana dagli stereotipi americani classici, si toccano di continuo), una messa in scena del Teatro Naturale dell’Oklahoma, quel teatro descritto da Kafka dove tutti sono scritturati e ognuno deve solo interpretare se stesso. E in effetti i trucchi ci sono: Bolaño gioca con le sospensioni, solleva nebbie ad arte, usa gli strumenti del genere in maniera a volte spudorata, come quando scrive frasi come: ‘Da questo momento gli eventi si fanno più confusi’. I suoi romanzi potrebbero essere delle serie tv lisergiche e di successo. Ma il punto è che questi trucchi servono a rendere gestibile l’incandescenza della materia che la sua letteratura maneggia in ogni frase, servono a gestire la paura, profonda, che è sottesa a ogni storia, servono a farci attraversare la notte pensando che si tratti solo di una nuvola passeggera che oscura il sole per qualche minuto.

A un certo punto in 2666 il vecchio che noleggia ad Hans Reiter, che ha appena inventato lo pseudonimo Arcimboldi, la sua prima macchina per scrivere, gli dice, dopo avere parlato a lungo di scrittura, di capolavori e opere minori, mentre Benno sta per andarsene, con quel perfetto tempismo cinematografico che è un altro dei trucchi del mestiere di Bolaño: ‘Gesù è il capolavoro. I ladroni sono le opere minori. Perché sono lì? Non per mettere in risalto la crocifissione, come credono certe anime candide, ma per occultarla’. In un certo senso si può forse pensare che tutta la grandezza dello scrittore stia proprio in questa capacità di rendere manifesta la sua potenza letteraria fingendo di nasconderla, camuffandola in molti modi, vestendola da opera minore o lasciando che a passare siano il clamore di certe scene anziché il vuoto assoluto che raccontano. Il deserto di Sonora che c’è in fondo al cuore di tutti. Ma eravamo partiti da Arcimboldi e Tinajero, i due scrittori di cui si narra la ricerca. Come in ogni chanson de geste che si rispetti c’è l’oggetto da conquistare, ma ci sono anche gli eroi che cercano l’impresa, i cavalieri della tavola rotonda. Nella Camelot di Bolaño, tutta fatta di letteratura, i cercatori sono quattro critici in 2666, i massimi esperti di Arcimboldi: Jean-Claude Pelletier, Manuel Espinoza, Piero Morini e Liz Norton. Arriveranno in Messico, arriveranno a Santa Teresa, a due passi all’obiettivo. Ma, nonostante la loro passione e preparazione, nonostante un certo coraggio, non incontreranno Arcimboldi (‘Non troveremo Arcimboldi – dice Pelletier -. Lui è qua e noi siamo qua, e non gli arriveremo mai più vicino di così’).

Ne I detective selvaggi la missione di cercare la poetessa originaria è affidata a due esponenti della stessa corrente del realvisceralismo, Ulises Lima e Arturo Belano, poeti e spacciatori, in fuga su una Impala inseguiti dal protettore di una prostituta che era scappata con loro. Contro ogni previsione Lima e Belano trovano davvero Cesárea Tinajero, che addirittura, come in una Pietà barocca, muore tra le loro braccia. Ma senza risolvere il mistero, senza che sveli dove stava davvero il Graal. Perché, nella luce accecante del Sonora, con le nuvole che passano rapide nel cielo e il vento che soffia come una tortura silenziata all’orizzonte, la verità sembra essere che non c’è nessun Graal, solo una donna anziana e due vagabondi sopravvissuti per caso all’orrore della storia sudamericana. C’è il pianto muto delle centinaia di donne uccisa a Santa Teresa, nella parte più incredibile e bruciante di 2666, che da romanzo mondo ha voluto anche scavare nella vera storia dei femminicidi di Ciudad-Juarez, c’è la necessità di costruirsi una mitologia letteraria che dia un senso alla vita. Ecco il punto, Roberto Bolaño costruisce la sua mitologia letteraria mettendo in scena il bisogno dei suoi personaggi di farlo. È lo scrittore che partecipa alla quest insieme alle sue creazioni, è William Shakespeare che interpreta Amleto sulla scena del Globe Theatre. Facendo finta che poi, in fondo, non sia proprio così. Nella sua opera, che è intricata – ‘come un rizoma’ ha detto la sua traduttrice Ilide Carmignani – e piena di rimandi incrociati tra i vari romanzi, nulla è mai certo. Ma in questo suo settantesimo non compleanno (perché c’è in lui anche qualcosa del mondo ribaltato dietro lo specchio di Lewis Carroll) possiamo forse azzardarci a dire che proprio in questo fare finta di non crederci fino in fondo ci sia la sua grandezza assoluta, la sua strategia di occultamento che ha la forza di generare il miracolo della letteratura. Quasi senza che ce ne accorgiamo. Ma magari anche questo è solo un altro modo di trarci in inganno, di confondere le tracce. Perché Arcimboldi in realtà viene trovato in una notte di Città del Messico, non dai critici-eroi, ma da un grigio funzionario del governo messicano, tale Almendro, detto Il Porco. Una telefonata a mezzanotte (altro perfetto stereotipo di genere), una conversazione in tedesco, poi in macchina, con una pistola al fianco per andare a vedere cosa stava succedendo a questo vecchio venuto dalla Germania e infastidito dalle attenzioni della polizia. Un vecchio altissimo e già pronto a ripartire verso il nord del Paese. Il Porco, con le sue unghie luride e il suo romanzo mai portato a termine incontra Arcimboldi, lo aiuta, gli toglie di dosso i poliziotti e lo porta a mangiare tacos e a bere tequila, gli mostra la città notturna dalla macchina, lo accompagna in aeroporto e gli lascia un biglietto da visita. Nella metafora il Porco trova il Santo Graal e non solo, ci beve pure dentro, se lo mette in tasca, potremmo dire. Fine della mitologia? Forse. Abbiamo sbagliato tutto? È possibile. Però c’è un momento indimenticabile, che vale il rischio che stiamo correndo. Perché a un certo punto, ‘all’improvviso’, il Porco chiede al vecchio: ‘Senta, non si diceva che lei non fosse mai stato visto da nessuno?’. E Arcimboldi lo guarda e ‘sorride educatamente’. Il Porco ha trovato il Graal, ma è probabile che non lo sappia. E allora questo riapre i giochi, crea un’altra, l’ennesima, cortina di fumo bolañiana, spariglia ancora una volta le carte per nascondere (per ‘occultare’ direbbe l’uomo della macchina per scrivere) il bluff oppure per proteggerci dalla Verità Spaventosa. Entrambe le ipotesi sono valide e proprio questo ci dà la misura dell’importanza come autore di Roberto Bolaño, 70enne immaginario e scrittore totale.

di Leonardo Merlini

Libri, esce “Una pianta per amica” di Daniela e Luca Sardella

Libri, esce “Una pianta per amica” di Daniela e Luca SardellaRoma, 28 apr. (askanews) – Un legame antico e profondo, quello tra uomo e natura, da riscoprire e rinsaldare giorno dopo giorno. Perché l’ambiente che ci circonda e il verde che incontriamo nelle nostre vite, custodiscono la chiave per affrontare la transizione ecologica, via obbligata per salvare il Pianeta e mettere al sicuro le nuove generazioni. Il libro di Daniela e Luca Sardella sensibilizza il lettore al rispetto e alla cura del verde casalingo (e non solo) e alla salvaguardia ambientale. Se è provato che le piante ci aiutano a vivere meglio, a essere determinanti sono sempre più le nostre scelte quotidiane. Il volume affronta il tema della gestione del verde in tempi di crisi idrica e termica, spiega come annaffiare utilizzando poca acqua, descrive le piante che meglio purificano l’aria e quelle adatte ai climi caldi. Non mancano consigli pratici di giardinaggio e di concimazione, e suggerimenti su come prevenire e combattere le malattie delle nostre piante.

“Una pianta per amica” di Daniela e Luca Sardella, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 28 aprile 2023. Daniela Sardella, figlia di Luca, e’ avvocato, criminologa, giornalista e conduttrice televisiva. Ha co-condotto i programmi televisivi “Il Pollice Verde sono io” su La7, “Parola di Pollice Verde” e “Sempre Verde” in onda sulle reti Mediaset e ha curato le rubriche televisive sul verde per “Quelle brave ragazze”, “Unomattina”, “Unomattina estate”, in onda sulla Rai.

Luca Sardella, autore e conduttore di diversi programmi di successo, in onda sulle reti Rai, Mediaset e su La7, tra cui “Verdissimo”, “Verde Mattina”, “Una pianta al giorno”, “Il Pollice Verde sono io”, “La vecchia Fattoria”, “Garden”, “Linea Verde Orizzonti”, “Parola di Pollice Verde”, “Sempre Verde”, e’ considerato tra i massimi esperti in agronomia della tv nonché “Pollice Verde d’Italia”. Lo stesso Michael Jackson gli ha aperto i cancelli del suo ranch di Neverland per avere dei suggerimenti. Conduce la rubrica “Speranza Verde” per il programma televisivo “Striscia la Notizia” in onda su Canale 5. E’ autore di numerosi volumi di successo editi da Rai e da Cairo Editore. Ha collaborato con prestigiosi quotidiani e periodici e cura una rubrica su TV Sorrisi e Canzoni dedicata alle piante. Cantautore e musicista, ha scritto molti brani di successo tra cui il pluripremiato Spettacolare ghiacciato composto per un noto spot televisivo, interpretato con la figlia Daniela.

Il Padiglione Italia di Fosbury: architettura collaborativa

Il Padiglione Italia di Fosbury: architettura collaborativaMilano, 27 apr. (askanews) – “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” è il titolo del Padiglione Italia alla 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della cultura e curato da Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi).

Per la prima volta un gruppo curatoriale costituito da architetti nati tra il 1987 e il 1989 porta a Venezia le istanze di una nuova generazione di progettisti under 40 (nove gruppi di progettisti e altrettanti advisor, professionisti provenienti da diversi campi delle industrie creative, per un totale di circa 50 persone con età media di 33 anni) cresciuta e formatasi in uno scenario di crisi permanente e che per questo ha fatto della collaborazione, della condivisione e del dialogo la base di ogni propria attività. Una generazione consapevole, da un lato, dell’impatto e della responsabilità del settore delle costruzioni nella crisi ambientale e, dall’altro, della crisi di rilevanza dell’architettura e del progetto nella trasformazione di città e territori. Una generazione di progettisti che, rispetto alle precedenti, è cresciuta in un regime di scarsità di risorse e di opportunità, che vive come cruciale il tema della sostenibilità, e che sa che questo è l’unico contesto nel quale potrà operare ora e in futuro. Fosbury Architecture si fa portavoce di quei progettisti italiani “nativi sostenibili” che hanno già accettato tutte queste sfide, per i quali la transdisciplinarietà è uno strumento per espandere i limiti dell’architettura e il manufatto costruito è un mezzo e non un fine ultimo. “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” nasce da questi presupposti e si fonda sulla visione dell’Architettura come pratica di ricerca multidisciplinare al di là dei manufatti e della Progettazione come risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell’architetto-autore. In questa visione, lo spazio è inteso come luogo fisico e simbolico, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio di possibilità.

Spaziale fa dunque riferimento a una nozione espansa del campo dell’architettura: intervenire nello spazio significa operare su quel tessuto di relazioni tra persone e luoghi che è alla base di ogni progetto. “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” porta al centro del Padiglione Italia un processo collaborativo ad ampio spettro, un progetto inclusivo che coinvolge figure di eccellenza e comunità locali, mettendo in scena le migliori ricerche portate avanti da architetti italiani under 40 in relazione a specifiche necessità territoriali.

Per la prima volta, infatti, il Padiglione Italia è stato interpretato dai curatori come l’occasione per realizzare nuovi progetti: un attivatore di azioni concrete a beneficio di territori e comunità locali, oltre l’idea che una mostra debba essere solo “esibizione”. Per questa ragione una parte consistente dei fondi pubblici destinati al Padiglione è stata utilizzata per innescare nuovi processi o potenziare progetti esistenti aggiungendovi un nuovo capitolo. Fosbury Architecture ha individuato e invitato a collaborare nove pratiche spaziali, progettisti chiamati a sviluppare nove progetti pionieri per il Padiglione Italia: nove pratiche di architettura – architetti o gruppi italiani under 40 rappresentativi di ricerche originali, attivi in Italia e all’estero – selezionati in base all’attitudine con cui operano, i territori in cui intervengono, i mezzi che utilizzano, le questioni che sollevano e le risposte che suggeriscono, e che rappresentano un elenco, seppure incompleto, di professionisti italiani che lavorano lungo il perimetro di ciò che è considerato oggi architettura.

Per rendere i nove progetti dei prodotti transdisciplinari genuini, i curatori hanno affiancato a ciascun progettista un advisor, proveniente da altri campi della creatività: artisti visivi e performer, esperti di alimentazione e di intelligenza artificiale, scrittori e registi. Sono state poi individuate nove stazioni, siti rappresentativi di condizioni di fragilità o trasformazione del nostro Paese, dove ciascun gruppo transdisciplinare è stato chiamato a intervenire. Infine, ciascun gruppo di progettazione ha collaborato e collaborerà con una serie di incubatori – attori locali come musei, associazioni, festival culturali – con l’obiettivo di radicare ciascun progetto nel territorio di riferimento.

In questo modo i nove progetti legati al Padiglione Italia andranno a configurare le tappe di un’inedita geografia, diventando mete simboliche di un rinnovato Viaggio in Italia.

Il lavoro di ciascun gruppo risponde a una serie di temi urgenti per il contesto italiano e la disciplina in generale: sfide ‘impossibili’ se arontate a livello globale ma che arontate nei contesti locali sono in grado di produrre riscontri immediati e tangibili.

A Taranto la convivenza con il disastro verrà raccontata sui tetti della città dal collettivo Post Disaster in dialogo con Silvia Calderoni e Ilenia Caleo. Nella Baia di Ieranto, oasi naturalistica del FAI nei pressi di Napoli, gli architetti BB – Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio – con Terraforma Festival metteranno in scena la riconciliazione con l’ambiente. A Trieste la coesistenza multiculturale verrà analizzata lungo il confine italo-sloveno da Giuditta Vendrame con Ana Shametaj. A Ripa Teatina, in provincia di Chieti, gli HPO con Claudia Durastanti coinvolgeranno la comunità nel recupero del patrimonio incompiuto. Nella terraferma veneziana, tra Mestre e Marghera, i Parasite 2.0 con Elia Fornari affronteranno il tema dell’inclusione sociale lavorando sulla democratizzazione delle attività ricreative. A Cabras, nel Montiferru in Sardegna, il gruppo Lemonot lavorerà con Roberto Flore sulla transizione alimentare. A Librino, quartiere di Catania, Studio Ossidiana collaborerà con Adelita Husni Bey a un progetto di rigenerazione delle periferie. A Belmonte Calabro, a rappresentare le aree interne italiane, il collettivo Orizzontale con Bruno Zamborlin si interrogherà sul superamento del divario digitale. Infine, nella piana fra Prato e Pistoia, i progettisti (ab)Normal e CAPTCHA in collaborazione con Emilio Vavarella investigheranno i limiti della tutela del paesaggio e della sua riproducibilità.

All’interno del Padiglione Italia non verrà dunque presentato un progetto finito, ma l’avvio di una serie di iniziative che avrà un impatto di lunga durata.

Dal punto di vista espositivo, il Padiglione restituirà la sintesi formale e teorica dei processi innescati nei nove territori nei mesi precedenti all’apertura, da gennaio a maggio, restituendo una diversa e originale immagine dell’architettura italiana nel contesto internazionale.

”Il colpo finale”, arriva il primo fumetto di Teknoyd

”Il colpo finale”, arriva il primo fumetto di TeknoydRoma, 27 apr. (askanews) – Da martedì 2 maggio sarà disponibile in tutte le librerie “Il colpo finale – Un’avventura interattiva di Ahiaaa”, il primo fumetto di Teknoyd, uno dei principali gamer in Italia nonché stella di YouTube da milioni di views. Il fumetto in uscita per Mondadori Electa rappresenta di fatto una novità assoluta in quanto si tratta del primo manga-game italiano, un’opera originale e interattiva che, come in un vero video gioco, avrà bisogno dei lettori per arrivare alla risoluzione.

Teknoyd, all’anagrafe Mouad Ait Rais, meglio conosciuto come Tek è una stella di YouTube da migliaia di seguaci. Dal 2015 grazie ai suoi gameplay di videogiochi famosi, con le rocambolesche avventure criminali di Ahiaaa e dei suoi amici ha accumulato milioni di visualizzazioni. Da sempre appassionato di anime e videogiochi, si definisce un Nerd Moderno, divertendosi sul web creando contenuti originali insieme ai suoi iscritti, che coinvolge attivamente in challenge esilaranti. Vlog, videogiochi, GTA 5 RP e Realtà Virtuale sono solo alcuni dei Top Topic del suo canale YouTube, seguito da oltre 650 mila iscritti. Proprio il mercato del gaming che Teknoyd ama e rappresenta alla perfezione è un settore in costante crescita anche In Italia tanto da diventare parte della cultura Pop, un settore sempre più interconnesso con il mondo del Cinema, delle serie Tv e degli eSports. “Sono molto contento di poter presentare questo mio primo fumetto – dichiara Teknoyd – per me è un piccolo sogno che si realizza. Sin da piccolo ho letto manga, iniziando da Naruto, e ho sempre fantasticato su come sarebbe stato bello creare la propria storia. L’idea di un manga interattivo nasce dall’unione di 2 delle mie piú grandi passioni, il gaming e il mondo manga. Con questo manga – game l’utente ha infatti la possibilità di immergersi nella lettura, senza perdere la parte di gioco più interattiva! Questo fumetto rappresenta anche la prova che i videogiochi e i manga possono essere a stretto contatto: il manga è infatti la continuazione di una storia con più stagioni nata sul mio canale Twitch e creata all’interno di un videogioco, dopo 53 episodi digitali di Ahiaa Adventure, che possono essere seguiti sul mio canale YouTube, siamo arrivati a raccontarne il finale con un manga interattivo”.

Firenze, a Palazzo Pitti la prima retrospettiva su Guido Ferroni

Firenze, a Palazzo Pitti la prima retrospettiva su Guido FerroniRoma, 27 apr. (askanews) – Al via la prima retrospettiva mai realizzata sul pittore Guido Ferroni (Siena 1888-Firenze 1979), esponente e fondatore del gruppo del Novecento toscano. Sarà visitabile fino al 16 luglio nella Sala del Fiorino di Palazzo Pitti.

La mostra intende presentare al grande pubblico la figura di Guido Ferroni, ricostruendone la vicenda artistica e umana nel contesto culturale del suo tempo, partendo dall’importante nucleo di opere della Galleria d’Arte Moderna: tra queste La giostra, tela suggestiva, evocatrice di uno scorcio urbano immerso in un’atmosfera soffusa di solitudine e distacco, secondo la linea metafisica di De Chirico e Sironi. Il dipinto, del 1920, incornicia la crisi esistenziale del nuovo secolo che fa sembrare estranei e inquietanti anche ambienti prima familiari. L’opera venne acquistata dalle Gallerie degli Uffizi lo stesso anno alla Esposizione Primaverile della Società di Belle Arti di Firenze, alla quale partecipavano tutti i maggiori esponenti delle avanguardie locali. Al progetto e realizzazione della mostra hanno collaborato il nipote del pittore, l’architetto Duccio Ferroni, che ha messo a disposizione documenti, opere d’arte, disegni, fotografie e oggetti appartenuti all’artista, e Loretta Cosi, vedova di Torello Cosi, uno dei più appassionati collezionisti di opere e documenti relativi all’intera attività del pittore. Saranno inoltre esposti numerosi e importanti prestiti delle collezioni della Città metropolitana di Milano, della Galleria d’arte moderna di Roma Capitale e della Pinacoteca comunale di Faenza.

La selezione di opere mette in luce le principali fasi stilistiche di Ferroni, caratterizzate da un costante equilibro tra i due ruoli che l’autore assunse per tutta la sua vita: da una parte l’artista, a confronto con il vasto pensiero storico-critico del Novecento toscano; dall’altro il docente, impegnato nel costante e gravoso lavoro di formazione delle più giovani generazioni di artisti, a cui insegnò l’attitudine tecnica della tradizione figurativa toscana. I visitatori si immergeranno dapprima nelle opere dell’esordio impressionista, passando per influenze futuriste, fino ad approdare ai toni intimi della tradizione toscana e della metafisica.

Negli anni, confermando la propria adesione alla poetica novecentista, Ferroni prese parte alla II Mostra del Novecento italiano (Milano, 1929) e alle rassegne internazionali del Novecento allestite a Buenos Aires e a Basilea, nel 1930, e a Helsinki nel 1931; dal 1930 al 1942 partecipò inoltre a tutte le edizioni della Biennale di Venezia. Il direttore delle Gallerie Eike Schmidt: “I dipinti e i disegni di Ferroni da un lato rivisitano grandi artisti del passato come Giotto e Masaccio, campioni della toscanità nel mondo, dall’altro si proiettano sulla scena dei più avanzati movimenti artistici in Europa. Il suo sguardo colpisce per l’elegante ritrosia, il rispetto per la gente ritratta, per quel profondo e nobilissimo senso storico che egli stesso definì “etrusco”.”

Guido Ferroni nacque a Siena nel 1888. Autodidatta, non seguì studi artistici regolari ma, stabilitosi a Firenze, frequentò la scuola libera di nudo dell’Accademia. Espose per la prima volta nel 1910 alla mostra della Società promotrice di belle arti di Firenze. Dopo un esordio d’intonazione impressionista, Ferroni si orientò verso nuove soluzioni formali, caratterizzate da una riduzione delle gamme cromatiche e da una atmosfera di pacata quotidianità paesana. A Firenze, nel 1927, Ferroni aderì al gruppo Novecento toscano che, legato all’ambiente letterario di Solaria, si era costituito ufficialmente quello stesso anno a Firenze. L’anno successivo partecipò alla prima mostra ufficiale del gruppo che fu ospitata nel capoluogo lombardo dalla galleria Milano. Fu docente presso l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dove insegnò dal 1933 al 1941, e presso l’Istituto d’arte di Lucca, dove fu in cattedra dal 1941 al 1958. Al termine della Seconda guerra mondiale si stabilì nuovamente nel capoluogo toscano, dove proseguì con coerenza l’attività pittorica. Morì a Firenze il 21 aprile 1979.

Roma, dal 12 al 14 maggio ARF! Festival del Fumetto

Roma, dal 12 al 14 maggio ARF! Festival del FumettoRoma, 26 apr. (askanews) – Dal 12 al 14 maggio 2023 al Mattatoio di Roma torna ARF! Festival, la festa di chi ama, legge, scrive, disegna e respira fumetti. Tre giorni di Storie, Segni & Disegni, un’immersione totale nel Fumetto al centro di Testaccio, quartiere-simbolo del fermento creativo della Capitale.

Dall’ARFist Alley per incontrare decine di stelle del fumetto internazionale (Pepe Larraz, Otto Schmidt, il Collettivo Moleste, Werther Dell’Edera, Rita Petruccioli, solo per citarne alcune), alla Job ARF!, luogo d’incontro tra case editrici e aspiranti professionisti; dall’ARF! Kids, un’area per laboratori creativi di qualità, incontri con libri e letture, sotto la guida dei migliori talenti dell’editoria per l’infanzia del panorama italiano alla Self ARF! interamente dedicata all’editoria indipendente. E gli immancabili incontri-evento della Sala Talk con i grandi del Fumetto internazionale, editori, autori e autrici indipendenti e personalità dal mondo del cinema e della musica come Lillo, Fiore Manni, Caparezza, Ivan Silvestrini, Raiz e il cast di Mare Fuori, Luana Belsito, Pera Toons, Zerocalcare, Gicaciao (Sio, Giacomo Bevilacqua, Dado e Fraffrog) Will McPhail, Zuzu, Gipi, Kalina Muhova e tantissimi altri… Confermate le Masterclass, vere e proprie classi “a numero chiuso” per tutti coloro che vogliono approfondire le conoscenze su colore, disegno e scrittura con le star del fumetto italiano e internazionale come Nicoletta Baldari (autrice del manifesto di ARF! 9), Fiore Manni & Michele Monteleone e le Lectio Magistralis tenute da tre Master del fumetto d’autore: Igort, Lorenzo Mattotti e Francesca Ghermandi.

La grande novità di ARF! 9 è il BOOKSHOW®, lo spazio espositivo di oltre 500mq (in collaborazione con la libreria Giufà) dove sarà possibile trovare una nutrita rappresentanza delle maggiori case editrici di fumetto con le proprie novità e gli autori per sketch e dediche. Per la nona edizione di ARF! saranno allestite ben 11 mostre allestite in differenti spazi, di cui tre con inaugurazioni anticipate e a ingresso gratuito. La prima il 28 aprile presso la Sala Dalì di Piazza Navona per l’esposizione in anteprima esclusiva in Italia organizzata da ARF! e l’Instituto Cervantes di Roma, De Sagittis et Seminibus di David Aja, il rinomato artista spagnolo vincitore di 5 Eisner Awards e 2 Harvey Awards. ARF! inaugurerà poi il 5 maggio la grande mostra antologica dedicata a Sergio Toppi, Geografie dell’Avventura, realizzata in collaborazione con il Municipio IX, allestita fino al 4 giugno 2023 a La Vaccheria, il nuovo spazio espositivo di Roma Capitale all’Eur. Nello stesso spazio verranno esposte le opere di VALO, la vincitrice del Premio Bartoli 2022, riconoscimento che ogni anno ARF! Festival assegna alla “Miglior promessa del fumetto italiano”.

Nell’intenso weekend di attività del 12, 13 e 14 maggio, dalle 10 alle 20, presso La Pelanda al Mattatoio, sarà possibile inoltre visitare altre 8 mostre esclusive come Caleidoscopio di Nicoletta Baldari (autrice del manifesto di ARF!2023) la fumettista, illustratrice e character designer, tra i tanti personaggi, di Frozen, Gli Incredibili, Star Wars, Spider-Man, Big Hero 6 e

Mostre, “De Sagittis et Seminibus”: l’arte di David Aja a Roma

Mostre, “De Sagittis et Seminibus”: l’arte di David Aja a RomaRoma, 26 apr. (askanews) – In esclusiva nazionale e per la prima volta in Italia, ARF! e l’Instituto Cervantes di Roma presentano alla Sala Dalì di Piazza Navona la mostra del rinomato artista spagnolo, vincitore di 5 Eisner Awards e 2 Harvey Awards, David Aja.

“Con un linguaggio ricco di sfumature, David Aja non è solo uno dei grandi autori contemporanei del fumetto spagnolo, ma una figura ammirata in tutta Europa. È una gioia e un motivo di orgoglio portare il meglio del suo lavoro ai romani”, afferma il Direttore Instituto Cervantes di Roma Ignacio Peyró. In “De Sagittis et Seminibus”, che sarà inaugurata il 28 aprile 2023 alle ore 18 alla presenza dell’artista, verranno esposte alcune delle creazioni più rappresentative dell’intero percorso artistico di David Aja. Dalle pagine di Daredevil e di The Immortal Iron Fist sui testi di Ed Brubaker e Matt Fraction allo straordinario ciclo di Hawkeye (Marvel / Panini Comics) che lo consacra nel comicdom mondiale; dalle avventure di Clint “Occhio di Falco” Barton in assolo senza Avengers, alle pluripremiate copertine per la Scarlet Witch di James Robinson. Inoltre le tavole di The Seeds (Berger Books / Bao Publishing, 2021), scritta da Ann Nocenti, a completamento di questa ricca esposizione romana con la quale i visitatori potranno ammirare tutti i processi creativi di Aja, in un percorso che coniuga armonicamente il suo inconfondibile tratto “classico” e al contempo modernissimo al design e alle sperimentazioni grafiche e digitali che ne caratterizzano l’intera opera.

Come sottolinea Stefano “S3Keno” Piccoli, direttore di ARF! Festival e curatore della mostra: “Con questa esposizione dedicata all’arte di David Aja, vogliamo proseguire quello stesso percorso intrapreso con altri grandi autori internazionali come Frank Quitely e Darwyn Cooke che – nel pubblicare per la Marvel e la DC Comics – riescono magistralmente a far convivere le leggendarie icone pop del fumetto supereroistico nordamericano a un segno d’autore ultra riconoscibile, caratterizzante, di alta cifra stilistica” Le opere in mostra saranno raccolte nell’ARFbook 2023, il catalogo delle mostre di ARF! disponibile presso il Bookshop di ARF! Festival dal 12 maggio al Mattatoio La Pelanda a Roma

David Aja, (Valladolid, 1977), fumettista, grafico e illustratore, si è laureato in Belle Arti all’Università di Salamanca, con specializzazione in Design e Audiovisivo, cominciando quasi immediatamente a lavorare come professionista per quotidiani e riviste periodiche come El Paìs, Rolling Stone, Men’s Health, per illustrazione editoriale, copertine di dischi e pubblicità. Come fumettista è approdato alla Marvel Comics nel 2005 cominciando a disegnare su X-Men Unlimited, Wolverine e Daredevil (da ricordare la sua storia La vita segreta di Foggy Nelson sui testi di Ed Brubaker), fino ad un primo memorabile ciclo di The Immortal Iron Fist scritto da Matt Fraction tra il 2006 e il 2008. Seguiranno The New Avengers, Captain America, Thor, Secret Avengers e nuovamente Wolverine (memorabile Debt of Death scritta da David Lapham nel 2011), ma è proprio il rinnovato connubio artistico con Fraction che nel 2012 lo porterà al suo più grande successo: Hawkeye, premiata con 2 Eisner Awards nel 2013 e altri due nel 2014. Numerosissime le copertine che firma ancora per la Marvel, tra le quali Fantastic Four, Iron Man, Black Panther, Secret Wars, Star Wars, The Punisher, Jessica Jones, Doctor Strange, X-Corps ma soprattutto per la serie Scarlet Witch, grazie alle cui illustrazioni vince il suo 5° Eisner Award nel 2016. Slegatosi dal genere supereroistico, nel 2018 con Ann Nocenti crea la miniserie ‘epica e disturbante’ The Seeds, pubblicata negli USA dalla Berger Books di Karen Berger e in Italia come volume unico da Bao Publishing, di cui Frank Quitely ha detto: “Un libro disegnato splendidamente, costruito in modo davvero completo e intelligente!”. É invece del 2021 la sua prima collaborazione con la DC Comics, con la bellissima storia breve The Devil in the detail per la prestigiosa collana d’autore Batman: Black & White, di cui cura sia i testi che i disegni.