A Roma il 12 maggio l’incontro “Sullo Spazio. Scienza e bellezza”Roma, 2 mag. (askanews) – Venerdì 12 maggio alle ore 15.30, l’Aula Magna di Giurisprudenza presso l’Università Roma Tre, ospiterà l’incontro “Sullo Spazio. Scienza e bellezza”, in ricordo dello scrittore e giornalista Pietro Greco, organizzato dall’Associazione culturale Amore e Psiche e dall’Associazione di promozione sociale La Scuola che verrà. Giunto al terzo appuntamento, il tema di quest’anno ruoterà intorno al concetto di spazio, inteso come spazio cosmico, fisico, ambientale rappresentativo di ciò che viviamo e ci circonda, interiore.
L’incontro è realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università Roma Tre, il Master La Scienza nella pratica giornalistica, Netforpp, (Network europeo per la psichiatria psicodinamica), l’Associazione culturale L’Arte della Memoria e con il patrocinio della Fondazione Roma Sapienza. Tra scoperte scientifiche rivoluzionarie e appassionanti riflessioni umanistiche, i relatori racconteranno lo spazio attraverso la propria disciplina, percorrendo la strada dell’interdisciplinarità che Pietro Greco ha indicato e strenuamente sostenuto durante la sua lunga carriera di divulgazione scientifica. In un dialogo dove passione e riflessione si intrecciano, l’obiettivo è quello di mostrare come arte e scienza non possano in realtà essere separate perché entrambe frutto delle capacità propriamente umane di intuire, riflettere e immaginare. L’incontro sarà moderato da Maria Nicolaci, Fisica e sociologa della scienza presso l’Università di Milano Bicocca, che dialogherà con Elena Pettinelli, Fisica presso l’Università Roma Tre, Paola Vittorioso, Biologa molecolare dell’Università Sapienza, Lorenzo Ciccarese, Responsabile Area conservazione biodiversità terrestre dell’ Ispra, Franco d’Agostino, Assiriologo, direttore del dipartimento degli Studi Orientali della Sapienza, Annelore Homberg, Psichiatra e psicoterapeuta presso Netforpp Europa, Camilla Ariani, Architetto e Urbanista presso la Sapienza, Daniela Ceselli, sceneggiatrice e docente presso Roma Tre, Giuseppe Benedetti, insegnante di lettere presso il Liceo Classico Tasso e infine Federica Di Folco, Storica dell’arte presso l’Accademia Italiana Roma.
Carlo III: il nuovo re d’Inghilterra nel documentario di arte.tvRoma, 2 mag. (askanews) – In vista dell’incoronazione del 6 maggio, arte.tv presenta un documentario dedicato alla figura di Carlo d’Inghilterra e che si interroga sul suo regno.
La famiglia reale più famosa del mondo si appresta a incoronare un nuovo re: Carlo III. Il prossimo 6 maggio, infatti, il Regno Unito celebrerà il suo nuovo sovrano con una cerimonia-evento che inaugurerà un nuovo capitolo della storia del Paese. I preparativi si susseguono a pieno ritmo e, tra notizie ufficiali, conferme e defezioni da parte di artisti internazionali, cresce l’attesa per il grande giorno.
Dopo aver raccontato l’impatto della scomparsa della Regina in “I sudditi orfani della Regina Elisabetta II”, la piattaforma streaming europea arte.tv presenta Carlo III Re d’Inghilterra, un documentario che vuole dipingere un ritratto del nuovo sovrano, ma anche stimolare una riflessione di ampio respiro sul futuro della corona inglese. Il documentario, per la regia di Julia Melchior, è online gratuitamente e con sottotitoli in italiano dal 27 aprile. Carlo III Re d’Inghilterra racconta la storia di una successione complessa: quella di una regina, Elisabetta II, amatissima dal suo popolo e simbolo di una Nazione, che ha lasciato il trono a un figlio con un difficile passato alle spalle. Come percepiscono i britannici il loro nuovo sovrano e che messaggio tenterà di veicolare il nuovo monarca?
A settembre, nel suo discorso d’insediamento, Re Carlo III fece eco alla defunta madre e alle parole da lei pronunciate al momento della sua ascesa al trono nel 1952, facendo esattamente la stessa promessa: servire il popolo britannico per il resto della sua vita. Eppure, il suo attingere a quella dedizione e le sue buone intenzioni sembrano ancora non bastare agli inglesi che non hanno dimenticato gli aspetti più privati della sua vita, come l’impatto della tragica morte della Principessa Diana sulla sua immagine e l’amore prima nascosto e poi esibito con Camilla, che da personaggio di secondo piano si sta rivelando una Regina Consorte sempre più gradita agli occhi dei britannici. Il documentario di arte.tv svela quindi la complessa personalità, le occasioni mancate di modernizzare la corona e le sfide future del “re tardivo”: un uomo discusso, amato, eterno outsider e ambientalista impegnato che salirà al trono all’età di 74 anni.
Chi c’è al Concertone del Primo Maggio 2023Roma, 30 apr. (askanews) – Il maestoso palco di Piazza San Giovanni in Laterano è la cornice della 33esima edizione del Concertone del primo maggio di Roma, promosso da Cgil, Cisl e Uil e organizzato da iCompany, con la regia di Fabrizio Guttuso. Alla line up del Concertone si aggiunge il nome di Luciano Ligabue che, a 17 anni di distanza dalla sua ultima partecipazione (2006), torna sul palco del Primo Maggio, sulla scia del nuovo singolo “Riderai” che anticipa il nuovo album in uscita in autunno e in attesa dei due eventi negli stadi il 5 luglio allo Stadio San Siro di Milano e il 14 luglio allo Stadio Olimpico di Roma. Nove ore di musica dal vivo e parole con circa 50 artisti rappresentativi della musica italiana: un appuntamento trasmesso in diretta su Rai 3 (dalle ore 15.15 alle 00.15 con una pausa dalle 19.00 alle 20.00 per le edizioni dei Telegiornali), Rai Radio 2, RaiPlay e Rai Italia.
“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” è lo slogan che Cgil, Cisl e Uil hanno scelto per la Festa dei lavoratori 2023. Cosi i tre sindacati confederali hanno deciso di rendere omaggio alla nostra Carta costituzionale, in occasione dei 75 anni dalla sua entrata in vigore, dedicandole l’edizione del Primo Maggio 2023. Il lavoro viene riconosciuto come il primo principio fondamentale della Repubblica italiana, un diritto personale e un dovere sociale che deve essere garantito e valorizzato. La città di Potenza è stata scelta per ospitare il Primo Maggio 2023, come città simbolo della difficile situazione del meridione ma anche come luogo dal quale può partire una nuova stagione di rilancio e crescita del Sud. La linea artistica del Concertone si sviluppa attorno al concept “Generazione #1M2023” segnando una nuova importante tappa nella narrazione musicale che il Concertone porta avanti da tempo. Un evento transgenerazionale che, negli ultimi anni, ha saputo intercettare e raccontare la musica che sta per arrivare alle orecchie del pubblico nazionale. Un palco, una piazza e una platea che, annualmente, mettono in vetrina l’emporio della musica italiana.
Ecco la line up: Aurora, unica ospite internazionale, Luciano Ligabue, Emma, Lazza, Coma_Cose, Geolier, Carl Brave, Tananai, Francesco gabbani, Ariete, Mr. Rain, Piero Pelù con Alborosie, Matteo Paolillo, Johnson Righeira, Mara Sattei, Il Tre, Baustelle, Levante, Aiello, Rocco Hunt, Bnkr44, Gaia, Alfa, Giuse The Lizia, Fulminacci, Mille, Neima Ezza, Rose Villain, Wayne, Ciliari, Tropea, Napoleone, Uzi Lvke, l’Orchestraccia, Epoque, Ginevra, Serendipity, Paolo Benvegnù a cui si aggiungono i vincitori del contest 1mnext Etta, Maninni, Still Charles e il vincitore del contest “sicurezza stradale in musica” Hermes. Opening act dalle ore 14.00 con Leo Gassmann, Iside, Savana Funk, Camilla Magli, Wepro. Alle voce degli artisti che si esibiranno sul palco del Primo Maggio si uniscono gli interventi del divulgatore scientifico Carlo Rovelli, dello scrittore e drammaturgo Stefano Massini e del cantautore Avincola. Per la sesta edizione consecutiva, sarà Ambra Angiolini a condurre il Concertone. Nella storia dell’evento, mai nessuno lo ha condotto così a lungo. A supportarla ci sarà Biggio, attore e conduttore televisivo, membro del duo comico I soliti idioti e accanto a Fiorello nel programma Viva Rai 2 attualmente in onda.
L’edizione 2023 del Concerto del Primo Maggio si arricchisce quindi anche di un pre-show che, intorno alle ore 14.00, darà il benvenuto al pubblico di Piazza San Giovanni ospitando le esibizioni di Leo Gassmann, Iside, Savana funk e Camilla Magli. Nella prima parte del Concertone si esibiranno anche i 3 vincitori di 1MNEXT, il Contest del Primo Maggio dedicato agli artisti emergenti. Su più di mille iscritti, la giuria di qualità composta da Massimo Bonelli (direttore artistico del Concerto del Primo Maggio, presidente giuria), Anna Rampinelli (Senior PM Warner Music Italy), Irma Ciccarelli (Rockol), Lucia Stacchiotti (iCompany) ed Enrico Capuano (Cantautore), ha scelto Etta, Maninni e Still Charles. Il vincitore assoluto sarà proclamato sul palco del Concertone. Inoltre, classificatosi quarto a solo un punto dai primi tre, Wepro aprirà alle ore 14.00 il pre-show del Concertone 2023. Nella prima parte dell’evento, si esibirà anche Hermes vincitore della quinta edizione del contest “Sicurezza Stradale in Musica”. Sarà un Primo Maggio da ascoltare e guardare anche su Rai Radio 2, voce ufficiale del Concertone. In collaborazione con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, nella postazione allestita nel backstage si avvicenderanno le conduttrici di Rai Radio 2 e i tanti ospiti protagonisti dell’evento, per un racconto parallelo con interviste e contenuti esclusivi, live e sui social. La rete diretta da Paola Marchesini offrirà la cronaca, in diretta radio e in video sul canale 202 del Digitale Terrestre e tivùsat, di una giornata di grande festa, scaldata dall’energia della musica live. Si parte con l’appuntamento pomeridiano, dalle ore 16.00, in compagnia di Diletta Parlangeli e LaMario; mentre il racconto della serata, a partire dalle ore 20.00, è affidato a Carolina di Domenico ed Elena Di Cioccio. Poi un regalo di Rai Radio 2 non soltanto per gli ascoltatori e per il pubblico che guarda la radio in tv, ma per tutta Piazza San Giovanni: dalle ore 19.00, durante la pausa della diretta tv, dal palco del Primo Maggio, andrà in scena il dj set di Ema Stokholma. Rai Radio 2 e SIAE faranno viaggiare il racconto e ballare la piazza! Rai Radio 2 è disponibile anche in video sul canale 202 del Digitale Terrestre e tivùsat, in diretta streaming su RaiPlay e RaiPlay Sound.
L’intero evento sarà disponibile anche su RaiPlay, sia in diretta che on demand. Verranno estratte delle clip in diretta dell’intero concerto oltre alle clip delle interviste ai cantanti visibili integralmente sul canale tv di Rai Radio 2 su RaiPlay. A Rai Italia il compito di proporre l’intero concerto da Piazza San Giovanni nel mondo, dividendolo in due tranches. Le note del palco del Primo Maggio arriveranno nei cinque continenti seguendo un palinsesto ad hoc che seguirà i diversi fusi orari. Anche quest’anno Rai Pubblica Utilità garantirà la piena accessibilità del Concerto del Primo Maggio: a partire dalle 15.00 – e per tutta la durata del Concerto – sulla pagina 777 di Televideo saranno disponibili i sottotitoli realizzati in diretta dallo studio di Saxa Rubra; a partire dalle 20.00 l’audiodescrizione – attivabile sul canale audio dedicato – ed in streaming su Rai Play, permetterà anche alle persone cieche di conoscere i dettagli legati alle luci, alla scenografia, agli abiti, ai movimenti di artisti e conduttori sul palco. Sempre a partire dalle 20.00, su Rai Play inizierà la diretta accessibile con sottotitoli e LIS, realizzata dallo studio Rai di via Teulada. In particolare, una squadra di 6 performer – tra cui anche una giovane performer sorda – e 2 interpreti, si alterneranno per tradurre in LIS le battute di conduttori e ospiti e interpretare, sempre nella Lingua dei Segni Italiana, tutte le canzoni proposte sul palco di Piazza San Giovanni, trasmettendo, attraverso i movimenti del corpo, emozioni e ritmo musicale ed offrendo uno spettacolo artistico godibile non solo per il pubblico sordo, ma per una platea di spettatori più ampia, che ha imparato ad apprezzare la forza espressiva della LIS. L’accessibilità in LIS verrà garantita anche in Piazza San Giovanni – sempre a partire dalle 20.00 – attraverso il rimando dell’immagine di interpreti e performer sui ledwall laterali del palco e garantire così la piena accessibilità.
Sorrentino: scudetto al Napoli? E’ stata la mano di tuttiMilano, 30 apr. (askanews) – A favorire la cavalcata da scudetto del Napoli 33 anni dopo l’ultimo trionfo firmato Diego Armando Maradona “è stata la mano di tutti: di Aurelio De Laurentiis, di Giuntoli, di Spalletti e dei tifosi”. Lo ha detto il regista premio Oscar Paolo Sorrentino, autore di ‘E’ stata la mano di Dio, film autobiografico dedicato alla vittoria dello scudetto del Napoli negli anni Ottanta.
Intercettato da Dazn sugli spalti dello stadio Maradona, a chi gli chiede se le gesta della squadra di Spalletti meriterebbero un film, Sorrentino ha detto: “Penso proprio di sì, ci saranno sicuramente lavori su questo scudetto”. L’entusiasmo dei napoletani, ha chiosato, “è molto motivato” e anche lo stesso regista visivamente emozionato ha rivelato di aver gioito ai gol dell’Inter che ha battuto la Lazio aprendo al Napoli la possibilità di diventare già oggi Campione d’Italia.
Libri, esce “Kennedy, fu vera gloria?” di Bruno VespaRoma, 29 apr. (askanews) – È il 22 novembre del 1963. Tre colpi di fucile sparati dal Deposito di libri scolastici di Dallas sull’auto presidenziale in corteo mettono fine all’esistenza di John Fitzgerald Kennedy. Un assassinio dai risvolti oscuri, una delle pagine più controverse della storia americana del XX secolo, che annovera anche le ipotesi di un coinvolgimento mafioso e di un complotto internazionale. Inchieste giudiziarie e giornalistiche che non hanno comunque impedito al 35° Presidente degli Stati Uniti d’America di entrare nel mito. Con una narrazione critica lucidissima Bruno Vespa ricostruisce le origini familiari e l’ascesa al potere di “Jack”, gli anni di governo dai risultati talvolta deludenti sul fronte interno ed estero, le luci e le ombre di una presidenza che molti storici e giornalisti hanno ritenuto sopravvalutata. Quindi il racconto di un privato ingombrante: i tanti rapporti extraconiugali, l’amore per Marilyn, la bulimia sessuale, le troppe malattie tenute nascoste. Con la competenza del cronista d’esperienza e nel rispetto della documentazione storica, Vespa racconta Kennedy oltre il mito, mettendo al centro l’uomo, i suoi sogni e le sue fragilità.
“Kennedy. Fu vera gloria? Amori e potere di un mito” di Bruno Vespa, edito da Rai Libri, è in vendita nelle librerie e negli store digitali dal 2 maggio 2023. Bruno Vespa (L’Aquila, 1944) ha cominciato il suo lavoro di giornalista a sedici anni. Laureatosi in Legge con una tesi sul diritto di cronaca, ha vinto il concorso per entrare in Rai classificandosi al primo posto. Dal 1990 al 1993 ha diretto il Tg1. Dal 1996, la sua trasmissione “Porta a Porta” è il programma di politica, attualità e costume più seguito. Tra i suoi ultimi volumi pubblicati, ricordiamo: Italiani voltagabbana, Donne d’Italia, C’eravamo tanto amati, Soli al comando, Rivoluzione, Perché l’Italia diventò fascista, Perché l’Italia amò Mussolini, Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando) e La grande tempesta. Con Rai Libri ha pubblicato: Luna (2019), Bellissime! (2020), Quirinale (2021) e Donne al potere (2022).
Perché ChatGPT ha potuto riaprire in ItaliaRoma, 29 apr. (askanews) – Da ieri ChatGPT ha di nuovo diritto a rendere disponibile in Italia il suo chatbot di intelligenza artificiale dopo il blocco. Di seguito, i motivi. OpenAI, la società statunitense che gestisce ChatGPT, ha fatto pervenire al Garante per la protezione dei dati personali una nota nella quale illustra le misure introdotte in ottemperanza alle richieste dell’Autorità contenute nel provvedimento dello scorso 11 aprile, spiegando di aver messo a disposizione degli utenti e non utenti europei e, in alcuni casi, anche extra-europei, una serie di informazioni aggiuntive, di aver modificato e chiarito alcuni punti e riconosciuto a utenti e non utenti soluzioni accessibili per l’esercizio dei loro diritti. Alla luce di questi miglioramenti OpenAI ha reso nuovamente accessibile ChatGPT agli utenti italiani. E’ quanto ha chiarito una nota del Garante per la Privacy.
“OpenAI, in particolare – spiega – ha: predisposto e pubblicato sul proprio sito un’informativa rivolta a tutti gli utenti e non utenti, in Europa e nel resto del mondo, per illustrare quali dati personali e con quali modalità sono trattati per l’addestramento degli algoritmi e per ricordare che chiunque ha diritto di opporsi a tale trattamento; ampliato l’informativa sul trattamento dei dati riservata agli utenti del servizio rendendola ora accessibile anche nella maschera di registrazione prima che un utente si registri al servizio; riconosciuto a tutte le persone che vivono in Europa, anche non utenti, il diritto di opporsi a che i loro dati personali siano trattati per l’addestramento degli algoritmi anche attraverso un apposito modulo compilabile online e facilmente accessibile; ha introdotto una schermata di benvenuto alla riattivazione di ChtaGPT in Italia, con i rimandi alla nuova informativa sulla privacy e alle modalità di trattamento dei dati personali per il training degli algoritmi; ha previsto per gli interessati la possibilità di far cancellare le informazioni ritenute errate dichiarandosi, allo stato, tecnicamente impossibilitata a correggere gli errori; ha chiarito, nell’informativa riservata agli utenti, che mentre continuerà a trattare taluni dati personali per garantire il corretto funzionamento del servizio sulla base del contratto, tratterà i loro dati personali ai fini dell’addestramento degli algoritmi, salvo che esercitino il diritto di opposizione, sulla base del legittimo interesse”. E ancora, chiarisce il Garante, “ha implementato per gli utenti già nei giorni scorsi un modulo che consente a tutti gli utenti europei di esercitare il diritto di opposizione al trattamento dei propri dati personali e poter così escludere le conversazioni e la relativa cronologia dal training dei propri algoritmi; ha inserito nella schermata di benvenuto riservata agli utenti italiani già registrati al servizio un pulsante attraverso il quale, per riaccedere al servizio, dovranno dichiarare di essere maggiorenni o ultratredicenni e, in questo caso, di avere il consenso dei genitori; ha inserito nella maschera di registrazione al servizio la richiesta della data di nascita prevedendo un blocco alla registrazione per gli utenti infratredicenni e prevedendo, nell’ipotesi di utenti ultratredicenni ma minorenni che debbano confermare di avere il consenso dei genitori all’uso del servizio”.
Notte di stelle a Messina: assegnate le statuette del Me Fashion AwardRoma, 29 apr. (askanews) – Si è conclusa con successo la prima edizione di “Me Fashion Award”, il premio dedicato ai big della moda italiana e ai messinesi famosi nel mondo. Ideato e organizzato da Patrizia Casale, owner di E-Motion, la srl che da vent’anni organizza e promuove eventi fashion nella città dello Stretto, l’evento è stato realizzato con il sostegno del Comune e della Camera di Commercio di Messina, di Confartigianato e Sicindustria e con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana.
Per due giorni il Palacultura di Messina è stato l’head quarter dell’intera manifestazione che ha alternato momenti social, sfilate e talk con le personalità della moda della cultura coinvolte e premiate. Per il settore fashion, la sera di venerdì 28 aprile condotta dalla giornalista Marika Micalizzi hanno ricevuto l’ambito premio 23è, il brand siciliano di accessori eco-sostenibili creato da Deborah Correnti e Mirco Marchetti; De Santis By Martin Alvarez, la maison milanese che sta riscuotendo vasti consensi anche negli Stati Uniti. Applausi per Gianluca Alibrando, il couturier siciliano tra i più acclamati nei red carpet internazionali, per Mauro Scalia artefice dei total look di famose pop star e Pescepazzo il brand di accessori che fa capo a Laura Mendolia.
Cameo della serata il ritorno, insieme sulla passerella di Messina, del maestro orafo Gerardo Sacco e della stilista Raffaella Curiel, che a circa trent’anni anni dalla storica sfilata di Donna sotto le stelle, sulla scalinata di piazza di Spagna a Roma hanno sfilato insieme, emozionato il pubblico che li ha salutati con una commossa standing ovation. Dodici i look del défilé, sei con la collezione pap Noname by Raffaella Curiel e sei quelli iconici della maison milanese, arricchiti con i gioielli ispirati alla mitologia della Magna Grecia del maestro crotonese, illustre firma dell’arte orafa italiana. Uno dopo l’altro si sono succeduti altri big come Stefano Dominella, presidente della sezione moda e design di Unindustria e curatore di importanti mostre e Tiziano Guardini, il giovane designer romano che ha fatto della sostenibilità il suo stilema, il primo ad aggiudicarsi, nel 2017, il premio Franca Sozzani, Green Carpet Fashion Award For Best Emerging Designer.
Il riconoscimento è stato, inoltre assegnato alla fashion manager Stefania Caligiore e a Chiara Trombetta, entrambe messinesi, quest’ultima direttrice Media ed eventi di StartupItalia, all’illustratore di luxury brand Aldo Sacchetti e a Zive tra i più noti esponenti della Street art. Graditissima dal folto pubblico intervenuto alla cerimonia nel Palacultura la partecipazione di Padre Domenico Manuli già stilista, oggi sacerdote in provincia di Messina, ma anche eclettico artista che attinge ispirazione dai temi di carattere sociale, e quella del ballerino e coreografo Davide Telleri presente negli ultimi video-clip di Mahmood, Levante e Annalisa e nel cast della sfilata siciliana di Dolce & Gabbana a luglio dello scorso anno.
Sono stati parte attiva dell’evento i ragazzi, coinvolti nei talk, del Liceo Artistico di Messina E. Basile, dell’I.I.S.Antonello, dell’Istituto Tecnico Commerciale A.M.Jaci di Messina e dell’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria, questi ultimi anche autori di un’installazione sul tema moda e tendenze.
”Roma Art and Book”, il festival delle edizioni indipendentiRoma, 28 apr. (askanews) – A novembre Roma ospiterà la manifestazione voluta e ideata da Antonello Di Carlo e aperta a scrittori, poeti, pittori, scultori, fotografi, attori e registi. Un open space di 750 metri quadri, all’interno della Stazione Tiburtina, la location scelta. Intenso il programma, con dibattiti, proiezioni di cortometraggi, presentazioni di libri, readings letterari e ovviamente tanti stands.
“Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco. Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”. Le parole di Charles Bukowski, poeta e scrittore statunitense, rappresentano il manifesto di un’arte che è diritto di tutti, di tutti coloro che hanno qualcosa da dire. Un diritto che vedrà Roma protagonista, con una manifestazione, Roma Expo Art and Books il suo nome, che, per l’intero mese di novembre, promuoverà scrittori, poeti e artisti meno noti: “Sarà un evento culturale libero -spiega l’editore Antonello Di Carlo. Un festival che offrirà una vetrina di prestigio a case editrici indipendenti, ad autori (anche selfpublishing) e ad artisti di vario genere. come pittori, scultori, fotografi, attori e registi”. Nata da un’idea della Di Carlo Edizioni, l’iniziativa ha già l’adesione di Edizioni WE di Nicola Bergamaschi e della Pan di Lettere di Lara Di Carlo. La location sarà un open space di 750 metri quadri all’interno della Stazione Tiburtina, dove l’affluenza è ogni giorno di migliaia e migliaia di persone: “Il programma -spiega ancora Di Carlo- prevede giornate intense nel corso delle quali vi saranno diverse iniziative: dibattiti, proiezioni di cortometraggi, presentazioni di libri, readings letterari e ovviamente tanti stands. Previsti inoltre incontri con i protagonisti della rassegna e con gli esperti delle varie categorie. Noti critici letterari e artistici, galleristi di fama, maestri della fotografia e importanti registi hanno garantito la loro presenza per trasmettere i segreti della loro arte. Sarà insomma un tourbillon di emozioni da vivere tutte di un fiato”. L’ex caporedattore del Tg5, Paolo Di Mizio (padrino dell’evento), e Antonina Giordano, nota giornalista e docente presso l’Università di Siena, presenteranno rispettivamente, nel corso del Roma Expo Art and Books, le loro ultime fatiche letterarie: “Siamo onorati -continua Di Carlo- della loro presenza che dà ulteriore prestigio e alla rassegna. Con loro anche la nota critica letteraria Cinzia Baldazzi e tanti altri autori emergenti. Scrittori e poeti raffinati che avranno finalmente la possibilità di far conoscere le proprie capacità che sono altissime”.
Un parterre di tutto rispetto che renderà Roma, per un mese, la Capitale di una cultura spesso nascosta dalle più importanti etichette, ma che ora avrà la possibilità di emergere come merita. “Vogliamo che il nostro diventi un percorso continuativo e, perché no, in grado di mettere su rassegne simili in altre città italiane”. All’organizzazione dell’evento daranno anche il loro prezioso contributo Gaetano Piraino, Sabrina Morelli, Lucia Zappulla, Luigi Paciello, Maria Concetta Borgese, Claudio Raspollini, Michele Bussoni, Duilio Papi, Silvia Andriuoli e la libreria Ubik, quest’ultima partner e sede ufficiale delle prime presentazioni. Le successive, con il dovuto approfondimento tematico, si svolgeranno, con appuntamenti da calendarizzare, presso l’open space della Stazione Tiburtina. La stessa logica organizzativa sarà applicata anche per le numerosissime interviste radio-televisive. Per partecipare all’evento come autore o artista in generale, occorre inviare una mail all’indirizzo romaexpoartandbooks@gmail.com. “Chi deciderà di esserci -conclude Di Carlo- avrà la possibilità di presentare e poi di esporre, per tutta la durata del festival, la propria opera. Grazie all’accordo raggiunto con la libreria Ubik, l’autore inoltre avrà l’opportunità di avere un’ulteriore vetrina, questa volta, diciamo così, fisica, per il proprio volume. “L’arte diventa magia e i sogni realtà, questo è il motto della manifestazione che apre finalmente nuovi scenari per chi ha talento e finora non è riuscito ad esprimerlo. Sarà la rassegna delle case editrici indipendenti, darà l’occasione giusta per appassionarsi a un mondo che suscita emozioni e tanti interrogativi. Che scuote l’animo umano e lo rende migliore. L’essenza del fare cultura”.
Fotografia Europea, immagini dalla nostra identità inquietaReggio Emilia, 28 apr. (askanews) – Un festival che guarda all’attualità e che riesce a cogliere il senso del contemporaneo attraverso una serie di mostre e progetti in dialogo con la nostra società. A Reggio Emilia si inaugura l’edizione 2023 di Fotografia Europea, evento promosso dalla Fondazione Palazzo Magnani con il Comune di Reggio e il sostegno della Regione Emilia-Romagna. Il titolo per quest’anno è “Europe matters: visioni di un’identità inquieta” e la direzione artistica è affidata a Tim Clark, Luce Lebart e Walter Guadagnini.
“Fotografia Europea – ha detto Guadagnini ad askanews – quest’anno si occupa di Europa, che vuoi dire occuparsi di tantissime cose, e sono davvero tante le possibilità di lettura di quello che sta accadendo in questo continente. Quindi c’è l’Europa della Brexit, c’è l’Europa delle proteste in Polonia e c’è naturalmente quella delle migrazioni e l’Europa che deve confrontarsi con l’Altro. Tutto questo attraverso i linguaggi di fotografi contemporanei, molto spesso giovani, che hanno questa straordinaria capacità di cogliere al volo quelli che sono i movimenti sociali che accadono. Quindi una fotografia documentaria che sa anche essere una fotografia di ricerca”. E a colpire, tanto nei Chiostri di San Pietro quanto nelle altre location del festival, è la varietà di panorami fotografici che si possono incontrare, la natura molteplice del medium che Fotografia Europea esplora da molti punti di vista e senza pregiudiziali. Aprendo al visitatore un’esperienza che per molti versi confina con quella dell’arte contemporanea. “Da questo punto di vista – ha aggiunto Guadagnini – è una mostra molto contemporanea, non solo nei soggetti, ma anche nei linguaggi”.
Che sono quello, classico e storicizzato, di Sabine Weiss, fotografa umanista francese che ha attraversato il Novecento, ma anche quello di ricerca socio-politica sulla Turchia portato avanti da Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinini. Oppure l’ode visiva di Yelena Yemchuk per Odessa e l’Ucraina, o ancora le ricerche di Miriam Meloni sul mito di Europa e lo sguardo da Tageri, così come quelle di Alessia Rollo sulla lettura magica e antropologica del Sud Italia. Solo per citarne alcuni. Ma a contare, a rappresentare il “matters” del titolo, è soprattutto l’insieme, il coro di voci diverse che “fanno” il festival e che ci restituiscono una sensazione di vitalità della fotografia e di pertinenza con le indagini sul presente che la cultura porta avanti. A Palazzo dei Musei, poi, torna Luigi Ghirri, con altri fotografi importanti, che hanno raccontato i giardini in Europa e l’architettura degli alberi. Un modo per ricordare l’ecologia dello sguardo del grande artista emiliano che diventa oggi anche uno sguardo ecologico.
Occultare la mitologia: i 70 anni segreti di Roberto BolañoMilano, 28 apr. (askanews) – Benno von Arcimboldi era scomparso da sempre. Di Cesárea Tinajero si erano perse le tracce da molti anni. Il primo era un leggendario scrittore tedesco che nessuno pareva avesse mai incontrato di persona, ma i cui libri lasciavano sempre uno strascico, tanto che il suo nome, puntualmente, rientrava tra i papabili per il Nobel. La seconda era una poetessa messicana, autrice di un unico componimento, che però è bastato, nella sua forza oscura, a dare vita a un intero movimento, il realvisceralismo. Sono scomparsi, sono invisibili, in qualche modo la loro voce sembra arrivare da dopo la morte. Sono anche due personaggi letterari, sono coloro intorno ai quali Roberto Bolaño ha costruito i suoi due monumentali romanzi, il postumo e totalizzante 2666 e il rivoluzionario e ingannatore I detective selvaggi, che lo portò al successo internazionale negli ultimi 5 anni della sua vita. Arcimboldi e Tinajero erano il santo Graal della sua letteratura, che ha vissuto di una serie di mitologie minori: quella dei giovani poeti sudamericani e delle loro sconfitte, quella della violenza insondabile dei confini messicani e delle dittature militari, quella dell’amore senza senso tanto per dei libri quanto per due sorelle, sempre le stesse, seppur con nomi diversi, in romanzi e racconti. Ma il talento di questo cileno, che scriveva poesie e si racconta che sia passato alla narrativa per tentare di garantire un futuro ai suoi due figli, Lautaro e Alexandra, una volta scopertosi gravemente malato, è stato proprio quello di fare diventare le sue storie una mitologia per i suoi lettori. Che, forse anche senza accorgersene, con I detective selvaggi nel 1998 si sono trovati in mano un oggetto letterario voluminoso – sono 845 pagine nella prima edizione italiana di Sellerio, poco meno di 700 nella successiva Adelphi – che al tempo stesso ribaltava clamorosamente il tavolo del romanzo contemporaneo a livello di struttura e lo faceva da una posizione non di nicchia colta, come spesso accade, ma in aperto, e probabilmente anche un po’ incosciente, confronto con il mainstream. I suoi romanzi a uno sguardo veloce sembrano essere dei gialli o dei noir, ma in realtà fingono; fingono di essere qualcosa di conosciuto e gestibile, qualcosa che sia meno terrificante, ma sono a tutti gli effetti fatti della stessa materia di cui è fatto, per dire, Moby Dick. E come il capolavoro di Melville finisce nella desolazione di un mare che si richiude sopra la scomparsa di Achab e della Balena Bianca (così come si richiudeva sopra il folle volo di Ulisse nella Divina Commedia), nello stesso modo l’epica segreta e devastata di Bolaño si chiude nel deserto, sempre lo stesso, quello del Sonora. Nello stesso silenzio assordante che deve avere sentito Ismaele alla fine della caccia in mare aperto.
Roberto Bolaño era nato a Santago del Cile il 28 aprile del 1953 e, complice il successo dei suoi Detective negli Stati Uniti, fenomeno molto raro per scrittori non aglofoni, è diventato rapidamente un autore di culto, soprattutto per lettori consapevoli, adulti. Quel tipo di persone che continuano ad amare David Foster Wallace, per fare un esempio. E come DFW, anche Bolaño è riuscito nell’impresa dei essere al tempo stesso di culto e di massa, andando a smuovere qualche meccanismo profondo delle dinamiche culturali più contemporanee, pur essendo entrambi scrittori che non hanno visto l’avvento della società iperconnessa e dei social media, ma in qualche modo i loro libri l’avevano anticipata o forse, come Philip Dick, l’avevano anche prevista, seppur in modi molto meno didascalici rispetto all’autore di Blade Runner. Oggi Roberto Bolaño avrebbe compiuto 70 anni. È morto a Barcellona aspettando un trapianto di fegato il 14 luglio del 2003, trapianto rimandato perché stava scrivendo 2666 e l’onda di quel romanzo non la poteva – e non la può – fermare nessuno. Enrique Vila-Matas, altro grandissimo scrittore e amico di Bolaño, per raccontare cosa significasse la scrittura per il cileno ha citato Kafka, che nelle Lettere a Felice spiegava che ‘scrivere è un sogno più profondo. Come la morte’. Noi oggi, con il senno dei lettori di poi e un vago senso di disperazione per la perdita, possiamo aggiungere che anche i suoi grandi romanzi erano così, in maniera talmente evidente da sembrare quasi intollerabile, come la morte. Tanto da far pensare che ci fosse un trucco, come se tutto fosse, per stare ancora nei territori kafkiani (la sua America così immaginaria e quella di Bolaño, così lontana dagli stereotipi americani classici, si toccano di continuo), una messa in scena del Teatro Naturale dell’Oklahoma, quel teatro descritto da Kafka dove tutti sono scritturati e ognuno deve solo interpretare se stesso. E in effetti i trucchi ci sono: Bolaño gioca con le sospensioni, solleva nebbie ad arte, usa gli strumenti del genere in maniera a volte spudorata, come quando scrive frasi come: ‘Da questo momento gli eventi si fanno più confusi’. I suoi romanzi potrebbero essere delle serie tv lisergiche e di successo. Ma il punto è che questi trucchi servono a rendere gestibile l’incandescenza della materia che la sua letteratura maneggia in ogni frase, servono a gestire la paura, profonda, che è sottesa a ogni storia, servono a farci attraversare la notte pensando che si tratti solo di una nuvola passeggera che oscura il sole per qualche minuto.
A un certo punto in 2666 il vecchio che noleggia ad Hans Reiter, che ha appena inventato lo pseudonimo Arcimboldi, la sua prima macchina per scrivere, gli dice, dopo avere parlato a lungo di scrittura, di capolavori e opere minori, mentre Benno sta per andarsene, con quel perfetto tempismo cinematografico che è un altro dei trucchi del mestiere di Bolaño: ‘Gesù è il capolavoro. I ladroni sono le opere minori. Perché sono lì? Non per mettere in risalto la crocifissione, come credono certe anime candide, ma per occultarla’. In un certo senso si può forse pensare che tutta la grandezza dello scrittore stia proprio in questa capacità di rendere manifesta la sua potenza letteraria fingendo di nasconderla, camuffandola in molti modi, vestendola da opera minore o lasciando che a passare siano il clamore di certe scene anziché il vuoto assoluto che raccontano. Il deserto di Sonora che c’è in fondo al cuore di tutti. Ma eravamo partiti da Arcimboldi e Tinajero, i due scrittori di cui si narra la ricerca. Come in ogni chanson de geste che si rispetti c’è l’oggetto da conquistare, ma ci sono anche gli eroi che cercano l’impresa, i cavalieri della tavola rotonda. Nella Camelot di Bolaño, tutta fatta di letteratura, i cercatori sono quattro critici in 2666, i massimi esperti di Arcimboldi: Jean-Claude Pelletier, Manuel Espinoza, Piero Morini e Liz Norton. Arriveranno in Messico, arriveranno a Santa Teresa, a due passi all’obiettivo. Ma, nonostante la loro passione e preparazione, nonostante un certo coraggio, non incontreranno Arcimboldi (‘Non troveremo Arcimboldi – dice Pelletier -. Lui è qua e noi siamo qua, e non gli arriveremo mai più vicino di così’).
Ne I detective selvaggi la missione di cercare la poetessa originaria è affidata a due esponenti della stessa corrente del realvisceralismo, Ulises Lima e Arturo Belano, poeti e spacciatori, in fuga su una Impala inseguiti dal protettore di una prostituta che era scappata con loro. Contro ogni previsione Lima e Belano trovano davvero Cesárea Tinajero, che addirittura, come in una Pietà barocca, muore tra le loro braccia. Ma senza risolvere il mistero, senza che sveli dove stava davvero il Graal. Perché, nella luce accecante del Sonora, con le nuvole che passano rapide nel cielo e il vento che soffia come una tortura silenziata all’orizzonte, la verità sembra essere che non c’è nessun Graal, solo una donna anziana e due vagabondi sopravvissuti per caso all’orrore della storia sudamericana. C’è il pianto muto delle centinaia di donne uccisa a Santa Teresa, nella parte più incredibile e bruciante di 2666, che da romanzo mondo ha voluto anche scavare nella vera storia dei femminicidi di Ciudad-Juarez, c’è la necessità di costruirsi una mitologia letteraria che dia un senso alla vita. Ecco il punto, Roberto Bolaño costruisce la sua mitologia letteraria mettendo in scena il bisogno dei suoi personaggi di farlo. È lo scrittore che partecipa alla quest insieme alle sue creazioni, è William Shakespeare che interpreta Amleto sulla scena del Globe Theatre. Facendo finta che poi, in fondo, non sia proprio così. Nella sua opera, che è intricata – ‘come un rizoma’ ha detto la sua traduttrice Ilide Carmignani – e piena di rimandi incrociati tra i vari romanzi, nulla è mai certo. Ma in questo suo settantesimo non compleanno (perché c’è in lui anche qualcosa del mondo ribaltato dietro lo specchio di Lewis Carroll) possiamo forse azzardarci a dire che proprio in questo fare finta di non crederci fino in fondo ci sia la sua grandezza assoluta, la sua strategia di occultamento che ha la forza di generare il miracolo della letteratura. Quasi senza che ce ne accorgiamo. Ma magari anche questo è solo un altro modo di trarci in inganno, di confondere le tracce. Perché Arcimboldi in realtà viene trovato in una notte di Città del Messico, non dai critici-eroi, ma da un grigio funzionario del governo messicano, tale Almendro, detto Il Porco. Una telefonata a mezzanotte (altro perfetto stereotipo di genere), una conversazione in tedesco, poi in macchina, con una pistola al fianco per andare a vedere cosa stava succedendo a questo vecchio venuto dalla Germania e infastidito dalle attenzioni della polizia. Un vecchio altissimo e già pronto a ripartire verso il nord del Paese. Il Porco, con le sue unghie luride e il suo romanzo mai portato a termine incontra Arcimboldi, lo aiuta, gli toglie di dosso i poliziotti e lo porta a mangiare tacos e a bere tequila, gli mostra la città notturna dalla macchina, lo accompagna in aeroporto e gli lascia un biglietto da visita. Nella metafora il Porco trova il Santo Graal e non solo, ci beve pure dentro, se lo mette in tasca, potremmo dire. Fine della mitologia? Forse. Abbiamo sbagliato tutto? È possibile. Però c’è un momento indimenticabile, che vale il rischio che stiamo correndo. Perché a un certo punto, ‘all’improvviso’, il Porco chiede al vecchio: ‘Senta, non si diceva che lei non fosse mai stato visto da nessuno?’. E Arcimboldi lo guarda e ‘sorride educatamente’. Il Porco ha trovato il Graal, ma è probabile che non lo sappia. E allora questo riapre i giochi, crea un’altra, l’ennesima, cortina di fumo bolañiana, spariglia ancora una volta le carte per nascondere (per ‘occultare’ direbbe l’uomo della macchina per scrivere) il bluff oppure per proteggerci dalla Verità Spaventosa. Entrambe le ipotesi sono valide e proprio questo ci dà la misura dell’importanza come autore di Roberto Bolaño, 70enne immaginario e scrittore totale.