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Bce, dopo calo inflazione atteso nuovo taglio ai tassi giovedì

Bce, dopo calo inflazione atteso nuovo taglio ai tassi giovedìRoma, 10 set. (askanews) – Con l’inflazione che continua a moderarsi e la crescita economica in rallentamento, nell’eurozona sembrano esserci le condizioni per sbloccare un nuovo taglio dei tassi di interesse di riferimento da parte della Bce. Domani e giovedì mattina torna a riunirsi il Consiglio direttivo dell’istituzione monetaria. Le decisioni operative verranno comunicate alle 14 e 15 di giovedì e, mezz’ora dopo, la presidente Christine Lagarde terrà la consueta conferenza stampa esplicativa.


L’attesa prevalente tra analisti e osservatori è che dopo la pausa di luglio la Bce proceda a un nuovo ritocco al ribasso dei tassi, come quello operato a giugno, il primo da molti anni a questa parte. Per l’imminente decisione e soprattutto per le prospettive future un elemento rilevante sarà rappresentato dall’aggiornamento delle previsioni su crescita economica e inflazione, che l’istituzione pubblicherà contestualmente al comunicato sui tassi. Gli analisti di Ing si attendono limature alle stime di crescita – tre mesi fa indicate al più 0,9% per quest’anno, 1,4% sul prossimo e 1,6% sul 2026 – e una sostanziale conferma di quelle di inflazione: 2,5% quest’anno, 2,2% nel 2025 e 1,9% nel 2026 (sotto l’obiettivo formale della Bce del 2%).


Va poi ricordato che in base alla revisione del quadro operativo (operational framework) decisa lo scorso marzo, dal 18 settembre si ridurrà il “corridoio dei tassi”. Un elemento tecnico rappresentato dal differenziale tra i vari indicatori ufficiali stabiliti dalla Bce. Da quando l’istituzione ha cominciato, dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, a effettuare massicce immissioni di liquidità supplementari nel sistema, di fatto il tasso di riferimento è via via diventato sempre più quello sui depositi (Drf, attualmente al 3,75%) che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa Bce, laddove in precedenza il tasso chiave era quello sulle principali operazioni di rifinanziamento (Mro, 4,25%). Un terzo tasso riguarda le operazioni marginali (Mlf, 4,50%).


In passato, prima della crisi dello scorso decennio, il corridoio dei tassi era stato piuttosto ampio (circa 200 punti base), attualmente è limitato a 75 punti base e dal 18 settembre verrà ulteriormente ridotto limitando il differenziale tra tasso sui depositi e tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento a 15 punti base (rispetto agli attuali 50) e mantenendo quello tra operazioni marginali e operazioni principali a 25 punti base. L’auspicio della Bce è che il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento riguadagni rilevanza, lentamente e nel corso degli anni però, data la persistenza delle liquidità in eccesso. Nella decisione presa a marzo, la Bce ha ribadito che intende continuare “a indirizzare l’orientamento della politica monetaria adeguando il tasso sui depositi”. Se quest’ultimo verrà tagliato di 25 punti base, per aggiustarsi al nuovo quadro operativo il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento dovrà essere ridotto di 60 punti base rispetto ai livelli attuali.


Non si può quindi escludere che per far combaciare questo nuovo quadro operativo con le decisioni che verranno assunte giovedì, le riduzioni risultino differenziate tra i vari indicatori, con il termine di decorrenza fissato proprio per il 18 settembre. Un altro elemento che pragmaticamente verrà tenuto presente dai banchieri centrali Ue, è anche il fatto che la prossima settimana successiva – proprio del giorno in cui entrerà in vigore il nuovo quadro operativo Bce – si terrà il direttorio della dalla Federal Reserve (il Fomc), la Banca centrale degli Stati Uniti. Anche qui è atteso un primo taglio dei tassi di riferimento sul dollaro, la cui entità resta poco chiara. Nell’esaltato clima da campagna elettorale per le presidenziali, si sono viste non poche pressioni mediatiche sulla banca centrale Usa affinché operi un taglio aggressivo. Tuttavia diversi osservatori ritengono che l’istituzione eviterà di farsi tirare dalla giacca e si limiterà, sempre che riduca i tassi, a un classico taglio da 25 punti base. Dalla Bce “ci aspettiamo un taglio di 25 punti percentuali del tasso di deposito questa settimana, seguito da un altro a dicembre. I rischi sono orientati verso un ulteriore allentamento nei prossimi mesi”, sostiene Nadia Gharbi, economista di Pictet Wealth Management. “L’indebolimento delle prospettive di crescita degli Stati Uniti e del mondo e un taglio della Fed superiore alle attese potrebbero aumentare la pressione sulla Bce – avverte – affinché faccia di più di quanto attualmente previsto”. Su questa base sono attese ulteriori riduzioni dei costi sui nuovi mutui, così come sulle rate dei mutui a tasso variabile. Una dinamica che in Italia sta proseguendo lentamente, ma assieme a una continua contrazione dei prestiti bancari: meno 1,6% su base annua a luglio, secondo l’ultima statistica della Banca d’Italia, un calo analogo al mese precedente. La debolezza del credito bancario riflette la forte stretta su tassi e nuove liquidità precedentemente operata dalla Bce in risposta alla impennata inflazionistica. Sempre in Italia, a luglio la contrazione dei prestiti alle famiglie si è smorzata al meno 0,6 per cento sui dodici mesi, mentre il calo del credito alle società non finanziarie si è accentuato al meno 3,9 per cento. I tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (Tasso Annuale Effettivo Globale, Taeg) si sono collocati al 3,94 per cento, dal 4,02 di giugno. Il tasso sulle nuove erogazioni di credito al consumo è invece salito al 10,51 per cento, dal 10,29 nel mese precedente. Infine, i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 5,27 per cento, praticamente analoghi al 5,26 nel mese precedente. (di Roberto Vozzi).

Sulle pensioni Sbarra chiede subito un tavolo di confronto complessivo

Sulle pensioni Sbarra chiede subito un tavolo di confronto complessivoCagliari, 10 set. (askanews) – Sui temi della previdenza “il governo farebbe bene ad allestire una tavolo di confronto complessivo” perché “non possiamo inseguire le uscite ferragostane o maturate sotto l’ombrellone”. Così il leader della Cisl, Luigi Sbarra, a margine del Labour7 sottolineando che “agosto è stato ricco di anticipazioni e fughe in avanti. Questi temi vanno affrontati in maniera seria”. Secondo Sbarra va convocato “subito” un tavolo al ministero del Lavoro o a Palazzo Chigi per parlare della piattaforma unitaria del sindacato. Le priorità sono pensione di garanzia per i giovani, sostegno alla previdenza complementare, flessibilità in uscita. I 41 anni per noi è sono una misura importante, ma bisogna declinarla a prescindere dall’età e senza ulteriori vincoli. E poi bisogna separare assistenza e previdenza. Bisogna fare chiarezza sui costi della previdenza”. In merito all’ipotesi di allungare a 70 anni l’età pensionate nel pubblico impiego, il numero uno della Cisl ha aggiunto: “Siamo pronti a discutere nel merito, ma non obbligando e rendendo volontaria la scelta se rimanere oppure no e senza penalizzazione e vincoli ulteriori”.

Pensioni, Sbarra: fughe in avanti ferragostane, subito confronto

Pensioni, Sbarra: fughe in avanti ferragostane, subito confrontoCagliari, 10 set. (askanews) – Sui temi della previdenza “il governo farebbe bene ad allestire una tavolo di confronto complessivo” perché “non possiamo inseguire le uscite ferragostane o maturate sotto l’ombrellone”. Così il leader della Cisl, Luigi Sbarra, a margine del Labour7 sottolineando che “agosto è stato ricco di anticipazioni e fughe in avanti. Questi temi vanno affrontati in maniera seria”. Secondo Sbarra va convocato “subito” un tavolo al ministero del Lavoro o a Palazzo Chigi per parlare della piattaforma unitaria del sindacato. Le priorità sono pensione di garanzia per i giovani, sostegno alla previdenza complementare, flessibilità in uscita. I 41 anni per noi è sono una misura importante, ma bisogna declinarla a prescindere dall’età e senza ulteriori vincoli. E poi bisogna separare assistenza e previdenza. Bisogna fare chiarezza sui costi della previdenza”. In merito all’ipotesi di allungare a 70 anni l’età pensionate nel pubblico impiego, il numero uno della Cisl ha aggiunto: “Siamo pronti a discutere nel merito, ma non obbligando e rendendo volontaria la scelta se rimanere oppure no e senza penalizzazione e vincoli ulteriori”.

Manovra, Landini: cambiare le scelte, pronti alla mobilitazione

Manovra, Landini: cambiare le scelte, pronti alla mobilitazioneCagliari , 10 set. (askanews) – Il confronto con il governo Meloni “non c’è”. La manovra economica “deve cambiare le scelte” di fondo e “siamo pronti, se necessario, a sostenere le nostre rivendicazioni” contenute nelle piattaforme presentate all’esecutivo anche con la “mobilitazione”. Lo ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini, a margine del Labour7 a Cagliari. “Non siamo stati convocati – ha affermato – la prima richiesta sarebbe quella di chiedere al governo di discutere con il sindacato prima di prendere decisioni. E non faccia finta di convocarci qualche ora prima per comunicarci quello che ha già deciso. E’ un problema non solo di metodo, ma di sostanza”. Landini ha ricordato che “finora questo governo al dunque non ha mai voluto contrattare, discutere e rispondere alle nostre richieste. Il primo tema è la riforma fiscale e siccome si dice che non ci sono soldi penso che vadano presi dove sono. Questo governo non sta combattendo l’evasione fiscale, non sta tassando la rendita finanziaria e immobiliare. Continua invece a tassare solo i lavoratori dipendenti e i pensionati”. “Non si parla di tesoretto — ha aggiunto – ma i 9 miliardi di entrate in più vengono dall’Irpef. Tornano a chi li ha pagati oppure no? C’è un tema di rivalutazione delle pensioni, investimenti sulla sanità pubblica, aumentare i salari, non utilizzare le pensioni come bancomat e poi parlare ai giovani. Ogni anno più di 100mila giovani che vanno via dal Paese. Stiamo perdendo intelligenze e competenze. Speriamo in una trattativa vera”.

Ue, Ursula von der Leyen presenterà la nuova Commissione martedì prossimo

Ue, Ursula von der Leyen presenterà la nuova Commissione martedì prossimoBruxelles, 10 set. (askanews) – Salta di una settimana la presentazione della squadra dei commissari designati per la nuova Commissione europea da parte della presidente eletta (e riconfermata) dell’Esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen: la presentazione, prevista inizialmente per domani mattina alla riunione a Bruxelles della Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo (composta dai capigruppo politici più la presidente dell’Assemblea, Roberta Metsola), è stata rimandata a martedì prossimo, a causa del ritardo nella designazione del commissario sloveno da parte del governo di Lubiana.


Secondo fonti comunitarie, “il governo sloveno ha informato la Commissione che il Parlamento sloveno esprimerà il proprio parere sul candidato proposto per la carica di commissario venerdì. Solo dopo questo passaggio la nomina del candidato sarà completa e ufficiale”. “Su questa base, la Commissione ha chiesto al Parlamento europeo di posticipare la presentazione di von der Leyen alla Conferenza dei presidenti sulla composizione del futuro Collegio dei commissari fino a quando non sarà completa la lista dei candidati”, hanno riferito ancora le fonti.


“La riunione della Conferenza dei presidenti al Parlamento europeo con la Presidente von der Leyen avrà luogo martedì prossimo alle 9, a Strasburgo”, precisano infine le fonti.

La Corte giustizia Ue conferma multa a Google da 2,4 mld e Apple deve restituire agevolazioni “illegali”

La Corte giustizia Ue conferma multa a Google da 2,4 mld e Apple deve restituire agevolazioni “illegali”Roma, 10 set. (askanews) – La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che i vantaggi fiscali accordati ad Apple dall’Irlanda andranno restituiti e ha confermato la maxi multa del 2017 comminata a Google. La Corte Ue ha, infatti, respinto i ricorsi delle due società. “Quella di oggi è una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale. Ed è una vittoria per la Commissione”, ha affermato la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager durante una conferenza stampa convocata per illustrare le decisioni della Corte di Giustizia Ue.


In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha annullato una sentenza del Tribunale Ue, che aveva a sua volta annullato una decisione dell’Antitrust europeo sulle agevolazioni fiscali ottenute da Apple tra l’inizio degli anni 90 e la metà del decennio passato. Sulla base di questa decisione ora l’Irlanda dovrà recuperare gli aiuti che erano stati elargiti al gruppo ed Apple dovra restituire 13 miliardi di euro. Con un comunicato, la Corte di giustizia ricorda che nel 2016 la commissione europea aveva deciso che alcune società appartenenti al gruppo Apple avevano beneficiato, dal 1991 al 2014, di vantaggi fiscali costitutivi di un aiuto di Stato concesso dall’Irlanda. Tale aiuto, si legge, riguardava il trattamento fiscale degli utili generati da attività della Apple al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2020 il Tribunale ha annullato la decisione adottata dalla Commissione, ritenendo che quest’ultima non avesse sufficientemente dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo a favore di tali società. Nel pronunciarsi sull’impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale e statuito definitivamente sulla controversia, confermando al contrario la decisione della Commissione. “Questo caso non ha mai riguardato la quantità di tasse che paghiamo, ma lo Stato a cui siamo tenuti a pagarle. Paghiamo sempre tutte le tasse che dobbiamo ovunque operiamo e non c’è mai stato un accordo speciale”, ha commentato Apple la sentenza della Corte di Giustizia Ue. “Apple – prosegue il gruppo, che ora dovra restituire 13 miliardi di euro – è orgogliosa di essere un motore di crescita e innovazione in Europa e nel mondo e di essere sempre uno dei maggiori contribuenti al mondo. La Commissione europea sta cercando di cambiare retroattivamente le regole, ignorando che, come previsto dal diritto tributario internazionale, il nostro reddito era già soggetto a imposte negli Stati Uniti. Siamo delusi dalla decisione odierna – si legge – poiché in precedenza la Corte di Giustizia aveva riesaminato i fatti e annullato categoricamente il caso”. Apple ricorda che nel periodo in esame aveva dovuto pagare al fisco Usa circa 20 miliardi di euro in tasse, sugli stessi utili messi nel mirino dalla decisione della Commissione Ue.


La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha anche respinto il ricorso che era stato presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, inflitta dall’Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione dominante. Con un comunicato, la Corte Ue ha spiegato di aver così confermato l’ammenda inflitta a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti. Nel 2017 la Commissione aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti. Poiché il Tribunale ha, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l’ammenda di cui sopra, Google e Alphabet hanno proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata respinta da quest’ultima, si legge, confermando così la sentenza del Tribunale. “Siamo delusi dalla decisione della Corte”, ha commentato un portavoce di Google, sottolineando: “Questa sentenza si riferisce a un insieme di fatti molto specifico. Abbiamo apportato modifiche nel 2017 per conformarci alla decisione della Commissione europea e il nostro approccio ha funzionato con successo per oltre sette anni, generando miliardi di clic per oltre 800 servizi di comparazione prezzi”.

Bankitalia, a luglio limatura tassi mutui ma prosegue calo prestiti

Bankitalia, a luglio limatura tassi mutui ma prosegue calo prestitiRoma, 10 set. (askanews) – I tassi di interesse praticati dalle banche sui nuovi mutui alle famiglie in Italia hanno continuato a moderarsi leggermente a luglio, mentre per le imprese sono rimasti sostanzialmente invariati. Ma intanto è proseguita la dinamica di contrazione del credito bancario: nel mese in esame complessivamente i prestiti al settore privato sono diminuiti dell’1,6% su base annua, un valore analogo al mese precedente. Lo riporta la Banca d’Italia dell’ultima statistica “Banche e moneta: serie nazionali”.


La debolezza del credito bancario riflette la forte stretta su tassi e nuove liquidità operata dalla Banca centrale europea nei passati anni, in risposta alla impennata inflazionistica. Ora la Bce sta attenuando la stretta con molta gradualità e una nuova decisione in tal senso potrebbe essere assunta in occasione del Consiglio direttivo di giovedì. Tornando ai dati sull’Italia, a luglio la contrazione dei prestiti alle famiglie si è smorzata al meno 0,6 per cento sui dodici mesi, a fronte del meno 1 per cento nel mese precedente, mentre il calo del credito alle società non finanziarie si è accentuato al meno 3,9 per cento (-3,4 nel mese precedente). I depositi del settore privato sono aumentati dell’1,1 per cento (contro un più 2,9 per cento a giugno) e la raccolta obbligazionaria è aumentata del 13,3 per cento (14,8 in giugno).


Secondo i dati di Bankitalia, i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (Tasso Annuale Effettivo Globale, Taeg) si sono collocati al 3,94 per cento, dal 4,02 di giugno. Il tasso sulle nuove erogazioni di credito al consumo è invece salito al 10,51 per cento, dal 10,29 nel mese precedente. Infine, i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 5,27 per cento, praticamente analoghi al 5,26 nel mese precedente. I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari all’1,01 per cento (1,03 nel mese precedente).

Google, Corte Giustizia Ue conferma maxi multa da 2,4 mld

Google, Corte Giustizia Ue conferma maxi multa da 2,4 mldRoma, 10 set. (askanews) – La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso che era stato presentato dal gruppo Alphabet Google contro una maximulta da 2,4 miliardi, che era stata inflitta dall’Antitrust europeo nel 2017 per abuso di posizione dominante.


Con un comunicato, la Corte Ue spiega di aver così confermato l’ammendainflitta a Google per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti. Nel 2017 la Commissione aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti. Poiché il Tribunale ha, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l’ammenda di cui sopra, Google e Alphabet hanno proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata respinta da quest’ultima, si legge, confermando così la sentenza del Tribunale.

Apple, Corte giustizia Ue: agevolazioni fiscali Irlanda illegali

Apple, Corte giustizia Ue: agevolazioni fiscali Irlanda illegaliRoma, 10 set. (askanews) – La Corte di giustizia dell’Unione europea ha annullato una sentenza del Tribunale Ue, che aveva a sua volta annullato una decisione dell’Antitrust europeo sulle agevolazioni fiscali ottenute da Apple tra l’inizio degli anni 90 e la metà del decennio passato. Sulla base di questa decisione ora l’Irlanda dovrà recuperare gli aiuti che erano stati elargiti al gruppo.


Con un comunicato, la Corte di giustizia ricorda che nel 2016 la Commissione europea aveva deciso che alcune società appartenenti al gruppo Apple avevano beneficiato, dal 1991 al 2014, di vantaggi fiscali costitutivi di un aiuto di Stato concesso dall’Irlanda. Tale aiuto, si legge, riguardava il trattamento fiscale degli utili generati da attività della Apple al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2020 il Tribunale ha annullato la decisione adottata dalla Commissione, ritenendo che quest’ultima non avesse sufficientemente dimostrato l’esistenza di un vantaggio selettivo a favore di tali società. Nel pronunciarsi sull’impugnazione, la Corte annulla la sentenza del Tribunale e statuisce definitivamente sulla controversia, confermando al contrario la decisione della Commissione.

Ue, rapporto Draghi: le divergenze emerse con von der Leyen

Ue, rapporto Draghi: le divergenze emerse con von der LeyenBruxelles, 9 set. (askanews) – La presentazione del rapporto sul futuro della competitività europea da parte di Mario Draghi, insieme alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, oggi a Bruxelles, ha fatto emergere chiaramente alcune divergenze tra i due nella visione, nelle prospettive e nelle risposte per l’economia dell’Ue. In particolare per quanto riguarda eventuali nuove emissioni di debito Ue, la struttura del mercato elettrico europeo, la eccessiva regolamentazione comunitaria, in particolare nel settore delle tecnologie digitali e dell’Intelligenza artificiale, e anche l’obbligo di produrre dal 2035 solo auto a zero emissioni, non abbastanza allineato ad altri provvedimenti che lo rendano realizzabile.


La più evidente di queste divergenze riguarda la necessità, evocata da Draghi e ignorata da von der Leyen, di ricorrere a nuove emissioni di debito comune (come quelle che hanno finanziato il piano di ripresa post-pandemico ‘NextGenerationEU’ e il programma ‘Sure’ per il sostegno ai sistemi nazionali di cassa integrazione) per finanziare progetti comuni soprattutto nei settori della difesa, delle infrastrutture e interconnessioni energetiche, della ricerca e innovazione. Draghi ha ricordato che, secondo le stime della stessa Commissione europea, per raggiungere gli obiettivi indicati dal suo rapporto ‘è necessario un un investimento annuale aggiuntivo minimo di 750-800 miliardi di euro, corrispondente al 4,4%-4,7% del Pil dell’Ue’. Il debito comune, ha puntualizzato l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce, ‘non è un obiettivo in sé, ma uno strumento’, che sarà comunque necessario perché gli investimenti privati non basteranno comunque, anche se dovessero aumentare considerevolmente, nel caso in cui si riesca a mettere a frutto al massimo i vantaggi del mercato unico e soprattutto a completare finalmente l’Unione dei mercati dei capitali nell’Ue.


Von der Leyen, invece, rispondendo a una domanda in conferenza stampa con una posizione ferma all’ortodossia finanziaria tedesca, ha detto chiaramente che sul tavolo ci sono solo due opzioni per finanziare gli investimenti necessari: un aumento delle contribuzioni nazionali degli Stati membri al bilancio Ue, oppure nuove ‘risorse proprie’ europee, da aggiungere a quelle attuali (soprattutto i dazi doganali riscossi sulle importazioni di merci da paesi extracomunitari e una percentuale del gettito dell’Iva). Tra queste nuove ‘risorse proprie’ potrebbero esserci una tassa sui profitti delle multinazionali, la nuova ‘carbon tax’ alle frontiere (Cbam) e prelievi sul sistema europeo di scambio dei permessi di emissioni (Ets). Ma sarebbero comunque pochi miliardi all’anno (17 miliardi, secondo i progetti già esistenti). Quanto all’aumento delle contribuzioni nazionali alle casse Ue, poi, si tratta di uno dei tradizionali terreni minati della politica comunitaria, come dimostrano i negoziati interminabili e difficilissimi che ogni sette anni si svolgono tra gli Stati membri per decidere il Quadro pluriennale di bilancio.


Inoltre, lo stesso Draghi ha criticato l’approccio che vede solo nel bilancio Ue (e non nell’emissione di nuovo debito comune) la possibilità di finanziare gli investimenti pubblici che saranno necessari. Il bilancio Ue ‘non è abbastanza focalizzato’, è ‘altamente frammentato’ e ‘c’è un alto rischio che il denaro vada in diversi canali’, ha detto Draghi, anche se poi ha prospettato la possibilità di una ‘riforma’ in particolare dei fondi di coesione, che, ha indicato, potrebbero essere usati maggiormente per finanziare i ‘cluster’ della ricerca e innovazione industriale, e poi per la digitalizzazione, i trasporti, l’istruzione e la connettività. Sul mercato elettrico, Draghi è stato particolarmente duro, partendo dalla considerazione che gli alti prezzi dell’elettricità nell’Ue sono uno degli handicap maggiori che l’industria europea ha nei confronti della concorrenza internazionale. E non ha detto nulla sulla riforma del mercato elettrico, approvata da pochi mesi, che evidentemente non considera sufficiente.


‘Abbiamo l’opportunità – ha detto l’ex premier italiano – di abbassare i prezzi dell’energia. Una volta che osserviamo attentamente i nostri mercati energetici, vediamo un mercato che è stato progettato per un periodo in cui il gas naturale e i combustibili fossili erano la componente più importante del mix energetico. Ora non è più così: il gas naturale nel 2019, 2020, 2022, nonostante rappresenti circa il 20% del mix energetico, ha fissato il prezzo il 60% delle volte. E’ un mercato che, grazie a contratti a lungo termine, ma anche ad altre cose, è davvero dominato, credo, da interessi acquisiti. È un mercato che è anche gravato da controlli finanziari. Ed è un mercato che è diventato una mucca da mungere per far soldi per i bilanci nazionali degli Stati membri’. Nell’Ue, ‘la tassazione dell’energia è una delle più alte al mondo, se non la più alta’. Quindi, ha concluso Draghi, ‘tutto questo si traduce nel fatto che non siamo in grado di trasferire i benefici dell’energia meno costosa prodotta dalle fonti rinnovabili ai nostri consumatori, sia alle famiglie che all’industria. Perciò, dobbiamo avere un piano per raggiungere questo obiettivo: in primo luogo disaccoppiare il prezzo dell’energia derivante dai combustibili fossili da quello delle fonti di energia pulita, in modo che gli utenti finali vedano i benefici della decarbonizzazione nelle loro bollette’. Piuttosto dura anche la critica di Draghi agli ostacoli normativi che l’Ue, a suo dire, pone alle tecnologie digitali avanzate, l’innovazione e l’Intelligenza artificiale. ‘Abbiamo proclamato che l’innovazione era al centro della nostra azione, e poi abbiamo fatto tutto il possibile per mantenerla a un livello basso’, ha osservato. Su questo, ha continuato, ‘c’è un punto del rapporto che è davvero significativo: è nel capitolo sulla digitalizzazione e le tecnologie avanzate’. Qui l’ex premier ha cominciato a leggere alcuni paragrafi del proprio rapporto (dalla pagina 22 della prima parte): ‘Le barriere normative limitano la crescita in diversi modi. In primo luogo, procedure complesse e costose nei sistemi nazionali frammentati scoraggiano gli inventori dal presentare diritti di proprietà intellettuale, impedendo alle giovani aziende di sfruttare il mercato unico. In secondo luogo – ha proseguito Draghi -, la posizione normativa dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’Ue ha ora circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e oltre 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. Molte leggi dell’Ue adottano un approccio precauzionale, dettando specifiche pratiche commerciali ‘ex ante’ per evitare potenziali rischi ‘ex post’. Ad esempio, l’AI Act impone requisiti normativi aggiuntivi sui modelli di Intelligenza artificiale per uso generale che superano una soglia predefinita di potenza di calcolo, una soglia – si puntualizza nel rapporto – che alcuni modelli all’avanguardia superano già’. ‘In terzo luogo – ha aggiunto l’ex presidente della Bce, citando sempre il proprio rapporto -, le aziende digitali sono scoraggiate dal fare affari in tutta l’Ue tramite filiali, poiché devono affrontare requisiti eterogenei, una proliferazione di agenzie di regolamentazione e la ‘gold plating’ (ovvero un’applicazione che va oltre i requisiti minimi richiesti, ndr) della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali. In quarto luogo, le limitazioni all’archiviazione e all’elaborazione dei dati creano elevati costi di conformità’. Fine della citazione. Ma Draghi non si è fermato qui. ‘Si stima – ha sottolineato – che il regolamento Ue sulla protezione dei dati abbia ridotto i profitti delle piccole aziende tecnologiche di oltre il 15%. Ecco un problema generale: tutte queste normative che richiedono la conformità, per essere rispettate hanno bisogno di persone; ma queste aziende sono piccole aziende, hanno spesso solo due o tre persone. Quello che ho davvero capito da alcuni di loro, che ora lavorano negli Stati Uniti, che hanno lasciato l’Europa, è che non possono permettersi di assumere persone semplicemente per rispettare questa legislazione’. Secondo Draghi, quindi, ‘la conclusione è che gran parte di questa legislazione si applica alle grandissime aziende, a cinque o sei grandi aziende statunitensi, e in realtà noi stiamo uccidendo le nostre piccole aziende. Non abbiamo grandi aziende come negli Stati Uniti, le nostre sono tutte piccole aziende, quindi con questa legislazione che ci siamo dati siamo in realtà autodistruttivi, stiamo uccidendo le nostre aziende’, ha insistito. L’ex premier italiano ha risposto successivamente ad alcune domande sulle politiche climatiche dell’Ue. Dopo aver riconosciuto che il sistema europeo di scambio dei permessi di emissioni (Ets) è stata ‘una misura importante per ridurre le emissioni, una misura efficace’, Draghi ha osservato: ‘La cosa da tenere a mente sul clima, ancora una volta, è assicurarsi che tutte le politiche siano allineate, quindi che le politiche climatiche siano allineate con le politiche industriali, e che queste siano allineate con le politiche commerciali e così via. Per fare un esempio, abbiamo chiesto ai produttori di automobili veicoli a zero emissioni entro il 2035’. ‘Ma allo stesso tempo – ha obiettato l’ex presidente della Bce -, non abbiamo chiesto a tutti i fornitori di energia, ai fornitori di elettricità, un obbligo simile di fornire energia e di costruire i punti di rifornimento elettrico con lo stesso ritmo. Beh, questo è un grave disallineamento, perché quello che succede ora è che se guardiamo al 2035 e ci chiediamo quante colonnine per la fornitura di elettricità ai veicoli elettrici dovranno essere prodotte affinché tale obiettivo venga raggiunto nel 2035, otteniamo – ha concluso Draghi – un numero molto, molto considerevole’.