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La “cura Musk” funziona: valutazione X risalita a 44 mld dollari

La “cura Musk” funziona: valutazione X risalita a 44 mld dollariRoma, 19 mar. (askanews) – La valutazione di X, il social media di Elon Musk è più che quadruplicata negli ultimi mesi, e a quota 44 miliardi di dollari e ritornata al livello a cui la società era stata acquistata dall’imprenditore, alleato chiave di Donald Trump. Lo riporta il Financial Times, citando degli accordi di interscambio di quote effettuati nel corso di marzo da azionisti della società, in base a quanto riportato da fonti anonime a conoscenza delle transazioni.


Lo scorso settembre X era stata valutata appena 10 miliardi di dollari. L’imprenditore e pioniere di nuove tecnologie è così riuscito ad effettuare una drastica rivalutazione del social, precedentemente chiamato Twitter, su cui ha operato drastici tagli alle controverse operazioni di censura e controllo dei contenuti, licenziando la stragrande maggioranza del personale che operava proprio in questo ambito. In questo modo, se da un lato Musk ha perso una consistente quota di ricchezza con il calo delle valutazioni di Tesla – che da settimane vede la sua produzione di auto elettriche bersagliata da episodi di vandalismo da parte di elettori Usa, prevalentemente “liberal”, frustrati per il ritorno di Trump alla Casa Bianca – contemporaneamente ha visto risalire il suo patrimonio sul versante di X.


Secondo il Ft, a dispetto di un calo del fatturato totale da quando è stata rilevata da Musk, lo scorso anno X ha realizzato 1,2 miliardi di dollari di utili ante imposte e spese di ammortamento. Altre fonti anonime citate dal quotidiano riportano che i tagli operati dall’imprenditore stanno funzionando e che i ricavi stanno risalendo. Subito dopo il suo reinsediamento alla Casa Bianca, Trump ha affidato a Musk la guida di un nuovo direttorio (Doge), con il compito di tagliare tutte le spese improduttive o dannose dal bilancio federale.

Apple, Ue emana due ordinanze su interoperabilità iPhone e iPad

Apple, Ue emana due ordinanze su interoperabilità iPhone e iPadRoma, 19 mar. (askanews) – La Commissione europea ha adottato due decisioni riguardo a obblighi a carico di Apple sull’interoperabilità dei suoi dispositivi, sulla base delle nuove normative comunitarie sui servizi digitali (Dma o Digital Markets Act).


Il primo obbligo riguarda nove elementi sulla connettività del sistema operativo iOS, utilizzati prevalentemente per collegare smartwatch, cuffie o televisioni a iPhone o iPad (gli smartphone e i tablet di Apple). Questi obblighi garantiranno agli sviluppatori e a terze parti “un migliore accesso ai sistemi che consentono di mostrare notifiche o di effettuare trasferimenti di dati”. In questo modo “i dispositivi collegati di ogni marchio funzioneranno meglio con gli iPhone”, afferma l’organismo comunitario con un comunicato.


Il secondo obbligo, dice sempre la commissione Ue, migliora trasparenza efficacia dei processi di Apple per gli sviluppatori interessati a ottenere l’interoperabilità con iPhone e iPad. Questo include l’accesso a documentazioni tecniche al momento non disponibili a terze parti e comunicazioni sugli aggiornamenti, che rendano anche più prevedibili gli stessi in merito sempre all’interoperabilità. Queste decisioni “sono vincolanti – precisa la Commissione -. E Apple è tenuta ad attuarle nelle tempistiche indicate.


Come in un caso parallelo, annunciato sempre oggi riguardo a possibili violazioni delle regole del Dma da parte del gruppo Google Alphabet, la vicenda – contro cui Apple può presentare ricorso – potrebbe anche alimentare la conflittualità con gli Stati Uniti, in una fase già tesa dopo i nuovi dazi annunciati dall’amministrazione Trump, seguiti da rappresaglie Ue. Peraltro Washington ha ripetutamente sollevato rimostranze contro le normative Ue, in merito alle loro ricadute per i giganti digitali a stelle strisce.

Ue: Google Search e Google Play violano norme servizi digitali

Ue: Google Search e Google Play violano norme servizi digitaliRoma, 19 mar. (askanews) – La Commissione europea ha inviato due comunicazioni a Alphabet, la casa madre di Google, riguardo presunte a violazioni delle nuove normative Ue sui servizi digitali (Dma o Digital Markets Act).


La prima comunicazione riguarda “alcune caratteristiche e funzionalità” del sistema Google Search, che secondo Bruxelles favorirebbero i servizi della stessa società rispetto a quelli di aziende rivali “in questo modo non assicurando un trattamento paritetico, non discriminatorio e trasparente alle terze parti, come stabilito dal Dma”. Il secondo parere preliminare imputa ad Alphabet il fatto che la sua piattaforma Google Play non rispetta le normative dello stesso pacchetto dato che “agli sviluppatori di app viene impedito “di indirizzare liberamente i consumatori verso altri canali per ottenere offerte migliori”.


Ora il gruppo Alphabet potrà esaminare le documentazioni presentate e rispondere alla Commissione europea. L’esecutivo comunitario aggiunge che se dovesse ritenere confermate le sue analisi potrà procedere ad adottare una decisione in merito a violazione delle normative. La vicenda rischia di aggiungere elementi di contenzioso con gli Stati Uniti in una fase di già elevata conflittualità, in particolare per i nuovi dazi annunciati dall’amministrazione Trump, che ha ripetutamente sollevato rimostranze contro le normative Ue in merito alle loro ricadute per i giganti digitali a stelle strisce.

Stellantis, Elkann: spero che il bilancio Paese-azienda non sia più divisivo

Stellantis, Elkann: spero che il bilancio Paese-azienda non sia più divisivoRoma, 19 mar. (askanews) – “Spero che da oggi il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo, ma un’opportunità per continuare questo percorso virtuoso insieme che dura da 125 anni, orgogliosamente con l’Italia”. Così il presidente di Stellantis, John Elkann, nel corso di un’audizione informale nelle commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato. Poco prima aveva detto “abbiamo voluto quantificare l’apporto dato dall’azienda al Paese, chiedendo all’università Luiss Guido Carli di realizzare uno studio indipendente sulla storia del gruppo dal 2004 al 2023, anni che ho vissuto in prima persona. Ciò che emerge è che il contributo positivo alla crescita dell’economia italiana non è mai venuto meno. Lo studio evidenzia che dal 2004 al 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 16,7 milioni di autovetture e veicoli commerciali, per un valore complessivo della produzione nazionale di quasi 700 miliardi di euro. Calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia negli ultimi venti anni sale a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi: per ogni euro di valore creato da Stellantis, se ne generano 9 nel resto dell’economia. Un fatto ancora più importante se si considera il contributo che i nostri poli industriali hanno dato e tuttora danno al Mezzogiorno, portando lavoro, investimenti, sviluppo imprenditoriale, crescita infrastrutturale. L’auto italiana ha unito il Paese riducendo i divari e creando opportunità”. E quindi Elkann aveva aggiunto che “negli ultimi 20 anni il mercato domestico è calato del 30%, mentre l’occupazione si è ridotta di circa il 20%. Questo significa che l’azienda ha difeso la produzione e l’occupazione degli stabilimenti del Paese grazie all’export dei marchi italiani, oltre alle Jeep prodotte in Basilicata, alle Dodge in Campania, ai van Citroen, Opel e Peugeot in Abruzzo e più recentemente alle DS a Melfi”. E quindi ha aggiunto: “Al tavolo Stellantis abbiamo preso una serie di impegni nei confronti di tutti gli attori del settore dell’auto. Questi impegni li stiamo realizzando puntualmente”

Immobiliare, Mapic Italy 2025: creare valore per generare crescita

Immobiliare, Mapic Italy 2025: creare valore per generare crescitaRoma, 19 mar. (askanews) – MAPIC Italy, la più importante piattaforma di business dedicata ai player del mercato immobiliare commerciale e retail, torna al Super Studio Maxi di Milano il 14 e 15 maggio. Attesi oltre 2.100 delegati, tra cui più di 700 retailer, catene di ristorazione e operatori leisure, confermandosi come l’appuntamento di riferimento per il settore in Italia.


In un periodo ricco di sfide per l’industria retail e per il mercato immobiliare commerciale, il percorso verso la crescita passa attraverso la creazione del valore. Il valore è oggi l’elemento centrale dell’equazione che i player del mercato immobiliare, del retail e dell’hospitality devono risolvere per generare una crescita solida e sostenibile. “Il valore non è unicamente una questione di prezzo di un prodotto o di quotazione di un asset” – commenta Francesco Pupillo, Show Director MAPIC e MAPIC Italy -. “Il valore nasce dall’esperienza proposta, dalle scelte di investimento, dall’impatto ambientale e sociale dei progetti, dalla connessione con i brand e dall’integrazione delle innovazioni tecnologiche che migliorano la user experience. Il valore percepito dal consumatore e dall’investitore diviene oggi il driver principale della crescita e il fattore determinante delle scelte di tutti i player del mercato”.


Mapic italy 2025: creare valore per generare crescita. MAPIC Italy 2025 affronterà il tema della creazione del valore attraverso quattro dimensioni fondamentali mettendo in luce i fattori che stanno ridefinendo il futuro del retail e dell’immobiliare commerciale.


L’esperienza del cliente sarà al centro dei dibattiti, con una serie di approfondimenti su come le destinazioni retail e i siti a destinazione mista possano creare valore attraverso, una proposta di servizi che rispondano alle esigenze di socializzazione dei consumatori, un’offerta retail e leisure completa, e il giusto equilibrio tra convenienza ed esperienza. L’investimento rappresenta un’altra dimensione cruciale nell’equazione di creazione del valore. In un momento in cui i capitali tornano a dirigersi verso il mercato immobiliare commerciale, MAPIC Italy analizzerà, in occasione di una sessione del programma di conferenze, la maniera in cui oggi le proprietà investono per mantenere attrattive le destinazioni commerciali per i clienti e per gli investitori.


La sostenibilità avrà un una posizione centrale nel programma di conferenze. Con oltre 80 dei 100 principali REIT a livello globale (Real Estate Investment Trust) che possiedono esclusivamente asset certificati green, il tema ESG verrà analizzato per capire in che maniera le scelte di investimento siano oggi influenzate da tali fattori e di come esse incidano sulle scelte di acquisto dei consumatori. Infine, l’innovazione tecnologica sarà analizzata come strumento per migliorare la produttività e ottimizzare l’esperienza del cliente attraverso la personalizzazione dell’esperienza di acquisto. Si discuterà di come i negozi fisici siano oggi hub strategici per la costruzione dell’identità di marca e di come tecnologie come il retail media stiano aprendo nuove opportunità di crescita per proprietà e gestori di siti retail. Protagonisti e novità dell’edizione 2025. Gli spazi espositivi ospiteranno oltre 75 espositori tra i più importanti player del mercato, come Klépierre, IGD SIIQ, Nhood, Carmila, Eurocommercial, Multi, Sonae Sierra, Svicom, Cushman&Wakefield, Colliers, CBRE, Pradera, Promos, Odos, Generali Real Estate. E ancora Pepco, UCI Cinemas, Action, Lidl, New Lino’s Coffee, Teddy Group. Tra le novità più significative dell’edizione 2025, il 13 maggio MAPIC Italy introdurrà un esclusivo Retail Tour riservato ad una selezione di brand retail internazionali e di investitori globali interessati ad entrare nel mercato italiano, ed un momento di incontro dedicato tra questi operatori internazionali e i principali player del mercato italiano. Maggiori dettagli sui brand internazionali partecipanti e sulle location milanesi che saranno visitate durante il Tour verranno svelati nel mese di aprile.

”ReArm Europe”, le proposte della Commissione Ue per la difesa

”ReArm Europe”, le proposte della Commissione Ue per la difesaBruxelles, 19 mar. (askanews) – Le emissioni di debito che la Commissione europea farà sui mercati dei capitali per finanziare i prestiti agli Stati membri del nuovo Fondo “Safe”, fino a 150 miliardi di euro, per rafforzare le capacità dell’industria della difesa, avranno scadenza massima di 45 anni e un periodo di tolleranza di 10 anni per il rimborso del capitale. E’ quanto prevede la proposta di regolamento per il Safe (“Security Action for Europe”) che la Commissione ha presentato oggi a Bruxelles, nel quadro del piano “ReArm Europe” e del “Libro bianco sulla Difesa europea – preparazione per il 2030”.


I prestiti avranno i tassi d’interesse che saranno decisi sui mercato dei capitali per le emissioni di debito della Commissione, e che sono inferiori a quelli che possono scontare per i loro titoli di Stato una ventina di Stati membri (tra cui l’Italia). Sono stati esattamente 20 paesi membri che hanno usato i prestiti, di un altro fondo basato su emissioni di debito Ue durante la pandemia di Covid, il programma “Sure” da 100 miliardi di euro per il sostegno ai sistemi nazionali di cassa integrazione. I due strumenti sono basati su un modello molto simile, come ha ricordato il commissario europeo alla Difesa e allo Spazio Andrius Kubilius, durante la conferenza stampa di presentazione della proposta legislativa, oggi a Bruxelles. I prestiti saranno decisi dalla domanda degli Stati membri, senza alcuna chiave di ripartizione prefissata. Gli Stati membri che desiderano ricevere i prestiti dovranno presentare alla Commissione, entro sei mesi, un piano di investimenti per l’industria europea della difesa. Il piano dovrà includere una descrizione delle attività, delle spese e delle misure per cui lo Stato membro richiede il prestito, i prodotti per la difesa che intende acquistare e, ove pertinente, il previsto coinvolgimento dell’Ucraina nelle attività pianificate.


La Commissione valuterà i piani, che includeranno l’entità del prestito e il prefinanziamento. Il prefinanziamento garantirà che il sostegno venga erogato già nel 2025, coprendo le esigenze più urgenti e costituirà fino al 15% del prestito totale. Di norma, gli Stati membri dovranno attuare i loro piani tramite appalti comuni che includano un altro paese dell’Ue o dell’Efta (l’Associazione europea di libero scambio), che include Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera, oppure l’Ucraina. Gli appalti dovrebbero riguardare fornitori di prodotti e servizi con sede nel territorio dell’Unione, dell’Ucraina e dei paesi dell’Efta. Si sta lavorando alla possibilità di allargare anche al Regno Unito la partecipazione a questi appalti comuni, stabilendo un accordo di partenariato per la sicurezza e la difesa con Londra entro il summit Ue-Uk previsto a maggio. Altri possibili partenariati bilaterali, in particolare con i Paesi candidati all’adesione, non sono esclusi.


I prestiti potranno sostenere l’approvvigionamento comune di attrezzature e prodotti per la difesa, comprese le capacità di produzione e la preparazione delle infrastrutture. La Commissione ha individuato sette aree prioritarie di investimento, in linea con i gap di capacità che è più urgente colmare a livello Ue (e coerenti con il processo di pianificazione della difesa della Nato): 1) difesa aerea e missilistica; 2) sistemi di artiglieria; 3) missili e munizioni; 4) droni e sistemi anti-droni; 5) abilitatori strategici e protezione delle infrastrutture critiche, anche in relazione allo spazio (compresi i sistemi di osservazione satellitare); 6) mobilità militare; 3) sicurezza cibernetica, intelligenza artificiale e guerra elettronica. Un altro elemento importante del piano “ReArm Europe” sta nell’invito che la Commissione ha rivolto agli Stati membri ad attivare la clausola di sospensione nazionale del Patto di stabilità, che potrà fornire loro un ulteriore spazio di bilancio per aumentare la spesa per la difesa, fino all’1,5% del Pil all’anno, per quattro anni, senza che l’aumento del debito pubblico faccia scattare le procedure Ue per deficit eccessivo per i paesi interessati.


Per salvaguardare la sostenibilità di bilancio, la deviazione dovrà essere limitata a un aumento della sola spesa per la difesa, prendendo come punto di partenza la categoria statistica “difesa” nella “Classificazione delle funzioni di governo” (“Cofog”). Al termine dei quattro anni, quando scadrà la clausola di salvaguardia, le regole normali del Patto di stabilità torneranno ad applicarsi e il debito supplementare contratto dagli Stati membri per aumentare la spesa per la difesa dovrà rientrare entro il percorso di aggiustamento che sarà previsto per ciascun paese. Ma, hanno chiarito oggi fonti della Commissione, gli Stati membri interessati potranno, se lo considereranno necessario, chiedere una proroga della sospensione. La richiesta dovrà essere rivolta alla Commissione, che ne valuterà le motivazioni e potrà quindi proporne l’approvazione al Consiglio Ue.

Ue adotta la strategia sulla “Unione di risparmi e investimenti”

Ue adotta la strategia sulla “Unione di risparmi e investimenti”Roma, 19 mar. (askanews) – La Commissione europea ha adottato la sua strategia battezzata “Unione di risparmi e investimenti”, iniziativa con cui afferma di voler migliorare l’afflusso di capitali verso gli investimenti produttivi. Con un comunicato, l’esecutivo comunitario sostiene che offrirà, su base volontaria, la possibilità ai cittadini di disporre di un maggiore accesso ai mercati dei capitali e al tempo stesso garantire così i migliori finanziamenti per le imprese.


Il piano si inserisce nell’ambito delle iniziative della Ue per rafforzare crescita e competitività. Bruxelles rileva che nell’Unione si contano circa 10.000 miliardi di euro di risparmi nei depositi bancari, che sono “sicuri e di facile accesso, ma solitamente rendono meno degli investimenti sui mercati dei capitali. L’Unione di risparmi investimenti – si legge – può sostenere la ricchezza dei cittadini offrendo loro la scelta e l’opportunità di perseguire migliori rendimenti indirizzando i loro risparmi sui mercati dei capitali”..


Al tempo stesso questo consentirebbe di sostenere l’economia reale, la crescita e gli investimenti delle imprese, producendo così posti di lavoro e alimentando le retribuzioni dei lavoratori in tutti i settori. L’iniziativa tuttavia avviene mentre la Ue è alla ricerca di capitali anche per le sue per i suoi piani di riarmo e la Commissione europea non nasconde, anzi dichiara esplicitamente in comunicazioni separate che punta anche a far convergere finanziamenti sulla difesa partendo dal risparmio. Ad ogni modo la strategia annunciata presenta quattro “pilastri” di impegni abbastanza generici, mentre non si ravvisano misure specifiche al momento. Il primo riguarda cittadini e risparmi in cui Bruxelles inserisce questo elemento di volontarietà (“se lo desiderano”, è il termine utilizzato) nell’impegnare fondi su poste che offrano maggiori rendimenti. Il secondo riguarda investimenti e finanziamenti in cui la Ue si impegna lanciare iniziative a favore di delle imprese.


Il terzo pilastro è sull’integrazione e le economie di scala, in cui Bruxelles afferma di voler ridurre la frammentazione anche a livello regolamentare e di vigilanza tra i Paesi. Il quarto pilastro è ancora più mirato sulla vigilanza nel mercato unico, non prevede la creazione di una autorità unica ma l’impegno a formulare “proposte e misure per assicurare che tutti i partecipanti di mercato ricevano trattamento paritetico indipendentemente da dove sono situati nella Ue”. Durante una conferenza stampa di presentazione, la commissaria europea per i servizi finanziari, Maria Luís Albuquerque, ha però puntualizzato che su alcuni settori una vigilanza unica sarebbe migliore. La Commissione afferma che svilupperà ulteriormente queste proposte nel corso di un dialogo costante con tutte le parti interessate, con l’obiettivo di sostenere la competitività delle dell’economia Ue. Nel 2027 pubblicherà un rapporto di medio termine per analizzare i progressi fatti.

Draghi: la sicurezza dell’Ue messa in dubbio da Trump. Usare il debito comune per la Difesa europea

Draghi: la sicurezza dell’Ue messa in dubbio da Trump. Usare il debito comune per la Difesa europeaRoma, 18 mar. (askanews) – “La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato rispetto alla Russia che, con l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l’Unione Europea”. Per far fronte alle esigenze di una difesa europea, oggi inevitabile, è necessario ricorrere al debito comune. Lo ha affermato Mario Draghi, nell’audizione al Senato, dinanzi alle Commissioni bilancio, attività produttive e politiche europee di Montecitorio e Palazzo Madama.


L’audizione, convocata per approfondire il Rapporto sulla competivitià, si è concentrata, come era prevedibile, sui temi geolitici di attualità, in primis il Piano europeo di riarmo e i dazi. “L’Unione Europea – ha ricordato Draghi – ha garantito per decenni ai suoi cittadini pace, prosperità, solidarietà e, insieme all’alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza. Questi sono i valori costituenti della nostra società europea. Questi valori sono oggi posti in discussione. La nostra prosperità, già minacciata dalla bassa crescita per molti anni, si basava su un ordine delle relazioni internazionali e commerciali oggi sconvolto dalle politiche protezionistiche del nostro maggiore partner. I dazi, le tariffe e le altre politiche commerciali che sono state annunciate avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee”.


Il debito comune per sostenere gli investimenti richiesti dal ReArm Eu è essenziale perché “gli angusti spazi di bilancio non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit, né sono pensabili contrazioni nella spesa sociale e sanitaria: sarebbe non solo un errore politico – ha detto Draghi – ma soprattutto la negazione di quella solidarietà che è parte dell’identità europea, quell’identità che vogliamo proteggere difendendoci dalla minaccia dell’autocrazia”. L’ex presidente del consiglio si è poi soffermato sul tema dei dazi sottolineando che nella guerra commerciale “l’Europa è più vulnerabile di tutti gli altri, perché noi traiamo il 50% del nostro prodotto dal commercio estero, gli Stati Uniti solo il 26%, la Cina solo il 32%. Quindi se gli altri mettono dei dazi e noi rispondiamo alla fine fondamentalmente creiamo anche un danno a noi stessi”. La risposta giusta indicata da Draghi è quella di stimolare il mercato comune e aumentare la domanda interna.


Un riferimento poi all’energia. “Una seria politica di rilancio della competitività europea deve porsi come primo obiettivo la riduzione delle bollette, per imprese e famiglie”.

Bce: eurozona perde quote su export tecnologia dove Cina cresce

Bce: eurozona perde quote su export tecnologia dove Cina cresceRoma, 18 mar. (askanews) – Negli ultimi 5 anni complessivamente i Paesi dell’area euro hanno perso quote sulle esportazioni nel commercio internazionale, in particolare sull’alta tecnologia. Nel frattempo, specularmente, queste quote venivano guadagnate della Cina, che ha alzato il livello tecnologico delle sue merci e ora “ha una struttura delle esportazioni sempre più simile a quella dell’area euro”. Questa la fotografia scattata da uno studio (intitolato “Have euro area exports missed the tech train?”) anticipato dalla Banca centrale europea dal suo Bollettino economico, che verrà pubblicato nella sua interezza giovedì.


Una analisi comparata degli indicatori macroeconomici con le componenti strutturali “mostra che l’area euro ha perso terreno su tutti i settori di esportazione del manifatturiero, anche se le perdite maggiori riguardano i settori di media e elevata tecnologia”, afferma lo studio. Lo studio riguarda il periodo intercorso dal 2019 al 2024 e riflette quindi anche le ricadute subite dalle economie Ue a seguito di lockdown e misure restrittive imposte dai governi a motivo del Covid.


Secondo la Bce nello stesso periodo e la Cina ha guadagnato quote rilevanti sul mercato delle esportazioni nei settori di media e alta tecnologia, mentre gli Stati Uniti hanno espanso la loro quota sui settori dell’alta tecnologia. “La performance della Cina – si legge – sembra essere esattamente l’inverso dell’area euro, con forti guadagni soprattutto nei settori di media e alta tecnologia”. Gli Stati Uniti, per parte loro, sono riusciti a ottenere un completo recupero dei mercati delle esportazioni nel 2024 rispetto al 2019, mostrando performance superiori ad altre aree economiche sull’alta tecnologia e sui settori non manifatturieri, in particolare sull’estrazione di petrolio gas naturale.


Secondo l’analisi, la performance dei paesi dell’area euro è disomogenea tra settori, con “forza rilevante sulla farmaceutica ma molta debolezza su elettronica e computer. L’area euro è un leader globale nei settori della farmaceutica, con il 36 percento delle esportazioni e ha continuato a guadagnare quote di mercato. Un altro settore di alta tecnologia che nell’area euro mostra performance positive è quello di strumenti ottici e della navigazione. Tuttavia, le esportazioni di altri settori dell’alta tecnologia sono state deboli, con le quote di mercato che sono notevolmente calate”. Qui i Paesi della valuta unica hanno perso terreno verso altre economie, come sull’elettronica a favore della Cina e sui computer con gli Stati Uniti.

Draghi: in una guerra commerciale l’Europa è la più vulnerabile

Draghi: in una guerra commerciale l’Europa è la più vulnerabileRoma, 18 mar. (askanews) – Nel quadro globale “fondamentalmente ci sta una guerra commerciale. Si capiva già che ci saremmo andati e l’Europa è più vulnerabile di tutti gli altri, perché noi traiamo il 50% del nostro prodotto dal commercio estero, gli Stati Uniti solo il 26%, la Cina solo il 32%. Quindi se gli altri mettono dei dazi e noi rispondiamo alla fine fondamentalmente creiamo anche un danno a noi stessi, perché di fronte a una risposta degli altri siamo più vulnerabili, perché gli altri ci colpiscono più di quanto noi possiamo fare a loro”. Lo ha affermato l’ex premier e ex numero uno della Bce, Mario Draghi, durante una audizione al Senato sul suo Rapporto sul futuro della competitività europea.


“Allora che cosa si fa? Si accetta passivamente la concorrenza sleale o le azioni di protezionismo? Il rapporto da che era diventato sulla competitività è diventato un rapporto sulla politica industriale. E in particolare individua diversi casi. Il primo è quando la tecnologia è ormai persa, anche grazie alla concorrenza sleale. Prendete il caso dei pannelli solari: a questo punto – ha sostenuto Draghi – non conviene neanche metterli come un obiettivo della politica industriale. Lasciamo che il cittadino cinese paghi le tasse per sussidiare la vendita dei pannelli solari a noi”. “Poi vi sono dei settori che sono molto importanti nell’economie europee, in questi casi noi quello che vogliamo tenere sono i posti di lavoro – ha proseguito -. Quindi la concorrenza in quel caso è diversa, noi non siamo particolarmente interessati alla tecnologia, ma ai posti di lavoro. Allora in quel caso non è una questione di proteggere, e semmai incoraggiare, gli investimenti diretti di quelli che sono più bravi a tenere e proteggere o aumentare i posti di lavoro”.


Infine, possono esserci dei casi in cui invece “siamo interessati alla tecnologia e vogliamo proteggere questa tecnologia dalla concorrenza sleale, che si basi sui dazi, o sui sussidi ma anche su una artificiosa compressione della domanda interna con dei salari deliberatamente bassi e con probabilmente una protezione sociale diversa e con requisiti di qualità diversi. Come nel caso della tecnologia relativa alle batterie e le ricariche – ha detto Draghi -. E notate che l’Europa è un leader mondiale per l’innovazione nelle tecnologie pulite e verdi. E poi ci sono delle piccole industrie che sono altamente innovative in alcuni campi come il clima”.