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Turchia, Banca centrale stoppa rialzi tassi dopo cambio governatore

Turchia, Banca centrale stoppa rialzi tassi dopo cambio governatoreRoma, 22 feb. (askanews) – Al primo direttorio utile dopo il siluramento della governatrice, la Banca centrale della Turchia ha immediatamente arrestato la manovra di rialzo i tassi di interesse conferma, confermando al 45% il riferimento sulle operazioni di rifinanziamento a sette giorni. Con un comunicato, l’istituzione sostiene che la dinamica dell’inflazione di fondo”è salita in linea con le aspettative e che l’inflazione totale è aumentata”. Ma che “i recenti indicatori suggeriscono che la domanda interna continua moderarsi”.


Il direttorio di politica monetaria “valuta che l’attuale livello dei tassi sarà mantenuto fino a quando non ci sarà un calo significativo e sostenuto dell’inflazione di fondo e fino a quando le aspettative di inflazione convergeranno verso i livelli previsionali”. Una formula che indica il raggiungimento di un picco. Ad ogni modo lascia aperta la porta a eventuali inasprimenti della linea se il quadro inflazionistico dovesse peggiorare. Lo scorso 4 febbraio a capo dell’istituzione era stato nominato il vicegovernatore, Fatih Karahan, in sostituzione di Hafize Gaye Erkan, prima donna a capo della istituzione e che era stata nominata solo nel giugno precedente. A inizio febbraio Erkan aveva rassegnato le dimissioni lamentando una campagna di odio contro di lei e i suoi familiari, mentre era impegnata una una aggressiva manovra di inasprimento monetario contro la galoppante inflazione.


In Turchia l’inflazione sfiora il 65%. Il caso della Erkan, con trascorsi a Goldman Sachs e alla Fed, non è tuttavia il primo, ma piuttosto l’ennesimo di una lunga lista di avvicendamenti a capo dell’istituzione, il cui operato risente dell’interventismo del presidente Recep Tayyip Erdogan e delle sue idee eterodosse sulla politica monetaria. Il comunicato sul decreto di nomina del nuovo governatore non menzionava nemmeno la Erkan e il comunicato sulla sua nomina non compare più sul sito internet dell’istituzione.

Confindustria, nuova lettera ad associati: dibattito resti interno

Confindustria, nuova lettera ad associati: dibattito resti internoRoma, 22 feb. (askanews) – Nuovo appello al silenzio per i candidati alla presidenza di Confindustria e per gli imprenditori associati. “Richiamo l’esigenza, già evidenziata sabato scorso dalla lettera della Commissione di designazione, di evitare rifrazioni mediatiche e di mantenere il dibattito all’interno del perimetro associativo, in puntuale aderenza a quanto previsto dalla normativa confederale”. L’invito, questa volta, arriva dalla direzione del sistema associativo di Confindustria. Secondo quanto apprende Askanews, all’indomani del Consiglio generale di ieri che ha registrato qualche tensione nel dibattito interno, è stata inviata una lettera agli associati in vista dei numerosi incontri che le associazioni del sistema hanno organizzato con i candidati alla presidenza confederale, Edoardo Garrone, Antonio Gozzi, Emanuele Orsini e Alberto Marenghi.


Già sabato scorso i saggi della Commissione di Designazione, Mariella Enoc, Andrea Moltrasio e Ilaria Vescovi, avevano invitato gli imprenditori a “mantenere e qualificare l’indipendenza del confronto elettorale interno rispetto ad eventuali appoggi e supporti espressi da soggetti estranei al sistema associativo”. Un appello anche – da parte dei tre – “alla riservatezza sui contenuti delle audizioni e degli orientamenti espressi”. Mlp

Bce: rischi tagliare troppo presto i tassi superano quelli opposti

Bce: rischi tagliare troppo presto i tassi superano quelli oppostiRoma, 22 feb. (askanews) – Al Consiglio direttivo della Bce del 24 e 25 gennaio è stato deciso all’unanimità di mantenere i livelli dei tassi di interesse mentre, a maggioranza, è stato concordato che è ancora “prematuro per discutere di tagli ai tassi” (all’incontro di allora). Secondo questa visione maggioritaria nel Consiglio “il rischio di tagliare i tassi troppo presto è ancora superiore a quello di tagliarli troppo tardi”, riportano i verbali della riunione pubblicati oggi dall’istituzione monetaria.


I banchieri centrali concordano sul fatto che l’obiettivo simmetrico di inflazione del 2% significa che non bisogna avere il caro vita né sopra né al di sotto di questo livello. Tuttavia i verbali puntualizzano che nel perseguire questo target è tollerabile che l’inflazione finisca sotto il 2% per un breve periodo periodo. Il tutto mentre il quadro generale, nella visione degli stessi esponenti della Bce, sembrerebbe evolversi verso una situazione che richiederebbe una attenuazione dell’intonazione restrittiva della linea.


I rischi di indebolimento dell’economia sono infatti giudicati “in aumento”. E i componenti del Consiglio direttivo ritenevano probabile una revisione al ribasso delle previsioni di inflazione sul 2024 all’aggiornamento che ci sarà a marzo. Ma restano incognite sul breve termine. E saranno cruciali gli sviluppi sul fronte delle contrattazioni salariali, per valutare le prospettive delle pressioni inflazionistiche. Il Consiglio Bce ritiene che “continuino a essere necessarie pazienza e cautela dato che il processo disinflazionistico resta fragile – riportano ancora i verbali – e allentare troppo presto (la linea) potrebbe disfare alcuni dei progressi compiuti”.

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 miliardi)

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 miliardi)Roma, 22 feb. (askanews) – La Banca centrale europea ha chiuso il 2023 con una perdita per la prima volta da 20 anni, un rosso netto da 1,266 miliardi di euro, che riflette gli effetti dei rialzi dei tassi da essa stessa operati sulle varie componenti del suo bilancio. Il passivo è stato parzialmente coperto dal ricorso a accantonamenti sui rischi finanziari per 6,62 miliardi di euro, mentre la perdita lorda è stata pari a 7,886 miliardi. Per trovare un altro anno in rosso bisogna risalire al 2004 mentre ora, per la prima volta, l’istituzione pronostica ulteriori perdite sugli anni immediatamente futuri.


Con un comunicato, la Bce annuncia che non ci saranno distribuzioni di utili alle banche centrali nazionali che aderiscono all’euro per il 2023. Subito dopo puntualizza che la perdita “non ha impatto sulla capacità della Banca di condurre efficacemente la politica monetaria”, e che anzi riflette il ruolo e le azioni monetarie che si sono rese necessarie per mantenere la stabilità dei prezzi, a fronte della galoppante inflazione degli ultimi anni. In particolare l’aumento dei tassi di riferimento da essa stessa operato ha fatto salire i costi delle passività di bilancio che sono soggetti a tassi variabili. Invece i proventi ottenuti dai rendimenti degli attivi di bilancio non sono saliti con la stessa rapidità, dato che molti di questi sono titoli di Stato lunga scadenza e a tasso fisso, spiega la Bce.


Conseguentemente “è probabile che la Bce accusi perdite nei prossimi pochi anni, ma successivamente è previsto che torni a fare consistenti utili”. Peraltro la perdita del 2023 segue “quasi due decenni di profitti consistenti”. L’istituzione aggiunge che la solidità del suo bilancio è ulteriormente assicurata dalla sua base patrimoniale che ammonta 46 miliardi di euro a fine 2023. “In ogni caso la Bce può operare efficacemente nel centrare il suo mandato primario sulla stabilità dei prezzi indipendentemente da qualunque perdita”, si legge. E non si rendono necessarie ricapitalizzazioni dati gli accumuli degli anni passati.


Sempre lo scorso anno la mole complessiva del bilancio della Bce è calata di 24 miliardi di euro a 674 miliardi, prevalentemente a riflesso del graduale declino degli stock di titoli detenuti tramite il programma di acquisti App. Il bilancio consolidato di tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’area euro è invece calato in maniera più drastica, a 6.935 miliardi, da 7.951 miliardi del 2022. La contrazione riflette prevalentemente il forte calo delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine alle banche, con 410 miliardi rimborsati sui Tltro III. La riduzione delle consistenze di titoli detenuti per scopi di politica monetaria ha fatto calare il bilancio di altri 243 miliardi, con uno stock complessivo a 4.694 miliardi a fine 2023.


Lo stock di titoli con il piano App, quello su cui è stata avviata da molti mesi una riduzione quantitativa, è sceso di 228 miliardi rispetto a un anno prima, a quota 3.026 miliardi. Lo stock di titoli con il piano anticrisi Pepp, su cui la riduzione vera e propria inizierà invece a luglio, è sceso marginalmente, di 15 miliardi, a quota 1.666 miliardi. Tornando al bilancio della sola Bce, i costi complessivi del personale sono saliti a 676 milioni di euro, da 652 milioni nel 2022, a riflesso prevalentemente dell’aumento di addetti soprattutto nel ramo della vigilanza bancaria, si legge, e degli aggiustamenti salariali. Le altre spese amministrative sono salite a 596 milioni, da 572 milioni del 2022, con il pieno riavvio di tutte le attività in situ.

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 mld)

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 mld)Roma, 22 feb. (askanews) – La Banca centrale europea ha chiuso il 2023 con una perdita per la prima volta da 20 anni, un rosso netto da 1,266 miliardi di euro, che riflette gli effetti dei rialzi dei tassi da essa stessa operati sulle varie componenti del suo bilancio. Il passivo è stato parzialmente coperto dal ricorso a accantonamenti sui rischi finanziari per 6,62 miliardi di euro, mentre la perdita lorda è stata pari a 7,886 miliardi. Per trovare un altro anno in rosso bisogna risalire al 2004 mentre ora, per la prima volta, l’istituzione pronostica ulteriori perdite sugli anni immediatamente futuri.


Con un comunicato, la Bce annuncia che non ci saranno distribuzioni di utili alle banche centrali nazionali che aderiscono all’euro per il 2023. Subito dopo puntualizza che la perdita “non ha impatto sulla capacità della Banca di condurre efficacemente la politica monetaria”, e che anzi riflette il ruolo e le azioni monetarie che si sono rese necessarie per mantenere la stabilità dei prezzi, a fronte della galoppante inflazione degli ultimi anni. In particolare l’aumento dei tassi di riferimento da essa stessa operato ha fatto salire i costi delle passività di bilancio che sono soggetti a tassi variabili. Invece i proventi ottenuti dai rendimenti degli attivi di bilancio non sono saliti con la stessa rapidità, dato che molti di questi sono titoli di Stato lunga scadenza e a tasso fisso, spiega la Bce.


Conseguentemente “è probabile che la Bce accusi perdite nei prossimi pochi anni, ma successivamente è previsto che torni a fare consistenti utili”. Peraltro la perdita del 2023 segue “quasi due decenni di profitti consistenti”. L’istituzione aggiunge che la solidità del suo bilancio è ulteriormente assicurata dalla sua base patrimoniale che ammonta 46 miliardi di euro a fine 2023. “In ogni caso la Bce può operare efficacemente nel centrare il suo mandato primario sulla stabilità dei prezzi indipendentemente da qualunque perdita”, si legge. E non si rendono necessarie ricapitalizzazioni dati gli accumuli degli anni passati.


Sempre lo scorso anno la mole complessiva del bilancio della Bce è calata di 24 miliardi di euro a 674 miliardi, prevalentemente a riflesso del graduale declino degli stock di titoli detenuti tramite il programma di acquisti App. Il bilancio consolidato di tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’area euro è invece calato in maniera più drastica, a 6.935 miliardi, da 7.951 miliardi del 2022. La contrazione riflette prevalentemente il forte calo delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine alle banche, con 410 miliardi rimborsati sui Tltro III. La riduzione delle consistenze di titoli detenuti per scopi di politica monetaria ha fatto calare il bilancio di altri 243 miliardi, con uno stock complessivo a 4.694 miliardi a fine 2023.


Lo stock di titoli con il piano App, quello su cui è stata avviata da molti mesi una riduzione quantitativa, è sceso di 228 miliardi rispetto a un anno prima, a quota 3.026 miliardi. Lo stock di titoli con il piano anticrisi Pepp, su cui la riduzione vera e propria inizierà invece a luglio, è sceso marginalmente, di 15 miliardi, a quota 1.666 miliardi. Tornando al bilancio della sola Bce, i costi complessivi del personale sono saliti a 676 milioni di euro, da 652 milioni nel 2022, a riflesso prevalentemente dell’aumento di addetti soprattutto nel ramo della vigilanza bancaria, si legge, e degli aggiustamenti salariali. Le altre spese amministrative sono salite a 596 milioni, da 572 milioni del 2022, con il pieno riavvio di tutte le attività in situ.

Eurozona, si conferma rallentamento inflazione al 2,8% a gennaio

Eurozona, si conferma rallentamento inflazione al 2,8% a gennaioRoma, 22 feb. (askanews) – Eurostat ha confermato l’attenuazione dell’inflazione media dell’area euro al 2,8% a gennaio, a fronte del 2,9% a cui era risalita a dicembre. I livelli di crescita dei prezzi al consumo più bassi su base annu si sono registrati in Italia e Danimarca (0,9% per entrambe, in base all’indice armonizzato con il resto dell’Ue), i più elevati invece (ma considerando l’intera Unione euroipea) in Romania (7,3%), Estonia (5%) e Croazia (4,8%).


Secondo l’ente di statistica comunitario, sempre sempre a gennaio i prezzi hanno registrato una contrazione dello 0,4% rispetto al mese precedente nell’area euro. Guardando a tutta l’Ue l’inflazione ha segnato a sua volta un rallentamento al 3,1% annuo a gennaio, dal 3,4% di dicembre e un calo dei prezzi rispetto al mese precedente dello 0,2%.


Tornando all’area euro si è limata anche l’inflazione di fondo a gennaio, l’indice depurato da energia, alimentari, alcolici e tabacchi ha segnato un 3,3% di crescita su base annuo, dal 3,4% del mese precedente, con un calo mensile dei prezzi quantificato allo 0,9%. L’inflazione si muove quindi nella direzione auspicata dalla Bce, che ha come obiettivo una crescita dei prezzo nel medio periodo al 2% e che per favorire un ritorno a questo livello ei mesi passati ha operato energici aumenti dei tassi di interesse di riferimento.

Eurozona, si attenua contrazione attività imprese, bene terziario

Eurozona, si attenua contrazione attività imprese, bene terziarioRoma, 22 feb. (askanews) – Si è attenuata a febbraio la contrazione delle imprese nel complesso dell’area euro, ma con il settore manifatturiero che subisce l’effetto “freno” dell’industria della Germania, che invece ha accusato nuovi peggioramenti. E’ lo scenario che emerge dai risultati preliminari delle indagini presso i responsabili degli approvvigionamenti di S&P Global (Purchasing Managers Index, Pmi).


L’indice Pmi composito della produzione di tutte le aziende nell’eurozona è risalito a 48,9 punti a febbraio, il valore più elevato da 8 mesi, da 47,9 punti a gennaio. Resta però inferiore alla soglia di neutralità dei 50 punti, ovvero continua a indicare contrazione. L’indice Pmi relativo alle imprese del terziario nell’eurozona è tornato a 50 punti, massimo da 7 mesi a fronte di 48,4 punti a gennaio. L’indice Pmi sulla produzione manifatturiera è leggermente calato a 46,2, prosegue S&P con una nota, da 46,6 punti a gennaio. Infine, l’indice generale sul manifatturiero lato a 46,1 punti dai 46,6 del mese precedente.


Secondo Norman Liebke, economist della Hamburg Commercial Bank che collabora alla inchiesta ed è citato nel comunicato “la Germania sta fungendo da freno per la crescita dell’eurozona. Mentre la ripresa della Francia è stata più forte sia per il settore dei servizi che per il manifatturiero, la Germania è rimasta indietro”. Complessivamente “l’eurozona che ha imboccato la strada della ripresa e si intravede un barlume di speranza. Ciò è particolarmente evidente nel settore dei servizi”.


Una possibile spiegazione del divario Francia-Germania “potrebbe essere la maggiore attività turistica, con la prima che ne ha tratto un vantaggio maggiore rispetto alla Germania. Su come il settore manifatturiero rallenti l’economia europea è chiaramente dimostrato dal forte declino della produzione e dal rallentamento dei nuovi ordini. Le aziende campione hanno di conseguenza ridotto ulteriormente la loro forza lavoro e, esprimendo quindi pessimismo, le previsioni dell’attività dei prossimi dodici mesi sono rimaste al di sotto della media a lungo termine”. Secondo l’economista i dati degli indici Pmi “rischiano di deludere la Bce. I prezzi di vendita sono aumentati ad un tasso più veloce per il quarto mese consecutivo. La causa di ciò è interamente dovuta al settore ad alto impiego di manodopera dei servizi, che continua ad avere difficoltà legate agli aumenti salariali. Le nostre previsioni ribadiscono che a giugno la Bce ridurrà per la prima volta i tassi di interesse”.

L’Istat conferma: a gennaio l’inflazione sale allo 0,8%

L’Istat conferma: a gennaio l’inflazione sale allo 0,8%Roma, 22 feb. (askanews) – A gennaio l’inflazione evidenzia un lieve rimbalzo, salendo allo 0,8% dallo 0,6% di dicembre 2023. Inoltre registra un aumento dello 0,3% su base mensile. La conferma arriva dall’Istat che ha diffuso i dati definitivi.


La moderata accelerazione del ritmo di crescita dei prezzi riflette l’andamento dei prezzi dei Beni energetici regolamentati, la cui flessione su base tendenziale risulta, a gennaio, attenuata a causa dell’effetto statistico dovuto allo sfavorevole confronto con gennaio 2023. Un contributo alla risalita dell’inflazione si deve inoltre al permanere di tensioni sui prezzi dei beni alimentari non lavorati, mentre il cosiddetto “carrello della spesa” continua a decelerare (+5,1%). Infine, l’inflazione di fondo si attesta a gennaio al +2,7% (da +3,1% del mese precedente).

Germania, si aggrava la contrazione delle imprese nel maniatturiero

Germania, si aggrava la contrazione delle imprese nel maniatturieroRoma, 22 feb. (askanews) – Peggioramento a febbraio per il manifatturiero della Germania, laddove il settore dei servizi ha registrato una attenuazione della dinamica di calo dell’attività, che comunque prosegue anche in questo raggruppamento. E’ la fotografia scattata dalle indagini condotte presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese (Purchasing Managers Index, o indici Pmi) di S&P Global.


L’indice Pmi composito relativo all’attività di tutte le aziende tedesche è calato a 46,1 punti, da 47 punti di gennaio, segnando il minimo da quattro mesi a questa parte, secondo S&P global. I 50 punti sono la soglia di neutralità, sotto la quale l’attività viene considerata in contrazione. L’indice Pmi relativo alle imprese dei servizi della Germania è risalito a 48,2 punti a febbraio, da 47,7 punti a gennaio. L’indice Pmi relativo alla produzione nel settore manifatturiero invece caduto a 42,1 punti, da 45, 7 gennaio, anche in questo caso ai minimi da quattro mesi. L’indice Pmi sul manifatturiero in generale è calato a 42,3 punti, da 45,5 gennaio. I datil manifatturiero appaiono peggiori di quanto prevedessero in media gli analisti.

La Borsa di Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19% (supera il record del 1989)

La Borsa di Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19% (supera il record del 1989)Roma, 22 feb. (askanews) – Chiusura in netto rialzo per la Borsa di Tokyo che ha chiuso la seduta con il Nikkei a +2,19%, a 39.098 punti, 836,52 punti in più rispetto alla precedente chiusura. Si tratta, per la borsa nipponica, di un livello record con cui viene superato il precedente del 29 dicembre del 1989 di 38.915,87 punti.


A spingere i listini soprattutto il rialzo del settore tecnologico guidato da Nvidia che ha rilasciato dati trimestrali oltre le attese con ricavi a +265% grazie all’intelligenza artificiale. Dati che hanno portato in rialzo le principali borse asiatiche.