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Bce: banche preparino ritorno a normali operazioni di rifinanziamento

Bce: banche preparino ritorno a normali operazioni di rifinanziamentoRoma, 18 mar. (askanews) – Le banche che operano nell’area euro devono iniziare a prepararsi a cambiamenti rilevanti sulla gestione delle liquidità e dei relativi rischi, in particolare perché la normalizzazione del bilancio di Bce e Eurosistema delle banche centrali comporterà un ritorno alle “normali” operazioni di rifinanziamento, mediante le quali venivano erogate liquidità negli anni precedenti alle crisi. Ne parla un articolo pubblicato sul “blog” del ramo di vigilanza bancaria della Bce.


“Allo scopo di effettuare con successo la transizione a un sistema monetario in cui l’ammontare marginale (supplementare) di liquidità della Banca centrale viene fornito tramite di operazioni di rifinanziamento della Bce, serve che le banche accedano attivamente e in maniera regolare alle normali operazioni di rifinanziamento dell’Eurosistema – si legge – in modo da assicurare un livello sufficiente di riserve della Banca centrale non solo individualmente, ma anche per il sistema bancario nel suo insieme. Il crescente utilizzo di operazioni della Bce rifletterà la gestione quotidiana delle liquidità nel contesto del quadro operativo”. L’articolo ricorda che nei prossimi anni, con il progredire della “normalizzazione” del processo di riduzione del bilancio dell’Eurosistema, l’ammontare complessivo di liquidità disponibile alle banche diminuirà. “La Bce, sia nel suo ruolo di autorità monetaria, sia in quello di autorità di vigilanza, si attende che le banche prendano in considerazione queste operazioni come parte integrante della loro gestione quotidiana delle liquidità”.


Secondo la Bce, affinché questo processo avvenga senza strappi “le banche devono assicurare di essere pronte a livello operativo per il cambiamento sul modo con cui verranno fornite le liquidità della banca centrale – recita l’articolo firmato da Claudia Buch, presidente del ramo di vigilanza, e Isabel Schnabel, componente del comitato esecutivo – che aggiustino i loro processi di gestione delle liquidità e che siano pronte ad accedere alle operazioni monetarie”. Per parte sua, la Bce afferma che monitorerà costantemente i progressi in questo ambito e che comunicherà le sue aspettative alle controparti monetarie (le banche centrali nazionali dei Paesi che usano l’euro) e banche su cui effettua la vigilanza. (fonte immagine: ECB 2025).

Jobs act, Cisl: referendum non è scelta giusta, soluzione dannosa

Jobs act, Cisl: referendum non è scelta giusta, soluzione dannosaRoma, 17 mar. (askanews) – La Cisl deciderà in una delle prossime riunioni di segreteria o dell’esecutivo nazionale se e come votare ai referendum su lavoro e cittadinanza. La posizione sui quattro quesiti proposti dalla Cgil su Jobs act e appalti è, però, già chiara ed è stata esplicitata con un volantino pubblicato sul sito della confederazione, che sarà distribuito in tutte le strutture del territorio.


Secondo il sindacato guidato da Daniela Fumarola “il lavoro non si difende guardando al passato” e “i referendum non sono la scelta giusta”, perché “propongono soluzioni parziali, rischiose o addirittura dannose”. La Cisl punta al dialogo e alla contrattazione per migliorare le condizioni di lavoro. In particolare, è “falso” un ritorno all’articolo 18 nel caso in cui venisse abrogato il Jobs act. “Il referendum propone di eliminare il contratto a tutele crescenti, ma non riporterebbe i lavoratori all’articolo 18 – si legge nel volantino – bensì alla versione ridotta della legge Fornero del 2012”. Il Jobs act prevede un’indennità fino a 36 mensilità, mentre la legge Fornero ne prevede solo 24, osserva la Cisl. “Si rischia di ridurre le tutele. Un referendum mal posto, che potrebbe persino danneggiare i lavoratori”.


La confederazione di via Po sostiene poi che la precarietà non si elimini con i referendum e che sia più efficace la strada di rafforzare la contrattazione con contratti più tutelati e regolati. Anche sull’indennizzo per licenziamenti nelle piccole imprese la soluzione proposta dal questito della Cgil è “incompleta: chiede di eliminare il limite massimo di 6 mensilità nelle piccole imprese. Ma non garantisce che i giudici concedano importi superiori. Servirebbe una riforma che aumenti sia il limite minimo che massimo, non solo l’eliminazione del tetto. Giusto migliorare l’indennizzo, ma il referendum abrogativo non raggiunge l’obiettivo”. In tema di sicurezza sul lavoro negli appalti, invece, per la Cisl “non serve un referendum, ma più partecipazione, prevenzione e controlli”.

Anima: al via Opa Banco Bpm a 7 euro per azione, si chiude il 4 Aprile

Anima: al via Opa Banco Bpm a 7 euro per azione, si chiude il 4 AprileMilano, 17 mar. (askanews) – Ha preso il via oggi, per chiudersi il 4 aprile, l’Opa di Banco Bpm su Anima da 1,78 miliardi, primo tassello delle Opa bancarie di Piazza Affari. Il gruppo, guidato da Giuseppe Castagna, che con l’operazione intende dare vita a un campione nazionale del risparmio gestito, pagherà a ciascun azionista della Sgr che aderirà un corrispettivo pari a 7 euro per azione (prezzo rivisto dai 6,2 euro dell’offerta originaria). Oggi il titolo Anima ha chiuso poco mosso a 6,97 euro (-0,15%).


Banco Bpm ha già potenzialmente in tasca il 44,8% di Anima, considerato che nelle scorse settimane Fsi (9,6%), Poste (11,7%) e il top management dell Sgr (1,5%) hanno annunciato l’adesione all’Opa. “Una quota che ci fa dire che il successo dell’operazione è abbastanza scontato”, aveva dichiarato Castagna a fine febbraio dopo che Banco Bpm aveva fatto sapere che i programmi sulla Sgr potevano essere attuati anche con una partecipazione complessiva, tenuto conto della quota già detenuta dalla banca (22%), pari ad almeno il 45% più un’azione del capitale. C’è attesa per le scelte di Francesco Gaetano Caltagirone che detiene il 5,2% di Anima. Intanto, dagli aggiornamenti della Consob, è emerso che dall’11 marzo Syquant Capital, asset manager indipendente francese, possiede una partecipazione complessiva del 5% circa nel capitale di Anima, di cui una quota diretta in azioni pari al 4,069%, oltre a derivati per il restante 0,934%.

1 maggio, i leader dei sindacati in tre piazze: Roma, Palermo e Prato

1 maggio, i leader dei sindacati in tre piazze: Roma, Palermo e PratoRoma, 17 mar. (askanews) – I tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Maurizio Landini, Daniela Fumarola e Pierpaolo Bombardieri) hanno incontrato questo pomeriggio i vertici della Rai per l’organizzazione del primo maggio. Quest’anno i sindacati hanno scelto il tema della salute e sicurezza sul lavoro. Saranno tre le manifestazioni unitarie che si svolgeranno la mattina, in contemporanea, in tre luoghi simbolici del Paese: a Roma (Fori Imperiali) con Landini; a Casteldaccia (Palermo) con Fumarola; e a Prato Bombardieri. Come di consueto i tre comizi saranno trasmessi in diretta su Rai3 a cura del Tg3. Nel pomeriggio si svolgerà a Roma il Concertone, sempre sullo stesso tema, che, quest’anno, tornerà nella sede tradizionale di Piazza San Giovanni e verrà trasmesso in diretta da Rai 3 a cura della direzione Prime Time.

L’Istat: il passaggio da Rdc ad Adi peggiora il reddito per 850mila famiglie

L’Istat: il passaggio da Rdc ad Adi peggiora il reddito per 850mila famiglieRoma, 17 mar. (askanews) – Il passaggio dal reddito di cittadinanza, già depotenziato nel corso del 2023, all’assegno di inclusione ha comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie (3,2% delle famiglie residenti). La perdita media annua è di circa 2mila 600 euro e interessa quasi esclusivamente le famiglie che appartengono al gruppo delle famiglie più povere. In tre quarti dei casi si tratta di nuclei che perdono il diritto al beneficio e nel restante quarto di nuclei svantaggiati dal nuovo metodo di calcolo. Lo ha reso noto l’Istat.


Per circa 400mila famiglie il passaggio tra Rdc e Adi non comporta una variazione del reddito disponibile perché continuano a ricevere lo stesso importo. Infine, un gruppo esiguo di famiglie (circa 100mila) trae un beneficio dal passaggio all’Adi di circa 1.200 euro. Il vantaggio deriva dal diverso trattamento dei componenti con disabilità insito nel metodo di calcolo della scala di equivalenza Adi rispetto a quella Rdc.

Ermotti (Ubs) banchiere più pagato d’Europa: 15,4 milioni nel 2024

Ermotti (Ubs) banchiere più pagato d’Europa: 15,4 milioni nel 2024Milano, 17 mar. (askanews) – L’amministratore delegato di Ubs Sergio Ermotti si conferma il banchiere più pagato d’Europa. Secondo quanto emerge dalla relazione sul bilancio 2024 del gruppo bancario elvetico, che nel 2023 ha acquisito la rivale Credit Suisse, Ermotti ha ricevuto lo scorso anno un compenso complessivo di 14,9 milioni di franchi svizzeri (15,4 milioni di euro), di cui 2,8 milioni di franchi svizzeri di retribuzione fissa, più varie componenti variabili per 12,1 milioni.


La remunerazione è superiore ai 14,4 milioni di franchi svizzeri incassati nel 2023, quando Ermotti era tornato alla guida di Ubs a partire però dal mese di aprile. La sua remunerazione 2024 batte così i 13,77 milioni di euro assegnati alla presidente esecutiva del Santander Ana Botín e i 13,2 milioni del Ceo di UniCredit Andrea Orcel.

L’oro continua a salire

L’oro continua a salireRoma, 17 mar. (askanews) – L’oro torna ad aumentare e nel pomeriggio l’oncia si riporta sopra la soglia psicologica dei 3.000 dollari, che era già stata infranta la scorsa settimana. Nel corso delle contrattazioni in Europa loro è salito fino a quota 3.009 dollari l’oncia.


In precedenza, le quotazioni dell’oro erano state in leggero ripiegamento nelle contrattazioni mattutine. L’oncia si era attestata a 2.998,70 dollari, in calo di circa lo 0,1% rispetto a venerdì scorso. Sul finale della scorsa settimana il metallo prezioso aveva superato per la prima volta quota 3.000 dollari l’oncia, sulla scia delle tensioni per una possibile guerra commerciale a seguito di dazi e rappresaglie.

L’Ocse taglia le previsioni di crescita, Pil Italia 2025 +0,7%

L’Ocse taglia le previsioni di crescita, Pil Italia 2025 +0,7%Roma, 17 mar. (askanews) – L’Ocse ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica dell’Italia e globali, mettendo in guardia dai danni su fiducia e investimenti per la guerra commerciale che minaccia di innescarsi con i nuovi dazi dell’amministrazione Trump negli Usa, che porteranno anche più inflazione. Finora in Italia le ricadute di questa partita sono state limitate, ma essendo la sua una economia che esporta molto ne risentirà, se alla fine verranno adottati nuovi dazi anche contro l’Europa.


E in un aggiornamento di interim del suo Economic Outlook, l’organizzazione parigina ha anche esaminato le ricadute del piano di riarmo lanciato dalla Commissione europea (Rearm EU): in una situazione di debiti pubblici già elevati finirà per costringere i Paesi a compiere “dure scelte” sulla spesa pubblica. Guardando alle cifre, ora per quest’anno in Italia l’Ocse pronostica un più 0,7% del Pil, cui dovrebbe seguire un più 0,9% nel 2026, rispettivamente di 0,2 e 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni dello scorso dicembre. Anche le previsioni sull’inflazione nella Penisola sono state riviste al ribasso, all’1,7% sulla media di quest’anno e all’1,9% sul 2026.


Per l’economia globale è atteso un più 3,1% del Pil quest’anno, cui dovrebbe seguire un più 3% nel 2026, di 0,2 e 0,3 punti percentuali più bassi rispetto alle stime dello scorso dicembre. Riviste al ribasso le previsioni di crescita dell’eurozona, al più 1% quest’anno e al più 1,2% il prossimo (in entrambi i casi -0,3 punti percentuali). Per la Germania ora stima più 0,4% quest’anno e più 1,1% il prossimo, per la Francia più 0,8% nel 2025 e più 1% del 2026, sulla Spagna più 2,6% nel 2025 e più 2,1% nel 2026. Per gli Stati Uniti, l’ente parigino pronostica più 2,2% del Pil quest’anno e più 1,6% il prossimo, dati rispettivamente ridotti di 0,2 e 0,5 punti percentuali. Per il Giappone, l’Ocse stima più 1,1% del Pil del quest’anno e più 0,2% il prossimo, in entrambi i casi 0,4 punti percentuali in meno. Per la Cina più 4,8% quest’anno e più 4,4% il prossimo (0,1 punti in meno sul 2025), per l’India più 6,4% quest’anno e più 6,6% il prossimo.


L’Ocse precisa che queste previsioni si basano sull’assunto che i dazi commerciali tra Stati Uniti, Canada e Messico vengano aumentati di 25 punti percentuali addizionali su quasi tutti i beni importati a partire da aprile. Se invece alla fine risultassero più bassi, l’attività economica risulterebbe più elevata. In generale, persistono rischi elevati sulle previsioni, tra cui per una ulteriore frammentazione dell’economia, maggiori aumenti alle barriere sul commercio e maggiore inflazione, che implicherebbe politiche monetarie più restrittive da parte delle Banche centrali. Lo studio contiene una simulazione secondo cui dazi commerciali supplementari per 10 punti percentuali su base permanente provocherebbero sui prossimi tre anni una diminuzione della crescita economica, sottrarreendo 0,3 punti percentuali al Pil sul terzo anno, e facendo contestualmente aumentare l’inflazione su scala globale per 0,4 punti percentuali l’anno in media. Secondo l’Ocse le ricadute sarebbero più accentuate per gli Stati Uniti, con una perdita di crescita economica pari a 0,7 punti percentuali di Pil nel terzo anno e un aumento inflazionistico in media di 0,7 punti percentuali l’anno.


In generale i nuovi dazi commerciali e le conseguenti incertezze opereranno come “un freno” sull’economia, in particolare per commercio internazionale e investimenti delle imprese. Inoltre queste misure finiranno per trasferirsi gradualmente ai prezzi finali dei beni, creando pressioni addizionali sull’inflazione in molti paesi e eventualmente richiedendo alle banche centrali di mantenere politiche monetarie restrittive più a lungo di quanto precedentemente previsto. Nel suo Economic Outlook di interim, l’ente parigino afferma che l’elevato quadro di incertezza geopolitica e sulle misure in questione crea un rischio consistente sulle previsioni economiche. In questa situazione è difficile formulare pronostici ma una eventuale “proliferazione delle barriere al commercio internazionale e frammentazione dell’economia globale potrebbe creare impatti negativi avversi supplementari considerevoli”. “L’Italia è un paese che esporta molto, quindi se c’è più protezionismo commerciale sarà coinvolta”, ha affermato il capo economista dell’Ocse, Alvaro Santos Pereira, rispondendo ad una domanda durante la conferenza stampa di presentazione. “Finora questi dazi non hanno avuto un grande impattato sull’Italia, all’Ocse non scontiamo al momento dazi supplementari anche se sappiamo che ci sono discussioni su questo e che potrebbero arrivare”. Nello studio, ha spiegato, si tiene conto solo delle misure effettivamente adottate e “finora non è successo nulla”. Ma “è molto probabile che questo avvenga, anche se continuiamo a sperare che non sia così”. Nello studio l’Ocse rileva che l’Italia, assieme alla Spagna, la Turchia e il Brasile, è tra i Paesi in cui gli attuali tassi di disoccupazione risultano particolarmente bassi, rispetto ai livelli del 2018-2019. Ma al tempo stesso a fine 2024 i livelli dei redditi reali nella Penisola non risultavano ancora pienamente tornati ai valori precedenti al Covid, così come per Francia, Giappone e Sudafrica. Inoltre, nonostante le recenti debolezze delle Borse, i livelli dei mercati azionari dell’Italia, così come per Germania e Spagna, restano più elevati rispetto al novembre del 2024. Un’altra analisi contenuta nel rapporto riguarda le ricadute del piano di riarmo a cui sta lavorando la Commissione europea. “La necessità di aumentare la spesa in difesa in molte economie europee sta già spingendo i Paesi a compiere dure scelte su tempi e la composizione dei piani di aggiustamento dei conti pubblici e sulla spesa”, dice l’Ocse. Secondo l’ente parigino, in generale la disciplina sui conti pubblici è necessaria per assicurare la sostenibilità dei debiti, mantenere la capacità di reagire a eventuali crisi future e gestire le pressioni sulla spesa pubblica, attuali e future. L’Ocse raccomanda “azioni risolute” per garantire la sostenibilità dei debiti pubblici, tenendo conto delle ricadute dovute all’invecchiamento delle popolazioni, alle misure per mitigare i cambiamenti climatici e ai piani per rafforzare le spese in difesa, un altro chiaro riferimento, quest’ultimo, ai piani emanati dalla Ue. Nel frattempo le spese per interessi sui debiti pubblici stanno aumentando in molte economie, mentre giungono a scadenza titoli di Stato che erano stati emessi a tassi più bassi e ora vengono rimpiazzati con obbligazioni con rendimenti più elevati. Gli Stati potrebbero fronteggiare anche richieste di misure addizionali per contrastare l’impatto dei dazi commerciali. I debiti pubblici già elevati potrebbero aumentare ulteriormente. L’Ocse raccomanda quindi sforzi per contenere la spesa e riallocarla in maniera studiata specificatamente per ogni Paese.(fonte immagine: OECD).

Ocse, Pereira: finora Italia poco colpita ma se arrivano dazi rischia

Ocse, Pereira: finora Italia poco colpita ma se arrivano dazi rischiaRoma, 17 mar. (askanews) – “L’Italia è un paese che esporta molto, quindi se c’è più protezionismo commerciale sarà coinvolta”. Lo ha affermato il capo economista dell’Ocse, Alvaro Santos Pereira, rispondendo ad una domanda sulle ricadute per Italia ed Europa dai dazi dell’amministrazione Trump, durante la conferenza stampa di presentazione dell’Ecoomic Outlook di interim.


“Finora questi dazi non hanno avuto un grande impattato sull’Italia, all’Ocse non scontiamo al momento dazi supplementari anche se sappiamo che ci sono discussioni su questo e che potrebbero arrivare”. Nello studio, ha spiegato, l’ente parigino tiene conto solo delle misure effettivamente attuate. “Finora non è successo nulla. Ma ovviamente l’Italia è un paese che esporta tanto e quindi, se c’è più protezionismo, sarà coinvolta. E’ molto probabile che questo avvenga, anche se continuiamo a sperare che non sia così”, ha concluso. (fonte immagine: OECD).

L’Ocse ha tagliato le previsioni di crescita per l’Italia

L’Ocse ha tagliato le previsioni di crescita per l’ItaliaRoma, 17 mar. (askanews) – L’Ocse ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica per l’Italia, in linea con i tagli effettuati su tutta l’economia globale. Ora per quest’anno l’organizzazione parigina pronostica un più 0,7% del Pil, cui dovrebbe seguire un più 0,9% nel 2026.


I dati, contenuti in un aggiornamento di interim dell’Economic Outlook risultano, rispettivamente, di 0,2 e 0,3 punti percentuali più bassi rispetto alle stime dello scorso dicembre. Anche le stime sull’inflazione nella Penisola sono state riviste al ribasso, all’1,7% sulla media di quest’anno e all’1,9% sul 2026. Nello studio l’Ocse rileva che l’Italia, assieme alla Spagna, la Turchia e il Brasile, è tra i Paesi in cui gli attuali tassi di disoccupazione risultano particolarmente bassi, rispetto ai livelli del 2018-2019. Ma al tempo stesso a fine 2024 i livelli dei redditi reali nella Penisola non risultavano ancora pienamente tornati ai valori precedenti al Covid, così come per Francia, Giappone e Sudafrica.


Infine, nonostante le recenti debolezze delle Borse, i livelli dei mercati azionari dell’Italia, così come per Germania e Spagna, restano più elevati rispetto al novembre del 2024.