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Inflazione, confermata frenata al 2,4% a marzo nell’eurozona

Inflazione, confermata frenata al 2,4% a marzo nell’eurozonaRoma, 17 apr. (askanews) – Eurostat ha confermato il calmieramento dell’inflazione media dell’area euro al 2,4% a marzo, dal 2,6% registrato a febbraio per la crescita dei prezzi su base annua. Con un comunicato, l’ente di statistica europea ricorda che un anno prima nello stesso mese l’inflazione si attestava al 6,9% tra febbraio e marzo i prezzi hanno segnato un incremento dello zero ridotto percento. I dati sono in linea con la stima preliminare e inferiori alle attese precedenti a quest’ultima.


Alla luce dei continui calmieramenti dell’inflazione, la Bce ha lanciato ripetuti segnali sull’orientamento a tagliare i tassi di interesse a giugno.

Confindustria: Pil sorprende in positivo, +0,9% nel 2024 e +1,1% in 2025

Confindustria: Pil sorprende in positivo, +0,9% nel 2024 e +1,1% in 2025Roma, 17 apr. (askanews) – Resta in crescita l’economia italiana che “sorprende in positivo”. L’andamento del Pil nel 2024 si profila in linea con la buona dinamica registrata nel 2023. Il Centro Studi di Confindustria, negli Scenari economici di primavera, prevede un incremento del +0,9% per quest’anno, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto nello scenario di ottobre scorso. La crescita nel 2025 è attesa poco superiore, al +1,1%. Le stime sono lievemente inferiori a quelle del governo che, nel Def, ha previsto un Pil a +1% nel 2024 e a +1,2% nel 2025.


La stima di crescita più alta per il 2024 è in buona parte ascrivibile alla revisione al rialzo delle serie storiche sul Pil, operata dall’Istat a marzo. Nel primo trimestre del 2024 gli indicatori congiunturali sull’attività economica fotografano una fase di quasi stagnazione. Il Pil, in termini trimestrali, è però atteso tornare a crescere in modo più robusto dalla seconda metà del 2024 e nel corso del 2025, grazie a due driver: taglio dei tassi da parte della Bce e implementazione del Pnrr.


Vari fattori, però, “frenano la crescita”, sottolineano gli economisti di Confindustria. L’effetto netto è atteso essere comunque positivo. Ma “chiaramente ciò significa anche che ci sarebbe spazio nel 2024-2025 per una crescita economica ancora più forte di quella oggi prevedibile”. Primo freno, il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi Ue e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali come Usa e Giappone. Tutto ciò crea – osserva il Csc – uno “svantaggio competitivo per le imprese italiane: una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica, visto che oggi hanno costi inferiori alle fonti fossili, potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre la dipendenza estera.


Secondo freno, il graduale phase out del Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110%, e degli altri incentivi all’edilizia. Le costruzioni ad uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. È chiaro che parte della crescita del PIL negli anni scorsi è attribuibile agli impatti del Superbonus, 2,4 punti percentuali in quattro anni. Terzo, le strozzature mondiali nei trasporti e il loro impatto negativo per l’industria italiana. Il tema della sicurezza dei trasporti “non riguarda solo il Mar Rosso, snodo cruciale dello scambio di merci tra Europa ed Asia, ma anche numerose altre fragilità lungo le rotte internazionali di trasporto”.


Mlp

Fmi prevede aumento debito-Pil Italia: 2024 139,2%, 2025 140,4%

Fmi prevede aumento debito-Pil Italia: 2024 139,2%, 2025 140,4%Roma, 16 apr. (askanews) – Il Fondo monetario internazionale prevede che l’Italia riduca il suo deficit di bilancio al 4,6% del Pil quest’anno, dal 7,2% del 2023, e poi al 3,2% nel 2025, e più in avanti al 3% (in linea quindi con la soglia stabilita dal Patto di stabilità e di crescita) sull’orizzonte 2029. Ma al tempo stesso, secondo una tabella inserita nel World Economic Outlook pubblicato oggi, l’istituzione di Washington prevede che il debito pubblico italiano salga al 139,2% del Pil quest’anno, dal 137,3% del 2023 e poi aumenti ulteriormente al 140,4% nel 2025 e, più avanti, al 144,9% nel 2029.

Piazza Affari chiude in netto ribasso su crisi geopolitiche e tassi

Piazza Affari chiude in netto ribasso su crisi geopolitiche e tassiRoma, 16 apr. (askanews) – Piazza Affari chiude una giornata che si era prospettata difficile già in apertura con gli investitori innervositi dalle crisi geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente e nuove difficiltà sul cammino del taglio dei tassi d’interesse. Non hanno aiutato neanche le conferme del Fondo monetario internazionale per il Pil di quest’anno atteso a +0,7% ma ridotto per il prossimo anno sullo stesso tasso di crescita. L’Ftse Mib ha ceduto l’1,65%, a 33.393 punti. In salita lo spread Btp-Bund attestato a 145 punti base.


Sul listino, in sofferenza i titoli industriali con i cali di Stellantis (-2,98%) e Prysmian (-2,52%). Vendite anche su Saipem (-2,38%) che aveva iniziato la giornata in territorio positivo e sulla Popolare di Sondrio che ha lsciato sul terreno il 2,38%. Sul fronte opposto bene Amplifon (+0,91%), seguita dai rialzi frazionali di Leonardo (+0,13%).

Fmi, Adrian: cripto non rischio sistemico ma prepariamo legge quadro

Fmi, Adrian: cripto non rischio sistemico ma prepariamo legge quadroRoma, 16 apr. (askanews) – Nonostante i recenti forti aumenti dei criptoasset, favoriti anche dal lancio di nuove tipologie di prodotti finanziari ad essi correlati (Etp), al Fondo monetario internazionale continuano a non ritenere il settore come “un rischio sistemico”. Ma nella prospettiva che lo possa diventare l’istituzione sta lavorando assieme al Financial Stability Board a un quadro regolamentare. Lo ha riferito Tobias Adrian, direttore del Dipartimento mercati monetari e dei capitali del Fondo monetario internazionale, durante la conferenza stampa di presentazione del Gfsr.


“Non vediamo rischi sistemici in questa fase, ma lo vediamo come un potenziale rischio più in avanti. Quindi il Fmi sta lavorando assieme al Fsb per sviluppare un approccio regolamentare e un approccio macroeconomico – ha detto -. Vogliamo assicurare che i cripto asset siano regolati in un quadro di policy che contenga qualunque ricaduta per il sistema finanziario e per l’economia, quindi per contenere i rischi sistemici”. Quanto ai recenti aumenti delle quotazioni “è difficile ovviamente capire i fondamentali che che spingono le valutazioni del Bitcoin. Un fattore tecnico che ha giocato un ruolo è lo sviluppo dei prodotti scambiati tramite Etp – ha aggiunto -. Da inizio anno c’è stato un consistente afflusso in questi investimenti tramite gli Etp” (Exchange Traded Products). (fonte immagine: Fmi).

Fmi, Gfsr: rischi finanziari diminuiti ma non abbassare la guardia

Fmi, Gfsr: rischi finanziari diminuiti ma non abbassare la guardiaRoma, 16 apr. (askanews) – La prospettiva di un “atterraggio morbido” dell’economia globale si sta sempre più avverando e il quadro complessivo dei rischi sulla stabilità economica e finanziaria mondiale è migliorato nell’ultimo anno, parallelamente al ridimensionamento dell’inflazione su scala globale. Ne deriva un contesto in cui imprese e famiglie hanno potuto reperire finanziamenti a costi più bassi, nonostante tassi ufficiali che restano elevati. Mentre gli investitori potrebbero aver trovato elementi incoraggianti nel fatto che le tensioni nel sistema bancario dello scorso anno sono state contenute.


E’ la fotografia scattata dal Fondo monetario internazionale nell’ultimo Global Financial Stability Report, pubblicato in occasione delle assemblee primaverili: “i rischi sono diminuiti rispetto all’edizione dello scorso ottobre”, afferma l’istituzione di Washington. Tuttavia persistono diversi elementi di potenziale criticità. A cominciare dalle “valutazioni tirate” in diverse classi di asset finanziari, fondamentalmente a seguito di una “compressione” dei premi di rischio rispetto agli standard storici. Il Fmi cita l’esempio dei mercati obbligazionari e in particolare dei titoli di Stato, dove i differenziali (spread) anche per le emittenti ritenute più vulnerabili si sono ridotti.


Il Gfsr avverte che quello attuale “è un contesto in cui riprezzamenti delle attività potrebbero verificarsi rapidamente. Improvvise svolte delle politiche, un riaccendersi delle tensioni geopolitiche e difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime sono solo pochi esempi dei potenziali inneschi”, si legge. Un altro elemento di rischio che da mesi è sotto i riflettori è quello dei mercati immobiliari e dei diversi debitori esposti a questo segmento. “Specialmente sull’immobiliare commerciale in cui le prospettive deboli potrebbero portare a rifinanziamenti difficili e costosi dei prestiti esistenti, come l’immobiliare commerciale degli Stati Uniti in cui si stima – avverte il Fmi – che 600 miliardi di dollari di prestiti siano in scadenza quest’anno”.


E se le condizioni di finanziamento globali tornassero a inasprirsi potrebbero crearsi pressioni sui mercati emergenti e mettere sotto tensione le loro valute e altri asset che potrebbero subire svalutazioni. All’opposto, nel medio termine l’allentamento delle condizioni finanziarie tenderà a favorire l’accumulo di vulnerabilità come l’eccesso di indebitamento sia da parte dei governi che da parte del settore privato.


A fronte di questi elementi il Fmi rileva che i policy maker possono intraprendere iniziative per mitigare i rischi prevalenti e per ridurre le vulnerabilità. A cominciare dal respingere le aspettative eccessivamente ottimistiche sulla dinamica di disinflazione e di allentamento delle politiche monetarie. Bisogna poi continuare a assicurare che banche altre istituzioni finanziarie siano adeguatamente attrezzate affrontare eventuali aumenti delle insolvenze di altri rischi rischi. Infine, le autorità devono mantenere la vigilanza e dei piani adeguati sui rischi che potrebbero verificarsi nello scenario previsionale di base ma anche in un quadro previsionale più avverso, conclude l’Fmi.

Bce, Lagarde: ci avviciniamo al momento di allentare i tassi

Bce, Lagarde: ci avviciniamo al momento di allentare i tassiRoma, 16 apr. (askanews) – Alla Bce “ci stiamo avvicinando al momento in cui renderemo la nostra linea monetaria meno restrittiva”, ha affermato la presidente Christine Lagarde durante una intervista a Cnbc. “Come ho già detto” dopo l’ultimo Consiglio direttivo “abbiamo bisogno di aumentare la fiducia che ci sia questo processo di disinflazione, che si stia muovendo secondo le nostre attese, senza che ci sia un grande shock negli sviluppi”.


Lagarde ha però nuovamente respinto qualunque ipotesi di un percorso di calo prestabilito sui tassi: “sono stata estremamente chiara, ho già detto che noi non ci stiamo prendendo un impegno a percorrere un percorso predefinito di tagli dei tassi. Siamo legati ai dati e c’è una enorme incertezza a causa degli sviluppi geopolitici – ha aggiunto in rispondendo ad una domanda sulle attese di un taglio dei tassi a giugno e di altri fino a fine anno – dobbiamo essere attenti a quello che succede agli sviluppi e ai dati”.

Draghi: competitività economica Ue va diretta verso l’esterno

Draghi: competitività economica Ue va diretta verso l’esternoBruxelles, 16 apr. (askanews) – L’Ue ha adottato finora un concetto di competitività economica focalizzato in modo errato sulla concorrenza interna tra i paesi membri e non abbastanza su quella esterna all’Europa, confidando nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, e aspettandosi che gli altri facessero lo stesso, ed è stata poi colta di sorpresa quando il mondo ha cominciato a cambiare rapidamente, con le altre grandi economie che non rispettano più quell’ordine. Lo ha affermato l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce Mario Draghi, parlando oggi a La Hulpe, vicino Bruxelles, durante un intervento alla Conferenza di alto livello sul “Pilastro europeo dei diritti sociali” organizzata dalla presidenza belga di turno del Consiglio Ue.


Draghi ha presentato “il progetto e la filosofia, per come si stanno delineando”, del suo rapporto sulla competitività europea, che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen gli ha chiesto di elaborare, e che presenterà al Consiglio europeo subito dopo le elezioni di giugno. “Per molto tempo – ha ricordato Draghi – la competitività è stata una questione controversa per l’Europa. Nel 1994, il futuro economista premio Nobel Paul Krugman definì l’attenzione alla competitività una ‘pericolosa ossessione’. La sua tesi era che la crescita a lungo termine deriva dall’aumento della produttività, che avvantaggia tutti, piuttosto che dal tentativo di migliorare la propria posizione relativa rispetto agli altri e di acquisire la loro quota di crescita”. “L’approccio adottato nei confronti della competitività in Europa dopo la crisi del debito sovrano – ha rilevato l’ex presidente della Bce – sembrava dimostrare la tesi” di Krugman. “Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali degli uni rispetto agli altri e, combinata con una politica fiscale pro-ciclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e di minare il nostro modello sociale”. “Ma la questione fondamentale – ha sottolineato Draghi – non è che la competitività sia un concetto errato. Il fatto è che l’Europa ha avuto un focus sbagliato: ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo tra di noi i nostri concorrenti, anche in settori come la difesa e l’energia in cui abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno: con una bilancia commerciale positiva, dopo tutto, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività esterna come seria questione politica”. “In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa”, ha continuato l’ex premier italiano. “Altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi – ha avvertito Draghi -, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nella peggiore, sono progettati per renderci permanentemente dipendenti da loro”. “La Cina, ad esempio, mira a catturare e ‘internalizzare’ tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi e avanzate, garantendosi l’accesso alle risorse necessarie. Questa rapida espansione dell’offerta sta portando a un significativo eccesso di capacità in molteplici settori e minacciando di indebolire le nostre industrie”. “Gli Stati Uniti, da parte loro – ha aggiunto -, stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini, compresa quella delle aziende europee, mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti e dispiegano il proprio potere geopolitico per ri-orientare e proteggere le loro catene di fornitura”. A livello Ue, invece, “non abbiamo mai avuto un ‘accordo industriale’ equivalente, anche se la Commissione ha fatto tutto ciò che era in suo potere per colmare questa lacuna. Pertanto, nonostante una serie di iniziative positive in corso, manca ancora una strategia generale su come rispondere in molteplici aree: ci manca – ha indicato Draghi – una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno in tecnologie digitali e avanzate, incluso per la difesa, rispetto a Stati Uniti e Cina, e abbiamo solo quattro attori tecnologici europei globali tra i primi 50 a livello mondiale”. “Ci manca – ha proseguito – una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali. Un esempio calzante è rappresentato dalle industrie ad alta intensità energetica. In altre regioni, queste industrie non solo devono far fronte a costi energetici più bassi, ma devono anche far fronte a un minore onere normativo; e, in alcuni casi, ricevono massicci sussidi che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere. Senza azioni politiche strategicamente progettate e coordinate, è logico che alcune delle nostre industrie riducano la capacità produttiva o si trasferiscano al di fuori dell’Ue”. “E ci manca – ha lamentato ancora l’ex presidente della Bce – una strategia per garantire di avere le risorse e gli input di cui abbiamo bisogno per realizzare le nostre ambizioni senza aumentare le nostre dipendenze. Abbiamo giustamente un’agenda climatica ambiziosa in Europa e obiettivi ambiziosi per i veicoli elettrici. Ma in un mondo in cui i nostri rivali controllano molte delle risorse di cui abbiamo bisogno, questa agenda deve essere combinata con un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica”.


“Abbiamo bisogno di una Ue adatta al mondo di oggi e di domani. E quindi quello che proporrò nella relazione che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale, perché è ciò di cui abbiamo bisogno”, ha concluso Draghi.

Il Fondo monetario taglia la previsione di crescita dell’Italia nel 2025

Il Fondo monetario taglia la previsione di crescita dell’Italia nel 2025Roma, 16 apr. (askanews) – Il Fondo monetario internazionale ha confermato la previsione di crescita del Pil dello 0,7% su quest’anno per l’Italia, in rallentamento dopo il più 0,9% del 2023, mentre ha rivisto al ribasso per 0,4 punti percentuali la stima di crescita sul 2025, ora a sua volta indicata al più 0,7%. I dati sono contenuti nell’ultima edizione del World Economic Outlook, pubblicata mentre sono in corso le assemblee primaverili dell’istituzione.


L’Italia, secondo queste stime, risulterebbe il Paese con il minor tasso di crescita economica tra le grandi economie dell’area euro nel 2025, mentre quest’anno il livello più basso sarebbe lo 0,2% della Germania, peraltro dopo una recessione dello 0,3% nel 2023. Sempre per l’Italia il Fmi prevede una inflazione che quest’anno sarà drasticamente ridimensionata, all’1,7% dopo il 5,9% del 2023, mentre nel 2025 dovrebbe leggermente risalire al 2%.


L’istituzione di Washington si attende che nella penisola la disoccupazione risalga leggermente al 7,8% quest’anno, dal 7,7% del 2023, e poi all’8% nel 2025. Migliora infine il saldo degli scambi italiani con l’estero, il surplus di partite correnti è atteso allo 0,8% del Pil quest’anno, a fronte dello 0,2% del 2023, e all’1,3% del Pil nel 2025.

Fmi conferma crescita Italia 2024 a +0,7% ma taglia 2025 a +0,7%

Fmi conferma crescita Italia 2024 a +0,7% ma taglia 2025 a +0,7%Roma, 16 apr. (askanews) – Il Fondo monetario internazionale ha confermato la previsione di crescita del Pil dello 0,7% su quest’anno per l’Italia, in rallentamento dopo il più 0,9% del 2023, mentre ha rivisto al ribasso per 0,4 punti percentuali la stima di crescita sul 2025, ora a sua volta indicata al più 0,7%. I dati sono contenuti nell’ultima edizione del World Economic Outlook, pubblicata mentre sono in corso le assemblee primaverili dell’istituzione.


L’Italia, secondo queste stime, risulterebbe il Paese con il minor tasso di crescita economica tra le grandi economie dell’area euro nel 2025, mentre quest’anno il livello più basso sarebbe lo 0,2% della Germania, peraltro dopo una recessione dello 0,3% nel 2023. Sempre per l’Italia il Fmi prevede una inflazione che quest’anno sarà drasticamente ridimensionata, all’1,7% dopo il 5,9% del 2023, mentre nel 2025 dovrebbe leggermente risalire al 2%.


L’istituzione di Washington si attende che nella penisola la disoccupazione risalga leggermente al 7,8% quest’anno, dal 7,7% del 2023, e poi all’8% nel 2025. Migliora infine il saldo degli scambi italiani con l’estero, il surplus di partite correnti è atteso allo 0,8% del Pil quest’anno, a fronte dello 0,2% del 2023, e all’1,3% del Pil nel 2025. (fonte immagine: International Monetary Fund).