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WEC Italia-Globe, l’Europa e il suo avvenire alla prova della transizione

WEC Italia-Globe, l’Europa e il suo avvenire alla prova della transizioneRoma, 16 feb. (askanews) – Il 2024 sarà un anno decisivo per il futuro della politica europea, con clima, economia circolare ed energia tra gli ambiti più sfidanti e sempre più al centro dell’attenzione pubblica. I leader che emergeranno dalle elezioni europee di giugno saranno chiamati a stabilire politiche ambiziose e impegni per raggiungere gli obiettivi fissati dagli accordi internazionali sul clima, determinando così il ruolo dell’Europa nel contesto globale come attore chiave nella lotta per un futuro più sostenibile.


È in questo scenario che WEC Italia e Globe Italia organizzano l’incontro “L’Europa e il suo avvenire alla prova della transizione: clima, economia circolare, energia e geopolitica. Per una politica all’altezza delle sfide presenti”, in programma il prossimo 22 febbraio a Roma presso Spazio Europa (Via Quattro Novembre 149) dalle 9.30 alle 13.00 (segue light lunch). L’evento rappresenta l’incontro di lancio delle Giornate dell’Energia e dell’Economia Circolare, l’iniziativa promossa da Globe Italia e WEC Italia in collaborazione con Luiss School of Government, AICP – Associazione Italiana Collaboratori Parlamentari e Askanews che dal 2017 riunisce istituzioni, imprese energetiche e della filiera del riciclo, collaboratori parlamentari e giovani generazioni per discutere sui grandi temi della transizione ecologica.

Crollo di Firenze, Cgil e Uil proclamano 2 ore di sciopero degli edili e dei metalmeccanici il 21 febbraio

Crollo di Firenze, Cgil e Uil proclamano 2 ore di sciopero degli edili e dei metalmeccanici il 21 febbraioRoma, 16 feb. (askanews) – Cgil e Uil, insieme con le categorie degli edili e dei metalmeccanici (Fillea, Feneal, Fiom e Uilm) hanno proclamato due ore di sciopero a livello nazionale per mercoledì 21 febbraio per dire basta alle stragi sul lavoro. Le due confederazioni hanno sollecitato tutte le altre categorie a programmare nella stessa giornata iniziative di mobilitazione e assemblee nei luoghi di lavoro.


“Il crollo avvenuto nel cantiere per la costruzione di un supermercato a Firenze è l’ennesima tragedia insopportabile di morte sul lavoro, di cui ancora a ore di distanza non è chiara la dimensione – dicono – è sempre chiamato in causa il sistema dei subappalti che, in particolare nel privato, produce risparmi su condizioni di lavoro, salari, sicurezza, formazione, quindi sulle persone. Nell’esprimere totale vicinanza alle famiglie delle vittime, diciamo anche con forza che siamo stanchi di ascoltare parole di cordoglio. Il lavoro e la sicurezza devono essere al centro dell’attenzione politica per mettere in atto soluzioni concrete, a partire dai luoghi a maggior rischio come i cantieri. A oggi, in questo, il Governo è latitante”.

Casa, Fimaa: italiani riprendono a pianificare acquisto immobili

Casa, Fimaa: italiani riprendono a pianificare acquisto immobiliRoma, 16 feb. (askanews) – Gli italiani riprendono a pianificare l’acquisto della casa. Il numero delle persone interessate a comprare un’abitazione nel giro di un anno cresce del 13,8%, spinte sia dall’andamento del mercato delle locazioni, che dal minor costo del tasso di interesse sui mutui. È quanto emerge dall’ultimo aggiornamento dell’Indagine sul Mercato Immobiliare Residenziale effettuato dall’Ufficio Fimaa-Confcommercio.


Una serie di fattori, “ripresi anche dall’Istat nel report di gennaio sulla Fiducia di Consumatori e Imprese, confermano, in particolare, che la diminuzione dei tassi di interesse sui mutui restituiscano linfa alla fiducia dei consumatori”. Per quanto riguarda le vendite, gli associati Fimaa ribadiscono che il mercato nel corso del 2023 ha attraversato una fase di transizione, ma il sentiment sull’ultimo quadrimestre mette in luce un miglioramento. I dati forniti dall’Agenzia delle Entrate infatti evidenziano che nei primi nove mesi dell’anno le vendite sono calate dell’11,8% ma, stando alle rilevazioni degli associati Fimaa, il divario nell’arco dell’intero anno si ridurrà al 10,6%.


I prezzi della abitazioni “in generale registrano un aumento dell’1,8%, grazie soprattutto alla spinta delle abitazioni nuove (che a ottobre 2023, secondo l’Istat, hanno registrato un +8%)”. “Questo dato – commenta Santino Taverna, presidente Fimaa Italia – dimostra che chi cerca casa presta sempre più attenzione a unità immobiliari efficientate energeticamente per un risparmio sui costi di gestione. L’elaborazione dall’Ufficio Fimaa-Confcommercio su dati Istat dimostra che dal 2010 le abitazioni nuove hanno accresciuto il loro valore del 22,6% al lordo dell’inflazione. Nonostante il forte aumento della domanda, tuttavia, risulta dimezzata la percentuale delle case nuove vendute rispetto al totale, per una carenza di offerta (17,7% nel 2023 contro il 34,8% del 2010)”. Tra i fattori che trainano il mercato ci sono i canoni di locazione alti e la forte richiesta di abitazioni in locazione che spingono molti piccoli e medi investitori a puntare sull’acquisto di abitazioni da mettere a reddito (58,4%). I grandi investitori cercano invece immobili da mettere a reddito nelle prime location urbane o turistiche (6%). Il 22,9% degli associati Fimaa ritiene determinante l’alto tasso di inflazione, mentre il 6% degli intervistati ritiene che un eventuale calo dei tassi bancari determinerà un aumento di transazioni.


A frenare gli scambi, invece, ci sono gli alti costi di ristrutturazione (44,7%), il timore per la congiuntura economica, i tassi dei mutui e l’occupazione (36,1%). Il 17,6% degli agenti associati a Fimaa ritiene che il mercato sia penalizzato dal quadro normativo e fiscale, come la classificazione energetica e la tassazione sulle plus-valenze per gli immobili che hanno usufruito del Superbonus al 110%. Per quanto riguarda le attese sulla prima parte del 2024, circa la metà degli agenti Fimaa (il 45,2%) ritiene che il numero di transazioni calerà. La percentuale comunque si riduce in maniera sensibile rispetto alla rilevazione precedente (era al 61,5%), mentre crescono sia le aspettative di stabilità (38,7%) e sia quelle di un aumento (16%). La maggior parte degli associati (65,1%) ritiene inoltre che i prezzi non subiranno particolari variazioni. Il 19,5% prevede un calo, il 15,3% un aumento. Inoltre, circa la metà degli agenti Fimaa (il 45,1%) ritiene che la domanda di abitazioni si manterrà stabile, il 27% confida in un miglioramento. Pressoché identica, tuttavia, la percentuale di chi si attende un peggioramento. Per quanto concerne l’offerta di immobili, invece, la maggioranza assoluta degli agenti (57,7%) ritiene che il livello rimarrà stabile, il resto si divide equamente tra quanti confidano in un aumento e quanti temono una diminuzione.


Il mercato delle locazioni invece registra un aumento dei canoni del 5%, con i contratti transitori che beneficiano dell’aumento maggiore (6,7%), mentre quelli concordati crescono del 2,4%. Il canone medio, secondo le elaborazioni dell’ufficio studi FIMAA Italia su dati dell’Agenzia delle Entrate, è di 532 Euro mensili. I proprietari degli immobili preferiscono i contratti di lunga durata (49%) o convenzionati (27,4%), le percentuali si riducono notevolmente per chi opta per un contratto transitorio (19,1%), o per le locazioni agli studenti (4,4%). “Gli agenti Fimaa, inoltre – commenta Andrea Oliva, coordinatore Uffici Studi Fimaa – ritengono che per i mesi a venire il mercato delle locazioni sarà caratterizzato da un forte mismatch. Praticamente due associati su tre (per l’esattezza il 62,4%) ritengono che la domanda di immobili in affitto crescerà nei mesi a venire, probabilmente a causa della difficoltà di accedere a un mutuo e agli alti tassi d’interesse. Il 34,2% ritiene invece che la domanda si manterrà stabile. Il 3,3% ipotizza un calo. Sul lato dell’offerta di immobili, quasi la metà degli associati (43,9%) teme che la disponibilità si ridurrà ulteriormente. Il 48,8% ritiene che si manterrà stabile, appena il 7,3% parla di un aumento. Per quanto riguarda i canoni, infine, il 58% ritiene che ci saranno ulteriori aumenti, il 37,1% che rimarranno stabili, meno del 4,9% ipotizza un rilassamento”, conclude Oliva.

Unipol e UnipolSai si fonderanno, il mercato esulta

Unipol e UnipolSai si fonderanno, il mercato esultaMilano, 16 feb. (askanews) – Unipol incorporerà UnipolSai e le due società si fonderanno. L’annuncio del progetto di fusione che accorcia la catena di controllo tra la holding e la sua controllata assicurativa – a lungo auspicato dagli analisti del settore – ha infiammato il mercato, che letteralmente esulta. Dopo aver faticato a far prezzo in apertura per eccesso di rialzo, i titoli hanno preso il volo. Intorno alle 10.20, Unipol guadagna il 20,33% a 6,912 euro e UnipolSai sale del 10,85% a 2,656 euro.


La razionalizzazione societaria del gruppo, annunciata questa mattina prima dell’apertura dei mercati sarà ealizzata mediante la fusione per incorporazione in Unipol Gruppo di UnipolSai Assicurazioni”, nonché di Unipol Finance, UnipolPart I e Unipol Investment, le cosiddette “holding intermedie” interamente partecipate da Unipol Gruppo che detengono partecipazioni in UnipolSai. Il rapporto di cambio della fusione, è stato determinato dagli organi amministrativi di Unipol e UnipolSai in 3 azioni Unipol per ogni 10 azioni UnipolSai. La fusione sarà sottoposta al via libera dell’assemblea straordinaria degli azionisti di Unipol, convocata per il 21 ottobre 2024, e il suo completamento “è previsto entro la fine del 2024”. Nel contesto dell’operazione, Unipol promuoverà inoltre un’Offerta pubblica di acquisto volontaria sulla totalità delle azioni ordinarie di UnipolSai non detenute, riconoscendo un corrispettivo di 2,7 euro per ciascuna azione portata in adesione all’Opa. L’offerta riguarderà massime 417.386.600 azioni UnipolSai, pari al 14,75% del capitale sociale e sarà finanziata da Unipol Gruppo “mediante l’utilizzo di risorse finanziarie proprie”. Il corrispettivo sarà “cum dividendo”. In caso di adesione integrale all’Opa, l’esborso massimo per Unipol Gruppo sarà quindi di 1,126 miliardi di euro.


Il corrispettivo dell’Opa incorpora un premio pari al 12,6% rispetto al prezzo ufficiale delle azioni UnipolSai alla data del 15 febbraio 2024 (ultimo giorno di borsa aperta precedente la comunicazione dell’offerta al mercato) e del 16,3% rispetto alla media aritmetica ponderata dei prezzi ufficiali registrati da UnipolSai nei 6 mesi precedenti alla data di comunicazione dell’Offerta al mercato. L’offerta, costituisce “un’opzione aggiuntiva concessa agli azionisti UnipolSai, che consentirà a coloro i quali non intendano partecipare alla fusione di monetizzare, prontamente e a condizioni definite, il proprio investimento”. L’esito positivo dell’offerta “permetterà a Unipol Gruppo di consolidare ulteriormente la propria partecipazione di controllo detenuta in UnipolSai”. Nell’ambito dell’operazione è previsto, tra l’altro, il cambio di denominazione dall’attuale Unipol Gruppo in “Unipol Assicurazioni”.


Per Unipol Gruppo, l’operazione è volta a perseguire gli obiettivi di: “razionalizzare la struttura societaria del Gruppo Unipol, semplificando nel contempo i processi decisionali di direzione unitaria e governo del gruppo stesso”. La società risultante dalla fusione “sarà una delle principali compagnie assicurative italiane, quotata nei mercati regolamentati, che rivestirà anche il ruolo di capogruppo del Gruppo Unipol, in linea con le migliori practice nazionali e internazionali e con le aspettative del mercato”. La fusione consentirà di “ottimizzare il profilo di cassa e di funding di Unipol Gruppo; conseguire alcune sinergie di costo connesse all’ottimizzazione delle strutture centrali e delle relative attività; ottimizzare la solida posizione di solvibilità di Gruppo, anche in chiave prospettica”. Ai titolari di azioni ordinarie Unipol Gruppo che non abbiano concorso all’approvazione del progetto di fusione e, quindi, alla modifica dell’oggetto sociale, spetterà il diritto di recesso (a 5,27 euro per azione). L’eventuale approvazione della delibera di fusione non darà invece luogo ad alcuna ipotesi di diritto di recesso in favore degli azionisti di UnipolSai.

Ucraina, FT: Euroclear lancia allarme contro uso di asset Russia

Ucraina, FT: Euroclear lancia allarme contro uso di asset RussiaRoma, 16 feb. (askanews) – Euroclear, il gruppo che svolge la funzione di depositario centrale in Europa lancia un chiaro monito contro l’ipotesi di utilizzare i titoli sequestrati alla Russia come garanzie per l’emissione di debito con cui finanziare l’Ucraina:: “sarebbe come una confisca indiretta” e sui mercati avrebbe “lo stesso effetto” di una confisca. Lo spiega l’amministratore delegato del gruppo, Lieve Mostrey in una intervista al Financial Times, mettendo in guardia sul rischio che una mossa di questo genere metterebbe a repentaglio la reputazione di tutta l’Ue come mercato in cui depositare valore.


Il quotidiano spiega che l’ipotesi di effettuare una manovra spericolata di questo genere è stata ventilata dal Belgio, il paese che la presidenza di turno dell’Ue, per cercare di venire incontro alle pressioni degli Stati Uniti (che intanto ancora non hanno approvato il loro pacchetto gli aiuti Kiev). Euroclear detiene la parte più consistente, 191 miliardi dei 260 miliardi di dollari di titoli internazionali che sono stati stati congelati alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.


Secondo il quotidiano finanziario, Germania, Francia, Italia e la Bce si sono opposte all’ipotesi di usare gli asset russi come garanzia per l’emissione di debito, rilevando che essendo titoli pubblici sono soggetti a particolari tutele dalle normative internazionali e che muoversi in tal senso potrebbe minare la fiducia nell’euro, creando l’idea che i depositi nell’area non sarebbero sicuri. “Dobbiamo stare molto attenti alla attrattività dell’euro e delle capitali internazionali per gli investitori”, ha det Mostrey. “Usare titoli congelati che non ti appartengono come collaterale è molto simile a una confisca indiretta o a un impegno a confiscare in futuro, che per gli effetti sul mercato equivale esattamente a una confisca diretta.Non vediamo come la banca centrale russa possa accettarlo. Sono fiducioso che alla fine la prudenza e il buon senso prevarranno”.

Draghi: Europa finanzi investimenti emettendo debito comune

Draghi: Europa finanzi investimenti emettendo debito comuneRoma, 15 feb. (askanews) – L’Europa dovrebbe affrontare il cambiamento economico in corso, con politiche fiscali che rispettino “i valori sociali europei” e ampliare il finanziamento degli investimenti in una dimensione collettiva, anche attraverso l’emissione di debito comune. L’ha detto l’ex presidente del consiglio Mario Draghi, intervenendo in occasione del conferimento del Paul A. Volcker Lifetime Achievement Award nel contesto della 40th Annual NABE Economic Policy Conference “Navigating Geopolitical Turbulence and Domestic Uncertainty” a Washington.


Draghi ha sottolineato come “questa fase di profondo cambiamento nell’ordine economico globale porta con sé sfide altrettanto profonde per la politica economica”. Cambierà “la natura degli shock ai quali sono esposte le nostre economie” ed è “probabile che, nella fase di adattamento delle nostre economie a questo nuovo contesto, si presentino shock di offerta negativi più frequenti, più irregolari e anche più ampi” non “solo da nuove frizioni nell’economia globale – ad esempio conflitti geopolitici o disastri naturali – ma ancor più dalle risposte di policy che noi stessi metteremo in atto per mitigare quelle frizioni”. Inoltre “la politica fiscale sarà chiamata a svolgere un ruolo più significativo, il che significa – a quanto posso aspettarmi – deficit pubblici persistentemente più alti”, perché dovrà “incrementare gli investimenti pubblici per soddisfare la gamma di nuove esigenze di investimento”. I governi dovranno “affrontare – ha sostenuto ancora Draghi – le disuguaglianze in materia di ricchezza e reddito” ed è “probabile che la politica fiscale si trovi a dover svolgere anche un maggior ruolo di stabilizzazione – un ruolo che in precedenza avevamo attribuito principalmente alla politica monetaria”. Ancora, visto che “stiamo entrando in un’era di maggiori rivalità geopolitiche e relazioni economiche internazionali più transattive, i modelli di business basati su ampi surplus commerciali potrebbero non essere più sostenibili politicamente”. Queste sfide richiedono, al fine di “stabilizzare il potenziale di crescita e ridurre la volatilità dell’inflazione”, un “cambiamento nella strategia di policy complessiva, che si concentri sia sul completamento delle transizioni in corso sul lato dell’offerta, sia sullo stimolo alla crescita della produttività, campo in cui un’ampia adozione dell’intelligenza artificiale potrebbe essere d’aiuto”, secondo Draghi. Ma per fare tutto questo a una certa velocità “sarà necessario un policy mix adeguato: un costo del capitale sufficientemente basso per anticipare la spesa per gli investimenti, una regolamentazione finanziaria che supporti la riallocazione di capitale e l’innovazione, politiche della concorrenza che facilitino gli aiuti di Stato laddove siano giustificati”.


Si tratta di un nuovo approccio, che richiederà un aumento del coordinamento tra le politiche, al quale “l’architettura della nostra politica macroeconomica non è progettata”, spiega Draghi, sottolineando come “l’indipendenza non deve significare separazione, e le diverse autorità possono unire le forze per aumentare lo spazio politico senza compromettere i rispettivi mandati”. Draghi ha fatto l’esempio della risposta alla pandemia “quando le autorità monetarie, fiscali e di vigilanza bancaria hanno unito le forze per limitare i danni economici dei lockdown e prevenire una recessione deflazionistica”. Una strategia coerente di policy, in questo senso dovrebbe prevedere, per Draghi, “un percorso fiscale chiaro e credibile che si concentri sugli investimenti e al contempo, nel nostro caso, preservi i valori sociali europei”. Ciò darebbe alle banche centrali “maggiore fiducia nel fatto che la spesa pubblica oggi, aumentando la capacità di offerta, porterà a un’inflazione più bassa domani”. E, in Europa in particolare, dove le politiche fiscali sono decentralizzate, “possiamo anche fare un ulteriore passo avanti finanziando una quota maggiore di investimenti in modo collettivo, a livello di Unione”. In tal senso – ha insistito Draghi – “l’emissione di debito comune per finanziare gli investimenti amplierebbe lo spazio fiscale collettivo a nostra disposizione, allentando così almeno in parte la pressione sui bilanci nazionali”. Allo stesso tempo, poiché il modo di spendere dell’Ue è più programmatico – spesso su un orizzonte pluriennale – “investire a livello di Unione rappresenterebbe un più forte impegno a far sì che la politica fiscale sia in ultima analisi non inflazionistica, il che si potrebbe riflettere nelle proiezioni delle banche centrali sull’inflazione a medio termine”.


In secondo luogo, secondo l’ex premier, “se le autorità fiscali delineassero in questo modo percorsi fiscali credibili, alle banche centrali spetterebbe il compito di assicurarsi che la bussola principale per le loro decisioni sia rappresentata dalle aspettative di inflazione”. Nei prossimi anni la politica monetaria – ha spiegato Draghi – “si troverà ad affrontare un ambiente difficile in cui, più che mai, dovrà distinguere tra inflazione temporanea e inflazione permanente, tra crescita di recupero dei salari e spirali self-fulfilling, tra le conseguenze inflazionistiche della spesa pubblica buona e di quella cattiva”. In questo contesto, “una misurazione accurata e un focus meticoloso sulle aspettative di inflazione sono il modo migliore per garantire che le banche centrali possano contribuire a una strategia di policy complessiva senza compromettere la stabilità dei prezzi o l’indipendenza. Questa bussola consente di distinguere con precisione gli shock temporanei al rialzo dei prezzi – come ad esempio gli spostamenti dei prezzi relativi tra settori o l’aumento dei prezzi delle commodity derivanti da maggiori investimenti – dai rischi di inflazione generalizzata”.

Draghi: la globalizzazione ha indebolito i valori liberali

Draghi: la globalizzazione ha indebolito i valori liberaliRoma, 15 feb. (askanews) – La globalizzazione non ha rafforzato i valori liberali e democratici, ma anzi li ha indeboliti nei paesi che li sostengono, a causa della diffusione nelle opinioni pubbliche della percezione che “la partita fosse falsata”. L’ha affermato oggi l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, intervenendo a Washington in occasione del conferimento del Paul A. Volcker Lifetime Achievement Award nel contesto della 40th Annual NABE Economic Policy Conference “Navigating Geopolitical Turbulence and Domestic Uncertainty”.


“L’apertura dei mercati globali ha reso possibile l’ingresso nell’economia globale di dozzine di paesi, facendo uscire dalla povertà miliardi di persone – 800 milioni solo in Cina negli ultimi 40 anni. Ha prodotto il miglioramento più ampio e veloce degli standard di vita mai visto nella storia”, ha premesso Draghi, segnalando però che “il nostro modello di globalizzazione conteneva anche una debolezza fondamentale”. Cioè, “affinché i mercati aperti tra i paesi possano essere sostenuti, devono esistere regole internazionali e soluzioni di risoluzione delle controversie a cui tutti i paesi partecipanti si attengono. Ma in questo nuovo mondo globalizzato, l’impegno di alcuni dei maggiori partner commerciali a rispettare le regole è stato ambiguo fin dall’inizio”. Draghi ha fatto l’esempio della Cina, che durante i primi 15 anni di adesione all’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc) non ha notificato alcun sussidio del governo subcentrale, nonostante il fatto che la maggior parte dei sussidi provenisse dai governi provinciali e locali. “L’ordine commerciale mondiale globalizzato è sempre stato vulnerabile alla possibilità che un qualsiasi paese o gruppo di paesi potesse decidere che seguire le regole non era il modo migliore per perseguire i propri interessi a breve termine”, ha sottolineato l’ex presidente della Banca centrale europea.Questa incapacità di stabilire un rispetto condiviso delle regole ha portato a “grandi squilibri commerciali, le cui conseguenze i politici sono stati lenti a riconoscere”, segnala Draghi. Tali squilibri sono insorti in parte perché l’apertura commerciale stava avvenendo tra paesi a livelli di sviluppo molto diversi, il che limitava la capacità dei paesi più poveri di assorbire le importazioni da quelli più ricchi e dava loro la giustificazione per proteggere le industrie nascenti dalla concorrenza straniera. Ma anche perché riflettevano “scelte politiche deliberate in ampie parti del mondo per creare surplus commerciali e limitare l’aggiustamento del mercato”.


Queste politiche, nonostante i tentativi sul fronte della politica monetaria di generare occupazione, hanno portato a un calo sostanziale di investimenti e il rallentamento del mercato del lavoro, che è stato in buona parte delocalizzato e ha perso potere contrattuale nelle economie avanzate. Ciò ha avuto importanti conseguenze politiche. “Contrariamente alle aspettative iniziali, la globalizzazione non solo non è riuscita a diffondere i valori liberali – democrazia e libertà non viaggiano necessariamente insieme a beni e servizi – ma li ha anche indeboliti all’interno dei paesi che ne erano stati i principali sostenitori, finendo anzi per alimentare la crescita di forze che guardavano maggiormente alla dimensione interna”, segnala Draghi. “Presso l’opinione pubblica occidentale si è diffusa la percezione che i cittadini fossero coinvolti in una partita falsata, in cui milioni di posti di lavoro venivano spostati altrove mentre i governi e le aziende restavano indifferenti.

Via libera Cda Stretto Messina a relazione progetto definitivo del Ponte

Via libera Cda Stretto Messina a relazione progetto definitivo del PonteRoma, 15 feb. (askanews) – Il Consiglio di Amministrazione della società Stretto di Messina ha approvato la Relazione del Progettista di aggiornamento al Progetto Definitivo del 2011 relativo al Ponte sullo stretto di Messina, e l’ulteriore documentazione progettuale finalizzata al riavvio della realizzazione dell’Opera, come previsto dalla Legge. “È un grande risultato – ha commentato l’Amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci – ottenuto in pochi mesi grazie all’impegno del governo, in particolare del Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e al lavoro del Contraente generale Eurolink, della Società Stretto di Messina e dei nostri altri contraenti ed esperti nelle diverse discipline ingegneristiche legate al ponte. Si conferma un progetto straordinario, tecnicamente all’avanguardia e di riferimento a livello internazionale. Dopo i molti ponti “Messina Style” costruiti nel mondo, è il momento di realizzarlo nello Stretto di Messina”.

Calderone: vogliamo estendere Adi ad orfani femminicidi

Calderone: vogliamo estendere Adi ad orfani femminicidiRoma, 15 feb. (askanews) – Con l’assegno di inclusione (Adi) “abbiamo individuato una serie di sostegni alle famiglie in condizioni di fragilità”. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Marina Calderone, intervenendo al Welfare & HR Summit 2024 del Sole 24 Ore. “Sto riflettendo di estendere l’Adi agli orfani di femminicidio”, ha annunciato. Il bilancio del reddito di cittadinanza “ci dice che prima avevamo uno strumento che nasceva anche con l’obiettivo di riaccompagnare al lavoro le persone” e “in questa sua funzione ha clamorosamente fallito, mentre ha prodotto risultati, soprattutto in pandemia, nel contrasto alla povertà”, ha poi ricordato Calderone. “Abbiamo operato un intervento che ci ha consentito non di risparmiare, ma di individuare una modalità di gestione delle risorse, 7 miliardi di euro – ha aggiunto il ministro del Lavoro – un percorso legato alle necessità di gruppi di persone”.

Webuild, in funzione nuova idrofresa per scavo Metro C a Piazza Venezia

Webuild, in funzione nuova idrofresa per scavo Metro C a Piazza VeneziaRoma, 15 feb. (askanews) – Entra in funzione in questi giorni l’idrofresa costruita appositamente per scavare le pareti perimetrali della nuova stazione museo di Piazza Venezia, fino alla profondità record di 85 metri. La stazione – informa una nota – sarà uno snodo centrale della Linea C della Metropolitana, la prima a guida automatica della capitale, commissionata da Roma Metropolitane e realizzata dalla società consortile Metro C S.c.p.a., guidata da Webuild e Vianini Lavori. L’idrofresa è un gigante che combina tecnologia e design per accelerare i tempi di lavoro, operare con una maggiore precisione e in spazi ridotti, riducendo rumori e vibrazioni in superficie. Il macchinario, con un’altezza di 24,5 metri e un peso di 185 tonnellate, lavorerà in verticale sfruttando un getto di acqua ad alta pressione. L’idrofresa sarà impiegata nella realizzazione di circa 55 mila metri cubi di diaframmi perimetrali in cemento armato della stazione, fino alla profondità di 85 metri. Con i diaframmi perimetrali si realizzerà una scatola idraulicamente isolata, che consentirà poi di scavare l’interno della stazione in massima sicurezza. La sua attività procederà nei prossimi mesi in parallelo con le altre lavorazioni del cantiere, già avviate nella parte centrale della piazza, come l’esecuzione di carotaggi archeologici.