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Eurozona, torna surplus bilancio partite correnti: 240 mld in 2023

Eurozona, torna surplus bilancio partite correnti: 240 mld in 2023Roma, 9 apr. (askanews) – La Banca centrale europea ha aggiornato la sua statistica sul bilancio di partite correnti dell’area euro, il quadro complessivo degli scambi commerciali commerciali e finanziari con l’estero. E per la prima volta vi ha inserito una analisi specifica sui veicoli finanziari (special purpose entities) utilizzati per una molteplicità di operazioni finanziarie, di controllo societario e di attivi ma anche di attività potenzialmente sospette.


Secondo la rilevazione della Bce, i dati mostrano che questi veicoli rappresentano l’11,5% degli asset finanziari esterni detenuti dall’area e l’11,2% delle passività. Nelle varie categorie di utilizzo la quota maggiore, pari al 27% sugli asset esterni al 30,6% sulle passività, è quello dell’uso per investimenti diretti, seguito da portafogli su obbligazioni e azioni. Passando al bilancio di partite correnti vero e proprio, il 2023 si è chiuso con un ritorno all’attivo per 240 miliardi di euro, pari all’1,7% del Pil dell’area, a fronte del deficit da 79 miliardi del due 2022. I maggiori surplus di partite correnti hanno riguardato Regno Unito (187 miliardi), Svizzera (66 miliardi) e Cina (120 miliardi).


Guardando agli scambi commerciali, l’eurozona ha praticamente azzerato il deficit rispetto alla Russia: da 97 miliardi di euro di passivo del 2022 ad appena 1 miliardo lo scorso anno, evidentemente ha riflesso delle sanzioni contro le forniture energetiche da Mosca legate alla guerra in Ucraina. Il deficit commerciale verso la Cina si è ridotto a 135 miliardi lo scorso anno da 193 miliardi nel 2022. Guardando gli scambi di Servizi, euro Landia ha visto attenuarsi ma arrestare consistente, 44 miliardi di euro il deficit rispetto alla Svizzera, da 51 miliardi un anno e prima. Invece è salito a 115 miliardi di euro il disavanzo sui servizi verso gli Stati Uniti, da 109 miliardi di euro un anno prima.

Bankitalia, nel I trimestre marcato calo della domanda di mutui

Bankitalia, nel I trimestre marcato calo della domanda di mutuiRoma, 9 apr. (askanews) – In Italia le banche non hanno sostanzialmente modificato nel primo trimestre i criteri di offerta di prestiti, ma dopo gli inasprimenti passati sulla scia della stretta operata dalla Bce si è verificato un nuovo calo della domanda delle imprese e una netta contrazione della richiesta di mutui delle famiglie, che invece chiedono più credito al consumo. E’ la fotografia descritta dalla parte di indagine che la Banca d’Italia effettua per contribuire alla rilevazione trimestrale di Bce e Eurosistema (Bank lending survey).


Termini e condizioni generali sui finanziamenti bancario alle aziende sono stati lievemente irrigiditi, principalmente attraverso un aumento dei tassi di interesse praticati sui prestiti; i margini sono stati ampliati sui finanziamenti concessi alla clientela percepita come più rischiosa. I criteri di offerta sui prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono rimasti invariati, riporta Bankitalia: il leggero aumento nella percezione del rischio è stato compensato dalla maggior pressione concorrenziale da altre banche. Quest’ultimo fattore, si legge, ha contribuito a rendere più favorevoli i termini e le condizioni. Le politiche di offerta relative al credito al consumo sono state nel complesso irrigidite. Per il secondo trimestre le banche si attendono un lieve allentamento dei criteri di offerta sui prestiti alle società non finanziarie, mentre quelli alle famiglie rimarrebbero invariati.


Nel frattempo, sempre nel primo trimestre è proseguito il calo della domanda di credito da parte delle imprese. E’ in atto da cinque trimestri consecutivi, rileva l’indagine, e continua a riflettere il maggior ricorso all’autofinanziamento, il minore fabbisogno per la spesa in investimenti fissi e l’elevato livello dei tassi di interesse. La richiesta di finanziamenti da parte delle famiglie per l’acquisto di abitazioni si è ridotta in misura marcata, mentre è cresciuta quella per finalità di consumo. Nel trimestre in corso la domanda di prestiti delle imprese e delle famiglie per finalità di consumo resterebbe invariata, mentre aumenterebbe lievemente quella per l’acquisto di abitazioni.


Secondo la rilevazione di Bankitalia, le condizioni di accesso delle banche al finanziamento sono migliorate con riferimento principalmente ai titoli di debito e, in misura inferiore, ai depositi a lungo termine. Nel trimestre in corso gli intermediari si attendono un ulteriore miglioramento. Nei sei mesi terminanti in marzo le variazioni del portafoglio di attività di politica monetaria dell’Eurosistema hanno esercitato un lieve impatto negativo sulle attività totali delle banche, sulle condizioni di finanziamento e sulla posizione di liquidità; non hanno avuto un impatto rilevante sui criteri di offerta e su termini e condizioni generali, mentre hanno esercitato un impatto leggermente negativo sui volumi erogati. Anche secondo la rilevazione di Bankitalia, il rimborsi della terza tranche dei finanziamenti ultra agevolati della Bce (Tltro III) hanno contribuito al peggioramento delle condizioni di finanziamento delle banche. E questo effetto potrebbe protrarsi nei prossimi sei mesi. Le operazioni non hanno tuttavia contribuito alla variazione dei criteri di offerta dei prestiti, dei termini e delle condizioni di finanziamento e dei volumi erogati.


Le decisioni relative ai tassi di interesse di riferimento della Bce hanno avuto un impatto positivo sulla redditività complessiva degli intermediari ascrivibile al rialzo degli interessi attivi netti. Ma nei prossimi sei mesi, avverte Bankitalia, l’impatto diventerebbe negativo.

La Bce: le banche dell’eurozona allentano i criteri di concessione dei mutui (prima volta dal 2021)

La Bce: le banche dell’eurozona allentano i criteri di concessione dei mutui (prima volta dal 2021)Roma, 9 apr. (askanews) – Nel primo trimestre di quest’anno, per la prima volta dalla fine del 2021 le banche dell’area euro hanno operato un moderato allentamento sui criteri di concessione di mutui alle famiglie: la quota netta di banche che si mosse in tal senso è stata del 6%. Lo riporta la Banca centrale europea con la sua indagine trimestrale sulle dinamiche del credito bancario (Bank lending survey).


Le banche hanno però continuato a inasprire i criteri sui prestiti al consumo e complessivamente il primo trimestre ha visto una nuova stretta netta sugli standard di concessione del credito (pari al 3%), considerando anche i prestiti alle banche. La Bce puntualizza che questo inasprimento è stato però più mite del previsto (era attesa una quota netta restrittiva del 9%). Per il secondo trimestre le banche si attendono un ulteriore inasprimento sui crediti alle imprese e una dinamica invariata sui prestiti per le famiglie.


Contestualmente gli istituti dell’area euro hanno riferito di un ulteriore e consistente calo della domanda di prestiti da parte delle aziende, che contrasta con le aspettative delle stesse banche per una stabilizzazione, e di un lieve calo della domanda di mutui. Le richieste di credito al consumo di altri prestiti sono invece risultate stabili, sempre guardando al primo trimestre di quest’anno. Le banche dell’area euro hanno anche indicato che la scadenza della terza serie di rifinanziamenti ultra agevolati di lungo termine da parte della stessa Bce (Tltro3) ha continuato ad avere ricadute negative sulle posizioni di liquidità. L’indagine è stata condotta tra il 29 febbraio e il 15 marzo, coinvolgendo 157 banche dell’area euro.

Bce, banche eurozona allentano criteri mutui, prima volta da 2021

Bce, banche eurozona allentano criteri mutui, prima volta da 2021Roma, 9 apr. (askanews) – Nel primo trimestre di quest’anno, per la prima volta dalla fine del 2021 le banche dell’area euro hanno operato un moderato allentamento sui criteri di concessione di mutui alle famiglie: la quota netta di banche che si mosse in tal senso è stata del 6%. Lo riporta la Banca centrale europea con la sua indagine trimestrale sulle dinamiche del credito bancario (Bank lending survey).


Le banche hanno però continuato a inasprire i criteri sui prestiti al consumo e complessivamente il primo trimestre ha visto una nuova stretta netta sugli standard di concessione del credito (pari al 3%), considerando anche i prestiti alle banche. La Bce puntualizza che questo inasprimento è stato però più mite del previsto (era attesa una quota netta restrittiva del 9%). Per il secondo trimestre le banche si attendono un ulteriore inasprimento sui crediti alle imprese e una dinamica invariata sui prestiti per le famiglie.


Contestualmente gli istituti dell’area euro hanno riferito di un ulteriore e consistente calo della domanda di prestiti da parte delle aziende, che contrasta con le aspettative delle stesse banche per una stabilizzazione, e di un lieve calo della domanda di mutui. Le richieste di credito al consumo di altri prestiti sono invece risultate stabili, sempre guardando al primo trimestre di quest’anno. Le banche dell’area euro hanno anche indicato che la scadenza della terza serie di rifinanziamenti ultra agevolati di lungo termine da parte della stessa Bce (Tltro3) ha continuato ad avere ricadute negative sulle posizioni di liquidità. L’indagine è stata condotta tra il 29 febbraio e il 15 marzo, coinvolgendo 157 banche dell’area euro.

Gentiloni: il 2026 è dietro l’angolo, rilanciare l’attuazione del Pnrr

Gentiloni: il 2026 è dietro l’angolo, rilanciare l’attuazione del PnrrRoma, 9 apr. (askanews) – La seconda metà del periodo entro cui attuare i Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) “sarà più impegnativa, ma non possiamo lasciarsi andare alla fatica, dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme per fare di questa opportunità unica un successo. Perché il 2026 è dietro l’angolo”. Lo ha affermato il Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, che nell’intervento di apertura della Conferenza sui Pnrr organizzata dall’Ue ha rilanciato i suoi propositi di usare il modello di Next Generation Eu, “che si è dimostrato un successo”, anche dopo la conclusione di questo programma, nel 2026 appunto. “Gli Stati devono mantenere lo slancio sull’attuazione e accelerarla quando necessario”, ha detto.


“Stimiamo che saranno necessari 650 miliardi di investimenti addizionali annui per gli obiettivi 2030, i Pnrr aiuteranno a colmare questi divari fino a quando non si esauriranno, ma ovviamente le nostre necessità non si esauriscono lì. E nuove priorità sono emerse – ha detto – come la difesa e la ricostruzione dell’Ucraina. Come finanzieremo questi investimenti? Per parte mia penso che il sistema del Pnrr può servire come esempio per il futuro”. “Non ho dubbi – ha sostenuto Gentiloni – che l’Ue trarrebbe molto beneficio da un asset comune permanente e sarebbe una grande questione da discutere per la prossima Commissione europea. E sono anche convinto che i nostri scopi ultimi devono essere quelli di creare una capacità di bilancio comune, sarebbe cruciale su aree come energia, innovazione, difesa”.


“Il tempo per discutere queste cose è adesso o quantomeno – ha precisato – nei prossimi mesi, non proprio durante la campagna elettorale”.

Pnrr, Gentiloni: 2026 è dietro l’angolo, rilanciare l’attuazione

Pnrr, Gentiloni: 2026 è dietro l’angolo, rilanciare l’attuazioneRoma, 9 apr. (askanews) – La seconda metà del periodo entro cui attuare i Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) “sarà più impegnativa, ma non possiamo lasciarsi andare alla fatica, dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme per fare di questa opportunità unica un successo. Perché il 2026 è dietro l’angolo”. Lo ha affermato il Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, che nell’intervento di apertura della Conferenza sui Pnrr organizzata dall’Ue ha rilanciato i suoi propositi di usare il modello di Next Generation Eu, “che si è dimostrato un successo”, anche dopo la conclusione di questo programma, nel 2026 appunto. “Gli Stati devono mantenere lo slancio sull’attuazione e accelerarla quando necessario”, ha detto.


“Stimiamo che saranno necessari 650 miliardi di investimenti addizionali annui per gli obiettivi 2030, i Pnrr aiuteranno a colmare questi divari fino a quando non si esauriranno, ma ovviamente le nostre necessità non si esauriscono lì. E nuove priorità sono emerse – ha detto – come la difesa e la ricostruzione dell’Ucraina. Come finanzieremo questi investimenti? Per parte mia penso che il sistema del Pnrr può servire come esempio per il futuro”. “Non ho dubbi – ha sostenuto Gentiloni – che l’Ue trarrebbe molto beneficio da un asset comune permanente e sarebbe una grande questione da discutere per la prossima Commissione europea. E sono anche convinto che i nostri scopi ultimi devono essere quelli di creare una capacità di bilancio comune, sarebbe cruciale su aree come energia, innovazione, difesa”.


“Il tempo per discutere queste cose è adesso o quantomeno – ha precisato – nei prossimi mesi, non proprio durante la campagna elettorale”.

Documento di economia e finanza, verso conferma deficit 2024 a 4,3%. Debito poco sotto 138%

Documento di economia e finanza, verso conferma deficit 2024 a 4,3%. Debito poco sotto 138%Roma, 8 apr. (askanews) – Un Documento di economia e finanza ‘asciutto’ quello che il governo si appresta a varare domani, l’ultimo nell’attuale versione prima dell’entrata in vigore della nuova governance europea. In attesa della definizione da parte delle istituzioni europee del nuovo Patto di stabilità e relativi documenti programmatici, il Def quest’anno si limiterà al quadro tendenziale che sarà molto simile a quello della Nadef del settembre 2023.


“Noi vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef che abbiamo presentato lo scorso autunno. È una questione di credibilità. Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”, sono le parole del ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine della seconda edizione Selecting Italy a Trieste. Le bozze che circolano tra il Mef e la Presidenza del Consiglio, passibili di variazioni fino all’ultimo momento utile, riportano una crescita del Pil per l’anno in corso all’1%, un po’ al di sotto dell’1,2% previsto nella Nadef, mentre per il 2025 il prodotto interno, a legislazione vigente, è stimato crescere dell’1,2% (contro l’1,4% della Nadef) per poi scendere nel 2026 all’1,1% (la Nadef stimava l’1%).


Quanto ai dati di finanza pubblica, il rapporto deficit/pil nel 2024 dovrebbe essere confermato al 4,3%, lo stesso livello del quadro programmatico della Nadef. Per il 2025 invece l’asticella dovrebbe essere al 3,7% contro il 3,6% della Nadef e per il 2026 al 3% (invece del 2,9%). Questo dovrebbe essere l’andamento senza considerare interventi come la proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’irpef a tre aliquote. Non è escluso, e questa è la riflessione in corso in queste ore al Mef e alla Presidenza del Consiglio, che nella tabella delle cosiddette ‘politiche invariate’ possano essere considerate anche questi due interventi, oltre alle missioni internazionali di pace, alle risorse per i contratti pubblici e alle altre misure, per un totale di circa 20 miliardi per il prossimo anno, per i quali va trovata la copertura.


Anche il debito dovrebbe mantenersi nell’anno in corso ad un livello vicino a quello del 2023 quando è stato al 137,3%. Sulla base delle ultime valutazioni, nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 138% e forse leggermente al di sotto. Le ripercussioni del superbonus sulla finanza pubblica sembrano sotto controllo, anche dopo l’ultimo decreto all’esame del Parlamento che, oltre ad aver ristretto ancora gli ambiti applicativi, ha eliminato la remissione in bonis che esponeva a possibili ‘imprevisti’.


In questo quadro, la correzione dello 0,5% strutturale l’anno, che dovrebbe essere richiesta dalla Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo, che Giorgetti dà per scontata, dovrebbe già essere sostanzialmente inglobata. Resta la grande incognita delle risorse per assicurare anche nel 2025 il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre aliquote, evitando così l’aumento delle tasse. Il governo prende tempo, evita che il dibattito possa in qualche modo interferire con le elezioni europee di giugno e confida che la nuova Commissione possa essere comprensiva. Il Piano fiscale strutturale di medio termine previsto dalla nuova governance, che in via transitoria sarà presentato entro il 20 settembre, con la ‘traiettoria di riferimento’ della spesa primaria, dovrebbe sciogliere il nodo.

Def, verso conferma deficit 2024 a 4,3%, debito poco sotto 138%

Def, verso conferma deficit 2024 a 4,3%, debito poco sotto 138%Roma, 8 apr. (askanews) – Un Documento di economia e finanza ‘asciutto’ quello che il governo si appresta a varare domani, l’ultimo nell’attuale versione prima dell’entrata in vigore della nuova governance europea. In attesa della definizione da parte delle istituzioni europee del nuovo Patto di stabilità e relativi documenti programmatici, il Def quest’anno si limiterà al quadro tendenziale che sarà molto simile a quello della Nadef del settembre 2023.


“Noi vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef che abbiamo presentato lo scorso autunno. È una questione di credibilità. Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”, sono le parole del ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine della seconda edizione Selecting Italy a Trieste. Le bozze che circolano tra il Mef e la Presidenza del Consiglio, passibili di variazioni fino all’ultimo momento utile, riportano una crescita del Pil per l’anno in corso all’1%, un po’ al di sotto dell’1,2% previsto nella Nadef, mentre per il 2025 il prodotto interno, a legislazione vigente, è stimato crescere dell’1,2% (contro l’1,4% della Nadef) per poi scendere nel 2026 all’1,1% (la Nadef stimava l’1%).


Quanto ai dati di finanza pubblica, il rapporto deficit/pil nel 2024 dovrebbe essere confermato al 4,3%, lo stesso livello del quadro programmatico della Nadef. Per il 2025 invece l’asticella dovrebbe essere al 3,7% contro il 3,6% della Nadef e per il 2026 al 3% (invece del 2,9%). Questo dovrebbe essere l’andamento senza considerare interventi come la proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’irpef a tre aliquote. Non è escluso, e questa è la riflessione in corso in queste ore al Mef e alla Presidenza del Consiglio, che nella tabella delle cosiddette ‘politiche invariate’ possano essere considerate anche questi due interventi, oltre alle missioni internazionali di pace, alle risorse per i contratti pubblici e alle altre misure, per un totale di circa 20 miliardi per il prossimo anno, per i quali va trovata la copertura.


Anche il debito dovrebbe mantenersi nell’anno in corso ad un livello vicino a quello del 2023 quando è stato al 137,3%. Sulla base delle ultime valutazioni, nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 138% e forse leggermente al di sotto. Le ripercussioni del superbonus sulla finanza pubblica sembrano sotto controllo, anche dopo l’ultimo decreto all’esame del Parlamento che, oltre ad aver ristretto ancora gli ambiti applicativi, ha eliminato la remissione in bonis che esponeva a possibili ‘imprevisti’.


In questo quadro, la correzione dello 0,5% strutturale l’anno, che dovrebbe essere richiesta dalla Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo, che Giorgetti dà per scontata, dovrebbe già essere sostanzialmente inglobata. Resta la grande incognita delle risorse per assicurare anche nel 2025 il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre aliquote, evitando così l’aumento delle tasse. Il governo prende tempo, evita che il dibattito possa in qualche modo interferire con le elezioni europee di giugno e confida che la nuova Commissione possa essere comprensiva. Il Piano fiscale strutturale di medio termine previsto dalla nuova governance, che in via transitoria sarà presentato entro il 20 settembre, con la ‘traiettoria di riferimento’ della spesa primaria, dovrebbe sciogliere il nodo.

Le Maire: ecco la strategia economica di cui ha bisogno l’Ue

Le Maire: ecco la strategia economica di cui ha bisogno l’UeBruxelles, 8 apr. (askanews) – Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire ha proposto oggi, nel quadro di un’incontro trilaterale a Parigi con i colleghi italiano, Adolfo Urso, e tedesco, Robert Habeck, di raddoppiare la soglia di 250 dipendenti che definisce le piccole e medie imprese (Pmi), in modo che anche le società da 250 fino a 500 addetti siano esentate da certi obblighi di “reporting” come succede attualmente con le Pmi. Inoltre, Le Maire ha prospettato una ridefinizione del meccanismo della “preferenza europea”, proponendo di riservare alla produzione europea il 50% degli appalti pubblici per lavori all’interno dell’Ue.


Il ministro francese ha anche suggerito di creare una nuova Comunità europea dell’Intelligenza artificiale, sulla falsariga della Comunità del Carbone e dell’Acciao che diede il via all’integrazione europea all’inizio degli anni ’50, “per mettere in comune i nostri mezzi in termini di I.A., e permetterci di aumentare la produttività”, invece di perderla ogni anno di più come succede oggi rispetto agli Usa. Se vuole avere successo nell’economia mondiale e mantenere la competitività e la capacità innovativa delle proprie imprese e la prosperità dei propri cittadini, ha sottolineato Le Maire, l’Europa deve definire una propria chiara strategia economica per il ventunesimo secolo, come hanno fatto in modo limpido gli Usa con il protezionismo dell’”Inflation Reduction Act”, e la Cina “con il suo interventismo governativo molto potente e la produzione di massa di prodotti a prezzi bassi che arrivano poi sul continente europeo, veicoli elettrici, pannelli fotovoltaici o impianti eolici”.


Per questo, “è nostro dovere” come ministri delle tre economie più forti dell’Ue, Francia, Italia e Germania, che rappresentano il 60% della ricchezza europea, “definire questa strategia economica per il ventunesimo secolo”, ha concluso Le Maire.

Appalti, Urso apre a proposta Francia su preferenza produzioni Ue

Appalti, Urso apre a proposta Francia su preferenza produzioni UeRoma, 8 apr. (askanews) – L’Italia apre alla proposta della Francia di creare un meccanismo di “preferenza” a favore delle produzioni europee nelle gare di appalti. Posto che l’obiettivo deve essere quello di “fare dell’Europa un polo di tecnologie e di sviluppo industriale competitivo”, questo “può essere fatto anche attraverso misure preferenziali per quanto riguarda gli appalti pubblici in Europa”, ha affermato il ministro di Industria e Made in Italy, Adolfo Urso, nella conferenza stampa al termine della terza trilaterale, stavolta a Parigi, con i suoi omologhi di Francia, Bruno Le Maire, e Germania, Robert Habeck.


“Credo che il concetto sia esprimibile nel dire che noi siamo favorevoli a un commercio libero ed equo, cioè che rispetta le stesse condizioni. E quindi le stesse condizioni sociali e ambientali, per esempio – ha spiegato – in modo tale credo che si possa poi competere appunto in piena equità”. “E noi siamo favorevoli ad ogni soluzione che ci consenta di sviluppare una autonomia strategica europea su quei settori che sono fondamentali per lo sviluppo del nostro continente”, ha proseguito Urso. “Quindi ciò potrà essere fatto attraverso criteri di qualità, come abbiamo fatto in Italia recentemente per incentivare l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici. Può essere fatto anche attraverso misure di contrasto al dumping, le sovvenzioni pubbliche. E “può essere fatto anche attraverso misure preferenziali per quanto riguarda gli appalti pubblici in Europa”.


“Noi siamo neutrali rispetto agli strumenti che vengono utilizzati, purché si abbia una visione chiara – ha concluso Urso – che è quella di fare dell’Europa un polo di tecnologie e di sviluppo industriale competitivo, come serve per sostenere i nostri standard sociali e ambientali”.