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Def, verso conferma deficit 2024 a 4,3%, debito poco sotto 138%

Def, verso conferma deficit 2024 a 4,3%, debito poco sotto 138%Roma, 8 apr. (askanews) – Un Documento di economia e finanza ‘asciutto’ quello che il governo si appresta a varare domani, l’ultimo nell’attuale versione prima dell’entrata in vigore della nuova governance europea. In attesa della definizione da parte delle istituzioni europee del nuovo Patto di stabilità e relativi documenti programmatici, il Def quest’anno si limiterà al quadro tendenziale che sarà molto simile a quello della Nadef del settembre 2023.


“Noi vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef che abbiamo presentato lo scorso autunno. È una questione di credibilità. Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea”, sono le parole del ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, a margine della seconda edizione Selecting Italy a Trieste. Le bozze che circolano tra il Mef e la Presidenza del Consiglio, passibili di variazioni fino all’ultimo momento utile, riportano una crescita del Pil per l’anno in corso all’1%, un po’ al di sotto dell’1,2% previsto nella Nadef, mentre per il 2025 il prodotto interno, a legislazione vigente, è stimato crescere dell’1,2% (contro l’1,4% della Nadef) per poi scendere nel 2026 all’1,1% (la Nadef stimava l’1%).


Quanto ai dati di finanza pubblica, il rapporto deficit/pil nel 2024 dovrebbe essere confermato al 4,3%, lo stesso livello del quadro programmatico della Nadef. Per il 2025 invece l’asticella dovrebbe essere al 3,7% contro il 3,6% della Nadef e per il 2026 al 3% (invece del 2,9%). Questo dovrebbe essere l’andamento senza considerare interventi come la proroga del taglio del cuneo fiscale e dell’irpef a tre aliquote. Non è escluso, e questa è la riflessione in corso in queste ore al Mef e alla Presidenza del Consiglio, che nella tabella delle cosiddette ‘politiche invariate’ possano essere considerate anche questi due interventi, oltre alle missioni internazionali di pace, alle risorse per i contratti pubblici e alle altre misure, per un totale di circa 20 miliardi per il prossimo anno, per i quali va trovata la copertura.


Anche il debito dovrebbe mantenersi nell’anno in corso ad un livello vicino a quello del 2023 quando è stato al 137,3%. Sulla base delle ultime valutazioni, nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 138% e forse leggermente al di sotto. Le ripercussioni del superbonus sulla finanza pubblica sembrano sotto controllo, anche dopo l’ultimo decreto all’esame del Parlamento che, oltre ad aver ristretto ancora gli ambiti applicativi, ha eliminato la remissione in bonis che esponeva a possibili ‘imprevisti’.


In questo quadro, la correzione dello 0,5% strutturale l’anno, che dovrebbe essere richiesta dalla Commissione europea a seguito della procedura per deficit eccessivo, che Giorgetti dà per scontata, dovrebbe già essere sostanzialmente inglobata. Resta la grande incognita delle risorse per assicurare anche nel 2025 il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre aliquote, evitando così l’aumento delle tasse. Il governo prende tempo, evita che il dibattito possa in qualche modo interferire con le elezioni europee di giugno e confida che la nuova Commissione possa essere comprensiva. Il Piano fiscale strutturale di medio termine previsto dalla nuova governance, che in via transitoria sarà presentato entro il 20 settembre, con la ‘traiettoria di riferimento’ della spesa primaria, dovrebbe sciogliere il nodo.

Le Maire: ecco la strategia economica di cui ha bisogno l’Ue

Le Maire: ecco la strategia economica di cui ha bisogno l’UeBruxelles, 8 apr. (askanews) – Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire ha proposto oggi, nel quadro di un’incontro trilaterale a Parigi con i colleghi italiano, Adolfo Urso, e tedesco, Robert Habeck, di raddoppiare la soglia di 250 dipendenti che definisce le piccole e medie imprese (Pmi), in modo che anche le società da 250 fino a 500 addetti siano esentate da certi obblighi di “reporting” come succede attualmente con le Pmi. Inoltre, Le Maire ha prospettato una ridefinizione del meccanismo della “preferenza europea”, proponendo di riservare alla produzione europea il 50% degli appalti pubblici per lavori all’interno dell’Ue.


Il ministro francese ha anche suggerito di creare una nuova Comunità europea dell’Intelligenza artificiale, sulla falsariga della Comunità del Carbone e dell’Acciao che diede il via all’integrazione europea all’inizio degli anni ’50, “per mettere in comune i nostri mezzi in termini di I.A., e permetterci di aumentare la produttività”, invece di perderla ogni anno di più come succede oggi rispetto agli Usa. Se vuole avere successo nell’economia mondiale e mantenere la competitività e la capacità innovativa delle proprie imprese e la prosperità dei propri cittadini, ha sottolineato Le Maire, l’Europa deve definire una propria chiara strategia economica per il ventunesimo secolo, come hanno fatto in modo limpido gli Usa con il protezionismo dell’”Inflation Reduction Act”, e la Cina “con il suo interventismo governativo molto potente e la produzione di massa di prodotti a prezzi bassi che arrivano poi sul continente europeo, veicoli elettrici, pannelli fotovoltaici o impianti eolici”.


Per questo, “è nostro dovere” come ministri delle tre economie più forti dell’Ue, Francia, Italia e Germania, che rappresentano il 60% della ricchezza europea, “definire questa strategia economica per il ventunesimo secolo”, ha concluso Le Maire.

Appalti, Urso apre a proposta Francia su preferenza produzioni Ue

Appalti, Urso apre a proposta Francia su preferenza produzioni UeRoma, 8 apr. (askanews) – L’Italia apre alla proposta della Francia di creare un meccanismo di “preferenza” a favore delle produzioni europee nelle gare di appalti. Posto che l’obiettivo deve essere quello di “fare dell’Europa un polo di tecnologie e di sviluppo industriale competitivo”, questo “può essere fatto anche attraverso misure preferenziali per quanto riguarda gli appalti pubblici in Europa”, ha affermato il ministro di Industria e Made in Italy, Adolfo Urso, nella conferenza stampa al termine della terza trilaterale, stavolta a Parigi, con i suoi omologhi di Francia, Bruno Le Maire, e Germania, Robert Habeck.


“Credo che il concetto sia esprimibile nel dire che noi siamo favorevoli a un commercio libero ed equo, cioè che rispetta le stesse condizioni. E quindi le stesse condizioni sociali e ambientali, per esempio – ha spiegato – in modo tale credo che si possa poi competere appunto in piena equità”. “E noi siamo favorevoli ad ogni soluzione che ci consenta di sviluppare una autonomia strategica europea su quei settori che sono fondamentali per lo sviluppo del nostro continente”, ha proseguito Urso. “Quindi ciò potrà essere fatto attraverso criteri di qualità, come abbiamo fatto in Italia recentemente per incentivare l’utilizzo dei pannelli fotovoltaici. Può essere fatto anche attraverso misure di contrasto al dumping, le sovvenzioni pubbliche. E “può essere fatto anche attraverso misure preferenziali per quanto riguarda gli appalti pubblici in Europa”.


“Noi siamo neutrali rispetto agli strumenti che vengono utilizzati, purché si abbia una visione chiara – ha concluso Urso – che è quella di fare dell’Europa un polo di tecnologie e di sviluppo industriale competitivo, come serve per sostenere i nostri standard sociali e ambientali”.

L’Istat: un quinto dei 18-21enni non si forma e non lavora

L’Istat: un quinto dei 18-21enni non si forma e non lavoraRoma, 8 apr. (askanews) – Tra i più giovani (18-21 anni) il 27,5% (29,7% dei maschi e 25,1% delle femmine) non è in formazione, non segue, cioè, alcun tipo di corso formale o non formale; ciò avviene nonostante il 35,6% abbia conseguito al più il diploma di scuola secondaria di I grado e meno di un quarto (23,8%) si dichiari occupato. Nel Mezzogiorno, la quota dei 18-21enni non in formazione sale al 35,1% e di questi appena il 15% dichiara di essere impegnato in un’attività lavorativa. Ne deriva che tra i 18-21enni quasi il 21% non si forma e non lavora e nel Mezzogiorno si sale al 29,8%. Lo rileva l’Istat sulla base deirisultati dell’indagine sulla formazione degli adulti (Adult Education Survey) riferita al 2022.


Sono invece un quinto i giovanissimi che partecipano solamente ad attività non formali, il 7,3% perché spinto da interessi personali (corsi di sport, canto, musica, ecc.) e il 12,4% dalla volontà di acquisire competenze da spendere sul mercato del lavoro (corsi professionalizzanti). Il restante 52,9% è invece inserito in un corso di istruzione formale: in oltre un terzo dei casi si tratta ancora di un percorso scolastico (35,3%), mentre nel 64,7% di un percorso di istruzione terziaria. Tra i 18-21enni il numero medio di corsi frequentati – formali e non formali – è pari a 2,1, inferiore alla media dei 18-34enni. Sono infatti meno della metà (il 44,5%) i giovanissimi che, oltre a seguire un percorso di formazione formale, seguono anche corsi non formali, soprattutto per motivi di interesse personale (56,8%). Il tempo dedicato ai corsi non formali professionalizzanti è in media superiore a quello dedicato alle attività non formali svolte per motivi personali (167 ore contro 144) ed è proprio in questa fascia di età che il numero medio di ore, per qualsiasi tipologia di corso, raggiunge il valore massimo.


Se si considerano i ragazzi appena più grandi (22-26 anni), la quota di chi non è inserito in un percorso formativo sale al 38,3% (il 40,8% dei maschi e il 35,5% delle femmine); tra questi nel Nord circa il 70% si dichiara occupato, nel Mezzogiorno la percentuale quasi si dimezza (39,2%), portando la quota di coloro che non si formano e non lavorano al 26,1% (11,6% nel Nord e 17,5% in media nazionale). Solo l’11,1% dei 22-26enni che non si formano ha conseguito un titolo terziario almeno di I livello, il 57,3% ha conseguito un titolo di scuola secondaria di II grado e ben il 31,6% ha un titolo inferiore o nessun titolo. La quota di chi segue solo corsi non formali per interessi personali (corsi di sport, canto, musica, ecc.), tra i 22-26enni, è inferiore a quella dei giovanissimi (4,4% contro 7,3%), mentre più elevata è la quota di chi decide di seguire corsi che, sebbene non formali, risultano comunque professionalizzanti (20,1%).


Il 37,1% dei giovani tra i 22 e i 26 anni è inserito in un percorso formale di istruzione che, in quasi la totalità dei casi (94,9%), è terziario (il 5,1% frequenta ancora un corso scolastico). In questa fascia di età, il numero medio di corsi frequentati è pari a 2,3, con il 48,1% dei giovani impegnati in attività formali che partecipano anche ad attività non formali (quasi il 50% nel Centro e nel Nord e il 44,8% nel Mezzogiorno), con netta prevalenza (66,1%) di corsi professionalizzanti cui vengono dedicate mediamente 149 ore (contro le 111 dedicate alle attività svolte per motivi personali). Tra i giovani di 27-34 anni, coloro che non sono più in formazione rappresentano la maggioranza (54,9%), con una forbice molto ampia tra Nord e Mezzogiorno (50,4% e 61,5% rispettivamente); inoltre, se nel Nord i tre quarti si dichiarano occupati, lo sono meno della metà nel Mezzogiorno. Ne deriva che la quota di coloro che non si formano e non lavorano rappresenta il 18,9% e varia tra il 12,3% nel Nord e il 30,9% nel Mezzogiorno.

Bce, imprese eurozona prevedono moderazione aumenti prezzi e salari

Bce, imprese eurozona prevedono moderazione aumenti prezzi e salariRoma, 8 apr. (askanews) – Nell’area euro le imprese riportano una riduzione della disponibilità di prestiti bancari, ma al tempo stesso anche un calo anche del loro fabbisogno di credito. Secondo l’ultima indagine condotta dalla Banca centrale europea, le condizioni di finanziamento si sono ulteriormente inasprite nel primo trimestre di quest’anno, ma con un ritmo meno marcato di quello registrato quarto trimestre del 2023. Le aziende si attendono attenuazioni sila della dinamica dei prezzi che praticano, sia degli aumenti dei salari che erogano.


La crescita del deficit finanziamento è stata meno evidente che nei tre mesi precedenti, prosegue la Bce. Si è ridotto il numero di imprese che ha riferito di aumenti di fatturato, mentre è aumentata la quota di aziende che guarda in maniera più ottimistica agli sviluppi del prossimo trimestre. L’indagine è stata condotta tra il 1 febbraio e il 12 marzo, allo scopo di coprire il periodo che va dall’ottobre del 2023 al marzo di quest’anno. La Bce riporta che in media le imprese prevedono aumenti del 3,3% sui prezzi e del 3,8% sui salari sui prossimi 12 mesi. In entrambi i casi, precisa la Banca centrale, si tratta di moderazione rispetto rispetto alla tendenza precedente.


Sono calate anche le aspettative delle imprese rispetto all’inflazione, rispettivamente al 3,4% sui prossimi 12 mesi, al 3% sui prossimi 3 anni e al 3% sui prossimi 5 anni. Secondo le aziende i rischi sulle prospettive del carovita restano sbilanciate al rialzo. Peraltro va segnalato che questa aspettative, specialmente sul lungo periodo appaiono più elevate di quelle dei consumatori, e non pienamente coerenti con l’obiettivo di inflazione dell’istituzione (2%). Giovedì torna a riunirsi il Consiglio direttivo della Bce per le decisioni di politica monetaria. Non sono attese nell’immediato mosse sui tassi di interesse, ma è più che prevedibile che inizi una discussione su un possibile taglio a giugno.

Nuovo record storico per il prezzo dell’oro

Nuovo record storico per il prezzo dell’oroRoma, 8 apr. (askanews) – L’oro ha raggiunto un nuovo massimo storico oggi, continuando la sua corsa iniziata il mese scorso. Il metallo ha raggiunto il prezzo di 2.353,80 dollari, con un incremento di oltre 350 dollari l’oncia da metà febbbraio.


Il metallo giallo, in particolare, è un apprezzato bene rifugio in un momento in cui ci si attende per l’anno tagli dei tassi d’interesse a partire dalla Federal Reserve, anche se l’inflazione resta superiore all’obiettivo della banca centrale. I future dell’oro sono saliti 2.372,45 dollari l’oncia.

Def, Freni: crescita 2024 sarà intorno all’1%

Def, Freni: crescita 2024 sarà intorno all’1%Cernobbio (CO), 6 apr. (askanews) – La crescita del Pil 2024, che sarà contenuta nel Def, “sarà intorno all’1%”. Lo ha detto Federico Freni, sottosegretario all’Economia, parlando a margine del workshop Ambrosetti. “E’ un Def che secondo me non si discosterà molto da quelle che sono già state le previsioni che il Governo ha fatto nella Nadef – ha spiegato – e ciò conferma che al Mef siamo bravi a fare i conti, come lo siamo sempre stati negli ultimi anni”.


Verrà indicata una crescita del Pil intorno all’1% “Siamo lì”, ha risposto. Nonostante le previsioni di Bankitalia che indicano una crescita inferiore? “Aspettiamo il Def e vediamo – ha detto Freni -, io mi permetto di dire, come ho detto da ormai tre anni da quando sono al Mef, che raramente il Mef ha sbagliato i conti negli ultimi anni. Alla fine i conti li ha sempre azzeccati il Mef negli ultimi anni”.

Def, verso documento leggero, non scioglie nodo cuneo e taglio Irpef

Def, verso documento leggero, non scioglie nodo cuneo e taglio IrpefRoma, 5 apr. (askanews) – Il Ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, nell’audizione in Parlamento, lo ha definito “leggero” e “asciutto”. Il prossimo Documento di Economia e Finanza (Def), che il governo si accinge a varare martedì 9 aprile (il Consiglio dei Ministri dovrebbe essere convocato alle 11), si limiterà a fotografare lo stato dei conti pubblici, aggiornandolo rispetto alla Nadef del settembre scorso, ma non dovrebbe contenere il quadro programmatico, in attesa della definizione delle nuove regole sulla governance europea prevista per metà maggio. In sostanza, prima delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno il governo non scoprirà le carte su quella che sarà la prossima manovra e avrà più tempo per valutare la disponibilità di risorse per prorogare il taglio del cuneo fiscale e l’Irpef a tre aliquote, entrambi previsti al momento per il solo 2024. Anche in attesa di schiarite sulle regole europee per la contabilizzazione dei crediti fiscali, con il pensiero fisso al superbonus, che dovrebbero arrivare entro giugno.


L’ipotesi di far coincidere il quadro tendenziale di finanza pubblica con quello programmatico, che pure è circolata, sembra perdere di peso perchè non sarebbe un buon segnale e darebbe l’idea che il governo non intenda fare nulla. Il Ministro e i tecnici del Mef in questi giorni sono al lavoro per definire l’ultimo Def che sarà presentato in Parlamento nell’attuale versione. Con le nuove regole di governance, infatti, sarà necessaria una revisione dei documenti programmatici perchè, come ha spiegato Giorgetti in audizione, la prima sezione (Programma di stabilità) e la terza (Programma nazionale di riforma) saranno assorbiti rispettivamente dal Piano fiscale-strutturale di medio termine e dal Rapporto di monitoraggio.


Il Documento di Economia e Finanza probabilmente rivedrà al ribasso le stime di crescita del Pil fermando l’asticella all’1% nell’anno in corso e all’1,2% nel 2025 mentre la Nadef aveva previsto rispettivamente l’1,2% e l’1,4%. Nel 2026 in prodotto dovrebbe invece andare meglio del previsto e crescere dell’1,1% invece dell’1% della Nadef. Quanto al rapporto deficit/pil, il Ministro ha già dato per scontato l’apertura della procedura europea per disavanzo eccessivo (insieme a diversi altri Paesi) dopo il 2023 che si è chiuso al 7,2%, come certificato dall’Istat. Per l’anno in corso il rapporto dipenderà dai dati sul superbonus riferiti allo sconto in fattura e cessione del credito per le spese sostenute 2023, che l’Agenzia delle Entrate sta trasmettendo in queste ore al Ministero. Il rapporto debito/pil 2024 dovrebbe salire rispetto al 137,3% dello scorso anno (dato Istat), ma collocarsi leggermente al di sotto della stima della Nadef che era al 140,1%. Va considerato che in presenza della procedura per deficit eccessivo non si applica la regola europea di riduzione del rapporto debito/pil dell’1% l’anno.

Bollette, Arera lancia motore di ricerca web per Maggior Tutela

Bollette, Arera lancia motore di ricerca web per Maggior TutelaRoma, 5 apr. (askanews) – Arera, l’autorità di regolazione per energia, reti e ambiente riferisce di aver reso disponibile sul suo sito internet un motore di ricerca “per trovare in modo facile e veloce, inserendo il nome del Comune, il fornitore a cui richiedere il rientro in Maggior Tutela per l’elettricità”.


L’esigenza, spiega l’autorità con una nota, nasce dal fatto che dal primo luglio i clienti domestici che saranno ancora serviti in Maggior tutela passeranno automaticamente nel Servizio a Tutele Graduali e i clienti domestici vulnerabili continueranno ad essere serviti in Maggior tutela anche dopo tale scadenza. I clienti che si trovano nel mercato libero potrebbero quindi voler ritornare nel servizio di Maggior Tutela. I clienti domestici elettrici che si trovano nel mercato libero, infatti, hanno il diritto di rientrare nel servizio di Maggior Tutela fino al 30 giugno 2024, rivolgendosi all’esercente il servizio nel Comune in cui si trova la fornitura.


Per aiutare i clienti che non conoscono il nome dell’esercente il servizio di Maggior Tutela nella zona in cui desiderano cambiare il fornitore, l’Arera ha realizzato un motore di ricerca che in pochi click consente di trovare il fornitore e il link alle pagine che contengono le istruzioni per il rientro dal mercato libero al tutelato. Oltre all’utilizzo delle pagine web dell’Autorità, è sempre possibile richiedere informazioni anche telefonicamente, utilizzando il numero verde gratuito dello Sportello per il Consumatore Energia e Ambiente di Arera (800 166 654). (Immagine da sito Arera).

Bankitalia conferma le stime del Pil, migliora quelle sul mercato del lavoro e taglia l’inflazione

Bankitalia conferma le stime del Pil, migliora quelle sul mercato del lavoro e taglia l’inflazioneRoma, 5 apr. (askanews) – Più luci che ombre nelle ultime proiezioni macroeconomiche della Banca d’Italia. L’istituzione di Via Nazionale ha sostanzialmente confermato le attese di crescita economica, mentre ha migliorato sia quelle sull’inflazione che quelle sul mercato del lavoro.


Per quest’anno l’esercizio conferma la previsione di crescita del Pil allo 0,6%, mentre ha limato all’1% la stima di espansione del 2025 e ha ritoccato al rialzo all’1,2% quella sul 2026. Lo scorso dicembre Bankitalia indicava 1,1% di crescita sia sul 2025 che sul 2026. “I rischi per la crescita sono orientati al ribasso – precisa lo studio -. Una crescita più contenuta potrebbe manifestarsi se lo scarso dinamismo del commercio mondiale persistesse più a lungo, in connessione con l’incertezza che caratterizza la ripresa dell’economia cinese e con un eventuale aggravarsi delle tensioni politiche internazionali. L’impatto della restrizione monetaria potrebbe inoltre essere più accentuato del previsto e incidere più intensamente sulla domanda interna”. Inoltre, “il progressivo ridimensionamento degli incentivi alla riqualificazione delle abitazioni potrebbe tradursi in una correzione dell’attività nel comparto edilizio più marcata di quanto previsto”. Bankitalia ha poi consistentemente rivisto al ribasso la previsione di inflazione sull’insieme di quest’anno, all’1,3% ora, a fronte dell’1,9% indicato tre mesi fa. L’istituzione ha limato all’1,7% (dal precedente 1,8%) la stima sull’inflazione del prossimo anno mentre ha confermato all’1,7% quella sul 2026. “I rischi per l’inflazione sono bilanciati – dice Bankitalia -. Pressioni al rialzo potrebbero manifestarsi qualora un aggravarsi delle tensioni internazionali inducesse nuovi rincari delle materie prime e dei beni intermedi. Per contro, la possibilità di un deterioramento dello scenario internazionale e di un impatto più marcato della restrizione monetaria potrebbero tradursi in un andamento meno favorevole della domanda con ripercussioni al ribasso su salari, margini di profitto e inflazione al consumo”.


Passando al mercato del lavoro, lo studio stima che il tasso di disoccupazione cali al 7,5% quest’anno, rimanga allo stesso livello nel 2025 e si limi ulteriormente al 7,4% il prossimo anno. Tre mesi fa Banklitalia prevedeva 7,7% quest’anno, 7,6% il prossimo e 7,4% nel 2026. Nel 2023 la disoccupazione viene indicata al 7,6%. “Il tasso di disoccupazione scenderebbe lentamente portandosi al 7,4 per cento nel 2026, oltre 5 punti in meno rispetto ai picchi toccati successivamente alla crisi del debito un decennio fa”, rileva Bankitalia. Per l’occupazione è attesa una crescita sul numero di occupati dello 0,9% quest’anno, dello 0,4% il prossimo e dello 0,5% nel 2026. Valori espansivi ma inferiori alla contestuale crescita del Pil. Guardando agli elementi sottostanti, secondo l’analisi in Italia i consumi delle famiglie, dopo la forte diminuzione registrata alla fine del 2023, “sarebbero tornati a crescere nel primo trimestre e continuerebbero ad aumentare in seguito a tassi lievemente superiori a quelli del Pil, beneficiando del recupero del potere d’acquisto. Gli investimenti rallenterebbero marcatamente, frenati dal rialzo dei costi di finanziamento, da condizioni più rigide di accesso al credito e dal ridimensionamento degli incentivi alla riqualificazione delle abitazioni”.


“L’effetto di questi fattori verrebbe in parte compensato dall’impulso delle misure del Pnrr. Le esportazioni si espanderebbero in linea con l’andamento della domanda estera, mentre le importazioni crescerebbero in misura più contenuta – conclude Bankitalia – risentendo della debolezza della spesa per investimenti. Il saldo di conto corrente della bilancia dei pagamenti, tornato positivo già nello scorso anno, continuerebbe a migliorare, avvicinandosi al 2 per cento in rapporto al Pil nel 2026”.