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Bce, Panetta: si stanno realizzando le condizioni per allentamento

Bce, Panetta: si stanno realizzando le condizioni per allentamentoRoma, 28 mar. (askanews) – Nell’area euro “si stanno realizzando le condizioni per avviare un allentamento monetario” da parte della Bce. Lo afferma il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua relazione all’Assemblea dei partecipati al capitale, sul bilancio 2023 dell’istituzione, che torna così a lanciare un richiamo sul futuro atteso taglio dei tassi.


“La congiuntura globale continua a essere debole. Il ristagno del commercio internazionale e l’incertezza sollevata dalle tensioni geopolitiche pesano sull’attività economica”, ha detto. “La politica monetaria restrittiva della Banca centrale europea sta comprimendo la domanda e contribuisce, insieme al calo dei prezzi energetici, alla rapida diminuzione dell’inflazione. I rischi per la stabilità dei prezzi si sono ridimensionati – ha rilevato – e si stanno realizzando le condizioni per avviare un allentamento monetario”.

Confindustria: sfida su voti tra Garrone e Orsini, Gozzi non si arrende

Confindustria: sfida su voti tra Garrone e Orsini, Gozzi non si arrendeRoma, 27 mar. (askanews) – Ad una settimana dal voto per il nuovo presidente di Confindustria la tensione all’interno dell’associazione resta alta. L’imprenditore ligure Antonio Gozzi non si sarebbe arreso e sarebbe intenzionato a portare avanti la sua battaglia contro l’esclusione dalla gara. Secondo quanto si apprende avrebbe presentato un nuovo ricorso al collegio dei probiviri. L’incontro di ieri, proprio con i probiviri, non sarebbe stato giudicato soddisfacente da Gozzi che vorrebbe ulteriori chiarimenti sulle delibere non considerate idonee dai saggi.


Prosegue intanto la sfida tra Emanuele Orsini ed Edoardo Garrone in vista del voto di designazione del 4 aprile. La potente Assolombarda si è già schierata con Garrone e anche parte del Veneto avrebbe espresso il suo consenso per l’industriale ligure che ieri avrebbe incassato l’appoggio degli imprenditori di Genova. Con Garrone anche gran parte del Piemonte e della Romagna. Orsini dalla sua ha il Lazio con Unindustria e potrebbe contare sull’appoggio di Toscana, Emilia e di parte delle associazioni del Sud. Anche Confindustria Veneto Est – secondo quanto trapelato dopo la riunione del consiglio generale guidata dal presidente, Leopoldo Destro – sarebbe orientata a sostenerlo pur non essendoci una delibera ufficiale. La partita si giocherà tutta, giovedì prossimo, nel segreto dell’urna quando i 185 membri del parlamentino di Confindustria dovranno designare il successore di Carlo Bonomi. Per acquisire lo status di presidente designato è necessario conseguire almeno la metà più uno dei voti dei presenti, senza tener conto degli astenuti e delle schede bianche. Si calcolano, invece, le schede nulle. Per l’elezione vera e propria da parte dell’assemblea bisognerà aspettare il 23 maggio.


Mlp

Accordo Ue su un freno d’emergenza all’import agricolo dall’Ucraina

Accordo Ue su un freno d’emergenza all’import agricolo dall’UcrainaBruxelles, 27 mar. (askanews) – Accordo tra i Ventisette sulle nuove misure di salvaguardia (“misure commerciali autonome”) da attivare in caso di improvvisi aumenti delle importazioni agricole di determinati prodotti dall’Ucraina nell’Ue, al di là dei volumi medi registrati fino alla fine del 2023, ma a partire dalla seconda metà del 2021 e non più dall’inizio del 2022. Nella riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue (Coreper, l’organismo tecnico che prepara le riunioni ministeriali del Consiglio) che si è tenuta oggi a Bruxelles, un numero di paesi sufficiente a raggiungere la maggioranza qualificata ha sostenuto il nuovo compromesso proposto dalla presidenza semestrale di turno belga. Si sono opposti solo Ungheria e Slovacchia, con l’astensione della Bulgaria.


“Gli ambasciatori dell’Ue hanno concordato un nuovo compromesso sull’estensione delle misure commerciali autonome (Atm) per l’Ucraina, garantendo un approccio equilibrato tra il sostegno all’Ucraina e la protezione dei mercati agricoli dell’Unione europea. Questo compromesso sarà ora presentato al Parlamento europeo in vista di un rapido accordo”, ha scritto sul suo account X (ex Twitter) la presidenza di turno belga del Consiglio Ue. La proposta originaria della Commissione europea prevedeva di continuare fino a giugno 2025 il regime a dazi zero (adottato nel giugno 2022) per le importazioni agricole dall’Ucraina, ma aggiungendo un meccanismo di salvaguardia (un “freno di emergenza”) per i prodotti più “sensibili”: uova, zucchero e pollame.


La Commissione proponeva l’attivazione automatica del meccanismo di salvaguardia, con la re-imposizione dei vecchi dazi esistenti prima dell’invasione russa, in caso di superamento dei volumi medi delle importazioni che erano stati registrati per questi prodotti negli anni 2022-23. L’accordo provvisorio raggiunto la settimana scorsa dal Consiglio Ue con il Parlamento aveva sensibilmente indurito la posizione dell’Unione, aggiungendo altri quattro prodotti alla lista delle importazioni “sensibili” dall’Ucraina (miele, mais, avena e semole). Non solo: il tempo di reintroduzione dei dazi in caso di superamento delle soglie veniva accorciato da 21 a 14 giorni. Inoltre, si chiedeva alla Commissione di impegnarsi a rafforzare il proprio monitoraggio delle importazioni per quanto riguarda il grano e altri cereali, per individuare eventuali “perturbazioni di mercato”, che possono giustificare misure (non automatiche) atte a porvi rimedio. Questi termini dell’accordo provvisorio erano stati tuttavia contestati nei giorni successivi da diversi paesi, a cominciare da quelli dell’Est (Polonia, Ungheria e Slovacchia), più esposti agli effetti deleteri di eventuali impennate delle importazioni dalla vicina Ucraina. Francia, Ungheria e Lettonia avevano chiesto di aggiungere anche i cereali (grano e orzo) nella lista delle importazioni “sensibili”. La Francia, inoltre, chiedeva di calcolare i volumi medi delle importazioni tenendo conto anche del 2021, l’anno precedente alla guerra, in cui erano state più basse che negli anni successivi. Questo avrebbe abbassato sensibilmente la soglia di attivazione del freno d’emergenza. La presidenza belga, alla fine, ha in parte tenuto conto della richiesta francese, estendendo la base per calcolare i volumi normali delle importazioni dall’Ucraina, ma solo alla seconda metà del 2021, e non a tutto l’anno. Il grano e gli altri cereali, invece, restano fuori dalla lista delle importazioni “sensibili”, ma rimane il monitoraggio da parte della Commissione con la possibilità di adottare misure per rimediare a eventuali turbative di mercato per questi prodotti, e anche per i semi oleosi.


Secondo fonti diplomatiche a Bruxelles, durante il dibattito in Coreper “l’Italia ha sottolineato la propria flessibilità per prendere in dovuta considerazione sia i bisogni dell’Ucraina che le preoccupazioni espresse dagli altri Stati membri e dal settore agricolo”. L’Italia ha quindi appoggiato la proposta della presidenza belga (con l’estensione del periodo di riferimento) e “ha chiesto e ottenuto – riferiscono le fonti – una dichiarazione della Commissione per un monitoraggio rafforzato degli impatti delle importazioni di grano e cereali dall’Ucraina, con l’attivazione delle salvaguardie generali, ovvero quelle normalmente previste, non quelle automatiche, anche se i problemi che si dovessero verificare riguardassero solo uno Stato membro”.


La modifica dell’accordo provvisorio della settimana scorsa richiederà ora una nuova lettura con l’approvazione da parte del Parlamento europeo, che dovrà avvenire assai rapidamente, visto che a fine aprile comincia la pausa pre-elettorale dei lavori dell’Assemblea, e che le nuove misure sulle importazioni dall’Ucraina dovranno entrare in vigore alla scadenza di quelle attuali, il 6 giugno prossimo.

Accordo Ue su freno d’emergenza per import agricolo da Ucraina

Accordo Ue su freno d’emergenza per import agricolo da UcrainaBruxelles, 27 mar. (askanews) – Accordo tra i Ventisette sulle nuove misure di salvaguardia (“misure commerciali autonome”) da attivare in caso di improvvisi aumenti delle importazioni agricole di determinati prodotti dall’Ucraina nell’Ue, al di là dei volumi medi registrati fino alla fine del 2023, ma a partire dalla seconda metà del 2021 e non più dall’inizio del 2022.


Nella riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue (Coreper, l’organismo tecnico che prepara le riunioni ministeriali del Consiglio) che si è tenuta oggi a Bruxelles, un numero di paesi sufficiente a raggiungere la maggioranza qualificata ha sostenuto il nuovo compromesso proposto dalla presidenza semestrale di turno belga. Si sono opposti solo Ungheria e Slovacchia, con l’astensione della Bulgaria. “Gli ambasciatori dell’Ue hanno concordato un nuovo compromesso sull’estensione delle misure commerciali autonome (Atm) per l’Ucraina, garantendo un approccio equilibrato tra il sostegno all’Ucraina e la protezione dei mercati agricoli dell’Unione europea. Questo compromesso sarà ora presentato al Parlamento europeo in vista di un rapido accordo”, ha scritto sul suo account X (ex Twitter) la presidenza di turno belga del Consiglio Ue.


La proposta originaria della Commissione europea prevedeva di continuare fino a giugno 2025 il regime a dazi zero (adottato nel giugno 2022) per le importazioni agricole dall’Ucraina, ma aggiungendo un meccanismo di salvaguardia (un “freno di emergenza”) per i prodotti più “sensibili”: uova, zucchero e pollame. La Commissione proponeva l’attivazione automatica del meccanismo di salvaguardia, con la re-imposizione dei vecchi dazi esistenti prima dell’invasione russa, in caso di superamento dei volumi medi delle importazioni che erano stati registrati per questi prodotti negli anni 2022-23.


L’accordo provvisorio raggiunto la settimana scorsa dal Consiglio Ue con il Parlamento aveva sensibilmente indurito la posizione dell’Unione, aggiungendo altri quattro prodotti alla lista delle importazioni “sensibili” dall’Ucraina (miele, mais, avena e semole). Non solo: il tempo di reintroduzione dei dazi in caso di superamento delle soglie veniva accorciato da 21 a 14 giorni. Inoltre, si chiedeva alla Commissione di impegnarsi a rafforzare il proprio monitoraggio delle importazioni per quanto riguarda il grano e altri cereali, per individuare eventuali “perturbazioni di mercato”, che possono giustificare misure (non automatiche) atte a porvi rimedio. Questi termini dell’accordo provvisorio erano stati tuttavia contestati nei giorni successivi da diversi paesi, a cominciare da quelli dell’Est (Polonia, Ungheria e Slovacchia), più esposti agli effetti deleteri di eventuali impennate delle importazioni dalla vicina Ucraina. Francia, Ungheria e Lettonia avevano chiesto di aggiungere anche i cereali (grano e orzo) nella lista delle importazioni “sensibili”. La Francia, inoltre, chiedeva di calcolare i volumi medi delle importazioni tenendo conto anche del 2021, l’anno precedente alla guerra, in cui erano state più basse che negli anni successivi. Questo avrebbe abbassato sensibilmente la soglia di attivazione del freno d’emergenza.


La presidenza belga, alla fine, ha in parte tenuto conto della richiesta francese, estendendo la base per calcolare i volumi normali delle importazioni dall’Ucraina, ma solo alla seconda metà del 2021, e non a tutto l’anno. Il grano e gli altri cereali, invece, restano fuori dalla lista delle importazioni “sensibili”, ma rimane il monitoraggio da parte della Commissione con la possibilità di adottare misure per rimediare a eventuali turbative di mercato per questi prodotti, e anche per i semi oleosi. Secondo fonti diplomatiche a Bruxelles, durante il dibattito in Coreper “l’Italia ha sottolineato la propria flessibilità per prendere in dovuta considerazione sia i bisogni dell’Ucraina che le preoccupazioni espresse dagli altri Stati membri e dal settore agricolo”. L’Italia ha quindi appoggiato la proposta della presidenza belga (con l’estensione del periodo di riferimento) e “ha chiesto e ottenuto – riferiscono le fonti – una dichiarazione della Commissione per un monitoraggio rafforzato degli impatti delle importazioni di grano e cereali dall’Ucraina, con l’attivazione delle salvaguardie generali, ovvero quelle normalmente previste, non quelle automatiche, anche se i problemi che si dovessero verificare riguardassero solo uno Stato membro”. La modifica dell’accordo provvisorio della settimana scorsa richiederà ora una nuova lettura con l’approvazione da parte del Parlamento europeo, che dovrà avvenire assai rapidamente, visto che a fine aprile comincia la pausa pre-elettorale dei lavori dell’Assemblea, e che le nuove misure sulle importazioni dall’Ucraina dovranno entrare in vigore alla scadenza di quelle attuali, il 6 giugno prossimo.

Confindustria Veneto Est sostiene Orsini per il dopo Bonomi

Confindustria Veneto Est sostiene Orsini per il dopo BonomiRoma, 27 mar. (askanews) – Confindustria Veneto Est sostiene Emanuele Orsini nella corsa per la successione a Carlo Bonomi. E’ quanto trapelato al termine della riunione del consiglio presieduto da Leopoldo Destro, presidente di Confindustria Veneto Est. La riunione, tenutasi nella sede veneziana dell’associazione, ha dato un segnale di rinnovata compattezza associativa. È’ stata fatta una sintesi del confronto di questi mesi ed è arrivato un chiaro segnale di unità sulla scelta del candidato in vista del voto del prossimo 4 aprile. Confindustria Veneto Est esprime 10 voti in consiglio generale.

Commissione Ue propone nuove iniziative per la “laurea europea”

Commissione Ue propone nuove iniziative per la “laurea europea”Bruxelles, 27 mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato oggi tre iniziative non legislative (una comunicazione e due proposte di raccomandazione del Consiglio Ue) che mirano all’obiettivo di creare una “laurea europea” per i tre livelli dell’insegnamento superiore (laurea di primo livello, master e dottorato), basata su accordi volontari tra università, pubbliche o private, di almeno due diversi Stati membri, su programmi congiunti istituiti dai diversi istituti partecipanti e su un insieme comune di criteri concordati a livello europeo.


L’Esecutivo comunitario ha un campo di azione molto limitato nel settore dell’istruzione, che è di competenza esclusiva degli Stati membri, eccetto per il riconoscimento transfrontaliero dei diplomi e delle qualifiche. Tuttavia, i due membri della Commissione che, in conferenza stampa oggi a Bruxelles, hanno presentato le iniziative, il vicepresidente Margaritis Schinas e la commissaria alla Ricerca, Cultura e Istruzione, Iliana Ivanova, si sono mostrati ottimisti sul loro successo, e sull’accoglienza che avrà da parte del mondo accademico europeo. Secondo la Commissione, una “laurea europea” volontaria per i tre diversi livelli dell’istruzione superiore andrebbe a vantaggio degli studenti, perché stimolerebbe la mobilità per l’apprendimento all’interno dell’Ue e potenzierebbe le competenze trasversali degli studenti stessi. Contribuirebbe, inoltre, a soddisfare la domanda del mercato del lavoro e a rendere i laureati più interessanti per i futuri datori di lavoro, e attirerebbe studenti provenienti dai paesi terzi in tutto il mondo, promuovendo i talenti e rafforzando la competitività del sistema europeo a livello globale.


Le tre iniziative varate oggi affrontano gli ostacoli giuridici e amministrativi che impediscono alle università partner di istituire programmi congiunti di corsi di laurea, di master o di dottorato competitivi. Le proposte rispettano pienamente l’autonomia istituzionale e la libertà accademica delle università, e le competenze degli Stati membri e dei governi regionali nel settore dell’istruzione superiore. Il pacchetto comprende una comunicazione su un piano per una laurea europea, e due proposte di raccomandazioni del Consiglio Ue a sostegno del settore dell’istruzione superiore: la prima mira a migliorare i processi di garanzia della qualità e il riconoscimento automatico delle qualifiche nell’istruzione superiore; la seconda a rendere le carriere accademiche “più attraenti e sostenibili”, spiega la Commissione.


La comunicazione propone un percorso concreto di cooperazione tra gli Stati membri dell’Ue e il settore dell’istruzione superiore per portare alla creazione di una laurea europea riconosciuta automaticamente in tutta l’Ue. Data la diversità dei sistemi europei di istruzione superiore in Europa, la Commissione propone un approccio graduale per gli Stati membri verso un diploma europeo, con due possibilità, cominciando con un’”etichetta europea” preparatoria, una sorta di marchio europeo di qualità che verrà assegnato a programmi comuni di laurea, di master o di dottorato che soddisfino i criteri europei proposti. Gli studenti in questo caso riceveranno un certificato con il marchio europeo insieme al loro normale diploma. Appena possibile, si potrà realizzare la seconda possibilità, quella della “laurea europea” vera e propria. Questo nuovo tipo di qualifica, basata su criteri comuni e ancorato alle legislazioni nazionali, sarebbe assegnato congiuntamente da più università di paesi diversi o eventualmente da un soggetto giuridico europeo istituito da queste università. Gli studenti riceveranno in questo caso una “laurea europea” automaticamente riconosciuta.


La Commissione agevolerà e sosterrà gli Stati membri nei lavori per il conseguimento di quest’obiettivo attraverso una serie di azioni concrete, tra cui un “laboratorio strategico europeo”, sostenuto dal programma di mobilità universitaria Erasmus +, che sarà istituito nel 2025 per coinvolgere gli Stati membri e la comunità dell’istruzione superiore nell’elaborazione di orientamenti per il conseguimento della laurea europea. Nel 2025 la Commissione prevede di avviare “progetti di percorso europeo” dei corsi laurea, master e dottorato, nell’ambito del programma Erasmus+, per fornire incentivi finanziari agli Stati membri, insieme alle loro agenzie di accreditamento e di certificazione della qualità, alle università, agli studenti e alle parti economiche e sociali, affinché intraprendano il percorso verso un diploma europeo. Tra le altre due iniziative della Commissione, la prima proposta di raccomandazione del Consiglio Ue riguarda un nuovo sistema europeo del riconoscimento della qualità nell’istruzione superiore, per migliorare le prestazioni delle università. Gli Stati membri sono invitati ad adottare misure per consentire agli istituti di istruzione superiore di adattare più rapidamente i programmi offerti alle esigenze della società. I programmi transnazionali garantiti di qualità saranno automaticamente riconosciuti in tutta l’Ue. La seconda proposta di raccomandazione del Consiglio Ue riguarda le carriere nell’istruzione superiore, e mira a garantire al personale impegnato in attività transfrontaliere e in metodi di insegnamento innovativi il riconoscimento e la ricompensa che merita da parte dei sistemi nazionali di istruzione. Il pacchetto sarà discusso con il Consiglio Ue e con i principali portatori di interessi nel settore dell’istruzione superiore nei prossimi mesi. La Commissione invita il Consiglio, gli Stati membri, le università, gli studenti e le parti economiche e sociali a collaborare per rendere la laurea europea una realtà. Loc

La Fiom su Stellantis: altri 1.087 esuberi, non firmiamo

La Fiom su Stellantis: altri 1.087 esuberi, non firmiamoRoma, 27 mar. (askanews) – “Dopo Mirafiori, Cassino e Pratola Serra, oggi si sono svolti gli incontri negli stabilimenti di Melfi, Pomigliano D’Arco, Termoli, Cento e Verrone in cui Stellantis ha dichiarato complessivamente 1.087 esuberi. In particolare saranno 500 a Melfi, 424 a Pomigliano, 121 a Termoli, 30 a Cento, 12 a Verrone. In questo modo, tra gli incontri di ieri e di oggi, si arriva ad un totale di 3.597 uscite.


La Fiom-Cgil non ha firmato l’accordo sindacale che sta portando alle uscite incentivate in Stellantis. E’ sempre più evidente il piano di dismissione industriale di Stellantis dall’Italia, mascherato dall’esigenza di far fronte alla transizione”. È quanto dichiara in una nota Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità. “La situazione si sta dimostrando ancora più grave di quella che già avevamo denunciato e che, tra l’altro, ha portato alla dichiarazione di sciopero unitario il 12 aprile a Torino. Il Governo deve assolutamente intervenire in vista dei tavoli della prossima settimana. Stellantis sta dimostrando di volere proseguire nella sua strategia di svuotamento degli stabilimenti e di disimpegno dal nostro Paese” afferma il dirigente Fiom. “Gli obiettivi dei tavoli automotive al Mimit della prossima settimana risultano fortemente indeboliti. Gli incentivi, le agevolazioni, le risorse pubbliche non possono essere riconosciuti ad un’azienda che non ha nessuna intenzione di investire in Italia: di non garantire adeguati volumi produttivi né gli stabilimenti, di non investire in ricerca e sviluppo e di non tutelare l’occupazione” prosegue Lodi. “La Fiom-Cgil, coerentemente, non sta firmando nemmeno a livello territoriale gli accordi sugli esuberi. Non c’è più tempo da perdere. E’ urgente che venga convocato un incontro a Palazzo Chigi con la Presidente del Consiglio e l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares. E’ ora che tutti si assumano le proprie responsabilità per salvare l’automotive in Italia”.

Confindustria, da Gozzi ricorso ai probiviri contro esclusione

Confindustria, da Gozzi ricorso ai probiviri contro esclusioneRoma, 27 mar. (askanews) – Non si ferma la battaglia di Antonio Gozzi contro l’esclusione dalla corsa per la presidenza di Confindustria. Gozzi, secondo quanto si apprende, avrebbe presentato un nuovo ricorso, firmato in qualità di presidente di Federacciai, al collegio dei probiviri. L’incontro di ieri con i probiviri, durato oltre due ore, non sarebbe stato giudicato soddisfacente dall’industriale ligure. Sembra che a suo sostegno siano arrivati ricorsi anche da associazioni e da singoli industriali che lo sostengono.


Nel mirino di Gozzi quelle delibere a suo favore giudicate non idonee dai saggi della commissione di designazione. Nella relazione al consiglio generale del 21 marzo, i saggi avevano certificato per Gozzi un consenso inferiore alla soglia del 20%. Soglia necessaria per l’ammissione di diritto al voto del consiglio generale che il 4 aprile designerà il prossimo presidente di Confindustria. Per il presidente di Federacciai il gradimento si fermava al 13,36%. Considerando le delibere “tardive” e “formalmente non idonee” il consenso riscontrato dai saggi si attestava al 15,94%. Per gli altri imprenditori in gara, Edoardo Garrone ed Emanuele Orsini, i livelli di sostegno registrati nel giro di consultazioni con la base associativa erano invece superiori al 20%. Mlp

Ita Airways, per presidente matrimonio con Lufthansa s’ha da fare

Ita Airways, per presidente matrimonio con Lufthansa s’ha da fareFiumicino, 27 mar. (askanews) – Il matrimonio tra Ita Airways e Lufthansa s’ha da fare. Ne è convinto il presidente della compagnia aerea italiana, Antonino Turicchi, che presentando i conti del 2023 ha detto chiaramente che non esiste un “Piano B” nel caso in cui l’operazione con il gruppo tedesco dovesse fallire. “Non abbamo un piano B – ha detto – perché crediamo fortemente nel Piano A e la dimostrazione sono i risultati”. Intanto Ita Airways riesce ad agganciare la forte ripresa che ha registrato il trasporto aereo dopo la fine delle restrizioni causate dal Covid, chiudendo lo scorso anno in break even a livello di utile operativo e quasi azzerando le perdite nette.


“Siamo convinti che l’operazione abbia ancora un’elevata probabilità. Crediamo fortemente in questo matrimonio – ha spiegato il presidente di Ita Airways incalzato dai giornalisti dopo i dubbi espressi dalla Commissione europea sull’operazione -. Se la sposa comincia a guardarsi a destra e a sinistra è una sposa chiaccherata”. E proprio sul confronto con Bruxelles, Turicchi ha rivelato di avere “forti elementi da evidenziare” a favore dell’operazione, anche perché le obiezioni avanzate non sono definitive ma fanno parte di un processo che dovrebbe concludersi il 6 giugno, anche se è possibile uno slittamento al 26-27 dello stesso mese. “Non è un’operazione fatta per salvare Ita – ha aggiunto – ma per portare alla crescita di Ita e farla diventare più competitiva, nata dalla condivisione di un piano di sviluppo non di salvataggio. Questo è un elemento da evidenziare con le interlocuzioni con Bruxelles”.


“Qui non ci sono aiuti di stato da parte di nessuno, siamo in un’operazione sostanzialmente di mercato che non va a compromettere la concorrenza – ha proseguito -. Riteniamo che i problemi per i consumatori siano maggiori di fronte a una riduzione di offerta, qui l’offerta aumenta”. Uno dei nodi dell’operazione sono gli slot che le due compagnie dovrebbero cedere per il via libera di Bruxelles. Anche su questo punto, Turicchi si è dimostrato dialogante: “sulla cessione degli slot non abbiamo messo asticelle, siamo aperti al confronto. Quando si tratterà di discuterne, metteremo un numero di slot che riterremo sufficiente per fronteggiare le preoccupazioni della Commissione Ue”.


Per quanto riguarda i conti del 2023 e l’andamento dell’anno in corso, la compagnia ha chiuso lo scorso anno con una perdita netta di 5 milioni di euro, in miglioramento di 481 milioni rispetto al 2022. In crescita anche i ricavi, attestati a 2,4 miliardi di euro (in crescita di 900 milioni), e l’Ebitda attestato a 70 milioni di euro. Al 31 dicembre scorso, la cassa risulta pari a 450 milioni di euro, 22 milioni in più rispetto al 2022. Il patrimonio netto si attesta a 750 milioni di euro. Sul fronte passeggeri, nel 2023 la compagnia ha trasportato 15 milioni di passeggeri, di cui 10 milioni su Fiumicino e quasi 4-5 milioni su Linate, con un incremento del 47% e un andamento brillante dell’internazionale. Nei primi mesi dell’anno in corso si conferma l’andamento positivo delle performance della compagnia, con un aumento dei ricavi del 41%. Dati che, ha detto il dg Andrea Benassi, “ci fanno ben sperare sull’intero anno”.

Giorgetti: se il Mef cede la sua quota di Poste Italiane introiti per circa 4,4 miliardi

Giorgetti: se il Mef cede la sua quota di Poste Italiane introiti per circa 4,4 miliardiRoma, 27 mar. (askanews) – Le operazioni di dismissione che il governo metterà in atto, per avere un introito di circa 20 miliardi in tre anni, come riporta la Nadef “non prevedono, in nessun caso, la cessione del controllo da parte del Mef sulle società interessate, ma solo di quote di minoranza, in linea con le più recenti esperienze realizzate nel nostro paese”. Lo ha affermato il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, in audizione nelle Commissioni bilancio e trasporti della Camera sull’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel capitale di Poste italiane Spa.


“Il perseguimento di un approccio secondo questa linea di indirizzo consentirà – ha aggiunto – da un lato, il mantenimento di un presidio pubblico a tutela di settori e interessi pubblici strategici e, dall’altro, il rafforzamento, la valorizzazione e lo sviluppo delle società interessate, che sarà favorito dall’apertura del capitale ad azionisti terzi o dall’ampliamento del flottante nel caso delle società quotate”. Non rientra in questo quadro la gestione di Monte dei Paschi di Siena “rispetto alla quale esiste uno specifico impegno nei confronti della Commissione Europea alla dismissione del controllo da parte dello Stato”. Se il Mef dovesse cedere l’intera quota detenuta direttamente in Poste Italiane, pari al 29%, l’introito si aggira attorno a 4,4 miliardi di euro.


“Sotto il profilo finanziario, le risorse che potranno essere ottenute dalla realizzazione dell’operazione dipenderanno dall’ammontare della quota che sarà collocata sul mercato. Laddove si procedesse alla cessione dell’intera partecipazione direttamente detenuta dal MEF – ha spiegato -, ferme rimanendo le valutazioni che potranno essere effettuate in merito al mantenimento della partecipazione pubblica maggioritaria nel capitale, il controvalore desunto sulla base dei più recenti dati di mercato disponibili potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi. Valore, tuttavia, che non può prescindere dalla tempistica di realizzazione dell’operazione, che va inquadrata nell’orizzonte triennale 2024-2026 cui ho accennato in precedenza”. “Il Mef realizzerà l’operazione nel momento più adeguato alla massimizzazione dell’introito realizzabile, cercando di conciliare le condizioni del mercato con le esigenze di finanza pubblica”. La cessione della quota del Mef in Poste attualmente è prevista all’interno del triennio 2024-2026, il periodo coperto dalla Nadef. Ma “alla luce dell’aggiornamento delle previsioni che sarà operato a breve con la pubblicazione del Def, valuteremo l’opportunità – ha aggiunto il Ministro – di modificare la tempistica prevista per conseguire un profilo del rapporto debito/PIL coerente con gli impegni programmatici già prestabiliti”.


Gli introiti dalla cessione della quota del Mef in Poste Italiane consentirà di ridurre il debito pubblico con conseguente risparmio in termini di spesa per interessi valutabile in circa 200 milioni di euro l’anno. “La valutazione complessiva dell’operazione deve tenere conto – ha spiegato il Ministro – sia del fatto che le risorse ottenibili dalla dismissione si concretizzeranno in una riduzione del debito pubblico che, a sua volta, consentirà di ottenere un risparmio in termini di spesa per interessi passivi pari a circa 200 milioni annui; ma anche degli effetti positivi sulle performance aziendali connesse a tali operazioni”.


L’operazione di cessione della quota del Mef in Poste Italiane “consentirà di accrescere ulteriormente il flottante, ampliando la compagine azionaria anche a nuovi investitori qualificati così da realizzare un prevedibile rafforzamento del titolo e un conseguente beneficio per lo Stato”. “In un quadro più generale – ha aggiunto il MInistro -, è opportuno considerare anche gli effetti dell’operazione sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali ed esteri verso l’Italia, che potrebbero risultare in un miglioramento dell’appetibilità del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito”. “Il Piano industriale di Poste Italiane presentato lo scorso 20 marzo dalla società non contempla alcun impatto negativo” in termini di effetti sull’occupazione dalla cessione dellas quota del Mef “ma sarà cura del Governo monitorare le decisioni aziendali, al fine di garantirne la salvaguardia” ha affermato il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti. “Ritengo pertanto che l’operazione di dismissione della partecipazione in Poste Italiane – ha concluso -, se analizzata in maniera compiuta e da diversi angoli di visione, non possa non risultare conveniente e utile nella realizzazione del programma di dismissioni presentato dal Governo”.