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Luce e gas costano come nel 2021 ma le bollette sono più care di 328 euro

Luce e gas costano come nel 2021 ma le bollette sono più care di 328 euro

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La Cgil: 5,7 milioni di dipendenti guadagnano meno di 11mila euro lordi

La Cgil: 5,7 milioni di dipendenti guadagnano meno di 11mila euro lordiRoma, 16 mar. (askanews) – Sono 5,7 milioni i dipendenti che guadagnano in media meno di 11 mila euro lordi annui, ma la fascia del lavoro a bassa retribuzione è ancora più ampia con oltre 2 milioni di dipendenti con salari medi inferiori ai 17 mila euro annui. È quanto rileva uno studio dell’Ufficio Economia dell’Area Politiche per lo Sviluppo della Cgil Nazionale nel quale si analizzano le cause dei bassi salari in Italia a partire dalla discontinuità lavorativa, dal part time e dalla precarietà contrattuale.


Innanzitutto, dal confronto tra le maggiori economie dell’Eurozona (dati Ocse, lavoratore tempo pieno equivalente) emerge come nel 2022 il salario medio in Italia si sia attestato a 31,5 mila euro lordi annui, un livello nettamente più basso rispetto a quelli tedesco (45,5 mila) e francese (41,7 mila). A determinare un minore salario medio in Italia concorrono una maggior quota delle professioni non qualificate, l’alta incidenza del part time involontario (57,9%, la più alta di tutta l’Eurozona) e del lavoro a termine (16,9%) con una forte discontinuità lavorativa. Nel 2022 oltre la metà dei rapporti di lavoro cessati ha avuto una durata fino a 90 giorni. In sostanza, benché in Italia si lavori comparativamente di più in termini orari, i salari medi e la loro quota sul Pil sono notevolmente più bassi. Nel 2022, il salario medio dei 16.978.425 lavoratori dipendenti del settore privato con almeno una giornata retribuita nell’anno (dati Inps, esclusi agricoli e domestici) si è attestato a 22.839 mila euro lordi annui. Il 59,7% di questa platea ha salari medi inferiori alla media generale, ed è composto da oltre 7,9 mln di dipendenti discontinui e da oltre 2,2 milioni di lavoratori part time per l’anno intero. La differenza tra la media salariale del settore pubblico e quello del settore privato è determinata in buona parte dal minor peso del part-time e della precarietà nei settori pubblici. Inoltre, dallo studio emerge come i lunghi ritardi nel rinnovare i ccnl determinino un’elevata quota percentuale di lavoratori con salari non aggiornati.

Ue, “due diligence” e imballaggi lo scambio Italia-Germania

Ue, “due diligence” e imballaggi lo scambio Italia-GermaniaRoma, 15 mar. (askanews) – L’approvazione, oggi a Bruxelles di due importanti normative europee del Green Deal, da parte del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue (Coreper), è il risultato di un negoziato serrato e molto complesso, svolto su più tavoli negli ultimi mesi, che ha avuto tra i suoi maggiori protagonisti la Germania e l’Italia, non solo intesa come governo (con i suoi ministri, e tecnici e diplomatici a Bruxelles), ma anche come “squadra”, da parte dei gruppi d’interesse e della maggioranza degli europarlamentari nazionali, come che ha riconosciuto anche la premier Giorgia Meloni.


Il Coreper oggi ha approvato prima all’unanimità il testo di compromesso finale sul Regolamento Ue sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi (con Malta e Austria che hanno posto una riservaádiáscrutinio), e poi a maggioranza qualificata un testo di compromesso, fortemente modificato, sulla Direttiva sul “dovere di diligenza” riguardo alla sostenibilità delle imprese (“Corporate Sustainability Due Diligence”). In quest’ultimo caso, si sono astenute Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia e Lituania, mentre Svezia e Austria hanno posto una riserva di scrutinio. Il regolamento imballaggi introduce obiettivi generali di riduzione della produzione di rifiuti da imballaggi (il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040, rispetto al 2019) e nuovi obiettivi di riuso, oltre a quelli per il riciclo, per facilitare questa riduzione. Inoltre, dispone che (quasi) tutti gli imballaggi siano riciclabili, o che contengano percentuali minime di materiale riciclato, e vieta una serie di prodotti e materiali monouso.


La direttiva sul “dovere di diligenza” impone alla grandi aziende europee (definite a partire da una doppia soglia, su addetti e fatturato) degli obblighi di vigilanza sul rispetto delle convenzioni internazionali in campo ambientale e dei diritti umani, sociali e del lavoro lungo tutta la loro catena del valore, a monte e in parte anche a valle della produzione. Le due normative non sono formalmente collegate tra loro, ma sono state oggetto di “uno scambio di favori” tra Italia e Germania durante il negoziato in Consiglio Ue, secondo quanto hanno riportato nelle ultime settimane varie fonti a Bruxelles. L’Italia, che aveva votato a favore della proposta sulla “due diligence” al momento dell’approvazione della posizione negoziale del Consiglio Ue, ha offerto il suo appoggio alla Germania (in realtà alla componente liberale della coalizione di governo tedesca) per indebolire il testo della direttiva, dopo che era già stato raggiunto un accordo provvisorio nel negoziato (“trilogo”) con il Parlamento europeo, il 14 dicembre scorso,.


L’astensione italiana (insieme a quella tedesca e di alcuni altri paesi più piccoli) al primo tentativo del Coreper di approvare l’accordo provvisorio, il 9 febbraio scorso, ha fatto mancare la maggioranza qualificata necessaria, e rimesso il testo in discussione. La presidenza di turno belga del Consiglio Ue ha intrapreso allora un tentativo di adattamento del testo per un nuovo compromesso. L’accordo di oggi in Coreper (dopo un altro tentativo non riuscito il 28 febbraio), ha modificato pesantemente (come volevano i tedeschi) il testo della direttiva rispetto all’accordo in “trilogo”. In particolare, le due soglie per l’applicabilità della direttiva alle imprese, che già escludevano le Pmi, sono passate da 500 a 1.000 addetti e da 150 a 450 milioni di euro di fatturato annuale.


Secondo il Wwf, queste nuove soglie eliminano dal campo di applicazione della direttiva quasi il 70% delle imprese originariamente previste; la Ong “Global Witness”, da parte sua, stima che le imprese interessate dalla direttiva sarebbero ora ridotte a 5.400, rispetto alle 16.000 previste in base all’accordo in trilogo di dicembre. Da notare che, secondo i criteri dell’Ue, le Pmi sono definite come le imprese che hanno un personale inferiore alle 250 unità e un fatturato annuale inferiore a 50 milioni di euro. Va notato anche che in Italia le posizioni del mondo produttivo non erano univoche sulla “due diligence”: Confindustria aveva chiesto al governo di astenersi (come effettivamente è successo), mentre altre associazioni (la Lega Cooperative, la Cna, l’Associazione delle Industrie di Marca, di cui fanno parte Barilla e Lavazza), e altre grandi aziende, come Ferrero, Eni e Pirelli, sostenevano la direttiva. In cambio della sua astensione strumentale sulla “due diligence”, l’Italia ha chiesto alla Germania di contribuire all’ammorbidimento delle posizioni del Consiglio Ue sul regolamento imballaggi; posizioni che, per una volta, erano molto più “ambientaliste” di quelle del Parlamento europeo. L’Assemblea di Strasburgo, infatti, sotto la pressione dei gruppi d’interesse e della grande maggioranza degli eurodeputati italiani, aveva chiesto obiettivi per il riuso inferiori a quelli originariamente previsti, con varie deroghe, ed eliminato gran parte dei divieti di imballaggi monouso. Ma il Consiglio, nella sua posizione negoziale prima del trilogo, aveva ristabilito obiettivi più stringenti per il riuso e ripristinato i divieti per gli imballaggi monouso. Alla fine, si è arrivati a un accordo in trilogo, il 4 marzo scorso, in cui (con l’appoggio tedesco) sono state accolte alcune delle richieste più importanti dell’Italia, e poi all’approvazione finale del Coreper di oggi, che ha confermato quell’accordo, con alcune modifiche minori. Come ha rivendicato oggi il governo italiano, il testo lascia più flessibilità agli Stati e agli operatori nella scelta delle misure (riuso o riciclo) per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei rifiuti da imballaggi. L’Italia ha ottenuto, inoltre, che si possa continuare a utilizzare alcuni tipi di imballaggi monouso riciclabili (come le bustine di carta e le plastiche compostabili) per i prodotti alimentari e per il settore della ristorazione (in particolare per i cibi da asporto e per il fast-food). Un altro elemento importante dell’accordo in trilogo che è stato confermato e chiarito riguarda la “clausola specchio”, secondo cui anche gli imballaggi importati nell’Ue dovranno rispettare le norme comunitarie sulle percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato. Questo permetterà all’industria europea del settore del riciclo (che vede le imprese italiane in prima linea) di non subire una concorrenza sleale da parte delle aziende extraeuropee. Le due decisioni del Coreper di oggi non sono ancora definitive, e potrebbero avere una sorte diversa. Per gli imballaggi, dove le modifiche dell’ultima ora sono poco rilevanti rispetto al testo dell’accordo in trilogo, non dovrebbero esserci problemi ad avere l’approvazione definitiva del regolamento da parte del Parlamento europeo entro aprile (il punto è già previsto nell’agenda dell’ultima plenaria, giusto prima dello scioglimento dell’Assemblea per le elezioni di giugno). Per la “due diligence”, invece, il percorso potrebbe essere più complicato. Le modifiche adottate oggi rispetto all’accordo in “trilogo” sono infatti molto rilevanti e complesse, occorre il controllo dei “giuristi-linguisti” in tutte le lingue ufficiali (“corrigendum”), e potrebbe non esserci il tempo materiale per l’approvazione definitiva della direttiva entro aprile da parte della plenaria dell’Europarlamento.

Il G7 affida all’Italia il manuale per l’IA etica, idea hub in Africa

Il G7 affida all’Italia il manuale per l’IA etica, idea hub in AfricaTrento, 15 mar. (askanews) – Il G7 affida all’Italia il compito di elaborare un “toolkit” per tradurre in politiche concrete i principi per un’intelligenza Artificiale sicura e affidabile, per incentivare un uso etico della tecnologia. E’ uno dei passaggi chiave della dichiarazione finale adottata dal G7 dell’industria e della tecnologia che si è chiuso oggi a Trento. “Non si tratta di uno strumento tecnico, ma di un vademecum per fornire un denominatore comune valoriale per lo sviluppo delle applicazioni con l’intelligenza artificiale”, ha detto il sottosegretario all’Innovazione, Alessio Butti.


La dichiarazione dei paesi partner è di 62 articoli, più quattro allegati. Il testo contiene le anticipazioni emerse ieri nel corso della prima giornata di lavori di Verona: i Grandi si impegnano a istituire un gruppo di contatto per monitorare il mercato dei semiconduttori e lavorano a uno sviluppo dell’Ia che metta al centro l’uomo, per sostenere la competitività delle piccole e medie imprese. Il testo, sottolinea una nota, si focalizza anche sull’uso dell’Ia nel settore pubblico “che deve essere etico e responsabile, preservando la privacy, la sicurezza dei dati personali e l’equità nei processi decisionali automatizzati” per “semplificare” la vita delle persone. “L’accesso ai servizi pubblici digitali – viene spiegato – contribuisce all’inclusione sociale e può aumentare la fiducia dei cittadini nella pubblica amministrazione”.


Nel corso del vertice è stato avviato il percorso che porterà alla nascita di un hub sull’intelligenza artificiale in Africa: l’Italia raccoglierà idee e strumenti a sostegno della collaborazione con i Paesi in via di sviluppo, per arrivare poi a ottobre, nella seconda ministeriale in formato ibrido, a una proposta da sottoporre ai partner. “Un hub sull’intelligenza artificiale che sarà a beneficio dei paesi in via di sviluppo, in linea con il Piano Mattei”, ha detto il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. “Un obiettivo che consideriamo fondamentale nell’arco dell’anno”, ha aggiunto. Dai paesi del G7 anche un monito sul futuro di internet che, scrivono in uno dei primi punti della dichiarazione, deve restare “aperto, libero, globale”. Per questo, assicurano, “continuiamo a impegnarci per prevenire la frammentazione di internet che mina direttamente la sua funzione globale”. Nel summit è emersa “preoccupazione per qualsiasi proposta che metta a repentaglio il sistema di governance inclusivo e globale” della rete così come è stata conosciuta fino a oggi.

Ue, per ogni disoccupato che trova lavoro un altro abbandona

Ue, per ogni disoccupato che trova lavoro un altro abbandonaRoma, 15 mar. (askanews) – Il tasso di disoccupazione è ai minimi dal lancio dell’euro. E nel quarto trimestre dello scorso anno il tasso di occupazione medio dell’intera Unione europea, sulla fascia di età 20-64 anni, è ulteriormente aumentato, seppur lievemente, al 75,5% è risultato di 1 decimale di punto percentuale superiore rispetto al livello del terzo trimestre, secondo i dati di Eurostat. Ma in una analisi parallela, lo stesso ente di statistica comunitario guarda nel dettaglio i flussi sottostanti al mercato del lavoro. E da questa emerge che tra il terzo e il quarto trimestre per ogni disoccupato che ha trovato un lavoro, un altro invece è uscito dal mercato.


Secondo Eurostat, infatti, 3,2 milioni di disoccupati – ma in questo caso guardando alla fascia di età 15-74 anni – hanno trovato una occupazione nel periodo in esame. Altri 6,7 milioni (poco più del 51%) sono rimasti disoccupati. E 3,2 milioni di disoccupati sono usciti dalle forze di lavoro. Guardando invece agli occupati, sempre tra terzo e quarto trimestre 2,5 milioni di persone sono finite in disoccupazione e altre 4,9 milioni (il 2,4% del totale totale) sono uscite dal mercato del lavoro.


Nel frattempo, secondo una ulteriore rilevazione sempre effettuata da Eurostat, la quota di posti di lavoro liberi, o “vacanti” nell’area euro ha mostrato un nuovo calo, al 2,7% dei posti di totali nel quarto trimestre dello scorso anno, a fronte del 2,9% dai tre mesi precedenti e dal 3,1% che questa voce registrava nel quarto trimestre del 2022. Guardando all’intera Unione europea la quota di posti vacanti è calata al 2,5%, dal 2,6% del terzo trimestre e il 2,8% di fine 2022. La situazione più dinamica resta quella dei servizi, dove i posti vacanti sono il 3% del totale laddove su industria e costruzioni rappresentano il 2,5%, sempre considerando l’eurozona. I livelli di disponibilità più elevati si registrano in Belgio, Olanda, Austria e Germania, tutti i paesi con livelli di posti vacanti attorno al 4%. I valori più bassi riguardano invece Romania, Bulgaria, Polonia e Spagna, in cui si registrano tassi di posti vacanti inferiori all’1%.


Il dato dell’Italia, che tuttavia non è confrontabile con il resto dell’Unione europea, perché non include l’intero settore della pubblica amministrazione, vede una quota di posti vacanti scesa all’1,9% nel quarto trimestre, a fronte del 2,1% del terzo trimestre e del 2,6% dello stesso periodo di un anno prima. Eurostat misura il tasso di posti vacanti come percentuale di questi ultimi rispetto al numero totale di posti occupati più il numero di posti per cui il datore di lavoro è alla ricerca di un addetto. L’assottigliarsi di questa quota mostra che i mercati del lavoro dell’eurozona potrebbero essere vicini a ulteriori rallentamenti.


Questo elemento potrebbe diventare rilevante anche ai fini della politica monetaria della Bce. Perché finora l’istituzione ha evitato di invertire la rotta dei tassi, e non ha iniziato a tagliarli nonostante il netto calo dell’inflazione, adducendo che la solidità del mercato del lavoro potrebbe contribuire al mantenimento di pressioni sui prezzi, soprattutto nell’ottica dei salari in crescita. Ma a riprova di un possibile “affaticamento” del mercato in Europa, il dato sul numero totale di occupati che Eurostat riporta sullo stesso quarto trimestre, 199,87 milioni di unità, segna una attenuazione rispetto ai 198,98 milioni del terzo trimestre. Finora la Bce ha ripetutamente affermato che prima di muoversi sui tagli ai tassi vuole valutare i dati sui mercati del lavoro del primo trimestre. La presidente Christine Lagarde, a cui poi ha fatto eco il capo economista Philip Lane, ha precisato che su questo ci saranno “molte più informazioni a giugno”, segnalando così indirettamente, secondo molti analisti, quale sia il mese in cui dovrebbe avvenire il taglio. (di Roberto Vozzi).

Usa, Produzione industriale +0,1% in febbraio, meglio di stime

Usa, Produzione industriale +0,1% in febbraio, meglio di stimeNew York, 15 mar. (askanews) – In febbraio, la produzione industriale negli Stati Uniti è salita dello 0,1% rispetto al mese precedente a 102,3 punti, secondo l’indice della Federal Reserve, contro attese per un dato allo 0,0%. Il dato di gennaio è stato rivisto da -0,1% a -0,5%.


La produzione manifatturiera ha registrato un rialzo dello 0,8%, come anche quella mineraria in rialzo anch’essa del 2,2%. L’utilizzo della capacità degli impianti – che misura la produzione industriale rispetto al potenziale – è stata registrata al 78,3%,come in gennaio, contro attese al 78,5%. Il dato di gennaio sulla capacità degli impianti è stato rivisto da 78,5% a 78,3%.

McDonald’s, guasto informatico a gestione ordini in vari paesi

McDonald’s, guasto informatico a gestione ordini in vari paesiNew York, 15 mar. (askanews) – La catena di fast food McDonald’s ha subito un guasto al sistema tecnico degli ordini che ha impedito ai clienti di alcune nazioni di ordinare cibo. A segnalare il guasto sono stati i ristoranti in Australia, Regno Unito e Giappone.


“Siamo a conoscenza di un’interruzione tecnologica che ha avuto un impatto sui nostri ristoranti; il problema è ora in fase di risoluzione”, ha detto un portavoce di McDonald’s, aggiungendo che l’incidente “non è correlato a un evento di sicurezza informatica”. McDonald’s conta circa 40.000 ristoranti in tutto il mondo. Poco più di 1.000 sono in Australia e ce ne sono più di 1.450 nel Regno Unito. Il Giappone ha quasi 3.000 ristoranti ed è tra i mercati più grandi della catena.

Lavoro, Calderone: sciopero Cgil-Uil non è risposta al dialogo

Lavoro, Calderone: sciopero Cgil-Uil non è risposta al dialogoRoma, 15 mar. (askanews) – “Uno sciopero credo sia assolutamente legittimo perché è consentito dalla Costituzione e dalle leggi. Però non mi sembra la risposta a un’apertura al dialogo e a una manifestazione di gestione e di un confronto partecipato che ha dato il Governo”. Così il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha commentato l’annuncio di Cgil e Uil di uno sciopero ad aprile sul tema della sicurezza. “Credo che in questo momento il dialogo debba essere la risposta alle situazioni in cui abbiamo da lavorare insieme – ha detto al termine dell’incontro con le parti sociali – per individuare percorsi che tutelino la vita umana”.

Eurozona, posti di lavoro vacanti calati al 2,7% nel IV trimestre

Eurozona, posti di lavoro vacanti calati al 2,7% nel IV trimestreRoma, 15 mar. (askanews) – La quota di posti di lavoro liberi, o “vacanti” nell’area euro ha mostrato un nuovo calo, al 2,7% dei posti di totali nel quarto trimestre dello scorso anno, a fronte del 2,9% dai tre mesi precedenti e dal 3,1% che questa voce registrava nel quarto trimestre del 2022. Lo riferisce Eurostat, precisando che guardando all’intera Unione europea la quota di posti vacanti è calata al 2,5%, dal 2,6% del terzo trimestre e il 2,8% di fine 2022.


La situazione più dinamica resta quella dei servizi, dove i posti vacanti sono il 3% del totale laddove su industria e costruzioni rappresentano il 2,5%, sempre considerando l’eurozona. I livelli di disponibilità più elevati si registrano in Belgio, Olanda, Austria e Germania, tutti i paesi con livelli di posti vacanti attorno al 4%. I valori più bassi riguardano invece Romania, Bulgaria, Polonia e Spagna, in cui si registrano tassi di posti vacanti inferiori all’1%. Il dato dell’Italia, che tuttavia non è confrontabile con il resto dell’Unione europea, perché non include l’intero settore della pubblica amministrazione, vede una quota di posti vacanti scesa all’1,9% nel quarto trimestre, a fronte del 2,1% del terzo trimestre e del 2,6% dello stesso periodo di un anno prima.


Eurostat misura il tasso di posti vacanti come percentuale di questi ultimi rispetto al numero totale di posti occupati più il numero di posti per cui il datore di lavoro è alla ricerca di un addetto. L’assottigliarsi di questa quota mostra che i mercati del lavoro dell’eurozona potrebbero essere vicini a ulteriori rallentamenti.

Bankitalia: debito pubblico gennaio 2.849 mld, in un anno +97 mld

Bankitalia: debito pubblico gennaio 2.849 mld, in un anno +97 mldRoma, 15 mar. (askanews) – A gennaio l’ammontare totale del debito pubblico dell’Italia è tornato a moderarsi a quota 2.848,7 miliardi di euro, a fronte dei 2.862,8 miliardi registrati a dicembre del 2023. Lo riporta la Banca d’Italia nella statistica “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Il debito risulta in crescita di circa 96,6 miliardi di euro se confrontato con i 2.752 miliardi registrati nel gennaio del 2023.


Il debito delle amministrazioni pubbliche della Penisola aveva segnato un nuovo massimo storico nell’ottobre dello scorso anno, a 2.867 miliardi di euro. In base agli ultimi dati elaborati dall’istituzione di Via Nazionale, la durata di vita media dei titoli di debito emessi dall’Italia è salita a 7,9 anni. La maggior parte della quota di indebitamento è su una scadenze superiore ai 5 anni, per un totale di 1.354 miliardi.


Sempre a gennaio, altri 900 miliardi di euro circa riguardano titoli con una maturazione tra 1 e 5 anni, mentre altri 594,6 miliardi sono titoli con durata di vida residua inferiore ai 12 mesi.