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Bce, inflazione attesa da consumatori 3,2%, minimo da febbbraio 2022

Bce, inflazione attesa da consumatori 3,2%, minimo da febbbraio 2022Roma, 16 gen. (askanews) – Le aspettative di inflazione dei consumatori dell’area euro si sono attenuate nell’ultimo mese, mentre quelle sulla crescita dei redditi hanno continuato a rafforzarsi leggermente. Lo riporta la Banca centrale europea sulla base dei risultati della sua indagine, relativa al mese di novembre.

Secondo l’ultima rilevazione, l’attesa mediana dei consumatori per l’inflazione sui prossimi 12 mesi si è attenuata al 3,2%, a fronte del 4% che si era registrato a ottobre. E’ nettamente calata anche la mediana sull’inflazione percepita sui passati 12 mesi, al 7% dal precedente 7,8%. Guardando più a lungo termine, per i prossimi tre anni ora l’attesa mediana di inflazione dei consumatori è al 2,2%, dal 2,5% di un mese prima. La Bce rileva che tutte queste misurazioni si attestano ai minimi dal febbraio del 2022. E’ anche leggermente diminuita l’incertezza che i consumatori attribuiscono al futuro dell’inflazione.

Per i redditi nominali ora l’attesa dei consumatori nell’area euro è per una crescita dell’1,2% sui prossimi 12 mesi, a fronte dell’1,1% della precedente rilevazione. Secondo l’indagine della Bce leggeri miglioramenti hanno riguardato anche le attese di su economia e mercato del lavoro.

Ue, Gentiloni: dopo Pnrr servirà strategia industriale comune

Ue, Gentiloni: dopo Pnrr servirà strategia industriale comuneBruxelles, 15 gen. (askanews) – Bisogna costruire “una strategia industriale europea comune” di cui dovrà far parte la politica energetica, “che salvaguardi il mercato unico, rafforzi la nostra autonomia strategica e sostenga la transizione climatica”, e questo “richiederà anche di riflettere su nuovi strumenti e risorse a livello dell’Ue” da usare soprattutto dopo la scadenza del piano di ripresa post-pandemico europeo ‘NextGenerationEU’, nel 2026. Lo ha sottolineato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, durante la conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo, stasera a Bruxelles.

Con i ministri economici degli Stati membri, “per quanto riguarda la competitività dell’Eurozona, abbiamo considerato soprattutto l’aspetto dell’energia”, ha riferito Gentiloni. “Nel complesso – ha ricordato – i prezzi dell’energia sono ben al di sotto dei massimi di un anno e mezzo fa, ma sono ancora al di sopra dei livelli che avevamo visto negli anni precedenti. Probabilmente rimarranno tali, almeno nel breve termine, il che – ha rilevato – mina la competitività dei prezzi delle aziende europee”. “Questa sfida – ha avvertito il commissario – richiede un’azione coordinata e soluzioni a livello dell’Ue. In particolare, dobbiamo continuare a lavorare per diversificare le forniture energetiche e accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, per sostenere metodi di produzione più ecologici, soprattutto nelle industrie ad alta intensità energetica, e per integrare ulteriormente i mercati europei dell’energia. Molto è già stato fatto, e l’attuazione dei Piani di ripresa e resilienza degli Stati membri, con i nuovi capitoli ‘REPowerEU’ porterà ulteriori progressi”.

Ma, ha concluso Gentiloni, “è chiaro che la politica energetica deve essere parte integrante di una strategia industriale europea comune, che salvaguardi il mercato unico, rafforzi la nostra autonomia strategica e sostenga la transizione climatica. Ciò richiederà anche – ha concluso il commissario – di riflettere su nuovi strumenti e risorse a livello dell’Ue in prospettiva (‘going forward’, ndr), soprattutto dopo la scadenza di ‘NextGenerationEU’ nel 2026”.

Mar Rosso, Gentiloni: non sottovalutare rischi su energia e prezzi

Mar Rosso, Gentiloni: non sottovalutare rischi su energia e prezziRoma, 15 gen. (askanews) – “Non possiamo sottovalutare la possibilità che questa tensione nel Mar Rosso abbia delle conseguenze, che per il momento non sembrano esserci ma le potrebbe avere nelle prossime settimane sui prezzi dell’energia di conseguenza sull’inflazione”. Lo ha affermato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni giungendo all’Eurogruppo.

“Oggi stiamo discutendo delle prospettive economiche dell’eurozona ed è una discussione importante perché è la prima discussione all’inizio dell’anno e perché di fronte a un contesto di crescita molto molto bassa si stanno verificando alcuni rischi dal punto di vista geopolitico. Il principale dei quali è il rischio delle tensioni provocate dagli Houthi nel Mar Rosso”, ha detto.

Ex Ilva, nessuna interruzione del gas a breve. Il governo tratta con Arcelor Mittal

Ex Ilva, nessuna interruzione del gas a breve. Il governo tratta con Arcelor MittalRoma, 15 gen. (askanews) – Nessuna interruzione delle forniture di gas da parte di Snam nel breve termine per l’ex Ilva. La società che distribuisce il gas e con cui Acciaierie d’Italia ha un debito che si aggira intorno ai 200 milioni di euro, secondo le ultime indicazioni ufficiali fornite dall’ad, Stefano Venier, continuerà, a quanto si apprende, ad erogare il combustibile necessario a mandare avanti gli stabilimenti, in attesa degli sviluppi di questi giorni e dunque nonostante quanto consentito dall’ultimo pronunciamento del Tar della Lombardia sul ricorso presentato da Acciaierie d’Italia. Quest’ultima chiedeva di prolungare la sospensione della decisione di Arera che consentiva di interrompere la distribuzione della fornitura di gas per il mancato pagamento delle bollette.

Il Tar della Lombardia il 30 ottobre aveva congelato la sospensione delle forniture di gas all’ex Ilva da parte di Snam sino all’8 novembre, in attesa della camera di consiglio in merito al ricorso presentato da Acciaierie d’Italia contro la comunicazione della società di distribuzione, Snam appunto, del 19 ottobre 2023, con la quale comunicava che l’8 novembre avrebbe operato la ‘discatura del punto di prelievo gas’ di Acciaierie d’Italia bloccando a monte la fornitura, a seguito dell’ultimo provvedimento dell’Arera. A novembre poi vi era stata un’ordinanza cautelare con cui il Tar della Lombardia aveva confermato la sospensiva del blocco dell’erogazione, disposta già a fine ottobre in atetsa della Camera di Consiglio che si è tenuta oggi.

Il tutto in attesa degli sviluppi del caso, che è uno dei più complessi per l’esecutivo che sta trattando per un ‘divorzio consensuale’ con Arcelor Mittal. Le cifre per l’uscita del colosso dell’acciaio oscillano, secondo indiscrezioni, tra i 400 e i 250 milioni di euro, legati evidentemente alle clausole dei patti parasociali firmati dall’allora governo Conte II. I legali di Arcelor Mittal e Invitalia sono al lavoro in queste ore mentre il governo sta valutando, oltre che un necessario aumento della quota dello stato nel capitale delle acciaierie attraverso Invitalia, anche l’ingresso di un partner inustriale. Giovedì è previsto un nuovo incontro con i sindacati.

Ex Ilva: nessuna interruzione gas a breve, governo tratta con AM

Ex Ilva: nessuna interruzione gas a breve, governo tratta con AMRoma, 15 gen. (askanews) – Nessuna interruzione delle forniture di gas da parte di Snam nel breve termine per l’ex Ilva. La società che distribuisce il gas e con cui Acciaierie d’Italia ha un debito che si aggira intorno ai 200 milioni di euro, secondo le ultime indicazioni ufficiali fornite dall’ad, Stefano Venier, continuerà, a quanto si apprende, ad erogare il combustibile necessario a mandare avanti gli stabilimenti, in attesa degli sviluppi di questi giorni e dunque nonostante quanto consentito dall’ultimo pronunciamento del Tar della Lombardia sul ricorso presentato da Acciaierie d’Italia. Quest’ultima chiedeva di prolungare la sospensione della decisione di Arera che consentiva di interrompere la distribuzione della fornitura di gas per il mancato pagamento delle bollette.

Il Tar della Lombardia il 30 ottobre aveva congelato la sospensione delle forniture di gas all’ex Ilva da parte di Snam sino all’8 novembre, in attesa della camera di consiglio in merito al ricorso presentato da Acciaierie d’Italia contro la comunicazione della società di distribuzione, Snam appunto, del 19 ottobre 2023, con la quale comunicava che l’8 novembre avrebbe operato la ‘discatura del punto di prelievo gas’ di Acciaierie d’Italia bloccando a monte la fornitura, a seguito dell’ultimo provvedimento dell’Arera. A novembre poi vi era stata un’ordinanza cautelare con cui il Tar della Lombardia aveva confermato la sospensiva del blocco dell’erogazione, disposta già a fine ottobre in atetsa della Camera di Consiglio che si è tenuta oggi.

Il tutto in attesa degli sviluppi del caso, che è uno dei più complessi per l’esecutivo che sta trattando per un ‘divorzio consensuale’ con Arcelor Mittal. Le cifre per l’uscita del colosso dell’acciaio oscillano, secondo indiscrezioni, tra i 400 e i 250 milioni di euro, legati evidentemente alle clausole dei patti parasociali firmati dall’allora governo Conte II. I legali di Arcelor Mittal e Invitalia sono al lavoro in queste ore mentre il governo sta valutando, oltre che un necessario aumento della quota dello stato nel capitale delle acciaierie attraverso Invitalia, anche l’ingresso di un partner inustriale. Giovedì è previsto un nuovo incontro con i sindacati.

Ex Ilva, Tar respinge ricorso su stop gas azienda impugna atto

Ex Ilva, Tar respinge ricorso su stop gas azienda impugna attoRoma, 15 gen. (askanews) – Snam può sospendere la fornitura del gas ad Acciaierie d’Italia (Adi). Lo ha deciso il Tar della Lombardia che ha respinto il ricorso della società, che aveva chiesto di prolungare la sospensione della decisione di Snam di interrompere la fornitura di gas per il mancato pagamento delle bollette. Non c’è più spazio, dunque, per sospendere l’efficacia della decisione di Snam annunciata a fine 2023. Adi ricorrerà adesso al consiglio di Stato.

Secondo il tribunale amministrativo non si può continuare a far gravare sulla fiscalità generale, che sostiene la spesa per il servizio di default trasporto, parte dei costi indispensabili per lo svolgimento dell’attività di impresa della ricorrente. Adi aveva ottenuto dall’Arera la fornitura del gas fino al 30 settembre scorso e poi un’ulteriore estensione fino al 18 ottobre. “Acciaierie d’Italia – scrive la società in una nota – comunica che procederà ad impugnare innanzi al Consiglio di Stato l’ordinanza del Tar della Lombardia inerente la fornitura di gas, pubblicata in data odierna”.

Legacoop, le coop chiudono in positivo il 2023: l’80% è in utile

Legacoop, le coop chiudono in positivo il 2023: l’80% è in utileRoma, 15 gen. (askanews) – “La chiusura positiva del 2023, con un’importante crescita del fatturato e la grande maggioranza delle imprese che registra un utile conferma le tendenze che si erano già evidenziate nel 2022 sulla scia della ripresa post-pandemica. Si tratta di performance realizzate nonostante il persistere degli alti costi delle materie prime energetiche, l’aumento dei tassi di interesse ed il progressivo rallentamento dell’economia italiana ed europea nel secondo semestre 2023. Tutti elementi che si sono riflessi in una evidente contrazione degli investimenti. I risultati della nostra analisi rafforzano le preoccupazioni già espresse sulle ripercussioni che il rallentamento complessivo dell’economia avrà sulle cooperative, maggiormente su quelle che operano nel mercato interno, ma anche sul fronte dell’export. Per questo, oltre ad auspicare che ci siano le condizioni per sfruttare a pieno le opportunità del PNRR per un rilancio della crescita, riteniamo indispensabile una progressiva riduzione dei tassi di interesse e la definizione, completamente trascurata nella legge di bilancio, di specifiche politiche di sostegno e di risorse che consentano alle imprese di far ripartire gli investimenti necessari per affrontare con successo la transizione verso la sostenibilità e la digitalizzazione”. È quanto afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop, commentando i risultati dell’indagine congiunturale sugli andamenti delle cooperative effettuata dall’Area Studi di Legacoop.

Dai dati dell’indagine risulta che le cooperative aderenti a Legacoop chiudono il 2023 con indicatori positivi: l’80% ha registrato un utile, il 40% ha aumentato il valore della produzione (di queste, 4 su 10 registrano un incremento superiore al 10%) e il 27% anche l’occupazione. Risultati raggiunti nonostante la carenza di manodopera, l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, l’accresciuto costo del denaro determinato dall’aumento dei tassi di interesse e più stringenti condizioni di accesso al credito. Aspetti che condizionano anche le aspettative per i prossimi mesi dove, rispetto alla rilevazione effettuata a luglio scorso, pur restando prevalenti le indicazioni di un quadro di stazionarietà della domanda (espresse dal 68%) e di stabilità dell’occupazione (72%), cala di 9 punti percentuali (dal 26% al 17%) la quota di chi prevede un aumento della domanda e di 7 punti (dal 23% al 16%) la quota di chi prevede un incremento dell’occupazione. Previsioni che si iscrivono nel quadro generale di un crescente pessimismo sull’andamento del contesto macroeconomico italiano, dove cala di ben 11 punti (dal 18% al 7%) la quota di chi ne vede un’evoluzione favorevole, mentre cresce di 8 punti (dal 24% al 32%) la quota di chi prevede una dinamica in peggioramento. Nel 2023, le cooperative che hanno aumentato il fatturato (il 40% del totale) registrano una maggiore concentrazione nel settore consumo-distribuzione (54,5%), della cultura (53,8%) e della cooperazione sociale (45,9%); a livello dimensionale nelle grandi cooperative (62,5%) e, a livello territoriale, al Sud (43,3%). Sul fronte dell’occupazione, le cooperative che l’hanno aumentata (il 27% del totale) sono maggiormente concentrate nel settore della cultura (34,6%), dell’industria delle costruzioni (30,6%) e della cooperazione sociale (29,9%); a livello dimensionale nelle grandi cooperative (45,8%) e, a livello territoriale, al Sud (31,4%). Riguardo all’utile di bilancio (registrato, complessivamente, dall’80% delle cooperative), i settori che evidenziano una maggiore concentrazione di cooperative sono l’industria delle costruzioni (91,7%) e l’agroalimentare (87%); le grandi cooperative (95,8%) e il Nord (84%). L’analisi dell’Area Studi ha preso in esame anche le dinamiche dell’ultimo quadrimestre del 2023. In questo periodo, il 68% delle cooperative registra una stabilità della domanda destagionalizzata di prodotti/servizi (6 punti in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente); il 14% indica un incremento, con percentuali maggiori del dato medio nei settori abitativo (50,0%), industria delle costruzioni (30,6%) e cultura (19,2%) e, a livello territoriale, al Sud (20,0%). In confronto al quadrimestre precedente, non muta il quadro complessivo del livello della domanda di prodotti e servizi, che risulta stazionario per il 66%, in crescita per il 17,6% e in diminuzione per il 16,4% (quindi con un saldo leggermente positivo, +1,2%). Dati superiori alla media si evidenziano al Sud, dove registra un aumento della domanda il 28,3%, e nei settori dell’abitazione (60,0%), dell’industria delle costruzioni (22,2%) e della cooperazione sociale (22,0%). Riguardo all’occupazione, la prevalenza delle cooperative (il 73%) l’ha mantenuta stabile; aumenta di 1 punto la quota di quelle che l’hanno diminuita (il 10%) e di 4 punti la quota di quelle che l’hanno aumentata (il 22%), con un saldo positivo di 12 punti. Come per l’andamento della domanda, la maggiore concentrazione di cooperative che registrano incrementi occupazionali si osserva nei comparti dell’industria delle costruzioni (30,6%), della cooperazione sociale (26,7%) e delle attività culturali (23,1%). A livello dimensionale, le grandi cooperative registrano un 42,9% e, a livello territoriale, il Sud evidenzia un 29,4%.

Le aspettative per i prossimi quattro mesi, pur di segno complessivamente positivo, registrano qualche segnale di un’inversione di tendenza che, come ricordato prima, si inserisce in un complessivo peggioramento delle previsioni riguardo all’andamento del contesto macroeconomico italiano, con un calo di ben 11 punti (dal 18% al 7%) degli ottimisti, mentre i pessimisti crescono di 8 punti (dal 24% al 32%). Nonostante il 68% delle cooperative si attenda un livello stazionario della domanda, calano sensibilmente le previsioni di aumento (dal 26% al 17%), che vedono una maggiore concentrazione nei settori abitativo (40,0%), dell’industria delle costruzioni (25%), delle attività culturali (23,1%): e, a livello territoriale, al Sud (23,3%). Dinamiche analoghe si evidenziano per l’occupazione. Se il dato largamente prevalente è quello di stabilità (indicata dal 73%), le prospettive di aumento sono in calo rispetto alla rilevazione precedente (luglio 2023), attestandosi al 16% (-7 punti percentuali) e determinando un deterioramento nel saldo, che resta positivo, ma passa dal 6% al 4%. I settori dove è maggiore la percentuale di cooperative che prevedono aumenti occupazionali sono l’industria delle costruzioni (33,3%) e la cooperazione sociale (20,7%). Superiore al dato medio anche il Sud, con il 19,6%. Resta positiva la propensione agli investimenti: stazionari per il 57,2%, il 26% ne prevede un aumento, a fronte del 16% che ha pianificato una riduzione (quindi con un saldo positivo di 11 punti). A livello di tendenza generale, il 37% delle cooperative prevede un consolidamento delle attività, il 31% una situazione di stabilità, il 10% un’espansione delle attività, l’8% la realizzazione di alleanze strategiche. Tra i problemi che condizionano la propria attività, al primo posto la scarsità di manodopera (indicata dal 41%), seguita dall’aumento dei costi delle materie prime e dei materiali (31%) e, tutti con la percentuale del 26%, l’aumento dei costi energetici, l’aumento dei tassi di interesse, la liquidità a breve termine. Cresce poi di 20 punti percentuali, attestandosi al 35%, la quota delle cooperative che hanno riscontrato fattori negativi che condizionano l’export. Tra queste, il 68% indica costi e prezzi più elevati e il 53% l’instabilità geopolitica internazionale. Infine, le difficoltà sul fronte del credito. Le cooperative che negli ultimi 4 mesi del 2023 hanno richiesto un finanziamento (il 31%) continuano a rilevare un aumento dei tassi di interesse (il 77%), la richiesta di altre condizioni da parte delle banche (30%), l’aumento dei tempi di concessione (28%) e delle garanzie richieste (26%).

Imprese, Bankitalia: attese migliorano, ma restano negative

Imprese, Bankitalia: attese migliorano, ma restano negativeRoma, 15 gen. (askanews) – Le valutazioni delle imprese italiane sulla situazione economica generale del Paese, così come le attese sulle proprie condizioni operative nei successivi tre mesi, restano nel complesso sfavorevoli, sebbene in miglioramento, mentre le attese sull’inflazione sono di una rientro verso il 2,5% a breve e verso il 2% nel lungo periodo. E’ quanto rileva l’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita relative al quarto trimestre 2023 condotta da Bankitalia tra il 22 novembre e il 14 dicembre presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti. “Al lieve recupero dei giudizi – si legge in una nota di Bankitalia – hanno contribuito una moderata ripresa della domanda interna e condizioni per investire meno negative soprattutto nei servizi, che si accompagnano alla tenuta della spesa attesa per investimenti. Nello scorcio dell’anno si è attenuato il peggioramento dei giudizi sull’accesso al credito per tutti i settori e nove imprese su dieci dichiarano almeno sufficienti le proprie condizioni di liquidità. Per il primo trimestre del 2024 le imprese prevedono un proseguimento dell’espansione dell’occupazione”.

“La dinamica dei prezzi praticati dalle aziende ha continuato a indebolirsi e si attenuerebbe ulteriormente nei prossimi 12 mesi. Circa due terzi delle aziende prevedono un aumento delle retribuzioni orarie dei propri dipendenti nei prossimi 12 mesi e quasi un terzo dichiara di aver già tenuto conto nel corso del 2023 di eventuali aumenti salariali futuri nei propri listini. Le attese sull’inflazione al consumo si sono nettamente ridotte su tutti gli orizzonti temporali, collocandosi poco sotto il 2,5 per cento sugli orizzonti a breve termine e appena sopra il 2 per cento su quelli a lungo”.

Bankitalia: a novembre debito pubblico in calo a 2.855 miliardi

Bankitalia: a novembre debito pubblico in calo a 2.855 miliardiRoma, 15 gen. (askanews) – Lo scorso novembre il debito delle Amministrazioni pubbliche è diminuito di 12,6 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.855,0 miliardi. Lo rende noto Bankitalia nella pubblicazione statistica “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. La diminuzione riflette quella delle disponibilità liquide del Tesoro (12,9 miliardi, a 39,6) e un piccolo avanzo di cassa delle Amministrazioni pubbliche (0,8 miliardi); in senso opposto ha operato l’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (complessivamente 1,1 miliardi).

Il debito consolidato delle Amministrazioni centrali è diminuito di 12,6 miliardi, mentre quello delle Amministrazioni locali e quello degli Enti di previdenza sono rimasti pressoché invariati. La vita media residua è marginalmente aumentata a 7,8 anni. La quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia è rimasta stabile al 24,4 per cento; a ottobre (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) quella detenuta dai non residenti è aumentata al 27,4 per cento (dal 27,0 per cento del mese precedente), mentre quella in capo agli altri residenti (principalmente famiglie e imprese non finanziarie) è aumentata al 13,4 per cento (dal 12,7 per cento in settembre).

Bce, Lane cauto su tempi tagli tassi, ma dice: sarà “una sequenza”

Bce, Lane cauto su tempi tagli tassi, ma dice: sarà “una sequenza”Roma, 13 gen. (askanews) – “Quando la Bce inizierà a ridurre i tassi di interesse, non si tratterà di una singola decisione, ma molto probabilmente di una sequenza”. Lo afferma il capo economista della Bce, Philip Lane, che in una intervista al Corriere della Sera resta molto abbottonato sulla tempistica di quando l’istituzione monetaria inizierà a ridurre il costo del denaro. “Restiamo molto dipendenti dai dati”, dice.

Il banchiere centrale irlandese sfugge alla domanda sul sé i mercati siano corretti o meno nella loro previsione di un primo taglio a marzo o aprile. “Il rialzo di settembre fa sì che il punto più alto sia superiore a come sarebbe stato altrimenti. Riconosco che c’era un elemento assicurativo in quel rialzo dei tassi. E ne terrò pienamente conto in termini di entità e tempistica dell’aggiustamento dei tassi verso una posizione di politica monetaria più neutrale, quando sarà il momento”, precisa. E sul quando arriverà questo momento non si sbilancia. “Il dato sull’inflazione di dicembre è stato sostanzialmente in linea con le nostre proiezioni: non vedo grandi sorprese al ribasso. È stato in linea con la nostra attesa che ci sarebbe stato un balzo. E i progressi continui nell’allentamento dell’inflazione di fondo sono benvenuti. Ma vediamo alcune tendenze contrarie nell’inflazione dei servizi quest’anno e, per il momento, i salari stanno ancora crescendo ben al di sopra di qualsiasi tipo di tasso di equilibrio di lungo periodo”, osserva Lane.

“Non ci aspettiamo che i prezzi dell’energia continuino a scendere allo stesso ritmo dell’anno scorso. Lo scenario di base delle nostre proiezioni indica una ripresa significativa dell’economia europea quest’anno, dovuta a una domanda più forte in Europa che, di per sé, è inflazionistica. Ma a dicembre abbiamo segnalato l’esistenza di rischi al ribasso per le nostre previsioni. E questo è uno dei grandi interrogativi che ci poniamo in queste settimane – spiega il capo economista della Bce -: i dati segnaleranno una ripresa o un proseguire del tipo di stagnazione che abbiamo avuto per gran parte del 2023? Restiamo molto dipendenti dai dati”.