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Usa, Scorte all’ingrosso -0,3% in gennaio, peggio di stime

Usa, Scorte all’ingrosso -0,3% in gennaio, peggio di stimeNew York, 6 mar. (askanews) – In gennaio, le scorte di magazzino all’ingrosso negli Stati Uniti sono scese dello 0,3% a 895,1 miliardi di dollari, secondo i dati pubblicati dal dipartimento del Commercio. Gli analisti avevano previsto un ribasso dello 0,1%. Rivisto il dato di dicembre è stato confermato +0,4% e cioè a 897,4 miliardi di dollari. Rispetto a gennaio 2023, le scorte sono scese del 2,5%.


Le vendite sono scese dell’1,7% a 657,2 miliardi di dollari rispetto al mese precedente. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno hanno registrano un ribasso dell’1,5%. A questo ritmo di vendita, occorrerebbero 1,36 mesi per esaurire completamente le scorte; nel gennaio 2023, il rapporto era a 1,38.

Usa, Registrati +140.000 posti lavoro settore privato a febbraio

Usa, Registrati +140.000 posti lavoro settore privato a febbraioNew York, 6 mar. (askanews) – L’occupazione nel settore privato statunitense in febbraio è cresciuta, ma ha deluso le previsioni degli analisti, un segnale di raffreddamento del mercato, atteso anche dalla Fed. Secondo il rapporto mensile redatto da Automatic Data Processing (Adp), l’agenzia che si occupa di preparare le buste paga, lo scorso mese sono stati creati 140.000 posti di lavoro rispetto al mese precedente, mentre le previsioni erano per la creazione di 150.000 posti di lavoro. Il dato di gnnaio è stato rivisto da +107.000 a +111.000.


I salari sono cresciuti del 5,1% su base annuale, mentre nel mese precedente si era registrato un +5,2%. Il report di oggi mostra che il rallentamento delle assunzioni registrato in dicembre si è protratto in gennaio e in febbraio, ma i dati non cambieranno le decisioni sui tassi annunciate per quest’anno dalla Federal Reserve. Inoltre i salari, pur ridotti, sono ancora al di sopra dell’indice di inflazione.

Fed, fari dei mercati su audizione Powell, domani direttorio Bce

Fed, fari dei mercati su audizione Powell, domani direttorio BceRoma, 6 mar. (askanews) – Tra stasera e domani torna a riunirsi il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, l’organismo a cui partecipano tutti i governatori delle banche centrali nazionali dell’area euro e che stabilisce la politica monetaria comune. Alle 14 e 15 di giovedì, al termine della riunione, verranno comunicate le decisioni sui tassi di interesse, per cui si prevede una conferma.


Contestualmente verranno pubblicate le previsioni aggiornate su economia e inflazione dei tecnici della Bce. Generalmente è attesa una limatura delle stime sul caro vita. Mezz’ora dopo, alle 14 e 45 la presidente Christine Lagarde terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Ma intanto oggi i fari dei mercati saranno puntati sulla audizione semestrale del presidente della Federal Reserve, la banca centrale statunitense al Congresso. Questo pomeriggio Jay Powell si recherà alla Camera dei rappresentanti e domani al Senato. La solidità dei dati sull’economia degli Stati Uniti continua a far ritenere agli analisti che l’istituzione potrebbe allungare i tempi di un primo taglio dei tassi di interesse. Il prossimo direttorio della Fed per le decisioni monetarie (Fomc) si terrà tra due settimane, il 19 e 20 marzo.


Tornando all’area euro e alla Bce, da diversi mesi, ormai, gli analisti reputano che il picco dei tassi sia stato raggiunto con il 4,50% deciso lo scorso settembre, dopo una aggressiva manovra di inasprimento con cui la Bce ha complessivamente alzato i tassi di riferimento dell’area euro di 450 punti base. Da allora gli interrogativi hanno circondato soprattutto la tempistica con cui dovrebbe iniziare l’inversione di rotta, cioè quando deciderà il primo taglio dei tassi. Nei mesi scorsi i mercati si erano perfino sbilanciati e ipotizzare che questa mossa potesse avvenire alla fine del primo trimestre. Ma, come per la Federal Reserve negli Stati Uniti, i banchieri centrali centrali dell’eurozona sono ripetutamente intervenuti per respingere queste speculazioni e “rimettere in riga i mercati” (immagine recentemente utilizzata dalla Banca di regolamenti internazionali), per ricondurre le loro aspettative più in linea ai propositi della strategia monetaria.


La Bce punta ad avere il caro vita medio dell’area euro al 2%. E la stretta sui tassi, nelle sue intenzioni, punta a favorire il ritorno a questo valore creando un freno agli aggregati di domanda. Già da tempo sia Lagarde, sia altri esponenti dell’istituzione, hanno indicato nelle dinamiche salariali un elemento chiave da valutare prima di avventurarsi su un taglio. In particolare si vuole verificare l’esito delle tornate negoziali del primo trimestre, per capire se si creeranno nuove potenziali pressioni rialziste da questo canale, un possibile “effetto di secondo” livello della recente elevata inflazione.


I consuntivi sui dati del primo trimestre richiederanno ancora diverse settimane. Ma intanto un ulteriore elemento ha mostrato potenziali problematicità per la Bce: i prezzi dei servizi nell’area euro, su cui l’inflazione risulta più persistente del previsto e spiega in buona parte perché a febbraio il rallentamento della crescita generale dei prezzi sia stato meno netto delle attese, al 2,8% su base annua. Questo aspetto ha appena trovato conferma nelle indagini presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese (gli Indici Pmi), che hanno ravvisato persistenti pressioni sui prezzi proprio nel settore terziario, dove la dinamica di attività è tornata positiva e decisamente migliore rispetto all’industria manifatturiera, zavorrata, quest’ultima, dalla contrazione delle aziende della Germania. Il rischio, secondo gli economisti che curano gli stessi indici Pmi, è che l’eurozona vada a impelagarsi in una fase di “stagflazione”, ovvero crescita ferma o molto a rilento assieme a elevata inflazione. E questo rinvierebbe le tempistiche dei tagli dei tassi della Bce, ad oggi prevalentemente ipotizzati scattare tra fine primavera e inizio estate, con diversi analisti che indicano giugno come mese chiave, dato che allora verranno nuovamente aggiornate le previsioni della Bce. Un altro aspetto che potrebbe evolversi in maniera diversa rispetto alle attese degli esperti è la portata della prima fase di riduzione del freno monetario. Perché quasi certamente la Bce non solo si muoverà a piccoli passi in questa manovra, a differenza dei maxi rialzi operati nel 2022 a inizio stretta, ma è anche prevedibile che si limiti appunto a smorzare solo in parte l’intronazione restrittiva della sua linea, per poi fermarsi e vedere come sviluppa il quadro prima di fare altro. Su questo diversi analisti ipotizzano tagli dei tassi per 100 punti base entro fine 2024, alcuni perfino per 150 punti base, ma resta da vedere se anche su questo aspetto i “falchi” del direttorio non riescano a imporre una linea più prudente.

Oro a nuovi massimi, 1.150 dollari l’oncia a vigilia audizioni Fed

Oro a nuovi massimi, 1.150 dollari l’oncia a vigilia audizioni FedRoma, 5 mar. (askanews) – L’oro continua a salire e alla vigilia delle audizioni del presidente della Federal Reserve al Congresso Usa balza a nuovi massimi storici, mentre tornano a circolare ipotesi su tagli ai tassi di interesse. Nel corso della seduta l’oncia ha segnato un picco a 2.150,50 dollari. Successivamente sul mercato statunitense il metallo prezioso per eccellenza smorza i guadagni al più 0,51%, ma resta rialzista a quota 2.137,20 dollari oncia.


Domani il numero uno della Banca centrale Usa., Jerome Powell presidente verrà ascoltato alla Camera dei rappresentanti e giovedì al Senato. Sempre giovedì si terrà anche il direttorio di politica monetaria della Bce.

L’agenda della Bce e gli interrogativi sul tempo (e non solo) del taglio dei tassi

L’agenda della Bce e gli interrogativi sul tempo (e non solo) del taglio dei tassiRoma, 5 mar. (askanews) – Mercoledì sera e giovedì torna a riunirsi il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, l’organismo a cui partecipano tutti i governatori delle banche centrali nazionali dell’area euro e che stabilisce la politica monetaria comune. Alle 14 e 15 di giovedì, al termine della riunione, verranno comunicate le decisioni sui tassi di interesse, per cui si prevede una conferma.


Contestualmente verranno pubblicate le previsioni aggiornate su economia e inflazione dei tecnici della Bce. Generalmente è attesa una limatura delle stime sul caro vita. Mezz’ora dopo, alle 14 e 45 la presidente Christine Lagarde terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Da diversi mesi, ormai, analisti e mercati reputano che il picco dei tassi sia stato raggiunto con il 4,50% deciso lo scorso settembre, dopo una aggressiva manovra di inasprimento con cui la Bce ha complessivamente alzato i tassi di riferimento dell’area euro di 450 punti base. Da allora gli interrogativi hanno circondato soprattutto la tempistica con cui dovrebbe iniziare l’inversione di rotta, cioè quando deciderà il primo taglio dei tassi.


Nei mesi scorsi i mercati si erano perfino sbilanciati e ipotizzare che questa mossa potesse avvenire alla fine del primo trimestre. Ma, come per la Federal Reserve negli Stati Uniti, i banchieri centrali centrali dell’eurozona sono ripetutamente intervenuti per respingere queste speculazioni e “rimettere in riga i mercati” (immagine recentemente utilizzata dalla Banca di regolamenti internazionali), per ricondurre le loro aspettative più in linea ai propositi della strategia monetaria. La Bce punta ad avere il caro vita medio dell’area euro al 2%. E la stretta sui tassi, nelle sue intenzioni, punta a favorire il ritorno a questo valore creando un freno agli aggregati di domanda.


Già da tempo sia Lagarde, sia altri esponenti dell’istituzione, hanno indicato nelle dinamiche salariali un elemento chiave da valutare prima di avventurarsi su un taglio. In particolare si vuole verificare l’esito delle tornate negoziali del primo trimestre, per capire se si creeranno nuove potenziali pressioni rialziste da questo canale, un possibile “effetto di secondo” livello della recente elevata inflazione. I consuntivi sui dati del primo trimestre richiederanno ancora diverse settimane. Ma intanto un ulteriore elemento ha mostrato potenziali problematicità per la Bce: i prezzi dei servizi nell’area euro, su cui l’inflazione risulta più persistente del previsto e spiega in buona parte perché a febbraio il rallentamento della crescita generale dei prezzi sia stato meno netto delle attese, al 2,8% su base annua.


Questo aspetto ha appena trovato conferma nelle indagini presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese (gli Indici Pmi), che hanno ravvisato persistenti pressioni sui prezzi proprio nel settore terziario, dove la dinamica di attività è tornata positiva e decisamente migliore rispetto all’industria manifatturiera, zavorrata, quest’ultima, dalla contrazione delle aziende della Germania. Il rischio, secondo gli economisti che curano gli stessi indici Pmi, è che l’eurozona vada a impelagarsi in una fase di “stagflazione”, ovvero crescita ferma o molto a rilento assieme a elevata inflazione. E questo rinvierebbe le tempistiche dei tagli dei tassi della Bce, ad oggi prevalentemente ipotizzati scattare tra fine primavera e inizio estate, con diversi analisti che indicano giugno come mese chiave, dato che allora verranno nuovamente aggiornate le previsioni della Bce. Un altro aspetto che potrebbe evolversi in maniera diversa rispetto alle attese degli esperti è la portata della prima fase di riduzione del freno monetario. Perché quasi certamente la Bce non solo si muoverà a piccoli passi in questa manovra, a differenza dei maxi rialzi operati nel 2022 a inizio stretta, ma è anche prevedibile che si limiti appunto a smorzare solo in parte l’intronazione restrittiva della sua linea, per poi fermarsi e vedere come sviluppa il quadro prima di fare altro. Su questo diversi analisti ipotizzano tagli dei tassi per 100 punti base entro fine 2024, alcuni perfino per 150 punti base, ma resta da vedere se anche su questo aspetto i “falchi” del direttorio non riescano a imporre una linea più prudente. (di Roberto Vozzi)

Tim: domani in cda piano e lista, Alberta Figari in pole per presidenza

Tim: domani in cda piano e lista, Alberta Figari in pole per presidenzaMilano, 5 mar. (askanews) – Tim svelerà domani i numeri del nuovo piano strategico 2024-2026 e la lista del cda che sarà presentata all’assemblea dei soci del 23 aprile per il rinnovo del board. La lista di 10 nominativi confermerà Pietro Labriola alla guida dell’azienda, mentre, stando alle ultime indiscrezioni, in pole position per la presidenza c’è Alberta Figari, dal 2021 avvocato partner dello studio Legance (dopo 26 anni passati in Clifford Chance), che prenderebbe così il posto di Salvatore Rossi. Il cda proporrà all’assemblea di ridurre il numero dei componenti a 9 dagli attuali 15: in tal caso alla lista del cda andranno sei posti.


Sul tavolo del consiglio di domani – che approverà anche i risultati 2023 (i preliminari sono già stati diffusi il 14 febbraio) – arriverà anche il nuovo piano che traccerà il futuro della nuova Tim senza più la rete, il cui closing con KKR è previsto per l’estate, e sarà focalizzato su ServiceCo, la società che avrà gli asset dei servizi (Tim Consumer, Tim Enterprise) e Tim Brasil. Il Capital Market Day per presentare il piano ad analisti e stampa si terrà il giorno successivo, giovedì 7 marzo.

Ue, pacchetto industria Difesa: almeno 50% appalti intra-Ue per 2030

Ue, pacchetto industria Difesa: almeno 50% appalti intra-Ue per 2030Roma, 5 mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato la nuova strategia industriale europea sulla difesa, che secondo quanto riporta un comunicato punta a definire “una visione chiara e a lungo termine per conseguire la prontezza industriale” nel comparto. Come primo strumento immediato e centrale per realizzare la strategia, Bruxelles ha elaborato una proposta legislativa per un programma europeo per l’industria della difesa (Edis) e un quadro di misure volte a garantire la disponibilità e l’approvvigionamento tempestivi di prodotti per la difesa.


La strategia fissa una serie di indicatori per “misurare i progressi compiuti dagli Stati membri verso la preparazione industriale”. In particolare, il primo prevede che i Paesi Ue sono sollecitati a acquisire almeno il 40% del materiale di difesa in modo collaborativo entro il 2030; garantire che, sempre entro il 2030, il valore degli scambi di difesa intra-Ue rappresenti almeno il 35% del valore del mercato della difesa dell’Unione; compiere progressi costanti verso l’acquisizione di almeno il 50% del proprio bilancio per gli appalti nel settore della difesa all’interno dell’Ue entro il 2030 e il 60% entro il 2035. Inoltre la strategia delinea una lunga serie di sfide. Tra queste, prosegue il comunicato, sostenere un’espressione più efficiente della domanda di difesa collettiva degli Stati membri; garantire la disponibilità di tutti i prodotti per la difesa attraverso una industria più reattiva; “integrare una cultura della preparazione alla difesa in tutte le politiche, in particolare chiedendo una revisione della politica di prestito della Banca europea per gli investimenti quest’anno”, si legge.


La strategia Ue chiede inoltre di “sviluppare legami più stretti con l’Ucraina attraverso la sua partecipazione alle iniziative dell’Unione a sostegno dell’industria della difesa”; collaborare con la Nato e i partner strategici, che condividono gli stessi principi e internazionali e, di nuovo, cooperare più strettamente con l’Ucraina.

L’Istat: nel IV trimestre il Pil aumenta dell0 0,2% (su anno +0,6%)

L’Istat: nel IV trimestre il Pil aumenta dell0 0,2% (su anno +0,6%)Roma, 5 mar. (askanews) – Nel quarto trimestre del 2023 il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nei confronti del quarto trimestre del 2022. Lo ha reso noto l’Istat spiegando che la crescita congiunturale del Pil diffusa il 30 gennaio 2024 era stata dello 0,2% mentre quella tendenziale era stata dello 0,5%.


Il quarto trimestre del 2023 ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al quarto trimestre del 2022. La variazione acquisita per il 2024 è pari a +0,2%. Era stata stimata pari a +0,1% il 30 gennaio 2024.


Riguardo ai principali aggregati della domanda interna, sono in diminuzione rispetto al trimestre precedente i consumi finali nazionali dello 0,9%, mentre gli investimenti fissi lordi crescono del 2,4%, le importazioni dello 0,2% e le esportazioni dell’1,2%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,2 punti percentuali alla crescita del Pil a seguito del contributo negativo di 0,8 punti percentuali dei Consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private. Per contro, sia gli investimenti fissi lordi sia la spesa delle Amministrazioni Pubbliche hanno fornito un contributo positivo alla crescita del Pil, rispettivamente pari a 0,5 e 0,1 punti percentuali. Positivo anche il contributo della domanda estera netta, che è risultato pari a 0,4 punti percentuali, mentre nullo è stato quello della variazione delle scorte.


Si registrano andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e nei servizi, in misura rispettivamente pari a 0,3% e 0,1%, a fronte di una crescita dell’1,1% nell’industria, sospinta dalla forte crescita nelle costruzioni. Nel quarto trimestre, il Pil è cresciuto in termini congiunturali dello 0,8% negli Stati Uniti e dello 0,1% in Francia, mentre è diminuito dello 0,3% in Germania. In termini tendenziali si è registrata una crescita del 3,1% negli Stati Uniti e dello 0,7% in Francia, mentre in Germania si è registrata una diminuzione dello 0,2%. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area Euro è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,1% nel confronto con il quarto trimestre del 2022. La crescita acquisita per il 2024 è pari a +0,2%. Lo ha reso noto l’Istat spiegando che, nelle stime diffuse il 30 gennaio, era stata prevista pari a +0,1%.


La crescita acquisita è la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno.

L’attività delle imprese del terziario in Italia sale ai massimi da 9 mesi

L’attività delle imprese del terziario in Italia sale ai massimi da 9 mesiRoma, 5 mar. (askanews) – Nuovo rafforzamento dell’attività delle imprese nel settore dei servizi in Italia, salita ai massimi da 9 si a febbraio e dove si assiste a un ulteriore aumento dell’occupazione che ha reso possibile alle aziende una capacità operativa supplementare e un miglior smaltimento degli ordini in sospeso.


A febbraio l’indice Pmi relativo alle imprese dei servizi nella penisola è salito a 52,2 punti, secondo quanto riporta S&P Global, da 51,2 punti di gennaio. Per il secondo mese consecutivo, risultando superiore alla soglia di neutralità dei 50 punti indica un aumento della produzione. Un elemento che resta problematico è quello delle pressioni sui prezzi nel comparto, ancora elevate. Il purchasing managers index viene effettuato mediante un sondaggio presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese.


Secondo un economista della Hamburg Commercial Bank, Tariq Kamal Chaudhry, menzionato nel comunicato sui dati il terziario italiano “sta recuperando terreno. L’Italia sta attraversando dinamiche economiche al di sopra della media dell’eurozona, e in questo contesto il settore terziario sembra dare un segnale di speranza. Il settore dei servizi italiano appare stabile su basi solide”. “La ripresa degli ordini non è robusta abbastanza da accumulare lavoro inevaso, che invece continua a diminuire. Ad aggiungersi, c’è che le aziende del settore terziario stanno ancora barcamenandosi tra prezzi alti. È comunque consolante che, in questa difficile situazione inflazionistica, le aziende terziarie siano riuscite a ridurre il divario tra costi sostenuti e tariffe applicate ai clienti”, prosegue. “Le previsioni di crescita a lungo termine del settore dei servizi sono incerte. Le aziende monitorate restano soprattutto intimorite dalle prospettive economiche e geopolitiche”.

Attività di imprese terziario in Italia sale a massimi da 9 mesi

Attività di imprese terziario in Italia sale a massimi da 9 mesiRoma, 5 mar. (askanews) – Nuovo rafforzamento dell’attività delle imprese nel settore dei servizi in Italia, salita ai massimi da 9 si a febbraio e dove si assiste a un ulteriore aumento dell’occupazione che ha reso possibile alle aziende una capacità operativa supplementare e un miglior smaltimento degli ordini in sospeso.


A febbraio l’indice Pmi relativo alle imprese dei servizi nella penisola è salito a 52,2 punti, secondo quanto riporta S&P Global, da 51,2 punti di gennaio. Per il secondo mese consecutivo, risultando superiore alla soglia di neutralità dei 50 punti indica un aumento della produzione. Un elemento che resta problematico è quello delle pressioni sui prezzi nel comparto, ancora elevate. Il purchasing managers index viene effettuato mediante un sondaggio presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese.


Secondo un economista della Hamburg Commercial Bank, Tariq Kamal Chaudhry, menzionato nel comunicato sui dati il terziario italiano “sta recuperando terreno. L’Italia sta attraversando dinamiche economiche al di sopra della media dell’eurozona, e in questo contesto il settore terziario sembra dare un segnale di speranza. Il settore dei servizi italiano appare stabile su basi solide”. “La ripresa degli ordini non è robusta abbastanza da accumulare lavoro inevaso, che invece continua a diminuire. Ad aggiungersi, c’è che le aziende del settore terziario stanno ancora barcamenandosi tra prezzi alti. È comunque consolante che, in questa difficile situazione inflazionistica, le aziende terziarie siano riuscite a ridurre il divario tra costi sostenuti e tariffe applicate ai clienti”, prosegue. “Le previsioni di crescita a lungo termine del settore dei servizi sono incerte. Le aziende monitorate restano soprattutto intimorite dalle prospettive economiche e geopolitiche”. .