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Usa, a gennaio inflazione rallenta a +2,4% su anno

Usa, a gennaio inflazione rallenta a +2,4% su annoNew York, 29 feb. (askanews) – L’inflazione negli Stati Uniti ha registrato un leggero rialzo in gennaio. La misura preferita dalla Federal Reserve per calcolarla, il dato Pce (personal consumption expenditures price index), è salita dello 0,3%. Il mese scorso si era registrato un +0,2%. Su base annuale è cresciuta del 2,4%, molto meno del 2,6% del mese precedente.


La componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, è cresciuta dello 0,4% rispetto al mese precedente, quando aveva registrato un +0,2%. Rispetto ad un anno prima il dato è cresciuto del 2,8%, meno del 2,9% registrato nel mese precedente. Il valore Pce è contenuto nel dato diffuso dal dipartimento del Commercio relativo ai redditi personali e alle spese ai consumi. AAA/Mal

Btp Valore: ordini complessivi superano quota 14,6 miliardi

Btp Valore: ordini complessivi superano quota 14,6 miliardiMilano, 28 feb. (askanews) – La raccolta del nuovo Btp Valore, nel terzo giorno di collocamento, ha superato quota 3,6 miliardi di euro, per un totale di 131.708 contratti. Sommando gli 11,05 miliardi raccolti nei primi due giorni, le richieste complessive arrivano a 14,65 miliardi.


Il collocamento della terza emissione del titolo dedicato ai piccoli risparmiatori – con tasso minimo garantito del 3,25% per i primi tre anni e del 4% per i successivi tre – termina venerdì (salvo chiusura anticipata).

Ue, Roma e Berlino bloccano direttiva su catene del valore imprese

Ue, Roma e Berlino bloccano direttiva su catene del valore impreseBruxelles, 28 feb. (askanews) – Nuovo attacco al Green Deal europeo. E’ stata bloccata oggi a Bruxelles, dagli ambasciatori presso l’Ue dei governi tedesco, italiano e di una decina di altri paesi, l’approvazione dell’accordo in “trilogo” tra i negoziatori del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla direttiva per la “Due Diligence”, ovvero “dovere di diligenza” delle imprese riguardo alla sostenibilità sociale e ambientale delle proprie catene del valore.


A quanto si apprende a Bruxelles, durante la riunione di oggi del Coreper (il Comitato tecnico dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue, che prepara le riunioni ministeriali del Consiglio), oltre a Italia e Germania, hanno dichiarato l’intenzione di astenersi anche Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Ungheria, mentre la Svezia ha prospettato il suo voto contrario. Il blocco di un accordo già raggiunto in “trilogo”, per quanto teoricamente possibile, ha pochissimi precedenti nella storia dell’Ue negli ultimi 16 anni, da quando cioè questa procedura decisionale co-legislativa informale è stata introdotta, a metà del 2007, mostrando la sua maggiore efficacia e rapidità rispetto alla procedura di co-decisione formale prevista dai Trattati Ue (che prevede tre fasi: prima lettura, seconda lettura ed eventualmente conciliazione).


La proposta di direttiva sul dovere di diligenza riguarda le imprese operanti nell’Ue con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di euro, a cui è richiesto di garantire che le proprie attività e quelle di tutte le aziende coinvolte nella loro catena del valore (dall’approvvigionamento, a monte, alla distribuzione e gestione dei rifiuti, a valle) rispettino i diritti umani, sociali e ambientali tutelati dalle convenzioni e dai trattati internazionali (come l’accordo di Parigi sul clima, la Convenzione sulla biodiversità, le convenzioni contro il lavoro minorile, la schiavitù e lo sfruttamento del lavoro). Secondo quanto prevede la proposta legislativa, le società europee dovranno sospendere o terminare i rapporti commerciali con le società partner, ovunque situate, che violano questi diritti. Ma le posizioni critiche nei riguardi della direttiva evidenziano i costi aggiuntivi per le società che saranno sottoposte alle nuove norme, le difficoltà di assicurare il controllo di tutte le imprese coinvolte nella catena del valore, e il rischio per le aziende europee di essere costrette a rinunciare a delle forniture di materie prime critiche o componenti essenziali, non facilmente reperibili da altre fonti sul mercato globale. Quello di oggi era il secondo tentativo da parte del Coreper di approvare l’accordo in trilogo (raggiunto dai negoziatori delle tre istituzioni il 14 dicembre scorso), dopo un primo nulla di fatto il 9 febbraio scorso, a causa dell’astensione della Germania (decisa per via dell’opposizione alla direttiva da parte del partito liberale del ministro delle Finanze, Christian Lindner), a cui si era aggiunta, a sorpresa, quella dell’Italia, oltre che di alcuni altri paesi più piccoli (nelle decisioni del Consiglio Ue a maggioranza qualificata, l’astensione vale come voto contrario). L’Italia avevano votato a favore della posizione negoziale del Consiglio Ue (“orientamento generale”), il primo dicembre 2022. Il Parlamento europeo aveva poi adottato la propria posizione negoziale il primo giugno 2023, con con 366 voti a favore, 225 contrari e 38 astensioni.


Alcune fonti a Bruxelles riferiscono che il governo di Giorgia Meloni, che originariamente non era contrario alla direttiva (almeno nella sua versione modificata dell’”orientamento generale” del Consiglio Ue), starebbe ora negoziando per ottenere, in cambio della sua astensione sulla “Due Diligence”, un avvicinamento della Germania alle posizioni italiane nel contesto di un altro “trilogo” ancora in corso: quello sul regolamento Ue sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi. In quest’ultimo caso, al Parlamento europeo i gruppi d’interesse appoggiati dall’Italia avevano ottenuto molte modifiche nel mandato negoziale approvato dalla plenaria di Strasburgo, in particolare con la cancellazione di alcuni obblighi relativi agli obiettivi di riuso degli imballaggi e ai divieti di imballaggi monouso. Ma il Consiglio Ue ha ripristinato, nel suo “orientamento generale”, buona parte della proposta originaria, andando così contro le posizioni italiane. Loc

Lollobrigida contro l’Ue per le telecamere sulle barche da pesca

Lollobrigida contro l’Ue per le telecamere sulle barche da pescaRoma, 28 feb. (askanews) – “Abbiamo, lo voglio annunciare, scelto di impugnare davanti alla Corte di giustizia questo provvedimento perché agiremo in ogni modo per difendere i nostri agricoltori i nostri pescatori”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, rispondendo al question time alla Camera a un’interrogazione sulle iniziative a sostegno del comparto della pesca e dell’acquacoltura e riferendosi al provvedimento europeo che prevede l’installazione di telecamere sulle imbarcazioni per la piccola pesca. “Abbiamo avuto la voglia e la forza di votare contro la scelta delle telecamere a bordo, perché le nostre imbarcazioni piccole vedono i lavoratori essere sottoposti a controlli come fossero dei criminali pericolosi perché nemmeno ai criminali pericolosi si punta la telecamera su quello che fanno”, ha detto il ministro. Sulla pesca, ha spiegato Lollobrigida, “l’Italia ha cambiato rotta in Europa e ha approcciato immediatamente, con posizioni chiare, avendo il coraggio anche lì di votare no contro ogni scelta che possa penalizzare le nostre donne e i nostri uomini di mare che vogliono continuare a svolgere questo lavoro senza che, come una scure, la sostenibilità ambientale sia posta per ridurre la loro capacità di pescare all’interno dello stesso bacino del Mediterraneo, dove noi dismettiamo la flotta che viene armata dall’altra parte del Mediterraneo pescando lo stesso pesce”. Il ministro ha poi ricordato altri interventi attuati dal Parlamento a favore del mondo della pesca, come la “modifica della 102 che mette i pescatori, cioè i coltivatori del mare, nella stessa condizione degli agricoltori sulla base delle tutele in termini fiscali, nella possibilità di sostenere, nella possibilità di avere aree di calamità sulle quali intervenire”. Ancora, l’apertura dei bandi “per il sostegno alle produzioni agricole e della pesca, per rinnovare le nostre flotte perché guardiamo a una flotta che si rafforzi diventi anche più sostenibile”. E l’incremento del 150% i fondi per le filiere della pesca, il sostegno ai pescatori e agli acquacoltori su crisi come quella del granchio blu”. E a proposito, proprio, del granchio blu, Lollobrigida ha detto che “non è venuto da Marte il granchio blu, è stato sottovalutato da chi, prima di noi, non ha studiato il fenomeno e i rischi a questo connessi. Per questo in Europa stiamo chiedendo con forza una strategia nell’area del Mediterraneo condivisa per predisporre modelli che ci permettano di affrontare le vecchie e le nuove specie cosiddette aliene che nei nostri mari sono presenti, come il granchio blu”.

Da Swisscom 8 miliardi per Vodafone Italia, al via risiko tlc

Da Swisscom 8 miliardi per Vodafone Italia, al via risiko tlcMilano, 28 feb. (askanews) – Svolta nel consolidamento delle tlc in Italia. Swisscom, che nel nostro Paese controlla Fastweb, è in trattative esclusive avanzate con il gruppo Vodafone per l’acquisizione del 100% di Vodafone Italia. Le parti hanno concordato un prezzo di acquisto preliminare di 8 miliardi di euro, su base cash e priva di debiti.


L’annuncio arriva a quasi un mese dallo stop alle trattative con Iliad dopo che Vodafone aveva rifiutato la proposta dei francesi di fusione delle attività italiane. Vodafone, che uscirebbe così dopo oltre 20 anni dal mercato italiano (Omnitel entrò nel gruppo nel 2001), ritiene che questa potenziale operazione offra “la migliore combinazione di creazione di valore, pagamento anticipato di un corrispettivo in cash e certezza della transazione per gli azionisti”. Swisscom intende unire Vodafone Italia con Fastweb, creando così il primo operatore Ftth del Paese con una quota di mercato del 36%. “L’operazione – sottolinea la compagnia elvetica – sarebbe un passo fondamentale per consentire a Swisscom di realizzare il suo obiettivo strategico di creare valore a lungo termine in Italia e sarebbe pienamente conforme agli obiettivi strategici dati del Consiglio Federale”. Il 51% del capitale di Swisscom è nelle mani della Confederazione Svizzera.


Nel dettaglio, l’enterprise value di 8 miliardi rappresenta un multiplo di circa 7,6 volte sul consensus per l’Adjusted EbitdaaL dell’esercizio 2024. “La valutazione preliminare riconosciuta a Vodafone Italia, di circa 8 miliardi, completamente in contanti – sottolineano gli analisti di Intermonte -, risulta di oltre il 20% inferiore rispetto all’offerta presentata da Iliad alla fine di gennaio, che valutava l’asset intorno a 10,45 miliardi. Tuttavia, quest’ultima offerta prevedeva una minor componente in contanti, pari a 6,6 miliardi a vantaggio del gruppo Vodafone, il che dovrebbe rendere l’offerta di Swisscom di gran lunga più attraente”. Non c’è alcuna certezza che la transazione vada a buon fine, hanno sottolineato entrambe le società. Lo scorso 31 gennaio, Vodafone aveva comunicato di non aver accettato la proposta di Iliad, che solo due giorni fa ha siglato un accordo per acquisire il 19,8% dell’operatore telefonico svedese Tele2. L’ultima proposta del gruppo fondato da Xavier Niel prevedeva la fusione di Iliad Italia e Vodafone Italia in una newco (50/50), con Vodafone che avrebbe ottenuto 6,6 miliardi di proventi in contanti e 2 miliardi di prestito agli azionisti, per un enterprise value di 10,45 miliardi.


“Una fusione tra Vodafone e Fastweb – sottolinea ancora Intermonte – dovrebbe incontrare minori ostacoli Antitrust rispetto a una joint venture tra Vodafone e Iliad, ma le sinergie sarebbero inferiori e non determinerebbe alcuna market repair sul segmento mobile”. In base agli ultimi dati Agcom al 30 settembre 2023, la combinazione Vodafone-Fastweb creerebbe il secondo operatore di banda larga fissa (con una quota di mercato aggregata del 30,3%) e del primo player su FTTH (market share combinata 36%), con una forte presenza nel remunerativo segmento business fisso. Iliad, dopo lo stop di Vodafone, aveva spiegato che avrebbe continuato “a rafforzare le sue posizioni in Italia”. Il mercato guarda a WindTre dopo che lo scorso 13 febbraio EQT Infrastructure e CK Hutchison, l’attuale proprietario di WindTre, avevano annunciato di aver risolto l’accordo per l’acquisto da parte del fondo di una quota di maggioranza della rete dell’operatore. “Dopo il fallimento delle trattative con Vodafone, Iliad – spiega Intermonte – potrebbe spostare le sue mire su Wind3 o piuttosto su Tim Consumer. Tuttavia, Tim Consumer è oggi un asset ancora in fase di turnaround per cui non escludiamo che Iliad possa guardare ad una jv piuttosto che ad un’acquisizione, almeno in una fase iniziale”.

Urso: si tratta con Tesla e cinesi per secondo produttore auto

Urso: si tratta con Tesla e cinesi per secondo produttore autoRoma, 28 feb. (askanews) – Tesla e “tre aziende leader cinesi” nella produzione dell’auto elettrica: con questi grandi attori extraeuropei il governo sta già da mesi interloquendo per far posizionare in Italia una seconda casa automobilistica, accanto a Stellantis, che si sta cercando di convincere a “recedere dalla tentazione” di lasciare l’Italia. Ecco quanto ha detto oggi il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso in un’audizione presso la Commissione attività produttive della Camera.


“Siamo consapevoli che la tutela della componentistica richiede volumi produttivi pari almeno in Italia pari ad almeno 1 milione di vetture e 300mila veicoli commerciali leggeri”, ha segnalato Urso. “Per questo è fondamentale lavorare al raggiungimento di un’intesa con Stellantis, puntando a consolidare la loro rete di fornitura nazionale e facendo sì che il gruppo receda dalla tentazione di trasferire all’estero come emerge dalla stessa comunicazione che il gruppo ha trasmesso alle aziende della componentistica”, ha detto il ministro. “Cioè – ha aggiunto – receda dal piano d’internazionalizzazione, che evidentemente ha realizzato quando è stato costituito 4 anni fa, e che non è compatibile col rafforzamento con la filiera dell’indotto in Italia e con la produzione delle auto nel nostro paese”. Tuttavia, Urso ha anche detto che il governo è consapevole che un solo produttore “non basta” per raggiungere l’obiettivo di 1,3 milioni di veicoli annui prodotti. “Anche in Italia sin dall’inizio della legislatura, nella necessità di rafforzare la produzine nel nostro paese, stiamo lavorando per creare le condizioni affinché un nuovo investitore possa localizzarvisi, così da avere almeno una seconda casa automobilistica che possa far carico dell’esigenza di contribuire a salvaguardare e rafforzare l’indotto”, ha detto il ministro, segnalando che “l’ecosistema nazionale è molto favorevole” in termini di componentistica, design, ricerca e tecnologie. E questi fattori “hanno favorito il dialogo con produttori esteri interessati ad approcciare i mercati europei. Si tratta di case automobilistiche che al momento non producono in Europa, ma che guardano con interesse al nostro mercato consapevoli anche che l’Europa (…) dovrà necessariamente tutelare il mercato interno dalla concorrenza sleale con misure commerciali, come stanno facendo gli Stati uniti, e con misure industriali, come dobbiamo assolutamente fare nel nostro continente”.


Le dichiarazioni di Urso vengono dopo che nei giorni scorsi il principale produttore mondiale di auto elettriche, la cinese BYD, ha dichiarato – secondo l’agenzia di stampa Bloomberg – di aver ricevuto un contatto dall’Italia per produrre in Italia. Urso, dal canto suo, ha detto che sono state avviate “da tempo interlocuzioni con produttori di vari paesi, non soltanto orientali, ma anche occidentali”. E ha segnalato che un canale è aperto anche con la Tesla di Elon Musk. “Sapete anche voi che i residenti della città di Gruenheide, nell’est della Germania, hanno respinto a larga maggioranza un piano di espansione massiccia dell’unico impianto di assemblaggio europeo di Tesla e questo comporterà certamente una revisione dei piani del gruppo statunitense con il quale, anche con lui, dialoghiamo da mesi”, ha detto il ministro. “Stiamo avendo – ha proseguito – riscontri molto positivi, ma si tratta di un processo ancora in corso, che richiede prudenza”.


Per quanto riguarda, invece, il dialogo aperto con produttori cinesi, Urso non ha fatto nomi specifici, ma ha confermato che sono tre i marchi di auto elettriche della Repubblica popolare a essere interessati. E ha segnalato che “a metà ottobre dello scorso anno una delegazione ministeriale ha visitato” i più importanti produttori di auto elettriche cinesi. “Tre aziende leader cinesi sono venute in Italia a incontrarsi con i nostri uffici per vagliare le possibilità nel nostro paese e in alcuni casi luoghi di possibili stabilimenti”, ha affermato il ministro. Con queste compagnie, “l’interlocuzione continua” e – ha rivendicato il ministro – “tutte e tre ci hanno esplicitamente detto che i preconcetti che avevano sul nostro paese sono stati completamente fugati”.

Bce, alta inflazione eurozona dovuta soprattutto a shock offerta

Bce, alta inflazione eurozona dovuta soprattutto a shock offertaRoma, 28 feb. (askanews) – I fattori principali che hanno causato l’elevata inflazione nell’area euro negli ultimi anni sono stati gli shock che hanno colpito l’offerta e le forniture, mentre gli shock sul lato della domanda interna e sulle condizioni tirate del mercato del lavoro hanno avuto “un ruolo più limitato”. E’ la conclusione a cui giunge uno studio (What caused the euro area post-pandemic inflation?) pubblicato dalla Bce, che torna su un argomento che nei mesi scorsi è stato al centro del dibattito, nella fase in cui l’istituzione portava avanti la sua aggressiva manovra manovra restrittiva e di rialzo dei tassi, allo scopo di contrastare proprio l’alta inflazione.


Inoltre, l’analisi ipotizza che il caro vita medio dell’area euro possa tornare val valore obiettivo della stessa Bce, il 2%, ben prima di quanto prevedano le stime dell’istituzione: già dalla metà di quest’anno. Secondo lo studio, “le penurie correlate alla fase pandemica possono avere avuto un impatto più persistente sull’inflazione dell’area euro rispetto a quanto inizialmente previsto. Inoltre il ruolo degli shock sul lato dell’offerta nell’area euro è più ampio che negli Usa, prevalentemente a causa della sua maggiore esposizione agli effetti idiosincratici dell’invasione russa dell’Ucraina” (cioè per la maggiore sensibilità dell’economia Ue a questi sviluppi).


Nei mesi scorsi coloro che contestavano l’appropriatezza di procedere in maniera maniera così rapida e energica sui rialzi dei tassi – in particolare l’allora governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e colui che gli è succeduto, Fabio Panetta, che faceva parte del Comitato esecutivo della Bce – lo facevano anche sulla base del fatto che se l’inflazione era provocata da uno shock sul lato dell’offerta, una stretta monetaria sarebbe stata scarsamente in grado di avere effetti tangibili su questo fattore, ma avrebbe arrecato danni, quelli sì, all’economia. L’analisi pubblicata oggi è firmata da quattro economisti della stessa Bce – Óscar Arce, Matteo Ciccarelli, Carlos Montes-Galdón e Antoine Kornprobst – e utilizza i modelli previsionali elaborati dall’ex esidente della Federal Reserve, Ben Bernanke e dall’ex capo economista del Fmi, Olivier Blanchard per effettuare analisi comparative sull’inflazione tra le economie avanzate.


Secondo lo studio la crescita delle retribuzioni potrebbe restare elevata nei prossimi anni, con i redditi reali che cercano di recuperare i prezzi dopo i recenti episodi di alta inflazione. Ma al tempo stesso di “l’inflazione potrebbe calare più di quanto anticipato da previsioni dei tecnici della Bce nel giugno del 2023 e raggiungere il l’obiettivo già a metà 2024”, si legge. Tuttavia i rischi sul lato inflazionistico restano sbilanciati al rialzo, date le aspettative dei mercati sul futuro dei prezzi dell’energia. E potrebbero anche materializzarsi effetti di secondo livello da alta inflazione più energici previsto, se dovessero ripresentarsi condizioni simili a quelle degli shock associati al contesto del Covid.


Mercoledì e giovedì della prossima settimana tornerà a riunirsi il consiglio direttivo della Bce, che è l’organismo che assume le decisioni di politica monetaria e a cui partecipano tutti i governatori di Banche centrali nazionali dell’area euro, oltre alla presidente, Christine Lagarde, il vicepresidente gli altri quattro componenti del comitato esecutivo (per l’Italia Piero Cipollone). Le decisioni della Bce verranno annunciato giovedì 7 marzo alle 14 e 15.

Urso: Stellantis receda dalla tentazione di andare all’estero

Urso: Stellantis receda dalla tentazione di andare all’esteroRoma, 28 feb. (askanews) – Per la tutela della produzione componentistica nel settore automotive è necessario che Stellantis “receda dalla tentazione” di andare all’estero. L’ha detto oggi il ministro delle Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso in un’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera.


“Siamo consapevoli che la tutela della componentistica richiede volumi produttivi pari almeno in Italia pari ad almeno 1 mln di vetture e 300mila veicoli commerciali leggeri”, ha segnalato Urso. “Per questo è fondamentale lavorare al raggiungimento di un’intesa con Stellantis, puntando a consolidare la loro rete di fornitura nazionale e facendo sì che il gruppo receda dalla tentazione di trasferire all’estero come emerge dalla stessa comunicazione che il gruppo ha trasmesso alle aziende della componentistica”, ha detto Urso. “Cioè – ha aggiunto – receda dal piano d’internazionalizzazione, che evidentemente ha realizzato quando è astato costituito 4 anni fa, e che non è compatibile col rafforzamento con la filiera dell’indotto in Italia e con la produzione delle auto nel nostro paese”.

Agroalimentare, dall’Europarlamento ok riforma sulle indicazioni geografiche

Agroalimentare, dall’Europarlamento ok riforma sulle indicazioni geograficheRoma, 28 feb. (askanews) – Il Parlamento europeo ha approvato oggi con un maggioranza di quasi il 90% (520 voti a favore, 19 contrari e 64 astenuti), il nuovo Regolamento sulle Indicazioni Geografiche per prodotti agro-alimentari, vini e bevande spiritose. Il nuovo Regolamento entrerà in vigore nella prima metà di aprile.


Paolo de Castro, relatore del provvedimento per l’Europarlamento, commenta il via libera con soddisfazione: “è questa l’Europa che vogliamo, al fianco gli agricoltori per renderli sempre più competitivi e sostenibili, riallacciando quel legame con le nostre aree rurali che pare essersi smarrito negli ultimi anni”. De Castro spiega che “il successo di oggi restituisce un esempio di come l’Europa, quando è spinta dalla giusta volontà politica, sia in grado di accompagnare gli agricoltori verso quei modelli produttivi che hanno reso la nostra filiera agro-alimentare ineguagliabile al mondo in termini di qualità e sostenibilità del cibo, grazie a un modello unico di tutela, gestione e promozione dei prodotti ad indicazione geografica, sinonimo di eccellenza, unicità e legame con il territorio”.


Grazie al Parlamento europeo, rivendica De Castro, “il nuovo regolamento farà evolvere un sistema senza eguali nel mondo, capace di generare valore senza investire alcun fondo pubblico. Come? Rafforzando i consorzi, veri motori per lo sviluppo di DOP e IGP, con maggiori e migliori responsabilità, tra cui la lotta alle pratiche svalorizzanti e la promozione del turismo ad indicazione geografica; potenziando la protezione, soprattutto a livello internazionale, online e nel sistema dei domini internet, oltre a quando le Indicazioni Geografiche sono utilizzate come ingredienti”. E ancora, “semplificando le procedure e stabilendo che l’esame delle richieste di registrazione e modifica dei disciplinari non potrà richiedere più di un anno; non da ultimo, migliorando gli standard di sostenibilità, benessere animale e trasparenza nei confronti dei consumatori, con l’indicazione obbligatoria sull’etichetta di qualsiasi prodotto DOP o IGP del nome del produttore, e la redazione di un rapporto che spieghi l’importanza di questi prodotti in termini di sostenibilità ambientale, sociale, economica, e di rispetto della salute e del benessere animale”.


“Non solo – prosegue l’eurodeputato Pd – abbiamo eliminato una volta per tutte quelle falle del sistema che consentono di sfruttare indebitamente la reputazione delle nostre IG, come nel caso dell’aceto balsamico sloveno e cipriota, o del Prosek made in Croazia, chiarendo come eventuali registrazioni di menzioni tradizionali, come quella del Prosek, non potranno più essere prese in considerazione, in quanto identiche o evocative di nomi di Dop o Igp.” “Dopo le crisi dovute alla pandemia, all’invasione russa dell’Ucraina e all’impennata dei costi di produzione – sottolinea il relatore del Parlamento europeo – finalmente una buona notizia per gli agricoltori europei! Ora il testimone passa nelle mani dei produttori e delle filiere, che dovranno dimostrare di essere all’altezza della sfida, e sfruttare al meglio quanto tracciato con questo Regolamento. Dal canto nostro, chiediamo la creazione di un piano d’azione europeo che possa ulteriormente supportare e consolidare un patrimonio non de-localizzabile, che coinvolge milioni di operatori”.

Russia, Sberbank realizza utili record nonostante le sanzioni

Russia, Sberbank realizza utili record nonostante le sanzioniRoma, 28 feb. (askanews) – La più grande banca russa, Sberbank, ha realizzato un utile netto record di 1.500 miliardi di rubli (15 miliardi di euro) nel 2023, nonostante le sanzioni occidentali. Lo segnala oggi il Financial Times.


I risultati per l’intero anno di Sberbank hanno mostrato un aumento di oltre cinque volte dei profitti rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto alle attività di prestito. Con una partecipazione del 50 per cento più una quota, lo statoè l’azionista di maggioranza di Sberbank, il cui amministratore delegato Herman Gref è un collaboratore di lunga data del presidente russo Vladimir Putin.