Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 mld)

La Bce chiude il 2023 con la prima perdita da 20 anni (1,3 mld)Roma, 22 feb. (askanews) – La Banca centrale europea ha chiuso il 2023 con una perdita per la prima volta da 20 anni, un rosso netto da 1,266 miliardi di euro, che riflette gli effetti dei rialzi dei tassi da essa stessa operati sulle varie componenti del suo bilancio. Il passivo è stato parzialmente coperto dal ricorso a accantonamenti sui rischi finanziari per 6,62 miliardi di euro, mentre la perdita lorda è stata pari a 7,886 miliardi. Per trovare un altro anno in rosso bisogna risalire al 2004 mentre ora, per la prima volta, l’istituzione pronostica ulteriori perdite sugli anni immediatamente futuri.


Con un comunicato, la Bce annuncia che non ci saranno distribuzioni di utili alle banche centrali nazionali che aderiscono all’euro per il 2023. Subito dopo puntualizza che la perdita “non ha impatto sulla capacità della Banca di condurre efficacemente la politica monetaria”, e che anzi riflette il ruolo e le azioni monetarie che si sono rese necessarie per mantenere la stabilità dei prezzi, a fronte della galoppante inflazione degli ultimi anni. In particolare l’aumento dei tassi di riferimento da essa stessa operato ha fatto salire i costi delle passività di bilancio che sono soggetti a tassi variabili. Invece i proventi ottenuti dai rendimenti degli attivi di bilancio non sono saliti con la stessa rapidità, dato che molti di questi sono titoli di Stato lunga scadenza e a tasso fisso, spiega la Bce.


Conseguentemente “è probabile che la Bce accusi perdite nei prossimi pochi anni, ma successivamente è previsto che torni a fare consistenti utili”. Peraltro la perdita del 2023 segue “quasi due decenni di profitti consistenti”. L’istituzione aggiunge che la solidità del suo bilancio è ulteriormente assicurata dalla sua base patrimoniale che ammonta 46 miliardi di euro a fine 2023. “In ogni caso la Bce può operare efficacemente nel centrare il suo mandato primario sulla stabilità dei prezzi indipendentemente da qualunque perdita”, si legge. E non si rendono necessarie ricapitalizzazioni dati gli accumuli degli anni passati.


Sempre lo scorso anno la mole complessiva del bilancio della Bce è calata di 24 miliardi di euro a 674 miliardi, prevalentemente a riflesso del graduale declino degli stock di titoli detenuti tramite il programma di acquisti App. Il bilancio consolidato di tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’area euro è invece calato in maniera più drastica, a 6.935 miliardi, da 7.951 miliardi del 2022. La contrazione riflette prevalentemente il forte calo delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine alle banche, con 410 miliardi rimborsati sui Tltro III. La riduzione delle consistenze di titoli detenuti per scopi di politica monetaria ha fatto calare il bilancio di altri 243 miliardi, con uno stock complessivo a 4.694 miliardi a fine 2023.


Lo stock di titoli con il piano App, quello su cui è stata avviata da molti mesi una riduzione quantitativa, è sceso di 228 miliardi rispetto a un anno prima, a quota 3.026 miliardi. Lo stock di titoli con il piano anticrisi Pepp, su cui la riduzione vera e propria inizierà invece a luglio, è sceso marginalmente, di 15 miliardi, a quota 1.666 miliardi. Tornando al bilancio della sola Bce, i costi complessivi del personale sono saliti a 676 milioni di euro, da 652 milioni nel 2022, a riflesso prevalentemente dell’aumento di addetti soprattutto nel ramo della vigilanza bancaria, si legge, e degli aggiustamenti salariali. Le altre spese amministrative sono salite a 596 milioni, da 572 milioni del 2022, con il pieno riavvio di tutte le attività in situ.

Eurozona, si conferma rallentamento inflazione al 2,8% a gennaio

Eurozona, si conferma rallentamento inflazione al 2,8% a gennaioRoma, 22 feb. (askanews) – Eurostat ha confermato l’attenuazione dell’inflazione media dell’area euro al 2,8% a gennaio, a fronte del 2,9% a cui era risalita a dicembre. I livelli di crescita dei prezzi al consumo più bassi su base annu si sono registrati in Italia e Danimarca (0,9% per entrambe, in base all’indice armonizzato con il resto dell’Ue), i più elevati invece (ma considerando l’intera Unione euroipea) in Romania (7,3%), Estonia (5%) e Croazia (4,8%).


Secondo l’ente di statistica comunitario, sempre sempre a gennaio i prezzi hanno registrato una contrazione dello 0,4% rispetto al mese precedente nell’area euro. Guardando a tutta l’Ue l’inflazione ha segnato a sua volta un rallentamento al 3,1% annuo a gennaio, dal 3,4% di dicembre e un calo dei prezzi rispetto al mese precedente dello 0,2%.


Tornando all’area euro si è limata anche l’inflazione di fondo a gennaio, l’indice depurato da energia, alimentari, alcolici e tabacchi ha segnato un 3,3% di crescita su base annuo, dal 3,4% del mese precedente, con un calo mensile dei prezzi quantificato allo 0,9%. L’inflazione si muove quindi nella direzione auspicata dalla Bce, che ha come obiettivo una crescita dei prezzo nel medio periodo al 2% e che per favorire un ritorno a questo livello ei mesi passati ha operato energici aumenti dei tassi di interesse di riferimento.

Eurozona, si attenua contrazione attività imprese, bene terziario

Eurozona, si attenua contrazione attività imprese, bene terziarioRoma, 22 feb. (askanews) – Si è attenuata a febbraio la contrazione delle imprese nel complesso dell’area euro, ma con il settore manifatturiero che subisce l’effetto “freno” dell’industria della Germania, che invece ha accusato nuovi peggioramenti. E’ lo scenario che emerge dai risultati preliminari delle indagini presso i responsabili degli approvvigionamenti di S&P Global (Purchasing Managers Index, Pmi).


L’indice Pmi composito della produzione di tutte le aziende nell’eurozona è risalito a 48,9 punti a febbraio, il valore più elevato da 8 mesi, da 47,9 punti a gennaio. Resta però inferiore alla soglia di neutralità dei 50 punti, ovvero continua a indicare contrazione. L’indice Pmi relativo alle imprese del terziario nell’eurozona è tornato a 50 punti, massimo da 7 mesi a fronte di 48,4 punti a gennaio. L’indice Pmi sulla produzione manifatturiera è leggermente calato a 46,2, prosegue S&P con una nota, da 46,6 punti a gennaio. Infine, l’indice generale sul manifatturiero lato a 46,1 punti dai 46,6 del mese precedente.


Secondo Norman Liebke, economist della Hamburg Commercial Bank che collabora alla inchiesta ed è citato nel comunicato “la Germania sta fungendo da freno per la crescita dell’eurozona. Mentre la ripresa della Francia è stata più forte sia per il settore dei servizi che per il manifatturiero, la Germania è rimasta indietro”. Complessivamente “l’eurozona che ha imboccato la strada della ripresa e si intravede un barlume di speranza. Ciò è particolarmente evidente nel settore dei servizi”.


Una possibile spiegazione del divario Francia-Germania “potrebbe essere la maggiore attività turistica, con la prima che ne ha tratto un vantaggio maggiore rispetto alla Germania. Su come il settore manifatturiero rallenti l’economia europea è chiaramente dimostrato dal forte declino della produzione e dal rallentamento dei nuovi ordini. Le aziende campione hanno di conseguenza ridotto ulteriormente la loro forza lavoro e, esprimendo quindi pessimismo, le previsioni dell’attività dei prossimi dodici mesi sono rimaste al di sotto della media a lungo termine”. Secondo l’economista i dati degli indici Pmi “rischiano di deludere la Bce. I prezzi di vendita sono aumentati ad un tasso più veloce per il quarto mese consecutivo. La causa di ciò è interamente dovuta al settore ad alto impiego di manodopera dei servizi, che continua ad avere difficoltà legate agli aumenti salariali. Le nostre previsioni ribadiscono che a giugno la Bce ridurrà per la prima volta i tassi di interesse”.

L’Istat conferma: a gennaio l’inflazione sale allo 0,8%

L’Istat conferma: a gennaio l’inflazione sale allo 0,8%Roma, 22 feb. (askanews) – A gennaio l’inflazione evidenzia un lieve rimbalzo, salendo allo 0,8% dallo 0,6% di dicembre 2023. Inoltre registra un aumento dello 0,3% su base mensile. La conferma arriva dall’Istat che ha diffuso i dati definitivi.


La moderata accelerazione del ritmo di crescita dei prezzi riflette l’andamento dei prezzi dei Beni energetici regolamentati, la cui flessione su base tendenziale risulta, a gennaio, attenuata a causa dell’effetto statistico dovuto allo sfavorevole confronto con gennaio 2023. Un contributo alla risalita dell’inflazione si deve inoltre al permanere di tensioni sui prezzi dei beni alimentari non lavorati, mentre il cosiddetto “carrello della spesa” continua a decelerare (+5,1%). Infine, l’inflazione di fondo si attesta a gennaio al +2,7% (da +3,1% del mese precedente).

Germania, si aggrava la contrazione delle imprese nel maniatturiero

Germania, si aggrava la contrazione delle imprese nel maniatturieroRoma, 22 feb. (askanews) – Peggioramento a febbraio per il manifatturiero della Germania, laddove il settore dei servizi ha registrato una attenuazione della dinamica di calo dell’attività, che comunque prosegue anche in questo raggruppamento. E’ la fotografia scattata dalle indagini condotte presso i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese (Purchasing Managers Index, o indici Pmi) di S&P Global.


L’indice Pmi composito relativo all’attività di tutte le aziende tedesche è calato a 46,1 punti, da 47 punti di gennaio, segnando il minimo da quattro mesi a questa parte, secondo S&P global. I 50 punti sono la soglia di neutralità, sotto la quale l’attività viene considerata in contrazione. L’indice Pmi relativo alle imprese dei servizi della Germania è risalito a 48,2 punti a febbraio, da 47,7 punti a gennaio. L’indice Pmi relativo alla produzione nel settore manifatturiero invece caduto a 42,1 punti, da 45, 7 gennaio, anche in questo caso ai minimi da quattro mesi. L’indice Pmi sul manifatturiero in generale è calato a 42,3 punti, da 45,5 gennaio. I datil manifatturiero appaiono peggiori di quanto prevedessero in media gli analisti.

La Borsa di Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19% (supera il record del 1989)

La Borsa di Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19% (supera il record del 1989)Roma, 22 feb. (askanews) – Chiusura in netto rialzo per la Borsa di Tokyo che ha chiuso la seduta con il Nikkei a +2,19%, a 39.098 punti, 836,52 punti in più rispetto alla precedente chiusura. Si tratta, per la borsa nipponica, di un livello record con cui viene superato il precedente del 29 dicembre del 1989 di 38.915,87 punti.


A spingere i listini soprattutto il rialzo del settore tecnologico guidato da Nvidia che ha rilasciato dati trimestrali oltre le attese con ricavi a +265% grazie all’intelligenza artificiale. Dati che hanno portato in rialzo le principali borse asiatiche.

Borsa, Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19%, raggiunge record

Borsa, Tokyo chiude in rialzo: Nikkei a +2,19%, raggiunge recordRoma, 22 feb. (askanews) – Chiusura in netto rialzo per la Borsa di Tokyo che ha chiuso la seduta con il Nikkei a +2,19%, a 39.098 punti, 836,52 punti in più rispetto alla precedente chiusura. Si tratta, per la borsa nipponica, di un livello record con cui viene superato il precedente del 29 dicembre del 1989 di 38.915,87 punti.


A spingere i listini soprattutto il rialzo del settore tecnologico guidato da Nvidia che ha rilasciato dati trimestrali oltre le attese con ricavi a +265% grazie all’intelligenza artificiale. Dati che hanno portato in rialzo le principali borse asiatiche.

Nvidia,svolta su IA,ricavi trimestre +265% sorprendono Wall Street

Nvidia,svolta su IA,ricavi trimestre +265% sorprendono Wall StreetRoma, 21 feb. (askanews) – I ricavi di Nvidia sono aumentati del 265% nell’ultimo trimestre a 22,1 miliardi di dollari, poiché la società di chip più preziosa al mondo ha beneficiato di una frenesia di spesa per l’intelligenza artificiale. Lo riporta il Financial Times specificando che la performance dei ricavi ha superato le già elevate aspettative degli analisti di 20,4 miliardi di dollari, sostenuta da un aumento del 409% dei ricavi dei data center a 18,4 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente.


“Il calcolo accelerato e l’intelligenza artificiale generativa hanno raggiunto il punto di svolta”, ha affermato il fondatore e amministratore delegato di Nvidia Jensen Huang. “La domanda è in aumento in tutto il mondo tra aziende, industrie e nazioni”. Le azioni della società con sede in California, che è cresciuta fino a una valutazione di mercato di 1,8 trilioni di dollari e ha superato Alphabet, la società madre di Google, diventando la terza società quotata più valutata dal mercato, sono state scambiate fuori contrattazioni con un rialzo del 6,5% a 718,71 dollari.


Le sue azioni avevano già guadagnato il 50% quest’anno prima che mercoledì venissero pubblicati i risultati finanziari del quarto trimestre. Nvidia ha affermato che l’utile per azione ha raggiunto i 4,93 dollari, battendo le aspettative degli analisti di 4,59 dollari, secondo le stime di LSEG.


L’utile netto è aumentato del 770% raggiungendo i 12,3 miliardi di dollari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, superando anche le aspettative degli analisti di 10,4 miliardi di dollari. Nvidia – riporta ancora il Ft – è diventata un proxy per la domanda di intelligenza artificiale poiché le grandi aziende tecnologiche come Alphabet, Microsoft, Amazon e Meta hanno tutte aumentato i loro investimenti nell’informatica AI. I suoi chip leader, come l’H100, vengono utilizzati dagli sviluppatori di intelligenza artificiale per creare modelli linguistici di grandi dimensioni.


Lo scorso anno il ChatGPT di OpenAI ha trasformato i chip Nvidia da 40.000 dollari nel prodotto più in voga nella Silicon Valley. Meta prevede di portare il suo stock totale di chip H100 a 350.000 quest’anno, ha dichiarato a gennaio l’amministratore delegato Mark Zuckerberg. “La nostra piattaforma di data center è alimentata da fattori sempre più diversificati”, ha affermato Huang, poiché settori tra cui quello automobilistico, dei servizi finanziari e della sanità stanno ora spendendo “a livello multimiliardario”.

Wall Street migliora sul finale dopo Fed, DJ +0,13%, Nasdaq -0,34%

Wall Street migliora sul finale dopo Fed, DJ +0,13%, Nasdaq -0,34%Roma, 21 feb. (askanews) – Chiusura contrastata a Wall Street, con un miglioramento sul finale dopo che i verbali del direttorio di fine gennaio della Federal Reserve hanno ribadito la linea che era stata riferita dal presidente Jerome Powell: i banchieri centrali statunitensi vogliono maggiori certezze sul calo sostenibile dell’inflazione prima di avventurarsi in un taglio dei tassi. A fine seduta il Dow Jones segna +0,13%, l’S&P 500 un progresso analogo, mentre il Nasdaq mantiene il segno meno con un calo dello 0,34%.


Alla scorsa riunione, i componenti del Fomc, il direttorio della Fed “hanno concordato che non sarà appropriato ridurre la forchetta di riferimento (sui tassi) fino a quando non avranno maggiore fiducia che l’inflazione si stiamo muovendo in maniera sostenibile verso il 2%”, riportano i verbali (minute) della riunione del 30 e 31 gennaio. I banchieri centrali Usa hanno osservato che l’inflazione si è attenuata nell’ultimo anno “ma che resta sopra l’obiettivo del 2%”. E “restano preoccupati che l’elevata inflazione continui a danneggiare le famiglie, specialmente quelle con mezzi limitati per assorbire i prezzi più elevati”. Sebbene si sia vista “una significativa disinflazione della seconda metà dell’anno, i partecipanti hanno osservato che saranno cauti nel valutare i prossimi dati per giudicare se l’inflazione si stia muovendo in maniera sostenibile verso l’obiettivo del 2%”. In serata l’euro ha mostrato alcuni rafforzamenti, fino a toccare 1,0821 dollari.

Germania, governo taglia previsione crescita Pil 2024 allo 0,2%

Germania, governo taglia previsione crescita Pil 2024 allo 0,2%Roma, 21 feb. (askanews) – Il governo della Germania ha pesantemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica e ora per l’insieme del 2024 stima una espansione del Pil limitata allo 0,2%, peraltro dopo un 2023 di contrazione (-0,3%). Le nuove cifre sono state illustrate dal ministro dell’Economia, Robert Habeck, durante una conferenza stampa. Ma con un comunicato lo stesso rivendica che l’economia tedesca “si è dimostrata resiliente” mentre “l’inflazione è stata messa sotto controllo”.


“Tuttavia – riconosce – l’economia si trova in una fase difficile. Stiamo uscendo dalla crisi più lentamente di quanto atteso”, prosegue Habeck citando “una molteplicità di motivi”. Tra questi il contesto economico globale, l’andamento a rilento del commercio internazionale, i tassi elevati che si sono resi necessari per domare l’inflazione (non parla invece del contraccolpo del venir meno delle forniture energetiche dalla Russia a seguito delle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina). “La Germania soffre anche di problemi strutturali accumulati negli anni. Ora ci serve uno stimolo sulle riforme e come governo federale dobbiamo lavorarci: dobbiamo difendere la competitività del polo industriale tedesco”, afferma Habeck.


Le precedenti previsioni indicavano una crescita 2024 all’1,3%. Ora sul 2025 viene pronosticata una espansione dell’1% e il ministro ha sottolineato che dopo una recente sentenza della corte costituzionale tedesca, che ha bocciato un pacchetto di aiuti pluriennali da 60 miliardi di euro per far fronte alla crisi energetica, ora bisognerà rivedere i piani. Sempre il governo prevede che l’inflazione in Germania si attenui quest’anno al 2,8%, per poi tornare al 2% nel 2025.