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Ue, Giorgetti: Italia farà sua parte, ma strategia difesa sia comune

Ue, Giorgetti: Italia farà sua parte, ma strategia difesa sia comuneBruxelles, 11 mar. (askanews) – “L’Italia farà la sua parte” nel piano europeo per aumentare le capacità di difesa degli Stati membri; “prima però occorre definire ciò che è necessario” riguardo alle esigenze dei finanziamenti aggiuntivi nella spesa pubblica. L’Italia “non può concepire il finanziamento della difesa a scapito della spesa sanitaria e dei servizi pubblici”, ciò che “sarebbe inaccettabile”. Lo ha detto, questa mattina a Bruxelles, il ministro dell’Economia e Finanza, Giancarlo Giorgetti, durante la colazione di lavoro del Consiglio Ecofin a Bruxelles, secondo quanto riferiscono fonti del Mef.


“Per questa ragione – ha aggiunto Giorgetti – ho proposto soluzioni a livello europeo che promuovessero azioni coordinate per migliorare la difesa”. Il ministro ha osservato poi che “dobbiamo anche chiarire la portata e la durata della clausola di salvaguardia” che potrà essere attivata, su richiesta di ciascuno Stato membro, per non applicare le rigorose regole di bilancio del Patto di stabilità alla spesa aggiuntiva per la difesa e sicurezza, “poiché la maggior parte degli investimenti nella difesa si estende su molti anni, e il loro impatto sui conti pubblici può apparire solo a lungo termine”. “Dobbiamo anche distinguere – ha continuato Giorgetti – tra i bisogni immediati legati alla guerra in Ucraina e la strategia sulla sicurezza a lungo termine dell’Ue”. Secondo il ministro, occorre “fare un approfondimento sulla strategia, seguito da un piano di attuazione. Dobbiamo ragionare – ha sottolineato – sulla possibilità di convertire le industrie esistenti e sviluppare, allo stesso tempo, nuove capacità e capacità tecnologiche”.


“Solo a quel punto – ha concluso il ministro – le esigenze di finanziamento saranno chiaramente definite. L’Italia farà la sua parte, prima però occorre definire ciò che è necessario”. Di questi temi Giorgetti ha parlato anche in occasione della cena di ieri sera ospitata dalla presidenza di turno polacca del Consiglio Ue, per fare il punto sulla questione difesa, sicurezza e protezione europea, hanno riferito ancora le fonti Mef.

Bankitalia, a gennaio limatura tassi nuovi mutui e calo per imprese

Bankitalia, a gennaio limatura tassi nuovi mutui e calo per impreseRoma, 11 mar. (askanews) – Continuano a limarsi i tassi bancari sui nuovi mutui alle famiglie in Italia, mentre diminuiscono anche i tassi sui prestiti alle imprese. La dinamica complessiva del credito risulta quasi stabile, con aumenti per le famiglie mentre prosegue, pur smorzandosi, il calo dei prestiti alle imprese. E’ la fotografia scattata dall’ultima indagine “Banche e moneta”, pubblicata dalla Banca d’Italia.


A gennaio i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (Tasso Annuale Effettivo Globale, o Taeg) si sono collocati al 3,50 per cento, dal 3,55 per cento su dicembre. Invece il tasso medio sulle nuove erogazioni di credito al consumo è salito al 10,50 per cento, dal 10,09 per cento nel mese precedente. I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 4,15 per cento, riporta ancora Bankitalia, dal 4,40 nel mese precedente. I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,85 per cento, dallo 0,89 nel mese precedente.


Sempre a gennaio, i prestiti al settore privato sono diminuiti dello 0,2 per cento nel confronto su base annua, dopo un meno 0,3 per cento nel mese precedente. I prestiti alle famiglie sono aumentati dello 0,4 per cento sui dodici mesi (0,2 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti dell’1,9 per cento (-2,3 nel mese precedente). I depositi del settore privato sono aumentati del 2,2 per cento (1,9 per cento in dicembre). Infine, la raccolta obbligazionaria è aumentata del 5,9 per cento (6,5 in dicembre).

Ucraina, la finlandese Purra: “Confiscare gli asset della Russia”

Ucraina, la finlandese Purra: “Confiscare gli asset della Russia”Roma, 11 mar. (askanews) – L’Ucraina e il sostegno alla stessa da parte della Ue è stato l’unico argomento menzionato dalla viceministra delle Finanze della Finlandia, Riikka Purra, al suo arrivo all’Ecofin. Che ha proferito: “bisogna procedere a confiscare gli asset (congelati-ndr) alla Russia, per assicurare una posizione negoziale forte” sempre all’Ucraina.


Il tema della drastica confisca degli asset congelati ai russi resta però molto controverso tra i Paesi Ue, che sono i principali detentori di questi titoli. In particolare, diversi esponenti delle istituzioni finanziarie hanno ripetutamente avvertito che confiscarli rischierebbe di avere pesanti ricadute reputazionali sull’osservanza dello stato di diritto e delle regole internazionali nell’Unione agli occhi di altri investitori internazionali, potenzialmente compromettendo i flussi di capitali in entrata (peraltro mentre l’Ue sembra voler aprire una fase di maggiori emissioni di titoli pubblici).


La linea espressa dalla finlandese non sembra tenere in considerazione queste preoccupazioni, che non riguardano tanto il suo Paese né altri stati baltici, che sono tra quelli che premono di più per una linea aggressiva su questo versante, mentre ne risentirebbero le maggiori economie – ed emittenti di debito – della Ue, come Germania, Francia o Italia, dove materialmente investono maggiormente gli operatori internazionali. (fonte immagine: Europea Union 2025).

Borse Asia in calo, Tokyo -0,80%, possibile assestamento Wall Street

Borse Asia in calo, Tokyo -0,80%, possibile assestamento Wall StreetRoma, 11 mar. (askanews) – Borse dell’Asia in ribasso, ma senza strappi dopo il crollo di ieri a Wall Street, proseguito sulla scia dei timori legati alle tensioni commerciali su scala globale. Oggi tuttavia i contratti futures sull’azionario statunitense fanno sperare, almeno per ora, in una stabilizzazione, mostrando leggeri recuperi. A tarda seduta Tokyo si attesta al meno 0,80%, mentre lo yen cede leggermente con il dollaro che sale al 147,34 sulla valuta giapponese.


La cinese Shanghai segna un marginale 0,15%, Hong Kong cala dello 0,86% e Shenzhen perde lo 0,20%. La sudcoreana Seul è in calo dell’1,14%, la borsa di Taiwan perde l’1,73% mentre l’azionario malesiano cala dello 0,90%.

Crolla Wall Street su timori economia Usa ma per Casa Bianca realtà è altra

Crolla Wall Street su timori economia Usa ma per Casa Bianca realtà è altraMilano, 10 mar. (askanews) – I timori legati agli effetti della politica economica di Donald Trump hanno scosso la piazza finanziaria di Wall Street generando un crollo dei principali indici di riferimento. La caduta libera è iniziata presto, con tutti e tre i principali indici che hanno aperto in profondo rosso. Il Dow Jones ha chiuso in ribasso del 2,08%. Anche l’S&P 500 è crollato, lasciando sul terreno il 2,7%, mentre il Nasdaq, l’indice di riferimento per i titoli tecnologici, è andato in caduta libera a -4%, registrando il suo più grande calo giornaliero da settembre 2022.


E’ stato un mese difficile per i mercati, con i tre principali indici che hanno azzerato i guadagni registrati dopo le elezioni presidenziali americane di novembre. Le vendite diffuse sono state generate principalmente dai timori per l’impatto dei dazi di Trump che, in un’intervista domenica ha detto che l’economia statunitense avrebbe vissuto “un periodo di transizione”, senza escludere il rischio di una recessione. I titoli tecnologici hanno guidato le perdite con i cosiddetti “Magnifici sette”, Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla tutti in profondo ribasso. In particolare è l’azienda di auto elettriche di Elon Musk ad aver accusato il colpo più pesante con un tonfo del 15,43%.


La Casa Bianca al termine di questo lunedì nero ha affermato, tramite il suo portavoce, Kush Desai, che “stiamo assistendo a una forte divergenza tra gli spiriti animali del mercato azionario e ciò che stiamo effettivamente vedendo accadere da parte delle aziende e dei leader aziendali, e quest’ultimo è ovviamente più significativo del primo perchè riguarda ciò che riserva l’economia nel medio e lungo termine”.

Italia propone 16,7 mld garanzie Ue per mobilitare 200 mld su difesa

Italia propone 16,7 mld garanzie Ue per mobilitare 200 mld su difesaRoma, 10 mar. (askanews) – In occasione delle riunioni di Eurogruppo e Ecofin, l’Italia ha proposto ai partner dell’Ue di creare un nuovo meccanismo, battezzato “European Security & Industrial Innovation Initiative” o “Eu-Sii”, che ridisegnerebbe il programma comunitario “InvestEu”, già esistente, al fine di aumentare le capacità di difesa degli Stati membri. Secondo le elaborazioni del ministero dell’Economia, un sistema di garanzie pubbliche per approssimativamente 16,7 miliardi di euro potrebbe, mediante meccanismi di leva, mobilitare fino a 200 miliardi di euro di investimenti privati sui prossimi 3-5 anni, con un moltiplicazione in scala 12. Lo si apprende durante le riunioni a Bruxelles.


La proposta dell’Italia prevede una struttura innovativa di garanzie europee a tre livelli, per mobilizzare gli investimenti privati, ottimizzando l’uso complementare di risorse nazionali e dell’Ue: una prima “tranche”, sostenuta dagli Stati membri, che assorbirebbe i rischi di perdite iniziali; una seconda tranche “di mezzo”, sostenuta da modesti contributi dal bilancio dell’Ue”, e una terza tranche “senior”, altamente protetta, che fornirebbe la massima fiducia del mercato, e che sarebbe sostenuta da garanzie europee. L’obiettivo è quello di incanalare i capitali privati, in particolare, per i settori e le imprese ad alta tecnologia, fondamentali non solo per il settore della Difesa in senso stretto, ma più in generale per la protezione, la resilienza e la sicurezza dell’Europa, comprese quindi la sicurezza informatica, la produzione avanzata, l’intelligenza artificiale, il settore aerospaziale e le tecnologie a duplice uso.


Il ricorso ai fondi privati permetterebbe di potenziare e ampliare gli investimenti strategici per la difesa e sicurezza in Europa, contenendo l’emissione di nuovo debito pubblico, sia nazionale che europeo, che comunque alla fine dovrebbe essere rimborsato. Questa preoccupazione è particolarmente importante per l’Italia, impegnata in uno sforzo sostenuto per ridurre il suo indebitamento attraverso il mantenimento costante di avanzi di bilancio primari.

Dombrovskis: per Rearm EU valutiamo Bei, fondi coesione e Mes

Dombrovskis: per Rearm EU valutiamo Bei, fondi coesione e MesRoma, 10 mar. (askanews) – L’attivazione delle clausole nazionali di sospensione del Patto di stabilità e un nuovo strumento comune (da 150 miliardi di euro) per finanziarie prestiti agli Stati membri, garantiti dal bilancio comunitario, ma non solo: per raggiungere gli 800 miliardi annunciati per finanziare l’aumento delle capacità nazionali di difesa, la Commissione europea sta valutando una molteplicità di strumenti con cui poter facilitare gli investimenti nel settore militare da parte dei paesi membri. Lo ha spiegato il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis che ha citato anche la possibilità di una “flessibilità aggiuntiva nell’uso dei fondi di coesione Ue”, che sarebbero re-indirizzati sempre verso la spesa in difesa e sicurezza.


“E stiamo anche valutando un ruolo della Banca europea degli investimenti, la Bei che sta già lavorando su piani di azione per difesa e sicurezza”, ma che dovrà modificare per questo il suo statuto. Inoltre, a Bruxelles “stiamo valutando cosa possa essere fatto per mobilitare capitale privato, e non ci dobbiamo dimenticare delle capacità che ci sono nel Meccanismo europeo di stabilità”, ha detto nella conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo. Quindi il “famigerato” Mes, il “fondo salva Stati” su cui si è creato un caso nell’Ue per la mancata ratifica della sua riforma da parte dell’Italia. Secondo Dombrovskis le dotazioni del Mes “potrebbero essere utilizzate in questo ambito”.


L’unica strada che la Commissione europea esclude, almeno per ora, è quella di una nuova revisione delle regole comuni sui conti pubblici: “non lo stiamo suggerendo, perché abbiamo concluso questa revisione” del Patto di stabilità “da meno di un anno, e poi perché richiederebbe più tempo per la discussione e per il processo legislativo, mentre è adesso che dobbiamo reagire. Per questo proponiamo di usare la flessibilità che c’è già nelle regole”. “Sulla flessibilità addizionale attivando le clausole nazionali di sospensione del Patto faremo una comunicazione per i Paesi membri, perché spetterà agli Stati richiederne l’attivazione. Noi auspichiamo che avvenga con un coordinamento su tempi e modalità”, ha proseguito. “E stiamo indicando i termini su tempistica e modalità anche per includere delle considerazioni sulla sostenibilità dei conti pubblici”.


Mentre per il nuovo strumento comune di finanziamento da 150 miliardi di euro “la nostra proposta sarà di stabilirlo in base all’Articolo 122 del Trattato” sul funzionamento dell’Unione, “fornendo agli Stati membri prestiti garantiti dal bilancio Ue”. (fonte immagine: European Union).

Euro digitale, Donohoe: sarà più sicuro di altri pagamenti digitali

Euro digitale, Donohoe: sarà più sicuro di altri pagamenti digitaliRoma, 10 mar. (askanews) – “Sull’euro digitale, sebbene comprenda le preoccupazioni che alcuni hanno, perché è associato con la valuta” va ricordato che avrà alle sue spalle “la Bce e la legge che viene creata nell’Unione europea ed è un mezzo di pagamento più sicuro di altri mezzi di pagamento digitali”. Lo ha affermato il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe nella conferenza stampa al termine delle riunioni a Bruxelles.


Gli ha fatto eco il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis: ora che gli Usa lavorano per utilizzare criptoasset, in particolare stablecoin, denominati in dollari per sostenere il biglietto verde “è importante fare progressi sull’euro digitale. E’ giusto ricordare che ci sono anche alcune preoccupazioni dei cittadini, che sono legate alla percezione che starebbe lì per rimpiazzare il contante. Ma abbiamo detto molto chiaramente che non servirebbe a rimpiazzare il contante, ma per complementarlo – ha detto – e stiamo anche facendo anche proposte per rafforzare il corso legale del contante”.

Ue, no Olanda a eurobond per difesa, flessibilità sì ma limitata

Ue, no Olanda a eurobond per difesa, flessibilità sì ma limitataRoma, 10 mar. (askanews) – No anche dell’Olanda all’ipotesi di emettere eurobond per finanziare le spese dei singoli Paesi su armamenti e difesa. Inoltre, sulla strada che intende proporre la Commissione Ue – maggiore flessibilità agli Stati tramite le clausole nazionali di sospensione del Patto di stabilità e di crescita – il ministro delle finanze Elco Heinen ha puntualizzato che servono paletti in termini di durata e portata.


Peraltro ha precisato “non è la Commissione Ue che si sta riarmando, sono gli Stati che devono riarmarsi data la situazione di sicurezza in cui ci troviamo”. In generale “riconosciamo tutti l’urgenza di spendere di più in difesa”, ha detto giungendo all’Eurogruppo. Ma per ora concretamente “sul tavolo non c’è ancora un pacchetto” di proposte, “ci cono solo comunicati stampa e non posso commentare comunicati. Dobbiamo vedere (come fare) col margine che abbiamo e con le regole che abbiamo ed è in questo ambito, mi pare, che si muovano le proposte della commissione Ue”.


“Non ho visto ancora nessuna proposta concreta, quello che è molto importante per l’Olanda è che la flessibilità sia limitata nel tempo e sull’ambito (di utilizzo). E che questo sia molto chiaro sul tavolo, perché non puoi spendere oltre la situazione specifica. La Commissione sta valutando qualcosa di temporaneo – ha proseguito – e non farò ora speculazioni su cosa significhi temporaneo”. Invece “l’Olanda non è favorevole agli eurobond – ha detto rispondendo ad una domanda sulle ipotesi in merito a questa strada – perché fare più debito indebolisce le nostre economie e non puoi farlo. Non ho visto la Germania cambiare parere sugli eurobond, tra l’altro – ha ricordato Heinen – penso che abbiano anche problemi legali su questa questione”. (fonte immagine: European Union).

Ue, no della Germania a eurobond per spese in difesa dei Paesi

Ue, no della Germania a eurobond per spese in difesa dei PaesiRoma, 10 mar. (askanews) – No in generale dal governo della Germania a eurobond e ancor più nello specifico a titoli comuni per finanziare spese militari dei singoli Paesi, sì invece a più flessibilità sulle regole di Bilancio degli Stati per aumentare le loro spese in armamenti e difesa. Questa la posizione illustrata dal ministro delle Finanze tedesco, Joerg Kukies, al suo arrivo all’Eurogruppo.


“Siamo piuttosto scettici sugli eurobond di per sé – ha detto – se sono semplicemente per aumentare il debito e distribuire (i fondi raccolti-ndr) ai Paesi. Quello su cui la Germania è molto aperta è che ogni volta che vi siano veri progetti europei sulla difesa si può pensare al finanziamento comune. Abbiamo una cooperazione molto stretta sul supporto all’Ucraina, per esempio, e abbiamo preso decisioni di aiuto europeo sia a livello umanitario sia a livello militare. Ovviamente questo è stato finanziato con il bilancio comunitario, in coordinamento col G7 utilizzando i proventi degli asset congelati alla Russia”. “Siamo molto a sostegno della brigata che la Germania sta fornendo nei Paesi baltici. Dovunque ci sia un progetto a livello europeo supportiamo anche finanziamenti europei, ma quello su cui non siamo convinti – ha proseguito Kukies – è quello di semplicemente di emettere debito Ue e distribuirlo tra 27 centrali di spesa che sono divise da loro, specialmente sul settore della difesa”.


“La Commissione Ue ha fatto proposte per usare le clausole nazionali di sospensione” del Patto di stabilità e di crescita “per finanziare sforzi maggiori dei Paesi e su questo siamo molto costruttivi, il cancelliere (Olaf Scholz) lo ha detto”. Sull’ipotesi di (ri)modificare le regole Ue sui conti “dovremmo vedere specifiche (proposte) per dare risposte”. Ma in generale “una cosa che dovremmo anche mostrare al mondo è che l’Europa è tornata non solo in termini di creare margini per la spesa in difesa, ma anche per intervenire sulla sua mancanza di competitività, che è l’altra faccia della medaglia”. (fonte immagine: European Union).