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Istat: ad ottobre +27mila occupati, +458mila su anno

Istat: ad ottobre +27mila occupati, +458mila su annoRoma, 30 nov. (askanews) – A ottobre l’occupazione continua a crescere. Secondo le stime dell’Istat, l’aumento dell’occupazione – +0,1%, pari a +27mila unità – è diffuso tra uomini, donne, dipendenti permanenti e in tutte le classi d’età tranne i 35-49enni che risultano sostanzialmente stabili; in calo i dipendenti a termine e gli autonomi. Il tasso di occupazione sale al 61,8% (+0,1 punti). Il numero di occupati, a ottobre 2023, supera quello di ottobre 2022 del 2% (+458mila unità).

L’aumento, su base annua, coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa: il tasso di occupazione, che nel complesso è in aumento di 1,2 punti percentuali, sale anche in questa classe di età (+0,8 punti) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno marcata di quella della corrispondente popolazione complessiva.“Rispetto al mese precedente, l’aumento – è il commento dell’Istat – riguarda i soli dipendenti permanenti, che superano i 15 milioni 700 mila. Il numero degli occupati si attesta a 23milioni 694mila e registra, rispetto a ottobre 2022, un aumento di 455 mila dipendenti permanenti e di 66 mila autonomi; il numero dei dipendenti a termine risulta invece inferiore di 64 mila unità”.

 

L’Autorità Garante ha bloccato il passaggio dei correntisti da Intesa a Isybank

L’Autorità Garante ha bloccato il passaggio dei correntisti da Intesa a IsybankRoma, 30 nov. (askanews) – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha annunciato oggi di aver adottato un provvedimento cautelare nei confronti di Intesa Sanpaolo e di Isybank per impedire il passaggio alla banca digitale dei correntisti che non forniscano il proprio consenso espresso.

Questa operazione al momento ha riguardato circa 300 mila clienti su un totale di 2,4 milioni che Intesa Sanpaolo intenderebbe trasferire a Isybank. Sono stati oltre 5.000 i consumatori (di cui più di 3.000 dopo l’avvio dell’istruttoria) che hanno chiesto l’intervento dell’Autorità. Per l’Autorità il trasferimento è stato previsto con modalità non conformi alle disposizioni del Codice del Consumo.

Per effetto del trasferimento – ha spiegato l’Autorità – i correntisti interessati non avrebbero potuto più accedere in filiale né all’internet banking tramite personal computer e avrebbero dovuto svolgere le operazioni bancarie solo tramite App. Inoltre, i nuovi conti correnti prevedono condizioni economiche differenti e la perdita di servizi prima disponibili (ad esempio: carte virtuali per effettuare acquisti online in sicurezza, assegni bancari, accesso ai contratti di mutuo). Tali essenziali modifiche dei contratti in precedenza stipulati sono state unilateralmente imposte senza che fosse stato richiesto il previo consenso dei clienti al trasferimento. Inoltre, le comunicazioni relative al passaggio ad Isybank sono state trasmesse ai clienti nella sezione archivio dell’App di Intesa Sanpaolo senza adottare accorgimenti che ne sollecitassero la lettura (ad esempio, notifiche push e pop-up) e non lasciavano capire che in tal modo i clienti si sarebbero potuti opporre al passaggio. Infine, nelle comunicazioni non erano state adeguatamente indicate le modifiche relative alle condizioni economiche previste dal nuovo conto corrente e ai servizi non più inclusi.

Pertanto, l’Autorità ha previsto che le due banche, previa informativa chiara ed esaustiva sulle caratteristiche del nuovo conto Isybank, assegnino ai correntisti un congruo termine per fornire il proprio consenso espresso al trasferimento. In tal modo, coloro che si dichiareranno contrari avranno la facoltà di mantenere il precedente conto corrente alle stesse condizioni. Entro 10 giorni Intesa Sanpaolo e Isybank dovranno comunicare all’Autorità le misure adottate per ottemperare al provvedimento cautelare.

Bce, Panetta: tassi restrittivi meno a lungo se calo prezzi accelera

Bce, Panetta: tassi restrittivi meno a lungo se calo prezzi acceleraRoma, 30 nov. (askanews) – I tassi di interesse attuali della Bce appaiono a livelli “sufficienti” a riportare l’inflazione ai livelli obiettivo, e se la moderazione del caro vita dovesse accelerare, la fase di mantenimento della linea monetaria restrittiva “potrebbe essere più breve”, mentre bisogna “evitare danni inutili” all’economia. E’ il messaggio lanciato dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta nel suo intervento al congresso per il 60esimo anniversario di Iccrea, a Roma.

Ieri e oggi i dati sull’inflaizone di Germania e Francia hanno segnato indebolimenti più marcati del previsto. Secondo Panetta l’inflazione media nell’area euro “è in forte calo”. E “in base alle proiezioni diffuse dalla Bce in settembre e ai dati divenuti successivamente disponibili, l’attuale livello dei tassi sarebbe sufficiente a riportare l’inflazione in linea con l’obiettivo del 2 per cento nel medio termine”, ha detto.

“Le condizioni monetarie dovranno rimanere restrittive per il tempo necessario a consolidare la disinflazione. La durata di questa fase dipenderà dall’evoluzione delle variabili macroeconomiche; potrebbe essere più breve – ha detto il governatore – qualora la persistente debolezza dell’attività produttiva accelerasse il calo dell’inflazione”. Perché secondo Panetta “occorre evitare inutili danni per l’attività economica e rischi per la stabilita finanziaria, che finirebbero oltretutto per mettere a rischio la stessa stabilità dei prezzi”. E su questo, il numero uno di bankitalia ha rilevato come “la trasmissione degli impulsi monetari alle condizioni di finanziamento si stia rivelando più forte di quanto era stato previsto. I costo dei prestiti bancari è considerevolmente aumentato. La dinamica della moneta e del credito è rapidamente scesa su valori simili o inferiori a quelli registrati in seguito alla crisi finanziaria e a quella dei debiti sovrani nell’area dell’euro”.

Istat: l’infalzione a novembre crolla allo 0,8%, ai minimi dal 2021

Istat: l’infalzione a novembre crolla allo 0,8%, ai minimi dal 2021Roma, 30 nov. (askanews) – Continua a calare l’inflazione in Italia. A novembre, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato, a novembre, una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento di 0,8% su base annua, da +1,7% del mese precedente. Continuano a rallentare in termini tendenziali i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +6,1% a +5,8%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,6% a +4,8%).

“A novembre, secondo le stime preliminari, l’inflazione scende a 0,8%, valore che non si registrava da marzo 2021. L’ulteriore calo del tasso di inflazione – è il commento dell’Istat – risente ancora del favorevole andamento dei prezzi dei Beni energetici, che a novembre evidenziano una netta flessione sul piano congiunturale. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e alla nuova decelerazione del ritmo di crescita dei prezzi dei beni alimentari (+6,1%), in particolare della componente lavorata, che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+5,8%). Infine, l’inflazione di fondo si attesta a novembre al +3,6% (dal +4,2% di ottobre)”. L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +5,1% per la componente di fondo.

Inflazione, Istat: a novembre crolla allo 0,8%, ai minimi dal 2021

Inflazione, Istat: a novembre crolla allo 0,8%, ai minimi dal 2021Roma, 30 nov. (askanews) – Continua a calare l’inflazione in Italia. A novembre, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato, a novembre, una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento di 0,8% su base annua, da +1,7% del mese precedente. Continuano a rallentare in termini tendenziali i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +6,1% a +5,8%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,6% a +4,8%).

“A novembre, secondo le stime preliminari, l’inflazione scende a 0,8%, valore che non si registrava da marzo 2021. L’ulteriore calo del tasso di inflazione – è il commento dell’Istat – risente ancora del favorevole andamento dei prezzi dei Beni energetici, che a novembre evidenziano una netta flessione sul piano congiunturale. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e alla nuova decelerazione del ritmo di crescita dei prezzi dei beni alimentari (+6,1%), in particolare della componente lavorata, che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+5,8%). Infine, l’inflazione di fondo si attesta a novembre al +3,6% (dal +4,2% di ottobre)”. L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +5,1% per la componente di fondo.

Istat: ad ottobre tasso occupazione record al 61,8%, mai così alto

Istat: ad ottobre tasso occupazione record al 61,8%, mai così altoRoma, 30 nov. (askanews) – Tasso di occupazione record, al 61,8%, nel mese di ottobre. Dal 1977, anno d’inizio delle serie storiche dell’Istat, non si era mai registrato un tasso così alto.

Record positivo anche per il numero degli occupati che si attesta a 23milioni 694mila e registra, rispetto a ottobre 2022, un aumento di 455 mila dipendenti permanenti e di 66 mila autonomi; il numero dei dipendenti a termine risulta invece inferiore di 64 mila unità. Ad ottobre l’occupazione, dunque, continua a crescere. Rispetto al mese precedente, l’aumento riguarda i soli dipendenti permanenti, che superano i 15 milioni 700 mila.

Mlp

Antitrust blocca passaggio correntisti da Intesa a Isybank

Antitrust blocca passaggio correntisti da Intesa a IsybankRoma, 30 nov. (askanews) – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha annunciato di aver adottato un provvedimento cautelare nei confronti di Intesa Sanpaolo e di Isybank per impedire il passaggio alla banca digitale dei correntisti che non forniscano il proprio consenso espresso.

Questa operazione al momento ha riguardato circa 300 mila clienti su un totale di 2,4 milioni che Intesa Sanpaolo intenderebbe trasferire a Isybank. Sono stati oltre 5.000 i consumatori (di cui più di 3.000 dopo l’avvio dell’istruttoria) che hanno chiesto l’intervento dell’Autorità. Per l’Autorità il trasferimento è stato previsto con modalità non conformi alle disposizioni del Codice del Consumo.

Per effetto del trasferimento – ha spiegato l’Autorità – i correntisti interessati non avrebbero potuto più accedere in filiale né all’internet banking tramite personal computer e avrebbero dovuto svolgere le operazioni bancarie solo tramite App. Inoltre, i nuovi conti correnti prevedono condizioni economiche differenti e la perdita di servizi prima disponibili (ad esempio: carte virtuali per effettuare acquisti online in sicurezza, assegni bancari, accesso ai contratti di mutuo). Tali essenziali modifiche dei contratti in precedenza stipulati sono state unilateralmente imposte senza che fosse stato richiesto il previo consenso dei clienti al trasferimento. Inoltre, le comunicazioni relative al passaggio ad Isybank sono state trasmesse ai clienti nella sezione archivio dell’App di Intesa Sanpaolo senza adottare accorgimenti che ne sollecitassero la lettura (ad esempio, notifiche push e pop-up) e non lasciavano capire che in tal modo i clienti si sarebbero potuti opporre al passaggio. Infine, nelle comunicazioni non erano state adeguatamente indicate le modifiche relative alle condizioni economiche previste dal nuovo conto corrente e ai servizi non più inclusi.

Pertanto, l’Autorità ha previsto che le due banche, previa informativa chiara ed esaustiva sulle caratteristiche del nuovo conto Isybank, assegnino ai correntisti un congruo termine per fornire il proprio consenso espresso al trasferimento. In tal modo, coloro che si dichiareranno contrari avranno la facoltà di mantenere il precedente conto corrente alle stesse condizioni. Entro 10 giorni Intesa Sanpaolo e Isybank dovranno comunicare all’Autorità le misure adottate per ottemperare al provvedimento cautelare.

Red/Mos

Lavoro, Istat: disoccupazione ottobre sale al 7,8%, per giovani a 24,7%

Lavoro, Istat: disoccupazione ottobre sale al 7,8%, per giovani a 24,7%Roma, 30 nov. (askanews) – Ad ottobre il tasso di disoccupazione totale sale al 7,8% (+0,1 punti), quello giovanile al 24,7% (+1,5 punti). E’ la stima dell’Istat.

La crescita del numero di persone in cerca di lavoro (+2,3%, pari a +45mila unità) coinvolge sia gli uomini sia le donne e riguarda tutte le classi d’età a eccezione dei 35-49 che registrano un lieve calo. Il calo del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,6%, pari a -69mila unità) si registra tra uomini e donne e per tutte le classi d’età tranne gli ultracinquantenni. Il tasso di inattività scende al 32,9% (-0,2 punti).

Rispetto a ottobre 2022, cresce il numero di persone in cerca di lavoro (+0,9%, pari a +17mila unità) e cala il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-4,2%, pari a -531mila).

Nel mondo 750 milioni di persone soffronto la fame, le donne le più colpite

Nel mondo 750 milioni di persone soffronto la fame, le donne le più colpiteMilano, 29 nov. (askanews) – Sono 750 milioni le persone che nel mondo soffrono la fame. E il dato allarmante è che i progressi per contrastarla sono in stallo dal 2015. Nel 2023 la fame a livelli grave o allarmante colpisce 43 Paesi e il numero di persone malnutrite è salito a 735 milioni. Il quadro emerge dall’Indice globale della fame (Global hunger index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide, organizzazioni umanitarie che fanno parte del network europeo Alliance2015.

A pagarne il conto amaro sono le persone più giovani: l’instabilità alimentare attuale significa rischiare una vita adulta di povertà estrema, soffrire la fame, vivere in contesti incapaci di far fronte ai disastri climatici e all’intrecciarsi di altre crisi. Ad aver di fronte lo scenario più buio sono, in particolare, le ragazze: donne e bambine rappresentano circa il 60% delle vittime della fame acuta, mentre il lavoro di assistenza non pagato le sovraccarica, tanto da triplicare la loro probabilità di non accedere a lavori retribuiti rispetto ai loro omologhi.L’analisi calcola il punteggio GHI di ogni Paese sulla base dello studio di quattro indicatori (denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni) e non è un caso che sia stata presentata alla vigilia dell’apertura della Cop28 a Dubai. Il cambiamento climatico ha un impatto diretto e significativo sull’insicurezza alimentare: all’aumentare di temperature e disastri climatici, crescono la difficoltà e l’incertezza nel produrre alimenti. Gli effetti sono particolarmente evidenti nei Paesi poveri e sulla salute dei loro abitanti: il 75% di chi vive in povertà nelle zone rurali si affida alle risorse naturali, come foreste e oceani per la sopravvivenza, essendo quindi particolarmente vulnerabile ai disastri; inoltre, stima il World food program, l’80% delle persone che soffrono la fame sul Pianeta vive in zone particolarmente colpite da catastrofi naturali. Secondo la Banca mondiale, dal 2019 al 2022 il numero di persone che vivono in insicurezza alimentare è aumentato da 135 milioni a 345 milioni, sotto l’effetto combinato delle varie crisi ed emergenze.

“La sovrapposizione delle crisi sta intensificando le diseguaglianze sociali ed economiche, vanificando i progressi sulla fame, mentre il peso più grave è sui gruppi più vulnerabili, come donne e giovani – ha dichiarato Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi – I giovani devono avere un ruolo centrale nei processi decisionali, mentre il diritto al cibo va posto al centro delle politiche e dei progressi di governance dei sistemi alimentari”, ha aggiunto. Inoltre, ha sottolineato, “nei prossimi anni è previsto che il mondo affronti un numero crescente di choc, provocati soprattutto dai cambiamenti climatici. L’efficacia della preparazione e della capacità di risposta alle catastrofi è destinata a diventare sempre più centrale dal punto di vista della sicurezza alimentare”.Dopo che i passi avanti nella lotta alla fame si sono interrotti nel 2015, il punteggio di GHI 2023 per il mondo è 18,3, considerato moderato, meno di un punto in meno dal 2015 (19,1), e dal 2017 il numero di persone denutrite è aumentato da 572 milioni a circa 735 milioni. Le regioni con i dati peggiori sono Asia meridionale e Africa Subsahariana (27,0 per entrambe, ossia fame grave): negli ultimi vent’anni hanno costantemente registrato i più alti livelli di fame e, dopo i progressi dal 2000, nel 2015 la situazione è entrata in stallo. Nel 2023 in nove Paesi la fame è allarmante: Burundi, Lesotho, Madagascar, Niger, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan e Yemen. In altri 34 Paesi è grave. In 18 nazioni dal 2015 la fame è aumentata (situazioni moderate, gravi o allarmanti) e in altri 14 il calo è stato trascurabile (inferiore al 5%). Al ritmo attuale, 58 Paesi non raggiungeranno un livello di fame basso entro il 2030. A destare le maggiori preoccupazioni nel 2023 sono Afghanistan, Haiti, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Yemen, oltre a Burkina Faso e Mali nel Sahel: tra i fattori chiave ci sono conflitti e cambiamento climatico, nonché la recessione economica. In sette Paesi il miglioramento è superiore al 5% dal 2015: Bangladesh, Ciad, Gibuti, Mozambico, Nepal, Laos e Timor Est.

Tra le persone giovani nel mondo, una su cinque non lavora, né è impegnata in corsi di studio o formazione, mentre la pandemia ha causato la perdita di milioni di posti di lavoro, colpendo in particolarmente la fascia giovanile, che anche quando lavora ha il doppio delle probabilità degli adulti di vivere in povertà estrema, con meno di 1,90 dollari al giorno, e molte più probabilità di essere impiegata in modo informale. Questo quadro è ancora più fosco per le ragazze, su cui continua a ricadere il lavoro di assistenza non retribuito, che sottrae loro tempo, energie e opportunità per la propria formazione e per accedere a impieghi retribuiti.È ormai noto, seppur senza risposte, che il lavoro di cura non retribuito è uno dei fattori che contribuiscono al protrarsi della disuguaglianza di genere ed è una delle cause principali della povertà e della fame. Ciò, nonostante sia evidente l’importanza della salute e nutrizione delle ragazze, anche per le generazioni successive. Chiave è il cambiamento climatico, con i disastri che porta con sé: entro la metà del secolo, nello scenario peggiore, potrebbe spingere fino a 158,3 milioni di donne e ragazze in più nella povertà (16 milioni in più rispetto a uomini e ragazzi), mentre l’insicurezza alimentare colpirà almeno 236 milioni in più di donne e ragazze (rispetto ai 131 milioni di omologhi). Al tasso attuale di progressi sul divario di genere nel mondo, inoltre, la prossima generazione di donne dedicherà ancora al lavoro non pagato di cura e domestico 2,3 ore in più dei maschi.

Il focus del rapporto quest’anno è proprio su come gli attuali sistemi alimentari hanno pregiudicato ragazze e ragazzi, che erediteranno sistemi insostenibili, iniqui, non inclusivi e sempre più esposti alle conseguenze del cambiamento climatico. Il gruppo demografico under 25 è importante e in crescita, in particolare proprio nei Paesi con problemi di insicurezza alimentare: costituisce il 16% della popolazione del globo (1,2 miliardi di persone), mai così ampio nella storia, e in gran parte vive in Paesi a basso e medio reddito di Asia meridionale, Asia orientale e Africa7. Insicurezza alimentare e malnutrizione sono massime e persistenti proprio nelle zone dove vive la maggior parte della popolazione giovanile, ossia Asia meridionale e Africa sub sahariana. 

Il calo dell’inflazione in Germania rischia di spiazzare la Bce

Il calo dell’inflazione in Germania rischia di spiazzare la BceRoma, 29 nov. (askanews) – L’inflazione in Germania cala ancora a novembre e lo fa più del previsto. Al punto che alcuni analisti ora ipotizzano che la Banca centrale europea possa ritrovarsi spiazzata nella sua manovra di inasprimento monetario: potrebbe aver alzato i tassi di interesse più del necessario.

Secondo i dati preliminari pubblicati da Destatis, l’agenzia federale di statistica tedesca, a novembre l’indice generale della crescita dei prezzi al consumo si è attenuato al 3,2% su base annua, a fronte del 3,8% di ottobre. L’indice armonizzato con il resto dell’Unione europea ha segnato un 2,3% annuo, dal 3% di ottobre. In un mese i prezzi hanno registrato un calo dello 0,4% in Germania e se si usa l’indice armonizzato il resto dell’Ue il calo risulta pari allo 0,7%.

Secondo gli esperti della banca olandese Ing questo fenomeno non si sta verificando solo nella prima economia dell’area euro, ma in tutti i suoi paesi. “La Bce – affermano in una nota di commento ai dati – ora corre il rischio di sottovalutare lo slancio disinflazionistico così come due anni fa ha sottovalutato lo slancio inflazionistico”. L’istituzione monetaria ha operato nei mesi passati la manovra di inasprimento più aggressiva dei suoi quasi 25 anni di storia, alzando i tassi di riferimento di 4,50 punti percentuali e drenando massicciamente liquidità, principalmente richiamando fondi che erano stati immessi nell’economia tramite prestiti agevolati al sistema bancario (Tltro).

Adesso, “con una prospettiva economica che si indebolisce e disinflazione, altri aumenti dei tassi dovrebbero essere esclusi alla prossima riunione”, proseguono gli analisti di Ing. E dato che il pieno impatto dell’inasprimento già operato si dispiegherà nei prossimi mesi “c’è anche il rischio che la Bce abbia aumentato troppo i tassi”. “Ad ogni modo per ora – concludono – alla riunione di dicembre ci attendiamo che per usare le parole della presidente Christine Lagarde si eviti anche solo menzionare la parola taglio dei tassi. Piuttosto la Bce cercherà di influenzare le aspettative di mercato, mettendo in guardia dalle difficoltà nel percorrere l’ultimo miglio” del processo di rientro dell’inflazione.

Ma in pratica, rischia di materializzarsi quel rischio di “fare troppo” in termini di stretta monetaria sul quale, pure, alcuni esponenti minoritari del Consiglio direttivo avevano lanciato allarmi. Tra cui, più volte, l’ex governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco e il suo successore, Fabio Panetta che domattina interverrà, per la prima volta in presenza, a un evento pubblico, al convegno per il 60esimo anniversario della costituzione di Iccrea. Sul versante opposto, oggi l’Ocse ha raccomandato alle banche centrali (non solo la Bce) di mantenere una linea restrittiva. “Perché ci sono chiari segnali che le pressioni sull’inflazione persistono e in molte economie l’indice generale di inflazione resta al di sopra del valore obiettivo delle banche centrali”, ha affermato il segretario generale dell’ente parigino, Mathias Cormann durante la conferenza stampa di presentazione dell’Economic Outlook. “Politiche restrittive non significa per forza aumento dei tassi”, ha puntualizzato Cormann, spiegando che ci si attende piuttosto che le banche centrali mantengano gli attuali livelli del costo del denaro abbastanza lungo. E che per questo le attese dell’Ocse su un primo possibile taglio dei tassi della Federal Reserve, unicamente solo nella seconda metà del 2024, risultano più distanziate rispetto a quelle dei mercati, che prevedono invece un taglio più anticipato. La Bce punta a un tasso di inflazione al 2% sul medio termine e nelle sue previsioni – che verranno aggiornate in occasione del Consiglio direttivo del 14 dicembre – questo livello verrebbe quasi raggiunto nel 2025. Secondo le stime pubblicate oggi dall’Ocse in quell’anno l’inflazione media nell’area euro dovrebbe attestarsi al 2,3%.