Petrolio, Arabia a dicembre continua taglio volontario 1 mln bariliRoma, 5 nov. (askanews) – L’Arabia Saudita, primo esportatore mondiale di petrolio, proseguirà con il taglio volontario della produzione di petrolio di 1 milione di barili al giorno fino alla fine dell’anno. Lo ha reso noto ha una fonte ufficiale del ministero dell’Energia riportata dai media locali. In base alla decisione, la produzione dell’Arabia Saudita a dicembre sarà di circa 9 milioni di barili al giorno, ha affermato la fonte in una nota.
“Questo ulteriore taglio volontario rafforza gli sforzi precauzionali compiuti dai paesi dell’OPEC+ con l’obiettivo di sostenere la stabilità e l’equilibrio dei mercati petroliferi”, ha affermato la fonte nella nota. Il petrolio ha toccato il massimo del 2023 a settembre a quasi 98 dollari al barile per il greggio Brent, anche se da allora si è indebolito fino a scambiare intorno a 85 dollari al barile venerdì scorso. Le preoccupazioni per la crescita economica e la domanda hanno pesato al ribasso sui prezzi, malgrado le pressioni rialziste legate al conflitto in Medio Oriente.
L’Arabia Saudita ha effettuato per la prima volta il taglio volontario per luglio come aggiunta a un ampio accordo sulla limitazione dell’offerta concordato per la prima volta da alcuni membri dell’OPEC+ in aprile. Una decisione di giugno dell’OPEC+, che comprende l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e alleati come la Russia, limita già l’offerta fino al 2024.
L’allarme di Confindustria: la liquidità delle imprese è a rischioRoma, 5 nov. (askanews) – Le imprese italiane, in particolare quelle manifatturiere, non hanno oggi risorse liquide in eccesso, facilmente utilizzabili per finanziare il circolante e gli investimenti. Il rapido e consistente aumento del costo dei prestiti ha spinto le imprese a utilizzare le disponibilità che avevano, cresciute molto durante la pandemia e fino all’inizio dello scorso anno. Questa “normalizzazione” fin troppo rapida della liquidità potrebbe presto diventare scarsità e mettere in difficoltà molte aziende. E’ l’allarme lanciato di Confindustria nell’ultimo rapporto di previsione sull’economia italiana.
I depositi delle imprese italiane, che in tempi normali mostrano un trend in continua crescita, negli ultimi mesi – rileva il Centro Studi di Confindustria – sono diminuiti molto rapidamente: -8,4% dal picco di luglio 2022 ad agosto 2023, pari a -36 miliardi di euro; -6,1% da dicembre 2022. La variazione nello stock di depositi tra il 2020 e il 2023 è la maggiore registrata dal 1999: prima un ampio aumento, poi il crollo; a confronto, il calo registrato nel 2011 è stato di proporzioni marginali. Il trend crescente dei depositi è stato piuttosto stabile nel 2012-2019 e, prima, nel 1999-2008, periodi piuttosto lunghi tanto da costituire la “normalità”. È stato interrotto solo da shock estremi, quali la crisi del 2009 e 2011 e, di recente, il Covid e lo shock energetico nel 2020 e 2022. Il ritmo di espansione è stato del +7,5% in media all’anno nel 2012-2019.
Le imprese, in tempi normali, tengono un ammontare di risorse liquide (ovvero, depositi in banca) il più possibile adeguato a far fronte al flusso continuo di pagamenti per evitare crisi di cash flow. In un’economia in espansione, questo quantitativo – osserva il Csc – è tipicamente crescente e, se ben calibrato, dovrebbe risultare circa costante in rapporto alle crescenti esigenze operative. I motivi del trend di crescita dei depositi, in tempi normali, sono legati alla crescita dell’attività e dei prezzi/costi: aumento dei prezzi delle merci per il magazzino, maggiori costi dei servizi per le imprese, aumento dei salari da pagare, crescita dei volumi di attività e della forza lavoro. Per questo, la dinamica dei depositi può essere approssimata dalla dinamica del Pil nominale del paese.
In tempi anomali, come il periodo 2020-2023, le cose si complicano e la gestione della liquidità finisce per dipendere anche da altri fattori. Nel 2020, il timore di chiusure e, in generale, di mancati incassi, a fronte di pagamenti da onorare, ha condotto alla forte crescita dei depositi, per accumulazione prudenziale, sostenuta anche dalle misure adottate dal Governo. Nel 2022, l’alta inflazione ha accresciuto le risorse liquide (nominali) necessarie per l’attività corrente. Anche per questo preoccupa il calo dei depositi nel 2023, visto che l’inflazione è ancora elevata. La frenata dell’economia reale nel 2023, invece, può contribuire ad attenuare il fabbisogno di liquidità. Una possibile lettura delle dinamiche recenti è che nel 2023 le imprese italiane stiano usando il “fieno messo in cascina” nel 2020, che era risultato, ex post, eccessivamente ampio. Ma il punto è: “nella situazione attuale, questo fieno è ancora sufficiente o è già diventato scarso? E che succederà nei prossimi mesi, che si preannunciano ancora difficili per l’economia italiana?”, si chiede Confindustria.
Tali interrogativi “equivalgono a chiederci se, nella prima parte del 2023, siamo già scesi sotto il trend dei tempi ‘normali’, quello pre-pandemia, ovvero se siamo ancora sopra, e quindi la liquidità disponibile è ancora sufficiente”. Il trend è stato stimato con il metodo Hp (filtro di Hodrick-Prescott), sul periodo 2012-2019, ed è poi stato costruito un sentiero “controfattuale” per il periodo anomalo 2020- 2023, cioè la dinamica attesa se anche questi anni fossero stati normali, proiettando in avanti la variazione a 12 mesi mediamente registrata dai dati di trend precedente. Da queste stime risulta che nel 2020-2021 la liquidità era ampiamente superiore al normale, mentre con la profonda flessione, registrata a partire dall’estate 2022, siamo tornati, ad agosto 2023, esattamente sulla traiettoria pre-pandemia (solo +0,6 miliardi sopra il trend). Quindi, “se la dinamica recente al ribasso dovesse proseguire, nei prossimi mesi i depositi scenderebbero sotto i valori normali. Evidenziando, a quel punto, una scarsità di risorse liquide per le imprese italiane, che ne frenerebbe l’attività produttiva”.
Manovra, lo sgravio per le madri con 2 figli sarà soltanto per un annoRoma, 4 nov. (askanews) – Arriva in Senato un errata corrige al testo della manovra e cambia la misura che prevedeva “in via sperimentale” per tre anni, dal 2024 al 2026, lo sgravio dei contributi per le lavoratrici a tempo indeterminato con due figli e fino al compimento dei 10 anni del figlio più piccolo. Il testo originario prevedeva la sperimentazione per il triennio.
Resta invariata la restante parte dell’articolo 37 e dunque la decontribuzione per tre anni per le lavoratrici che abbiano tre o più figli, fino al compimento del diciottesimo anno del figlio di età inferiore, come resta invariato il tetto massimo annuo di 3.000 euro calcolato su base annua e l’esclusione dalla platea per i rapporti di lavoro domestico.
India, l’economia accelera: pil potrebbe aumentare del 7% in trim.Roma, 4 nov. (askanews) – Il prodotto interno lordo (PIL) dell’India potrebbe espandersi di quasi il 7% nel secondo trimestre dell’anno fiscale (luglio-settembre) sulla base di fondamentali economici solidi, superando la stima del 6,5% della banca centrale Reserve Bank of India (RBI) del 6 ottobre, ma in linea con la previsione del governatore Shaktikanta Das di martedì. Lo segnalano gli esperti citati dallo Hindustan Times.
Intervenendo martedì al Business Standard BFSI Insight Summit, Das ha affermato che i dati sulla crescita economica dell’India nel secondo trimestre (Q2) probabilmente sorprenderanno “al rialzo”. Le cifre ufficiali del PIL per il secondo trimestre (luglio-settembre 2023) dovrebbe essere pubblicato il 30 novembre. “Le ragioni dell’attuale ottimismo riguardo alle prospettive di crescita dell’India per il 2QFY24 risiedono negli indicatori ad alta frequenza sostenuti negli ultimi mesi”, ha affermato DK Srivastava, capo consulente politico di EY. La crescita dell’indice principale della produzione industriale (IIP) è stata in media del 9,7% nel secondo trimestre (2Q) dell’anno fiscale 24, gli incassi GST lordi sono stati in media di 1,62 lakh crore e anche il PMI manifatturiero e dei servizi ha mostrato livelli elevati con una media di 57,9 e 61,1 rispettivamente.
Nilaya Varma, co-fondatrice e CEO della società di consulenza Primus Partners, ha dichiarato: “La forte crescita del PIL per il trimestre non sarà una sorpresa. La maggior parte degli indicatori ad alta frequenza sono in verde: l’IIP è in aumento dell’8-12%, il PMI è intorno a 58 indicando una forte espansione, il settore bancario SBI sta mostrando una crescita del 19% su base annua, le vendite di automobili sono al loro massimo storico”. Una maggiore spesa per le infrastrutture dovrebbe essere in grado di sostenere questa crescita, ha aggiunto.
Gas, Qatar firma accordo con cinese Sinopec per fornitura 27 anniRoma, 4 nov. (askanews) – Il Qatar fornirà a Sinopec gas naturale per 27 anni. Lo ha annunciato la compagnia energetica statale dell’emirato del Golfo QatarEnergy. Si tratta del suo secondo accordo di questo tipo con l’azienda cinese.
In base all’accordo Doha fornirà tre milioni di tonnellate di gas all’anno, ha specificato QatarEnergy, annunciando un’altra intesa che concederà al colosso petrolifero cinese un’ulteriore quota del progetto di espansione del campo di esplorazione gas North Field del Qatar, dove sono presenti le maggiori riserve di gas naturale del mondo. Secondo l’accordo siglato a Shanghai, QatarEnergy darà a Sinopec una partecipazione del 5% in una joint venture con una capacità di sei milioni di tonnellate all’anno nella seconda fase dell’espansione, North Field South.
I paesi asiatici guidati da Cina, Giappone e Corea del Sud sono il principale mercato per il gas del Qatar, che è stato sempre più ricercato dai paesi europei dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia all’inizio dello scorso anno. Ad aprile, l’azienda statale Sinopec era diventata la prima azienda asiatica ad assicurarsi una partecipazione nella prima fase dell’espansione del Qatar, North Field East.
Berkshire Hathaway,+40% utili operativi III trim.a 10,76 mld dollariRoma, 4 nov. (askanews) – Redditività in forte aumento per Berkshire Hathaway, la grande holding diversificata di Warren Buffett, uno dei più noti finanzieri degli Stati Uniti. Gli utili operativi del conglomerato con sede a Omaha – che comprendono i profitti realizzati dalla miriade di attività interamente possedute come assicurazioni, ferrovie e servizi di pubblica utilità – sono stati pari a 10,761 miliardi di dollari lo scorso trimestre. Si tratta di un aumento del 40,6% rispetto ai 7,651 miliardi di dollari guadagnati nello stesso trimestre di un anno fa.
Berkshire deteneva un livello record di liquidità alla fine di settembre – 157,2 miliardi di dollari – superando il massimo di 149,2 miliardi di dollari fissato nel terzo trimestre del 2021. L’”Oracolo di Omaha” – riporta Cnbc – ha approfittato dell’aumento dei rendimenti obbligazionari, acquistando buoni del Tesoro a breve termine con un rendimento di almeno il 5%. Il conglomerato possedeva tali investimenti per un valore di 126,4 miliardi di dollari alla fine del terzo trimestre, rispetto a circa 93 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno.
L’attività di riacquisto ha continuato a rallentare mentre le azioni Berkshire hanno raggiunto livelli record durante il trimestre. L’azienda ha speso 1,1 miliardi di dollari per riacquistare azioni, portando il totale di nove mesi a circa 7 miliardi di dollari. Geico, il gioiello della corona dell’impero assicurativo del Berkshire e “figlio prediletto” di Buffett, ha registrato un altro trimestre redditizio con utili di sottoscrizione di 1,1 miliardi di dollari. L’assicuratore auto è nel mezzo di una svolta dopo aver perso quote di mercato a favore del concorrente Progressive.
BNSF, tuttavia, ha registrato un calo degli utili del 15% poiché la divisione ferroviaria è stata alle prese con volumi inferiori e costi più elevati. La società di Buffett ha registrato una significativa perdita di investimenti di 24,1 miliardi di dollari nel terzo trimestre, in gran parte derivante da un calo della sua partecipazione nella grande Apple. Le azioni del produttore di iPhone sono scese dell’11,7% durante il trimestre, ma da allora sono rimbalzate di oltre il 3%.
Come al solito, il CEO di Berkshire Hathaway ha chiesto agli investitori di guardare oltre le fluttuazioni trimestrali del portafoglio azionario di Berkshire. “L’importo dei guadagni/perdite sugli investimenti in un dato trimestre è solitamente privo di significato e fornisce cifre sugli utili (perdite) netti per azione che possono essere estremamente fuorvianti per gli investitori che hanno poca o nessuna conoscenza delle regole contabili”, ha affermato Buffett in una nota. Sebbene Berkshire abbia registrato un aumento considerevole degli utili operativi, il conglomerato ha riconosciuto l’impatto economico negativo della pandemia, nonché i rischi geopolitici e le pressioni inflazionistiche. “In varia misura, le nostre attività operative sono state influenzate dalle azioni del governo e del settore privato volte a mitigare gli effetti economici avversi del virus COVID-19 e delle sue varianti, nonché dallo sviluppo di conflitti geopolitici, interruzioni della catena di approvvigionamento e azioni del governo per rallentare inflazione”, ha detto Buffett. “Gli effetti economici di questi eventi a lungo termine non possono essere ragionevolmente stimati in questo momento”.
Inflazione, Urso:buoni dati ottobre,anche grazie a carrello tricoloreRoma, 4 nov. (askanews) – Sono ‘buoni’ gli ultimi risultati dell’inflazione in Italia con una evidente frenata che prende spunto anche dalla recente iniziativa del ‘carrello tricolore’ con la quale il Governo ha concordato con numerose associazioni di categoria, un paniere di prodotti a prezzo controllato. E’ l’opinione del ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che, intervistatoi dal Tgcom24 di Mediaset ha riepilogato i dati di tale miglioramento.
“Per quanto riguarda l’inflazione – ha detto Urso – i dati sono buoni perchè a ottobre l’inflazione italiana ha avuto una frenata significativa rispetto ai mesi precedenti ed era già in diminuzione. Nell’ottobre dello scorso anno, quando abbiamo ereditato il Governo, era oltre dodici punti, oggi è 1,8%. La frenata è dovuta a diversi fattori, tra loro concomitanti. Quel che resta comunque è un dato certo: l’inflazione in Italia oggi per la prima volta è sotto la media dell’Eurozona e sotto il tasso d’inflazione che hanno gli altri grandi Paesi europei, cioè la Germania, la Francia e la Spagna. L’Italia va meglio degli altri. Questo per una serie di fattori concomitanti, tra l’altro per il carrello tricolore che abbiamo realizzato in un patto sociale e produttivo ampio con 35 associazioni di categoria e che è scattato il primo di ottobre fino al 31 dicembre”. Si tratta, ha ricordato il ministro, di “un carrello di prodotti di qualità con un paniere di prodotti alimentari e altri prodotti di massa. Questo ha contribuito perchè il carrello della spesa è sceso rispetto a settembre di circa un quarto rispetto al tasso d’inflazione. E’ ancora alto, per questo noi rafforziamo gli sforzi affincheè il cittadino possa davvero avere una riduzione significativa del tasso d’inflazione anche e non solo grazie al carrello tricolore e quindi rilanciare i consumi”.
Il tutto, ha ricordato Urso, avviene in uno scenario di “incertezza dei mercati che è evidente a tutti, anche perchè si sta combattendo una guerra, Israele, Gaza, l’area del Medio Oriente che può avere delle influenze, ovviamente, ove altri attori fossero coinvolti. Per il momento ciò non sta accadendo: cautela, prudenza, responsabilità, queste le linee su cui si muove il Governo”
Sbarra (Cisl): da Cgil e Uil silenzio su manifestazione comuneModena, 3 nov. (askanews) – “Sulle ombre” che ci sono in manovra economica “vogliamo rafforzare il protagonismo sindacale per migliorare la finanziaria”. Ma nonostante la proposta fatta dalla Cisl per una “manifestazione comune” dagli altri sindacati “non è arrivata ad oggi nessuna risposta”. Lo ha detto il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, a margine del convegno “Sicurezza e sviluppo: quali prospettive per il futuro del paese” promosso a Modena.
“No, ad oggi non c’è nessuna risposta – ha detto Sbarra -. Pur tuttavia la Cisl è impegnata in queste settimane e in questi mesi in una grande mobilitazione nei luoghi di lavoro e sul territorio per la nostra proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione e sulla democrazia economica”. “Stiamo tenendo le nostre assemblee organizzative – ha proseguito il segretario – e pensiamo che nelle prossime giornate e nelle prossime settimane accompagneremo con una mobilitazione ancora più forte nei luoghi lavoro e a livello nazionale nel tentativo di impegnare il governo e le commissioni parlamentari a migliorare e cambiare contenuti di una legge di stabilità che presenta tante luci ma anche alcune ombre. Sulle ombre vogliamo rafforzare il protagonismo sindacale per migliorare la finanziaria”.
Maersk taglia 10mila posti di lavoro dopo nuovi cali di fatturatoRoma, 3 nov. (askanews) – Dopo nuovi crolli di fatturato e utili, il gigante del trasporto merci marittimo Moeller Maersk ha annunciato pesanti tagli occupazionali volti ad accelerare la riduzione dei costi. Nel comunicato con i risultati trimestrali di bilancio, la società riferisce che il numero totale dei dipendenti ridotto di 10.000 persone portandosi sotto i 100.000, rispetto ai 110.000 che si contavano lo scorso gennaio. Ne dovrebbero risultare risparmi per 600 milioni di dollari a partire dal prossimo anno, a fronte di un surplus di costi di ristrutturazione di 350 milioni di dollari.
La società risente della normalizzazione degli scambi internazionali di merci dopo i rimbalzi che si erano verificati lo scorso anno con il venir meno di lockdown e restrizioni, imposte al motivo del Covid, che in precedenza avevano devastato le economie e contribuito a creare strozzature nelle catene di approvvigionamento e pressioni rialziste sui prezzi. Moller Maersk ha riportato un fatturato da 12,1 miliardi di dollari sul terzo trimestre di quest’anno, in drastico calo rispetto ai 22,8 miliardi dello stesso periodo di un anno prima. Sui primi 9 mesi del 2023 il fatturato è crollato 39,3 miliardi, da 63,7 miliardi di un anno prima. L’utile netto è crollato a poco più di mezzo miliardo (554 milioni di dollari) nel terzo trimestre, da 8,9 miliardi un anno prima e a 4,36 miliardi sui 9 mesi da 24,34 miliardi un anno prima.
La società ha confermato le previsioni per l’intero anno finanziario ma ora afferma che i risultati dovrebbero fermarsi alla parte più bassa della forchetta previsionale. “Il nostro settore si trova davanti ad una nuova normalità di domanda sottotono, cali dei prezzi che tornano alle medie storiche e pressioni inflazionistiche sulla nostra base di costi. Dato il periodo impegnativo che ci aspetta abbiamo accelerato diverse misure di contenimento dei costi per salvaguardare il nostre performance finanziarie”, afferma l’amministratore delegato Vincent Clerc. L’annuncio dei tagli non è riuscito a tamponare l’effetto dei conti e le azioni della società crolla del 12% circa.
Confcooperative: mancanza lavoratori costa 28 mld, l’1,5% del PilRoma, 3 nov. (askanews) – La mancanza di lavoratori costa 28 miliardi, l’1,5% del Pil. E’ quanto rileva il focus di Censis-Confccoperative “Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni”, che stima gli effetti economici della mancanza di occupati basata sulle posizioni lavorative e sul tasso dei posti vacanti nell’industria e nei servizi.
“Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore così come potrebbero – dice il presidente di Concooperative, Maurizio Gardini – il Pil del 2023 avrebbe potuto raggiungere i 1.810 miliardi di euro se tutte le imprese fossero riuscite a trovare tutte le figure professionali di cui hanno bisogno. Un conto salato per il Paese che equivale a 28 miliardi, l’1,5% del Pil”. Invecchiamento degli occupati, squilibrio nella redistribuzione del lavoro tra le aree più dinamiche e quelle condizionate da contesti economici non favorevoli, cambiamenti nelle aspettative che riguardano il lavoro e che rivendicano un maggiore riconoscimento delle competenze, sono tutti fattori che contribuiscono a non far incrociare domanda e offerta di lavoro. Tutto questo, sottolinea Confcooperative, determina un costo economico che, negli anni, tende a crescere. Nel 2021 pesava per l’1,2% del Pil per arrivare oggi all’1,5%. Tra le persone in cerca di occupazione il ridimensionamento riguarda le forze di lavoro (occupati e disoccupati) e, soprattutto, la popolazione con età uguale o superiore ai 15 anni. La criticità che accompagna questo quadro, sottolinea il report Censis-Confcooperative, è data da un fenomeno che negli ultimi anni si è mostrato sempre più rilevante: gli occupati totali (con almeno 15 anni) sono aumentati nell’ultimo decennio di quasi 800mila unità, con un incremento rispetto al 2012 del 3,6%.
Scomponendo il dato complessivo e prendendo in esame la classe degli over 50 il fenomeno appare molto più marcato: tra il 2012 e il 2022 gli occupati anziani sono aumentati di quasi tre milioni, passando dai 6,3 milioni del 2012 ai 9 milioni del 2022. L’incremento è stato del 42,4%, tanto che oggi la classe d’età 50 e più rappresenta una quota pari al 39% sul totale dell’occupazione (era il 28,4% nel 2012). Sempre nel 2022 risultavano ancora occupati 687mila individui con un’età uguale o superiore ai 65 anni. Tra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è, di fatto, cresciuta del 72,2%. Di riflesso, l’aspetto controverso di questo fenomeno riguarda, ovviamente, gli occupati più giovani. Tra il 2012 e il 2022 i 15-34enni occupati si riducono, in termini assoluti, di 361mila unità. In termini relativi la variazione negativa è di 6,5%. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%. Nel 2022, aggiunge lo studio Censis-Confcooperative, il numero di lavoratori dipendenti che si sono dimessi è stato di 1.047.000. Di questi circa 700.000 (sette su dieci) si sono ricollocati nel giro di tre mesi (il 66,9% sul totale delle dimissioni volontarie. Un trend decisamente in rialzo rispetto all’era pre-Covid, quando nel 2019 le dimissioni volontarie interessavano poco più di 810.000 lavoratori, ma entro tre mesi se ne ricollocava il 63,2% (quasi -4% rispetto al 2022). Il tasso di ricollocazione tende a crescere, in linea tenendo il passo dell’aumento dell’occupazione che si è registrata negli ultimi due anni. Emerge un’accelerazione: molti lavoratori cercano un nuovo lavoro perseguendo migliori condizioni lavorative. Cambiano le motivazioni. Nel 2012 il 51,2% degli occupati a tempo indeterminato dichiarava di voler cambiare lavoro per guadagnare di più. Nel 2022 questa percentuale, pur restando la più elevata fra le motivazioni, si attesta a un livello molto più in basso: il 36,2%. Tra i motivi che inducono a cambiare lavoro c’è la ricerca di un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera 36,1%.
Generalmente, chi cambia lavoro lo fa all’interno dello stesso settore di provenienza, sebbene il grado di continuità vari da settore a settore. Solo il 52% risulta infatti ricollocato dopo tre mesi nell’ambito delle attività alloggio e ristorazione. Nel 2012, gli insoddisfatti del proprio lavoro rispetto alle competenze possedute era il 13,1% Dieci anni più tardi la percentuale ha raggiunto il 36,1%. Si riduce, invece, dal 19,1% al 6,9% la quota di chi è indotto a cercare un nuovo lavoro poiché teme di perdere quello attuale e ciò riflette anche il diverso clima che caratterizzava il 2012, anno di forte crisi economica rispetto al 2022, anno particolarmente positivo per l’occupazione.