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Natale, Fipe: 5,4 milioni italiani sceglieranno il ristorante

Natale, Fipe: 5,4 milioni italiani sceglieranno il ristoranteRoma, 21 dic. (askanews) – Saranno 5,4 milioni gli italiani, ma non mancano anche i turisti stranieri, che sceglieranno di festeggiare il Natale in uno dei 90.000 ristoranti del Paese aperti il 25. Il dato è in crescita del 10,2%. rispetto al Natale 2022. Stesso trend per le attività che hanno deciso di rimanere aperte, passate dal 65,2% del 2022 al 66,2% del 2023. Sono questi alcuni dei dati diffusi da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana Pubblici Esercizi, secondo cui il pranzo di Natale al ristorante farà registrare una spesa complessiva di 400 milioni di euro, il 15% in più rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, per via degli aumenti che hanno interessato tutte le voci di costo delle imprese (dai prodotti alimentari all’energia), si stima che in media ciascuna persona spenderà circa 74 euro per un menù “tutto compreso”, proposto nell’83,2% dei ristoranti, con sei portate all’insegna della tradizione (pasta fresca fatta in casa, bollito, pandoro e panettone per concludere). Mentre per i più piccoli il 37% degli esercizi si è organizzato con un menu personalizzato a un prezzo medio di 30 euro. Il trend di Natale contribuisce in modo significativo all’andamento del comparto della ristorazione a dicembre, tra i mesi più importanti dell’anno. Secondo le previsioni del Centro Studi FIPE solo in questo mese le famiglie spenderanno circa 8,5 miliardi di euro per consumi alimentari fuori casa. A questi si aggiungono poi gli incassi che arrivano da pranzi, cene e convention aziendali che quest’anno sono particolarmente numerosi. In generale, il clima è ottimistico, con il saldo tra coloro che ritengono che sarà un Natale migliore del precedente e quelli che hanno aspettative peggiori comunque positivo e superiore al 17%. “Il 2023 è stato un anno significativo per il consolidamento della ripresa dei Pubblici Esercizi, che ancora una volta hanno saputo superare con grande determinazione gli ostacoli lungo il percorso, tra rincari delle materie prime e difficoltà di reclutamento del personale”, ha commentato il Presidente FIPE-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani. “I numeri ci dicono che il mese di dicembre, che da solo vale poco meno del 10% del fatturato della ristorazione, anche quest’anno conferma le aspettative delle imprese pur in presenza di un contesto complicato. Il ciclo economico è in rallentamento e il quadro internazionale continua ad alimentare condizioni di incertezza che non favoriscono né la crescita né i consumi. Per fortuna la bolla inflazionistica sta rientrando e con essa dovremmo avere anche una politica monetaria della BCE meno restrittiva”.

Eni: accordo per l’ingresso del fondo Eip in Plenitude col 9%

Eni: accordo per l’ingresso del fondo Eip in Plenitude col 9%Milano, 21 dic. (askanews) – Eni, Plenitude ed Energy infrastructure partners hanno firmato un accordo per l’ingresso di Eip, fondo svizzero specializzato in renewables ed energy transition, in Plenitude attraverso un aumento di capitale fino a 700 milioni di euro che, dopo l’operazione, sarà pari a circa il 9% del capitale della società. Le parti hanno concordato che l’importo iniziale dell’aumento di capitale è di 500 milioni, con l’opzione per Eip di salire a 700 milioni entro l’inizio del 2024. L’operazione equivale a un equity value di Plenitude post money di circa 8 miliardi e a un enterprise value di oltre 10 miliardi.

“Abbiamo realizzato un’ottima operazione. Grazie a questa, esplicitiamo il valore di Plenitude, ne rafforziamo la struttura finanziaria per supportare ulteriormente la sua transizione energetica e il suo percorso di crescita e stabiliamo una partnership di lungo termine con un investitore finanziario di primario livello internazionale in grado di contribuire alla ulteriore creazione di valore da parte di Plenitude – ha commentato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi – Infine, miglioriamo ulteriormente la struttura del capitale di Eni, riducendo il leverage netto consolidato e rafforzando la base patrimoniale. Si tratta di un risultato fondamentale nello sviluppo del nostro modello satellitare, un’iniziativa strategica chiave volta a valorizzare i nostri business ad alto potenziale, creando le condizioni per una crescita indipendente, garantendo l’accesso a nuove risorse finanziarie e dando evidenza del loro valore di mercato”. “Abbiamo compiuto un importante passo avanti nella valorizzazione di una delle nostre società strategiche che, insieme alla nostra società per la mobilità sostenibile Enilive – ha aggiunto – è focalizzata sulla commercializzazione di prodotti sempre più decarbonizzati e sull’abbattimento delle emissioni Scope 3 nel nostro percorso di transizione energetica”.

Ecco come cambia il Patto di stabilità e di crescita dell’Ue

Ecco come cambia il Patto di stabilità e di crescita dell’UeRoma, 20 dic. (askanews) – ‘Il cammino è stato lungo, intenso, difficile ma alla fine abbiamo raggiunto il nostro obiettivo e cioè ottenere, in questo momento storico per la costruzione europea, il miglior accordo possibile, un grande accordo nel momento migliore’. Così la presidente di turno dell’Ecofin, la ministra spagnola delle Finanze Nadia Calvino, ha descritto, in modo trionfale, l’accordo sulla revisione del Patto di stabilità, raggiunto oggi dalla riunione straordinaria in videoconferenza dei ministri delle Finanze dell’Ue.

‘Le regole che approviamo oggi – ha detto Calvino durante la conferenza stampa in videoconferenza al termine dell’Ecofin – si basano sul cuore della proposta della Commissione europea, che riguarda l’adeguamento delle regole al metodo del controllo della spesa primaria netta. Su questo nucleo centrale, abbiamo incorporati quattro tipi di salvaguardie per garantire una riduzione sostenuta del rapporto debito/Pil, un margine di bilancio sufficiente al di sotto dell’obiettivo di disavanzo del 3% fissato dal Trattato Ue, per essere in grado di sviluppare politiche anticicliche’, più ‘una salvaguardia per garantire una crescita sostenibile e un impatto anticiclico dell’intero sistema di regole, e infine una salvaguardia a tutela dei necessari investimenti negli ambiti prioritari delle politiche europee per la transizione verde e digitale, e negli ambiti sociale e della difesa’. Le nuove regole, ha aggiunto la presidente di turno dell’Ecofin, ‘prevedono inoltre un regime transitorio fino al 2027 che attenua l’impatto del rapido rialzo dei tassi di interesse del debito pubblico, preservando così il margine di bilancio necessario per poter proseguire e sviluppare gli investimenti necessari’.

La riforma, ha insistito Calvino, ‘garantisce la riduzione sostenuta e graduale dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil con impatto anticiclico e tutela gli investimenti pubblici in quei settori prioritari dell’agenda europea in campo ambientale, digitale, sociale e della difesa, per avere una crescita più sicura, più sostenibile e anche più inclusiva’. In realtà, è difficile non vedere nell’accordo una sostanziale vittoria dei paesi ‘frugali’, ovvero della priorità assegnata alla stabilità finanziaria con poche concessioni alle politiche di crescita e di incentivo degli investimenti, anche se non si può parlare di un vero e proprio ritorno dell’austerità. Il nuovo Patto è composto di due regolamenti e una direttiva. Le modifiche essenziali stanno nei due regolamenti ‘gemelli’, uno sul ‘braccio preventivo” e l’altro sul ‘braccio correttivo’ del Patto.

La proposta originaria della Commissione, dell’aprile 2023, era incentrata su due pilastri principali, riguardanti i percorsi di aggiustamento di bilancio per i paesi che non rispettano le due soglie previste dal Trattato di Maastricht: il 60% per il debito/Pil e il 3% per il deficit/Pil. Nel primo caso, quello del debito eccessivo, veniva indicato un percorso di aggiustamento ‘su misura’, individualizzato per ciascuno Stato membro, con tempi più lunghi e più realistici per le correzioni: quattro anni, con la possibilità di proroga a sette anni per ammortizzare i costi delle riforme e degli investimenti raccomandati dall’Ue (transizione verde e digitale, innovazione, difesa). Il percorso di aggiustamento (‘traiettoria tecnica’), è determinato tenendo conto di un’analisi caso per caso della sostenibilità del debito, e originariamente si basava su un ‘singolo indicatore operativo’, basato sulla ‘spesa primaria netta’, quella cioè che non prende in considerazione la spesa per gli interessi, la parte controciclica degli stabilizzatori automatici (come i sussidi di disoccupazione o la cassa integrazione in tempi di crisi), le spese che non dipendono dai governi, e la spesa nei programmi e progetti comunitari che sono co-finanziati dagli Stati membri.

La proposta originaria prevedeva semplicemente di tenere sotto stretto controllo, con un limite annuale collegato alla crescita economica, l’andamento della spesa primaria netta del paese interessato, senza definire una riduzione quantitativa annuale del debito/Pil uguale per tutti i casi, ma tale da assicurare che, alla fine del periodo previsto dal piano di aggiustamento, il livello del debito pubblico in quello Stato membro fosse inferiore a quello iniziale, e avviato su un percorso stabile di riduzione. Era previsto un controllo della Commissione sui percorsi di aggiustamento, a scadenza semestrale, per individuare e correggere eventuali deviazioni significative. Il secondo pilastro della proposta della Commissione riguardava la regola del deficit: semplicemente, per i paesi con un rapporto deficit/Pil oltre il 3% veniva previsto aggiustamento strutturale minimo annuale di bilancio pari allo 0,5% del Pil, per ridurre il disavanzo, fino al raggiungimento della soglia del 3% (art.3 del Regolamento sul ‘braccio correttivo’). In questa semplificazione estrema delle regole attuali non venivano più considerati né il cosiddetto ‘Obiettivo di bilancio di medio termine’ (Mto), che per i paesi più indebitati esigeva di portare il deficit strutturale ben sotto la soglia del 3%, con target tra l’1% e il pareggio di bilancio, né una serie di fattori su cui erano basati i percorsi di aggiustamento del vecchio Patto di stabilità: il ‘saldo strutturale di bilancio’, la ‘crescita potenziale’ e il cosiddetto ‘output gap’, tutte ‘grandezze difficilmente osservabili’ (come le aveva definite lo stesso vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis) che rendevano complicatissimo e in parte anche arbitrario il giudizio della Commissione sulle eventuali ‘deviazioni significative’ da parte degli Stati membri. Oltretutto, negli anni delle politiche di austerità si è dimostrato che la riduzione del deficit a tappe forzate non determina necessariamente una riduzione del debito/Pil (come pretendeva tutto l’impianto del vecchio Patto di stabilità, di ispirazione tedesco-nordica), ma, al contrario, può incrementarlo, perché deprime gli investimenti pubblici e quindi la crescita (ovvero il denominatore del rapporto debito/Pil). Il negoziato tra gli Stati membri, sotto la spinta dei ‘frugali’ (Germania, Olanda, Austria e Paesi nordici) ha vanificato in buona parte questa semplificazione, e riproposto proprio quel legame di causa effetto tra riduzione del deficit e riduzione del debito/Pil che non ha funzionato, anche se in questo caso si riconosce la necessità di preservare gli investimenti pubblici almeno in alcuni settori. I paesi ‘frugali’ sono riusciti a ottenere l’inserimento di due ‘salvaguardie’ nel nuovo quadro di regole, inserite nel regolamento sul ‘braccio preventivo’ una per ‘la sostenibilità del debito’. La prima salvaguardia prevede (art.6bis) che i paesi con un debito/Pil superiore al 90% (come l’Italia) debbano ridurlo di almeno un punto percentuale all’anno, mentre la seconda salvaguardia (art.6ter) impone a questi paesi di continuare il proprio percorso di riduzione del deficit/Pil anche dopo che avranno raggiunto il 3%, puntando a portare il disavanzo all’1,5%, per mantenere un ‘cuscinetto’ (‘common resilience margin’) che permetta un margine di bilancio per gli investimenti e le riforme. Le due ‘salvaguardie’ sono un po’ meno rigorose per i paesi con un debito/Pil tra il 60 e il 90 per cento, che dovranno ridurre il proprio debito/Pil di almeno mezzo punto percentuale all’anno, e poi puntare a ridurre il deficit fino al 2%, e quindi con un ‘margine di resilienza’ dell’1% rispetto alla soglia normale del 3%. Sostanzialmente, il vecchio ‘Obiettivo di medio termine’ per i paesi più indebitati, che era stato messo fuori dalla porta, rientra dalla finestra, anche se meno rigoroso (deficit tra l’1 e il 2 per cento invece che tra l’1 per cento e il pareggio di bilancio). Inoltre, la seconda salvaguardia prevede che per tutti gli Stati membri che superano le soglie del 3% del deficit o del 90% del debito venga aggiunto anche un obbligo di ‘miglioramento annuale del bilancio strutturale primario’, pari allo 0,4% nei percorsi di aggiustamento di quattro anni, che sarà ridotto allo 0,25% in caso di prolungamento del percorso a sette anni (quando ci sono gli investimenti e le riforme considerati prioritari dall’Ue). L’accordo finale ha aumentato queste due ultime percentuali, che nell’ultima bozza di compromesso erano rispettivamente dello 0,3% e dello 0,2%. Un’altra modifica importante riguarda il cosiddetto ‘conto di controllo’, relativo alle deviazioni massime consentite dai percorsi di aggiustamento basati sulla limitazione della spesa primaria netta (Art.2 del Regolamento sul ‘braccio correttivo’): per i paesi con rapporto debito/Pil superiore alla soglia del 60%, la deviazione massima annuale è stata fissata allo 0,3% del Pil, e allo 0,6% per quella ‘cumulativa’ (per tutto il periodo), con un irrigidimento ulteriore rispetto all’ultima bozza, che prevedeva lo 0,5 annuale e lo 0,6% cumulativo. In cambio di queste ulteriori concessioni ai paesi ‘frugali’, questi ultimi hanno accettato una clausola di flessibilità temporanea (per gli anni 2025, 2026 e 2027), chiesta dalla Francia e appoggiata dall’Italia, sull’aumento della spesa per gli interessi sul debito, che verrà riconosciuto come fattore mitigante rispetto all’aggiustamento strutturale minimo annuale dello 0,5 del Pil, richiesto ai paesi con un disavanzo oltre il 3% del Pil e sotto procedura per deficit eccessivo. In sostanza, l’aumento della spesa per gli interessi sul debito, dovuta a eventuali aumenti dei tassi d’interesse o al nuovo debito contratto sui mercati per finanziare gli investimenti e le riforme prioritari per l’Ue, sarà preso in considerazione dalla Commissione e dovrebbe permettere di diminuire di uno o due decimi di punto (in termini di Pil) la correzione annuale richiesta. Nel complesso, il nuovo Patto di stabilità appare molto più rigoroso e ‘frugale’, meno ‘su misura’ per ogni paese e anche molto meno semplificato, rispetto quello proposto dalla Commissione, con l’aggiunta delle nuove clausole di salvaguardia su debito sul deficit e dei nuovi parametri di correzione minima e deviazione massima nei percorsi di aggiustamento, per i quali tuttavia resta l’elemento centrale della proposta dell’Esecutivo comunitario, l’indicatore basato sulla sostenibilità del debito e sul controllo della spesa pubblica. ‘La proposta della Commissione è stata appesantita – ha detto dopo l’Ecofin il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni – da diversi parametri numerici di salvaguardia, ma ne restano alcuni pilastri fondamentali: primo, l’equilibrio tra la stabilità nella finanza pubblica e riforme e investimenti; secondo l’importanza di una maggiore autonomia dei diversi paesi, in dialogo con la Commissione, un po’ col modello che abbiamo seguito nel Pnrr; e poi anche un’ottica di medio termine che consente di programmare le riforme e gli investimenti e la stabilizzazione finanziaria nel corso di diversi anni’. ‘L’Europa – ha concluso Gentiloni – ha bisogno di regole comuni, non di nostalgie dell’austerity, e penso che questo compromesso, nel quale il contributo dei diversi paesi è stato molto costruttivo, ci aiuterà in questa direzione’. Per l’Italia, comunque, c’è un indubbio vantaggio rispetto alle regole dell’attuale Patto di stabilità, che prevede in particolare la regola, mai applicata, della riduzione annuale di 1/20 dell’eccedenza del debito/Pil rispetto alla soglia del 60% (ovvero, con il debito al 140%, una diminuzione del 4% all’anno), e un ‘obiettivo di medio termine’ che in pratica consisterebbe nel pareggio di bilancio. Ora, invece, il nuovo ‘obiettivo di medio termine’ per il deficit viene fissato all’1,5%, e il debito dovrà ridursi solo dell’1% all’anno. L’accordo, una volta formalizzato, costituirà la posizione negoziale del Consiglio Ue per le trattative (‘trilogo’) che si apriranno ora con il Parlamento europeo, che tuttavia è competente solo per quanto riguarda il ‘braccio preventivo’, e non per quello correttivo. Il Parlamento, che sostiene la clausola di salvaguardia per il debito, non condivide invece quella per il deficit, e chiede anche di aumentare di altri dieci anni i percorsi graduali di aggiustamento. Le probabilità che il nuovo Patto sia definitivamente approvato entro febbraio ed entri in vigore prima delle elezioni europee sono comunque alte. ‘Se le cose procedono come pianificato, e con l’accordo di oggi penso possiamo essere più fiduciosi sul fatto che vada così, avremo le nuove regole in vigore in questa legislatura, prima delle elezioni europee. E a quel punto la Commissione darà le linee guida sui bilanci per il 2025 in base alle nuove regole’, ha detto Dombrovskis durante la conferenza stampa conclusiva dell’Ecofin.

ONTM, Cluster Mare riunito al Senato per gli Stati Generali 2023

ONTM, Cluster Mare riunito al Senato per gli Stati Generali 2023Roma, 20 dic. (askanews) – La Sala Capitolare del Senato è stata la cornice perfetta della seconda edizione degli Stati Generali ONTM, occasione di approfondimento e confronto in cui, oltre a fare il punto sulle attività svolte e sulla programmazione futura, l’Osservatorio Nazionale Tutela del Mare ha riunito intorno al proprio tavolo i rappresentanti del Cluster Mare, ponendo quale leitmotive della giornata la necessità di ritrovare una nuova consapevolezza nazionale circa la centralità dell’Italia nel contesto economico e geopolitico mediterraneo. Dopo la parte privata dei lavori in cui il Direttore Generale di ONTM Federico Ottavio Pescetto ha ripercorso quello che si è rivelato ‘un anno estremamente intenso, che ha visto una crescita esponenziale della struttura organizzativa interna, delle adesioni di Partner Corporate e Istituzionali, delle sinergie con gli Enti e Organi di Governo e di una concreta e fattiva progettualità, vero biglietto da visita dell’Osservatorio, il quale persevera – evidentemente, a ragione – nel tendere a una politica di diplomazia ambientale fondata sull’innovazione tecnologia ed economico sociale’, e l’intervento dell’On. Maria Grazia Frijia, la quale ha avuto modo di ribadire l’importanza per le Istituzioni di confrontarsi con soggetti quale è l’Osservatorio, ha fatto seguito il convegno ‘Il Cluster Mare per una nuova centralità mediterranea dell’Italia’.

Introdotto dal Direttore di Askanews Gianni Todini, da sempre vicino all’Osservatorio, moderatore della giornata, è stato il Vicepresidente Vicario del Senato Sen. Gian Marco Centinaio – promotore dell’evento – ad aprire i lavori del pomeriggio, portando un messaggio chiaro circa la centralità della blue economy per il sistema Paese, oggi impegnato nel difendere il primato nazionale del comparto in un contesto competitivo internazionale sempre più complesso: un settore che impiega migliaia di donne e uomini, producendo ricchezza non solo per le Regioni costiere, ma per tutta l’Italia, contribuendo a un suo posizionamento internazionale di primo piano. Dopo il collegamento con Massimiliano Ossini, conduttore RAI e storico ambassador di ONTM, da sempre vicino alle sua iniziative e attività, hanno fatto poi seguito gli interventi delle Autorità Militari che già da tempo condividono parte delle attività dell’Osservatorio, anche ricordate nel corso della recente inaugurazione del Polo Nazionale della Dimensione Subacquea di La Spezia, dove ONTM ha avuto il piacere di poter sedere accanto a Marina Militare Italiana, Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Arma dei Carabinieri.

In particolare, primo a intervenire è stato il Contrammiraglio Lorenzano di Renzo, Comandante dell’Accademia Navale di Livorno, delegato dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Ammiraglio Enrico Credendino a portare i saluti e la vicinanza della forza armata alle iniziative dell’Osservatorio, cui ha fatto poi seguito il Capitano di Vascello Francesco Tomas in rappresentanza del Corpo di Guardia delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, Capo del Reparto Ambientale Marino del Corpo, il Generale di Brigata Vincenzo Caci, Capo Centrale Operativa 3° Reparto Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza, fondamentale terzo pilastro del comparto militare italiano attivo sul mare, delegato dal Comandante Generale della Guardia di Finanza Gen. C.A. Andrea De Gennaro, e – infine – il Tenente Colonnello Nino Tarantino dell’Arma dei Carabinieri, Subcommissario presso la Struttura Commissariale per la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio italiano. Un messaggio di centralità e importanza del Cluster Mare, quello delle Forze Armate, ripreso anche dalle altre autorevoli personalità intervenute, come Francesco Benevolo, Direttore di RAM S.p.A., il quale – dopo aver portato i saluti del Presidente Davide Bordoni – ha affrontato alcuni temi centrali per la portualità italiana, quali la digitalizzazione, la transizione energetica e, più in generale, la sostenibilità di quello che oggi si è dimostrato essere tra i comparti trainanti dell’economia nazionale.

Anche Maria Siclari, Direttrice Generale di ISPRA, già intervenuta durante la prima edizione degli Stati Generali ONTM, ha avuto modo di sottolineare come i temi della giornata sposino perfettamente quella che oggi è l’importanza per il nostro Paese del PNRR MER, fondamentale volano su cui fare perno per tutta una serie di interventi che vedono il Mare al centro di una strategia ambientale ed energetica europea: Mare, cui oggi ISPRA dedica una particolare attenzione, dimostrata anche dalla vicinanza dell’Istituto alle attività dell’Osservatorio. A seguire Luca Salamone, già Capo della Struttura di Missione per le Politiche del Mare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove ha potuto dare un contributo dirimente per la nascita e approvazione del Piano del Mare, oggi Direttore Generale dell’Agenzia Spaziale Italiana, il quale ha voluto evidenziare come tutto il comparto Mare, sia esso preso dal punto di vista ambientale, piuttosto che economico, sia indissolubilmente legato a tutta quella parte di tecnologia e strumentazione satellitare per la quale ASI è oggi riconosciuta quale primario attore internazionale: tecnologia che oggi permette di conoscere e ‘governare’ i nostri mari, studiarli e tutelarli, in una logica di continuo scambio di valore tra la blue economy e la space economy. Debora Donati, in rappresentanza della Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, ha poi avuto modo di portare una testimonianza importante in tema di inclusività, raccontando il progetto ‘Il Mare insieme a Te’, una iniziativa che rilegge il Mare in un’ottica sociale, quale veicolo al servizio dei più fragili, per il mezzo del quale poter avvicinare le persone, cercando di ritrovare uno spirito di comunità spesso dimenticato. Per l’On. Salvo Pogliese, delegato dal Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida a portare i saluti e la vicinanza del Dicastero a ONTM anche in questa seconda edizione degli Stati Generali, l’attività di attori quale è l’Osservatorio risulta fondamentale anche da un punto di vista squisitamente alimentare, vista la sempre maggiore centralità delle tematiche legate all’itticoltura, alla pesca e a tutte le nuove iniziative che stanno esplorando il Mare quale luogo dove coltivare il cibo che sfamerà le prossime generazioni.

Anche per l’On. Edoardo Rixi, Viceministro per le Infrastrutture e i Traporti, concentrarsi sul Mare, sulla sua tutela e valorizzazione, sia da un punto di vista prettamente ambientale che economico sociale, risulta una scelta obbligata per permettere al nostro Paese di trovare una propria centralità nel contesto geopolitico mediterraneo e internazionale. In particolare, ricordando la natura strategica del Mediterraneo, il Viceministro ha avuto modo di toccare tematiche quali la sicurezza dei mari e, in particolar modo, dell’underwater, ponendo l’accento sulla necessità di rivedere i fondali marini – anche – quali principali vie per il tramite delle quali viaggiano energia e dati, nonché, la centralità dei porti e la necessità di garantirne una crescita favorita anche dalle riforme del legislatore, sempre più importanti per permettere agli operatori italiani di difendere il primato dei traffici marittimi del mediterraneo. A concludere la giornata, il Presidente di ONTM Roberto Minerdo il quale ha tenuto a ricordare come l’Osservatorio ‘rappresenta un luogo dove l’innovazione, sia tecnologica che economico sociale, incontra la diplomazia ambientale, dove le imprese si confrontano con la collettività e le istituzioni, in una logica di scambio di valore continuo, figlio non di un compromesso tra opposte esigenze, ma di una sintesi tra diverse necessità’. Difatti, ‘è ferma convinzione di ONTM, e ne sono una prova anche gli Stati Generali di quest’anno, che la sola capacità di individuare e implementare soluzioni tecnologiche e modelli economici innovativi nei diversi campi della tutela e valorizzazione dell’ecosistema marino e della blue economy non possa essere sufficiente per apportare un effettivo contributo alla nostra società; è necessario essere in grado anche di comunicare verso tutti gli stakeholder, riunirli attorno a un unico grande tavolo di concertazione, affinché ogni attore del comparto Mare possa rappresentare le proprie esigenze, portate la propria esperienza e promuovere un attento equilibrio tra le esigenze dell’ecosistema ambientale, del mondo economico e della collettività. Queste finalità vengono perseguite dall’Osservatorio ogni giorno, attraverso il coinvolgimento delle Istituzioni e degli Organi di Governo, delle Associazioni di Categoria direttamente o indirettamente collegate alla blue economy, degli Enti pubblici e privati di tutela ambientale, di ricerca e di innovazione, sia italiani che esteri, puntando a favorire un dialogo costante e costruttivo tra di loro che possa apportare un concreto contributo all’attuazione del Piano del Mare e a una definizione sempre più puntuale della strategia marittima nazionale. Obiettivi importanti quelli che perseguiamo, ma che cerchiamo di raggiungere con umiltà e concretezza, un passo alla volta, e che oggi ci permettono di poter contare sulle compente di oltre 30 società italiane e internazionali impegnate in attività di co-progettualità con l’Osservatorio, su legami consolidati con oltre venti realtà istituzionali, nonché, su interlocuzioni con altrettanti soggetti pubblici e privati con i quali stiamo disegnando un percorso comune che possa vedere al centro il Cluster Mare’ conclude Minerdo.

Petrolio prosegue rialzi, Brent fa capolino sopra 80 dollari

Petrolio prosegue rialzi, Brent fa capolino sopra 80 dollariRoma, 20 dic. (askanews) – I prezzi del petrolio continuano a salire e nel corso della seduta il barile di Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord ha mostrato una “incursione” sopra la soglia psicologica degli 80 dollari, con un picco a 80,60. Successivamente rintraccia in parte e in serata si attesta in rialzo di uno 0,33% a 79,49 dollari.

Le quotazioni dell’oro nero hanno imboccato risalite a partire dalla scorsa settimana, specularmente ai cali del dollaro dopo che il direttorio della Federal Reserve ha alimentatole attese di tagli dei tassi il prossimo anno. Più di recente queste spinte rialziste si sono rafforzate a seguito dei timori sul traffico merci dal canale di Suez, a causa degli attacchi a diverse imbarcazioni da parte di guerriglieri dello Yemen Houthi. In serata il West Texas Intermediate risulta a sua volta in rialzo di uno 0,15% al 74,05 dollari.

Patto stabilità, FT: ministri Ue hanno ceduto a pressioni Germania

Patto stabilità, FT: ministri Ue hanno ceduto a pressioni GermaniaRoma, 20 dic. (askanews) – Secondo il Finance Times, sull’accordo di riforma del Patto di stabilità e di crescita “i ministri delle finanze dell’Unione europea si sono piegati alle pressioni della Germania per regole più stringenti sulla riduzione del debito”.

Nell’articolo dedicato all’intesa, raggiunta oggi da un Ecofin straordinario dopo le ulteriori concessioni fatte ieri alla Germania durante una bilaterale con la Francia, il quotidiano finanziario rileva come le nuove norme prevedano maggiore indipendenza sui piani di risanamento dei Paesi “ma solo in parallelo a strette limitazioni sulla spesa pretese dai falchi del rigore”. “Sebbene gli Stati con alti livelli di indebitamento si siano visti accordare un certo margine supplementare nell’ambito di un periodo periodo di transizione, le nuove regole includono limiti complessivi più stringenti sulla spesa – dice ancora il Ft – che sono stati cruciali per convincere la Germania, che era profondamente scettica sulla proposta di riforma originale”.

Patto stabilità, accordo unanime all’Ecofin sulla riforma

Patto stabilità, accordo unanime all’Ecofin sulla riformaRoma, 20 dic. (askanews) – I ministri delle Finanze dell’Ue hanno raggiunto, durante una riunione straordinaria del Consiglio Ecofin via teleconferenza in corso questo pomeriggio, un accordo politico sulla revisione delle regole della “governance economica”, ovvero sulla riforma del Patto di stabilità. Lo afferma la presidenza di turno spagnola dell’Ue con un tweet sul suo account X (ex Twitter), definendo le nuove regole “equilibrate, realistiche, adatte alle sfide attuali e future”.

“Abbiamo un accordo politico. E’ una buona notizia per l’Europa”, ha affermato la ministra dell’Economia della Spagna Nadia Calvino, puntualizzando che l’accordo è stato unanime. Una prima reazione all’accordo viene dalla ministra delle Finanze dei Paesi Bassi, Sigrid Kaag. “Sono felice che, dopo una lunga discussione e difficili negoziati, ora abbiamo raggiunto un buon accordo sulle regole di bilancio dell’Ue. È importante – afferma Kaagche queste regole forniscano una base solida per i bilanci nazionali e che tutti le rispettino. Questo è il punto d’interesse comune di tutti gli Stati membri”.

“Per i Paesi Bassi è fondamentale che con questo accordo si proceda verso una riduzione del debito ambiziosa e sostenibile. Questo accordo prevede regole di bilancio che incoraggiano le riforme, con spazio per gli investimenti, e adattate alla situazione specifica dello Stato membro interessato. Funzionano in modo anticiclico, al fine di non interrompere la potenziale crescita economica. Inoltre, occorre anche rispettare meglio le regole, cosa che troppo spesso è stata un problema in passato”, conclude la ministra olandese.

Credem, la piu’ solida banca in Europa secondo test Srep Bce

Credem, la piu’ solida banca in Europa secondo test Srep BceRoma, 20 dic. (askanews) – Credem, uno dei principali gruppi bancari nazionali, risulta l’istituto più solido a livello europeo ed il migliore in Italia, come mostra la pubblicazione sul sito della Banca Centrale Europea dei dati relativi ai requisiti patrimoniali (SREP) delle banche vigilate direttamente dall’autorità di Francoforte. La pubblicazione di tali dati discende dalla normativa sui requisiti minimi patrimoniali che punta a rafforzare la disciplina di mercato e a garantire che gli investitori e i depositanti siano informati sulla solvibilità degli istituti di credito. Lo rende noto Credem in un comunicato.

L’esito del processo Srep è per Credem motivo di grande soddisfazione e rappresenta un importante elemento di garanzia che si rinnova con continuità, a tutela di tutti i portatori di interesse del Gruppo nel corso del tempo, dagli azionisti, ai dipendenti, ai clienti e più in generale per tutto il tessuto economico e sociale del Paese che può così vantare un’istituzione bancaria italiana ai vertici europei. Il requisito preso in considerazione è il Pillar 2 Requirement (P2R) che per il Gruppo Credem è pari all’1%, parametro al primo posto in Italia ed in Europa all’interno del panel di istituti vigilati direttamente da Francoforte che ne hanno dato diffusione (vedi dati pubblicati sul sito di BCE).

Il requisito di Pillar 2 emerge dall’analisi annuale svolta dalla BCE (SREP – Supervisory review and evaluation process) che ha così confermato la solidità del modello di business e dei presidi di gestione dei rischi di Credito Emiliano. Conseguentemente, il requisito patrimoniale complessivo (*), che indica il livello minimo di capitale da rispettare a fronte delle attività svolte dal Gruppo ed a tutela dei risparmiatori, per il 2024, ammonta a 7,60% per quanto riguarda il CET 1 ratio. I requisiti per il Tier 1 ratio e per il Tier Total sono invece rispettivamente fissati a 9,29% e 11,54%. Angelo Campani direttore generale di Credem ha commentato: “La solidità che ci caratterizza da sempre e che è stata ancora una volta riconosciuta dalla Banca Centrale Europea ai massimi livelli, rappresenta una garanzia per i nostri clienti ma anche la base imprescindibile su cui continuare a costruire il nostro percorso di sviluppo basato sulla crescita sana e sostenibile, sull’impegno e la competenza delle nostre persone, sulla continua creazione di valore nel tempo e lo sviluppo di benessere diffuso tra tutti coloro che interagiscono con il Gruppo”.

A fine settembre 2023, tutti i coefficienti patrimoniali del Gruppo sono ampiamente superiori ai requisiti. In particolare il CET1 Ratio a livello di Credemholding (perimetro di vigilanza) è pari a 14,8% con un buffer, rispetto al requisito SREP, tra i più ampi del sistema, e pari a 716 punti base. Il Gruppo Credem a fine settembre 2023 ha registrato un total business, tra prestiti e raccolta complessiva, pari a circa 130 miliardi di euro.

Il mercato tutelato dell’elettricità è stato prorogato al primo luglio

Il mercato tutelato dell’elettricità è stato prorogato al primo luglioMilano, 20 dic. (askanews) – L’Arera, in base a quanto previsto dall’ultimo decreto energia, per assicurare uno svolgimento coerente del processo del “fine tutela” per i clienti domestici non vulnerabili di elettricità, ha fissato al 1 luglio 2024 (rispetto al previsto 1 aprile) la data di attivazione del Servizio a Tutele Graduali (STG), il servizio a cui saranno assegnati i clienti domestici non vulnerabili dell’elettricità che ancora non avranno scelto il mercato libero al momento del “fine tutela”. Lo rende noto l’Authority.

Arera aveva già approvato, il giorno successivo al decreto, lo slittamento al 10 gennaio dello svolgimento delle aste per la selezione degli operatori che effettueranno il servizio. La decisione, spiega, risponde a diverse esigenze legate al decreto: assicurare ai clienti un tempo sufficiente per essere informati attraverso le campagne informative che, secondo il decreto 181/23, dovranno essere condotte dal Mase; effettuare le attività preparatorie all’operatività del STG, tra cui gli interventi attuativi delle disposizioni sul trasferimento automatico delle autorizzazioni all’addebito diretto delle bollette emesse dall’esercente il STG, da completarsi entro il 31 maggio 2024; limitare il più possibile il periodo intercorrente tra l’assegnazione e l’attivazione del STG.

Rimane invece invariata la data di conclusione del periodo di assegnazione del servizio, fissata al 31 marzo 2027, in coerenza con quanto disposto dal decreto ministeriale del 17 maggio 2023. Vengono anche adeguati i testi delle comunicazioni che dovranno essere inviate ai clienti attualmente in maggior tutela dai relativi esercenti, prevedendo che siano effettuate dopo le aste e in prossimità all’avvio del servizio a tutele graduali, cioè tra aprile e giugno 2024.

Patto stabilità, ecco l’accordo franco-tedesco, base del compromesso

Patto stabilità, ecco l’accordo franco-tedesco, base del compromessoBruxelles, 20 dic. (askanews) – Saranno le autorità italiane a decidere e comunicare la loro posizione sulla proposta di compromesso per la riforma del Patto di stabilità Ue, che verrà discussa questo pomeriggio dai ministri delle Finanze dei Ventisette durante una riunione straordinaria dell’Ecofin in videoconferenza; ma i tecnici del Tesoro e il ministro italiano dell’Economia e Finanza, Giancarlo Giorgetti, sono stati in contatto costante con il Ministero francese delle Finanze e con il ministro Brune Le Maire, anche “ieri sera dopo cena e ancora stamattina”, per essere informati sull’accordo conseguito tra Francia e Germania sui punti controversi della proposta di riforma; e da Roma c’è stata “una reazione positiva” (“un retour positif”). E’ quanto hanno affermato stamattina da Parigi fonti di Bercy (il ministero delle Finanze francese).

Le fonti hanno confermato l’accordo “al 100%” raggiunto ieri sera dal ministro francese Bruno Le Maire con il collega tedesco Christian Lindner, e precisato i dettagli sugli elementi che restavano ancora controversi della riforma. Sostanzialmente, in confronto all’ultimo testo di compromesso che era stato discusso all’Ecofin della settimana scorsa, nell’accordo franco-tedesco (che sarà probabilmente fatto proprio dalla presidenza di turno spagnola dell’Ecofin e sottoposta all’approvazione dei Ventisette) ci sono due modifiche e un conferma.

Innanzitutto, c’è la questione del cosiddetto “centro di controllo (Art.2 del Regolamento sul “braccio correttivo”): per i paesi con rapporto debito/Pil superiore alla soglia del 60%, è stata ridotta allo 0,3% del Pil annualmente (rispetto al precedente 0,5%), e allo 0,6% cumulativamente (rispetto al precedente 0,75%) la deviazione massima consentita dai percorsi di aggiustamento basati sulla limitazione della spesa primaria netta. Il secondo elemento riguarda la cosiddetta “clausola di salvaguardia della resilienza del deficit” (Art. 6ter del Regolamento sul “braccio preventivo”), per gli Stati membri con debito oltre la soglia del 60% del Pil. Quando hanno già ridotto il deficit/Pil sotto il 3%, questi paesi che devono continuare a ridurlo per costituire un “margine di manovra di bilancio”, fino a raggiungere l’1,5% (se hanno il debito oltre il 90% del Pil) o il 2% (se il debito/Pil è sotto il 90%).

Il punto controverso qui era il parametro relativo alla velocità dell’aggiustamento richiesto: nell’accordo franco-tedesco, è stato aumentato allo 0,4% lo sforzo strutturale di miglioramento annuale del bilancio primario, e allo 0,25% se si fanno investimenti e riforme, rispetto alle cifre indicate in precedenza, rispettivamente dello 0,3% e 0,2%. In cambio di queste ulteriori concessioni ai tedeschi (finalizzate anche a convincere il resto dei paesi “frugali”, Austria, Finlandia, Svezia, Olanda e Danimarca) è stata concordata una clausola di flessibilità temporanea (per gli anni 2025, 2026 e 2027), chiesta dalla Francia e appoggiata dall’Italia, sull’aumento della spesa per gli interessi sul debito, come fattore mitigante rispetto all’aggiustamento strutturale minimo annuale dello 0,5 del Pil (Art.3 del Regolamento sul “braccio correttivo”), richiesto ai paesi con un disavanzo oltre il 3% del Pil e sotto procedura per deficit eccessivo.

In sostanza, l’aumento della spesa per gli interessi sul debito, dovuta a eventuali aumenti dei tassi d’interesse o al nuovo debito contratto sui mercati per finanziare gli investimenti e le riforme, sarà preso in considerazione dalla Commissione e dovrebbe permettere di diminuire di uno o due decimi di punto (in termini di Pil) la correzione annuale richiesta. Nel complesso, il nuovo Patto di stabilità che si profila appare molto più rigoroso e “tedesco”, meno “su misura” per ogni paese e anche molto meno semplificato, di quello proposto dalla Commissione, con l’aggiunta delle nuove clausole di salvaguardia su debito (Art. 6bis del Regolamento sul “braccio preventivo”)e deficit e dei nuovi parametri di correzione minima e deviazione massima nei percorsi di aggiustamento, per i quali tuttavia resta l’elemento centrale della proposta dell’Esecutivo comunitario, l’indicatore basato sulla sostenibilità del debito e sul controllo della spesa pubblica. Per l’Italia, comunque, nel complesso c’è un indubbio vantaggio rispetto alle regole dell’attuale Patto di stabilità, che prevede in particolare la regola, mai applicata, della riduzione annuale di 1/20 dell’eccedenza del debito/Pil rispetto alla soglia del 60% (ovvero, con il debito al 140%, una diminuzione del 4% all’anno), e un “obiettivo di medio termine” che in pratica consisterebbe in un azzeramento del deficit/Pil. Ora, invece, il nuovo “obiettivo di medio termine” per il deficit viene fissato all’1,5%, e il debito dovrà ridursi solo dell’1% all’anno.