Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Industria, Istat: ad agosto produzione +0,2% su mese, -4,2% su anno

Industria, Istat: ad agosto produzione +0,2% su mese, -4,2% su annoRoma, 10 ott. (askanews) – Ad agosto l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,2% rispetto a luglio. Al netto degli effetti di calendario l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 4,2% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22, come ad agosto 2023). E’ la stima dell’Istat.

Nella media del periodo giugno-agosto il livello della produzione aumenta dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per i beni di consumo (+1,2%); diminuiscono, invece, i beni strumentali (-0,1%), i beni intermedi (-0,9%) e l’energia (-2,2%). Crescono, su base annua, solo i beni strumentali (+0,6%); diminuiscono, invece, l’energia (-4,7%), i beni di consumo (-5,7%) e in modo più marcato i beni intermedi (-6,3%).

Gli unici settori in crescita tendenziale sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+18,3%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%). I settori rimanenti sono tutti in flessione; quelle più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-22%), nell’attività estrattiva (-14%) e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,8%). “Ad agosto la produzione industriale – è il commento dell’Istat – cresce lievemente in termini congiunturali, recuperando solo in piccola parte il calo del mese precedente, grazie all’andamento positivo dei beni di consumo. Si osserva una moderata crescita anche su base trimestrale. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice complessivo è in diminuzione ad agosto, per il settimo mese consecutivo. In flessione pure gli indici relativi ai principali raggruppamenti di industrie, con l’eccezione dei beni strumentali”.

Nadef, la Corte dei Conti: “Spazi molto stretti” per gli obiettivi di rientro del debito e del Pnrr

Nadef, la Corte dei Conti: “Spazi molto stretti” per gli obiettivi di rientro del debito e del PnrrRoma, 9 ott. (askanews) – “Il quadro tendenziale descritto delinea spazi molto stretti sia per confermare e mantenere gli obiettivi di rientro, seppur graduale, del debito, sia per onorare gli impegni assunti con il PNRR”. E’ quanto segnala la Corte dei Conti nel corso dell’audizione sunna Nadef davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera.

“Esso – sottolinea la Corte – si fonda su una previsione di spesa nei principali comparti molto contenuta. Se appare, infatti, corretto l’implicito richiamo in tutte le aree dell’azione pubblica a un più attento utilizzo delle risorse, vanno considerati i rischi di ulteriore ricorso a maggiore indebitamento”. In particolare, prosegue la Corte dei Conti, “nel quadro delineato potrebbero emergere nuove occorrenze (contratti, eventuali necessità ulteriori sul fronte energetico, etc..), possibili aumenti di oneri (come, ad esempio, quote crescenti di garanzie escusse, in crescita già nel 2023), difficoltà di realizzazione di un programma di privatizzazione ambizioso e di dimensioni mai raggiunte nel recente passato. Tutti elementi che potrebbero incidere sul conseguimento degli obiettivi di riduzione del debito”.

Inoltre, “è fondamentale che la che fase di discesa del rapporto debito/Pil, intrapresa nel 2021, prosegua con continuità”, ha detto Carlino, spiegando: “Il permanere di prospettive di crescita superiori al potenziale ed un differenziale tra costo del debito ed incremento del Pil ancora ampiamente negativo sembrerebbero consigliare di sfruttare sin da ora la possibilità di stabilizzare la dinamica del debito, governandone una più sicura riduzione – ha aggiunto Carlino -. Un segnale ai partner europei e ai mercati che potrebbe rivelarsi particolarmente ‘produttivo’ in termini di credibilità oltre che di tassi, rinforzando l’effetto positivo che sicuramente deriverebbe da una decisa lotta all’evasione e da una più efficace politica di razionalizzazione della spesa preannunciate nel Documento”. La Corte dei Conti si sofferma in particolare sul capitolo privatizzazioni. Nella Nadef viene indicato “un programma di privatizzazione ambizioso e di dimensioni mai raggiunte nel recente passato” per il quale “si deve osservare come sarà necessario nei prossimi mesi offrire elementi più puntuali e circostanziati circa la nuova strategia”.

“Contrariamente al DEF viene ora annunciata la volontà di riprendere un programma di dismissioni mobiliari che sarebbe in grado di generare proventi da privatizzazioni per circa 1 punto di Pil nel triennio” rileva la Corte ricordando che “negli ultimi lustri si è assistito, non di rado, a repentini cambiamenti per quel che riguarda i proventi da privatizzazioni considerati di anno in anno nei quadri di programmazione economica e finanziaria”. “Nell’apprezzare la maggiore attenzione ora rivolta al tema della gestione attiva degli asset pubblici – prosegue la Corte – si deve osservare come sarà necessario nei prossimi mesi offrire elementi più puntuali e circostanziati circa la nuova strategia. Del resto, nella misura in cui da tale strategia sono attese risorse che vanno ad incidere nella dinamica del debito pubblico, tali informazioni avranno senz’altro il dovuto rilievo nel Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine che dovrebbe essere presentato in caso di approvazione del pacchetto di riforme della governance economica dell’UE”.

Borse nervose per Israele, analisti: rischi se conflitto si allarga

Borse nervose per Israele, analisti: rischi se conflitto si allargaMilano, 9 ott. (askanews) – Mercati europei in tensione dopo il weekend di fuoco in Israele. L’attacco di Hamas nel territorio dello stato ebraico ha innescato instabilità sui principali listini, con i guadagni concentrati sui titoli della difesa e del petrolio (trainati dal greggio che guadagna il 4%). “Crediamo che la volatilità rimarrà molto elevata nei prossimi giorni e che l’impatto sui mercati sarà sempre più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati”, sottolinea Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.

“L’attacco – ha aggiunto Diodovich – ha mosso notevolmente i mercati finanziari sulla scia dei timori degli investitori su una possibile escalation degli scontri in Medio Oriente con il possibile coinvolgimento di più Stati (Libano e Iran in primis)”. Per Benjamin Melman, Global CIO Asset Management di Edmond de Rothschild AM “il rischio principale è il peggioramento della situazione nella regione. Non solo l’Iran è un grande produttore di petrolio, ma potrebbe nuovamente bloccare lo Stretto di Hormuz e distruggere i campi petroliferi vicini”.

Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (UBP), sostiene che “il rischio che la più grande incursione in Israele dal 1973 si trasformi da evento localizzato a conflitto prolungato e che coinvolga un numero maggiore di Paesi dovrebbe essere tra le principali preoccupazioni degli investitori”. Con l’allargamento del conflitto, spiega, “una risposta globale che riduca l’offerta petrolifera iraniana, senza che l’Arabia Saudita compensi con un aumento della produzione, creerebbe un nuovo shock dell’offerta per i mercati energetici globali”. Per quanto riguarda i titoli azionari, Ig Italia segnala “i forti acquisti sul settore della difesa”, con Leonardo che a Piazza Affari avanza del 4%, mentre il Ftse Mib è in calo dello 0,7%, e Rheinmetall (+4,7%), Thales (+3,52%) e Bae Systems (+2,85%) che brillano nel resto d’Europa “sulla scia – nota Diodovich – di una potenziale aumento della domanda di armamenti”. Bene anche l’oil con Tenaris (+3%), Eni (+2,43%) e Saipem (+1,97%) tra i migliori a Milano.

Nelle prossime settimane, aggiunge Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, sono da “tenere sotto attenta osservazione” tre “indicatori chiave” come il petrolio, il dollaro Usa, che si rafforza oggi sull’euro, e l’oro, +0,7% oltre i 1.800 dollari l’oncia. “Il dollaro Usa – chiosa Flax – complici la stretta monetaria della Fed e la resilienza dell’economia statunitense, quest’anno è già salito del 2,1%. Se chiudesse al rialzo per il terzo anno consecutivo, il biglietto verde metterebbe a segno la più lunga serie di aumenti dal 2016, con conseguenti pressioni sui Paesi importatori di energia, in particolare gli emergenti come India e Cina”.

Usb: adesioni altissime allo sciopero di 24 ore del trasporto pubblico locale

Usb: adesioni altissime allo sciopero di 24 ore del trasporto pubblico localeRoma, 9 ott. (askanews) – Dai lavoratori del trasporto pubblico locale arriva la “migliore risposta a Salvini”, in quanto le adesioni allo sciopero di 24 ore proclamato dall’Usb sono “altissime”. Lo riferisce una nota del sindacato di base, snocciolando i primi dati sulle adesioni alla protesta.

La mobilitazione è stata indetta con le parole d’ordine “salario, sicurezza, dignità”, contro le “privatizzazioni selvagge” che “alimentano sfruttamento e precarietà con appalti, subappalti e subaffidamenti, contro i pesanti carichi di lavoro, contro le pesanti penalizzazioni salariali derivate dagli ultimi rinnovi contrattuali farsa, contro la mancanza di sicurezza sia per i lavoratori che per l’utenza”. Lo sciopero si è riversato anche sulle piazze di Roma, Mestre, Venezia, Bologna, Napoli, Perugia, Modena, Torino, Vicenza e Bari: “Gli autoferrotranvieri hanno manifestato contro le normative che limitano l’esercizio del diritto di sciopero e l’arroganza del ministro Matteo Salvini che ha impedito in modo illegittimo lo sciopero dello scorso 29 settembre”. La protesta ha raccolto la solidarietà dalle organizzazioni sindacali di altri Paesi europei: Fectrans dal Portogallo, Cgt dalla Francia e Rmt dal Regno Unito. Di seguito alcune delle adesioni registrate nella mattinata (bacini di utenza di Cosenza, Brescia, Genova e Trentino Alto Adige sono esclusi dallo sciopero).

Roma: trasporto gomma 80%, Roma Lido ferma, Metro A-B-C rallentate. Torino: oltre 80%. Perugia e Terni: circa 80%. Bari: 100% nelle Ferrovie Appulo Lucane. Regione Campania: Anm oltre il 70%, Air 50%, Eav ferme linee flegree e Circumvesuviana a singhiozzo, Atc oltre il 50%; Trieste: 60%; Gorizia Monfalcone e Grado: servizio urbano 60%, extraurbano 80%; Milano e provincia Nord-Ovest: 40%; Bologna: 90%; Modena: 80%; Cesena: 60%; Forlì: oltre il 60%; Toscana: Autolinee Toscane 75%; Ancona: 60%; Pesaro Urbino: 40%; Fermo: 50%; Abruzzo e Molise: 45%.

La Commissione europea ha versato la terza rata del Pnrr di 18,5 miliardi

La Commissione europea ha versato la terza rata del Pnrr di 18,5 miliardiRoma, 9 ott. (askanews) – “La Commissione europea ha versato oggi la terza rata del PNRR per un ammontare di 18,5 miliardi di euro”. Lo annuncia il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto in una nota.

“Il pagamento della terza rata fa seguito alla valutazione positiva della Commissione sul raggiungimento dei 54 obiettivi e traguardi previsti dal Piano, valutazione poi confermata dagli Stati membri UE nel Comitato Economico e Finanziario e nel successivo Comitato RRF” prosegue il Ministro. “Il pagamento della terza rata è la prova dei grandi progressi fatti nell’attuazione del PNRR. Con tale pagamento, l’Italia ha ricevuto 85,4 miliardi di euro, corrispondenti a più del 44% del totale del PNRR” prosegue Fitto. “Il pagamento odierno – aggiunge ancora il Ministro – è inoltre il frutto di una stretta e fruttuosa collaborazione con la Commissione europea e il risultato di un lavoro molto impegnativo per raggiungere obiettivi molto complessi relativi a riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’amministrazione pubblica e fiscale, nonché dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema sanitario. Il pagamento riguarda anche investimenti volti a promuovere la transizione digitale e verde e a sostenere la ricerca, l’innovazione e l’istruzione”.

“Il lavoro sul PNRR ora continua senza sosta per ottenere la valutazione positiva sulla richiesta di pagamento della quarta rata e sulla revisione del Piano, incluso il nuovo capitolo REPowerEU” conclude Fitto.

Carburanti, Mimit: prezzi in calo ma allarma impennata Brent

Carburanti, Mimit: prezzi in calo ma allarma impennata BrentRoma, 9 ott. (askanews) – “Il prezzo della benzina è sceso oggi a 1,945 euro, rafforzando una discesa continuativa del costo del carburante che, nelle ultime due settimane, ha visto una contrazione pari a 5,3 centesimi. Stesso trend per il gasolio che oggi registra un prezzo di 1,914 euro, con un decremento negli ultimi 14 giorni di 2,3 centesimi. Tale tendenza dei prezzi al ribasso potrà purtroppo subire delle conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall’attacco di Hamas a Israele e da quanto potrà conseguirne, come si evidenzia anche dall’impennata del prezzo del Brent nella giornata di oggi, cresciuto a più di 87 dollari. Continua quindi a essere alta l’allerta del Mimit su questo fronte, attraverso le strutture di monitoraggio preposte”. Così una nota del Mimit sull’andamento dei prezzi dei carburanti.

Fmi-Banca Mondiale, da oggi le riunioni annuali a Marrakech

Fmi-Banca Mondiale, da oggi le riunioni annuali a MarrakechMarrakech, 9 ott. (askanews) – Da oggi Marrakech, in Marocco, la cui regione un mese fa è stata colpita da un devastante terremoto che ha provocato 3 mila vittime, ospita le riunioni annuali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che per quattro anni non si sono tenute al di fuori di Washington a causa della pandemia di Covid-19. Per l’edizione 2023, questo vertice economico, uno dei più grandi a livello internazionale, riunirà 14.000 partecipanti provenienti da tutto il mondo.

Per sette giorni, dal 9 al 15 ottobre, gli attori dello sviluppo, tra cui banchieri centrali, ministri delle finanze (l’Italia sarà rappresentata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco) investitori, accademici e rappresentanti delle organizzazioni della società civile, esamineranno le questioni contemporanee in un momento in cui i conflitti armati (Ucraina, Sudan, e nelle ultime ore Israele, il clima (lo scioglimento dei ghiacci polari nell’Artico, le spettacolari inondazioni in Libia nel settembre 2023) stanno rallentando l’economia globale. Il peso di questi eventi sta impattando sulla crescita globale anche con rilevanti pressioni inflazionistiche in tutto il mondo.

I temi più caldi che verranno affrontati sotto l’egida delle discussioni coordinate da Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo monetario internazionale e Ajay Banga, presidente del gruppo della Banca mondiale sono almeno quattro. Il primo riguarda la costruzione della resilienza economica: in un contesto di indebolimento dell’economia globale e di elevata incertezza, i politici devono costruire un futuro più resiliente rafforzando le reti di sicurezza sociale per proteggere i più vulnerabili, migliorando la governance e la responsabilità, rafforzando i quadri politici e affrontando il cambiamento climatico. Le preoccupazioni sulla sicurezza alimentare e il rischio di future pandemie si aggiungono all’urgenza di maggiori sforzi e collaborazione per costruire economie resilienti.

Il secondo tema riguarda le riforme necessarie. L’impatto delle recenti crisi sulla situazione economica dei paesi ha aumentato la necessità di riforme strutturali per sostenere la crescita e garantire una trasformazione che promuova l’inclusione e la diversificazione, affronti la sfida esistenziale del cambiamento climatico e sostenga la digitalizzazione. Terza, non certo in ordine di importanza, la necessità di rafforzare la cooperazione globale. Il mondo si trova ad affrontare il rischio di una frammentazione geoeconomica determinata dalle politiche, che potrebbe mettere a repentaglio i guadagni economici ottenuti nelle ultime generazioni. Per mitigare questo rischio sono necessari sforzi concertati per promuovere aree di interesse comune, come la lotta al cambiamento climatico, l’insicurezza alimentare e una maggiore preparazione alle pandemie. L’FMI può svolgere un ruolo importante nell’aiutare i paesi membri ad adattarsi alle sfide emergenti e ad aumentare la collaborazione. Le riunioni annuali del 2023 offriranno l’opportunità di rinvigorire la cooperazione globale.

Infine l’Africa. Il Fmi e la Banca Mondiale hanno tenuto l’ultimo incontro nel continente nel 1973, quando il Kenya ospitò l’evento e alcune nazioni erano ancora sotto il dominio coloniale. Mezzo secolo dopo, il continente si trova ad affrontare una serie di sfide che vanno dai conflitti a una serie di colpi di stato militari, dalla povertà incessante ai disastri naturali. “Un’economia mondiale prospera nel 21° secolo richiede un’Africa prospera”, ha affermato la direttrice generale del FMI Kristalina Georgieva in un discorso ad Abidjan pronunciato la scorsa settimana. Con una mossa simbolica, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale sono pronti a dare all’Africa un terzo seggio nei loro consigli esecutivi, che secondo Georgieva darebbe al continente una “voce più forte”. Ma le questioni più spinose riguardano il denaro. I principali Paesi contributori di Fmi e Banca non sono favorevoli ad un aumento di capitale perché li costringerebbe a stanziare più fondi e darebbe maggiore influenza a potenze emergenti come Cina e India. La Banca Mondiale, tuttavia, dovrebbe confermare i piani per aumentare i prestiti di 50 miliardi di dollari nel prossimo decennio attraverso modifiche al bilancio. Il presidente della Banca Mondiale Ajay Banga vuole andare ancora oltre e aumentare la capacità di 100 miliardi di dollari o fino a 125 miliardi di dollari attraverso i contributi delle economie avanzate. Ma difficilmente la questione verrà risolta a Marrakech. Ma il vertice di Marrakech vede in prima linea anche le organizzazioni non governative che intendono organizzare una manifestazione per sollecitare le istituzioni con sede a Washington a compiere passi coraggiosi contro il cambiamento climatico e il debito. Le soluzioni guidate dall’austerità offerte dal Fmi e dalla Banca Mondiale – è la loro tesi – non fanno altro che ampliare il divario tra ricchi e poveri nei paesi in via di sviluppo. Gli attivisti sostengono che i finanziatori globali dovrebbero concentrarsi invece sulla cancellazione dei debiti delle nazioni più povere e sull’imposizione di tasse sui ricchi. Oxfam, una delle organizzazioni non governative più conosciute sostiene che il 57% dei paesi più poveri del mondo dovrà tagliare la spesa pubblica per un totale di 229 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.

Lavoro, 472mila assunzioni previste dalle imprese a ottobre (-1,2%)

Lavoro, 472mila assunzioni previste dalle imprese a ottobre (-1,2%)Roma, 9 ott. (askanews) – Sono circa 472mila gli ingressi programmati dalle imprese per il mese di ottobre e 1,2 milioni quelli per il trimestre ottobre-dicembre, con una leggera flessione rispetto all’anno precedente del 1,2% nel mese e del 1,4% nel trimestre, a conferma del rallentamento che sta interessando l’economia globale ed europea. La difficoltà di reperimento del personale segnalata dalle imprese, ormai con carattere strutturale, riguarda il 51,0% delle assunzioni programmate. A delineare questo scenario è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.

L’industria programma a ottobre circa 150mila assunzioni (+1,7% rispetto allo scorso anno) e 365mila per il trimestre ottobre-dicembre (-1,4% sull’anno). L’incremento è dovuto all’attuale domanda nel settore delle costruzioni con 56mila nuovi contratti programmati nel mese e 132mila nel trimestre (+6,3% e +1,1% rispetto allo stesso periodo del 2022). I settori manifatturieri mostrano, invece, una leggera flessione nel mese (-0,9% rispetto allo scorso anno) che appare destinata ad accentuarsi nel trimestre (-2,8% rispetto a un anno fa). Più marcato il rallentamento dei servizi che programmano complessivamente 322mila assunzioni nel mese (-2,5% rispetto a ottobre 2022) e 839mila nel trimestre (-1,3% rispetto al trimestre 2022). In flessione soprattutto le previsioni di istruzione e sanità tra i servizi alle persone (-12,5% rispetto ad ottobre 2022 e -11,9% nel trimestre ottobre – dicembre). Le imprese del commercio segnalano, invece, una domanda in crescita con 66mila assunzioni ad ottobre (+1,8% rispetto a 12 mesi fa) e 177mila assunzioni nel trimestre ottobre-dicembre (+1,5% rispetto allo stesso periodo del 2022). Nel mese, la flessione si registra in tutte le fasce dimensionali, con maggiore intensità nelle micro e nelle medie imprese (rispettivamente -1,6% e -2,6%), fanno eccezione quelle con oltre 250 dip. (+1,1%). I contratti a tempo determinato si confermano la forma maggiormente proposta per l’ingresso in azienda con circa 255mila unità, pari al 54,0% del totale, seguono i contratti a tempo indeterminato (99mila unità, 21,0%), quelli in somministrazione (51mila, 10,7%), gli altri contratti non alle dipendenze (21mila, 4,4%), i contratti di apprendistato (25mila; 5,4%), gli altri contratti alle dipendenze (13mila; 2,9%) e i contratti di collaborazione (7mila; 1,6%). La difficoltà di reperimento, che complessivamente riguarda il 51,0% delle ricerche di personale, raggiunge il picco del 66,3% per gli operai specializzati e del 53% per le professioni tecniche e per quelle qualificate nelle attività commerciali. Il Borsino delle professioni di Excelsior evidenzia tra le figure di più difficile reperimento, in particolare, gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (circa il 76% è di difficile reperimento), i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (71,8%), gli addetti nelle attività di ristorazione (64,6%), i tecnici in campo ingegneristico (64,1%). In aumento anche la domanda di lavoratori immigrati con 99mila ingressi programmati nel mese (+11mila rispetto allo stesso periodo del 2022), pari al 21,0% del totale contratti. A livello territoriale sono le imprese della ripartizione Sud e Isole (con 119mila assunzioni ad ottobre) a registrare dati negativi rispetto ad un anno fa (-8mila), mentre si presentano ancora positive le previsioni nel mese per Nord ovest (147mila), Nord est (108mila) e Centro (98mila).

Bce: redditività banche Ue tocca record da avvio vigilanza comune

Bce: redditività banche Ue tocca record da avvio vigilanza comuneRoma, 9 ott. (askanews) – L’indice aggregato sulla redditività delle maggiori banche in Europa ha segnato un nuovo massimo storico, balzando al 10,04% nel secondo trimestre a fronte del 7,59% registrato dal ritorno sul capitale nello stesso periodo del 2022. Il dato, riportato dalla vigilanza bancaria della Bce nell’ultima rilevazione trimestrale, è il più elevato da quando l’istituzione è nata e ha avviato questo monitoraggio, a inizio 2016.

Secondo la vigilanza della Bce questo forte aumento deriva da una crescita del reddito operativo collegato all’aumento delle entrate dei tassi di interesse (salite del 24% su base annua) e da un calo di svalutazioni e accantonamenti. Sempre nel secondo trimestre i margini netti sui tassi di interesse sono saliti all’1,53%, a fronte dell’1,23% che si registrava un anno prima. La vigilanza Bce riporta il persistere di marcate differenze tra paesi su questa voce.

Bce: banche Ue rafforzano capitale e balza redditività II trim

Bce: banche Ue rafforzano capitale e balza redditività II trimRoma, 9 ott. (askanews) – Nonostante l’indebolimento dell’economia, le maggiori banche europee continuano a rafforzare i livelli patrimoniali mentre la redditività ha segnato un vero e proprio balzo, nel frattempo i crediti deteriorati non mostrano aumenti di rilievo e anzi la quota di prestiti a rischio ha perfino segnato una limatura. E’ la fotografia scattata dall’ultima rilevazione trimestrale sugli aggregati di bilancio delle banche Ue “significative” pubblicata dalla vigilanza bancaria della Bce.

L’indice aggregato sul livello di patrimonializzazione (Cet1 o Common equity Tier 1) è salito al 15,72% nel secondo trimestre di quest’anno, per le banche che ricadono sotto la vigilanza comune, a fronte del 15,53% del trimestre precedente del 14,96% dello stesso periodo di un anno prima. L’indice aggregato sul ritorno sul capitale è balzato al 10,04%, sempre nel secondo trimestre, a fronte del 7,59% di un anno prima, riporta la Bce.

Nel frattempo secondo l’ultima rilevazione l’indice aggregato dei crediti deteriorati (Non performing loans) è rimasto quasi stabile al 2,26%, a fronte del 2,24% del trimestre precedente. Peraltro la Bce riporta che la quota di prestiti che mostrano un aumento significativo del rischio di credito (i prestiti a stadio 2) sono calati al 9,19%, a fronte del 9,31% del trimestre precedente.