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Risparmio, Isp-C. Einaudi: 95% famiglie finanziariamente indipendenti

Risparmio, Isp-C. Einaudi: 95% famiglie finanziariamente indipendentiRoma, 15 dic. (askanews) – Il 95 per cento delle famiglie italiane dichiara di essere finanziariamente indipendente,in aumento rispetto al 93 per cento dell’Indagine 2022, a conferma che (malgrado le difficoltà dello scenario) l’autonomia reddituale resiste. La quota delle famiglie che riescono a risparmiare si porta sui valori massimi del pre-pandemia (54,7 per cento vs. 53,5 per cento nel 2022). Sale anche la percentuale media di reddito risparmiata (12,6 per cento, dall’11,5 per cento del 2022). Tra la maggioranza dei risparmiatori continua a manifestarsi confusione sul concetto d’inflazione, e sulle scelte d’investimento più adatte al manifestarsi di tale fenomeno.

E’ quanto emerge dall’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2023 presentata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi. La ricerca analizza l’impatto dell’inflazione subita e attesa sui comportamenti dei risparmiatori e i suoi effetti su redditi, consumi, liquidità, obiettivi, scelte concrete di investimento e di indebitamento. Verifica, inoltre, l’adeguatezza dei comportamenti degli investitori dal punto di vista della protezione del reddito e del patrimonio, mettendo in rilievo l’importanza dell’educazione finanziaria. Alla presentazione hanno preso parte Gregorio De Felice (Chief Economist della Banca), Beppe Facchetti e Giuseppe Russo (rispettivamente, Presidente e Direttore del Centro Einaudi) e Umberto Filotto (Docente di Economia presso l’Università di Tor Vergata; Presidente e Coordinatore del Comitato Scientifico della FEduF). Secondo il rapporto – si legge in una sintesi -tra le motivazioni del risparmio, risaltano la casa (30 per cento) e i figli (16 per cento); solo il 5 per cento degli intervistati dichiara di aver accantonato risorse per far fronte all’aumento dei prezzi. Per un terzo del campione, il risparmio è genericamente precauzionale, cioè senza un’intenzione precisa.

Tra gli investimenti finanziari salgono le obbligazioni, che raggiungono il 28 per cento dei portafogli di chi le detiene e assorbono in parte la flessione del risparmio gestito. La Borsa resta un «terreno da dissodare»: vi ha operato negli ultimi 12 mesi solo il 4,2 per cento del campione. Nell’ambito degli investimenti alternativi, dominano l’oro (che interessa il 23 per cento degli intervistati) e i fondi etici ESG (13 per cento). Malgrado una crescente sensibilità ai rischi, l’86 per cento degli intervistati dichiara di non aver sottoscritto un’assicurazione per coprire le spese mediche; il 68 per cento non ha un’assicurazione vita.

Solo il 38 per cento del campione è in grado di dare una definizione corretta dell’inflazione: oltre un quarto la confonde con il livello dei prezzi; qualcuno con il deprezzamento della valuta; altri con lo scostamento dal target della Banca Centrale Europea. A conferma di questa difficoltà di orientamento, oltre un terzo circa degli intervistati indica la detenzione di liquidità e obbligazioni a tasso fisso tra i comportamenti più idonei da tenere nel caso di inflazione. Il 30 per cento cita invece il «mattone»; poco più del 10 per cento l’oro e i «beni rifugio». A fronte del ritorno dell’inflazione, le famiglie italiane hanno avuto il buon senso di non vendere tutto per panico e di continuare a risparmiare. Emerge tuttavia chiara dall’Indagine l’esigenza di maggiore competenza e alfabetizzazione finanziaria, sia per i giovani che per gli adulti, per poter affrontare con consapevolezza il nuovo contesto. “Ci sono le condizioni – ha detto Gregorio De Felice , Chief Economist di Intesa Sanpaolo, a Milano, alla presentazione dell’indagine di Intesa e Centro Einaudi – per un aumento dei salari, che costituirebbe un volano importante per sostenere i consumi delle famiglie, il cui potere d’acquisto è compromesso dalla crescita dei prezzi, e per trattenere in Italia le risorse più qualificate. Occorre trovare il giusto mix tra CCNL e politiche salariali a livello d’impresa, per tenere conto della elevata eterogeneità che vi è oggi nelle performance delle imprese in termini di produttività e in generale di competitività”.

Antitrust, sanzione di oltre 1 mln a società Chiara Ferragni

Antitrust, sanzione di oltre 1 mln a società Chiara FerragniRoma, 15 dic. (askanews) – Sanzione di oltre 1 milione alle società riconducibili a Chiara Ferragni e di 420 mila euro a Balocco per pratica commerciale scorretta, da parte dell’Antitrust.

Secondo l’Autorità le società “hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro “griffato” Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro”. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato le società Fenice e Tbs Crew, che gestiscono i marchi e i diritti relativi alla personalità e all’identità personale della signora Chiara Ferragni, rispettivamente per 400mila euro e per 675 mila euro, e Balocco Industria Dolciaria per 420 mila euro. L’Autorità contesta alle tre società di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il “Pandoro Pink Christmas”, “griffato” Chiara Ferragni, lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.

Le società Fenice e Tbs Crew hanno incassato la somma di oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della signora Ferragni e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino.

Eurozona, indice Pmi a dicembre attività accelera discesa

Eurozona, indice Pmi a dicembre attività accelera discesaRoma, 15 dic. (askanews) – I dati provvisori dell’indagine PMI® di dicembre indicano una contrazione più rapida dell’attività economica nell’eurozona, concludendo un quarto trimestre in cui la produzione è crollata al tasso più rapido in 11 anni, escludendo i primi mesi di pandemia del 2020. Ancora una volta – informa una nota di S&P che elabora l’indice – il calo si è osservato sia nel terziario che manifatturiero, con entrambi i settori che hanno riportato una contrazione maggiore dei nuovi ordini, causando un’ulteriore riduzione del lavoro inevaso.

Per il secondo mese consecutivo, il livello occupazionale è diminuito poiché le aziende hanno riallineato la capacità operativa alla minore richiesta di nuovi ordini e alle previsioni negative sul prossimo anno, con un ottimismo che, anche se in leggero aumento, si è posizionato nettamente al di sotto della media di lungo termine. Le aziende manifatturiere hanno inoltre tagliato le giacenze di materie prime e semilavorati ad un tasso mai osservato dal 2009. Sono stati segnalati contrastanti segnali relativi all’inflazione, quella relativa ai costi di acquisto è diminuita mentre l’inflazione dei prezzi di vendita è aumentata, e quest’ultima in particolare è rimasta elevata rispetto alla media storica. Produzione e domanda

Calcolato sull’85% circa delle usuali risposte raccolte mensilmente dall’indagine prodotta dalla S&P Global, l’Indice HCOB PMI Flash della Produzione Composita dell’eurozona destagionalizzato di dicembre ha registrato 47.0, diminuendo rispetto a 47.6 di novembre e segnalando il settimo mese consecutivo di contrazione dell’attività economica dell’eurozona. Se escludiamo i primi mesi di chiusure pandemiche, questo debole valore conclude il trimestre segnando la peggiore contrazione media trimestrale dell’attività registrata dell’indagine dall’ultimo trimestre del 2012. A guidare la contrazione continua ad essere il manifatturiero, accompagnato dal forte calo dell’attività terziaria. La produzione manifatturiera ha indicato il nono mese consecutivo di calo, e ad un tasso accelerato dopo il rallentamento avutosi a novembre, ma meno elevato del record in quattro mesi di ottobre. L’attività terziaria è nel frattempo diminuita per il quinto mese consecutivo, anch’essa ad un tasso più rapido fino a segnare il calo peggiore dalle restrizioni pandemiche di inizio 2021.

Ancora una volta, la contrazione complessiva dell’attività economica rispecchia il deterioramento del flusso dei nuovi ordini, ridottosi per il settimo mese consecutivo e ad un tasso invariato rispetto al forte calo di novembre (ma di minore portata del picco in tre mesi di ottobre). È il ventesimo mese consecutivo che i nuovi ordini del manifatturiero indicano una contrazione, e ad un tasso che resta elevato rispetto alla media storica, anche se rallentato per il secondo mese consecutivo. Il tasso di riduzione degli ordini acquisiti dal terziario resta tra i più alti degli ultimi tre anni, indicando il sesto mese di calo ininterrotto. Il lavoro inevaso è di conseguenza diminuito fortemente, riducendosi per la diciassettesima volta su 18 mesi, e peggiorando il ritmo di declino rispetto a novembre. Nel manifatturiero, continua la forte diminuzione degli ordini non ancora completati, ma a dicembre assistiamo anche al sesto mese consecutivo di calo delle commesse inevase terziarie, il più rapido da febbraio 2021.

Tendenze nazionali La contrazione è stata guidata dalla Francia, dove le aziende hanno riportato la peggiore riduzione dell’attività da marzo 2013 (escludendo il periodo pandemico) a causa di tassi di declino accelerati sia per il manifatturiero che per il terziario. Tuttavia, anche in Germania la produzione è diminuita a tasso elevato e accelerato, visti i cali netti del settore dei beni e dei servizi. Il resto dell’eurozona ha invece riportato riduzioni più attenuate rispetto a Francia e Germania, indicando il quinto mese consecutivo di contrazione dei livelli di produzione, dovuto al forte calo dei livelli produttivi manifatturieri che continua a controbilanciare una crescita solo limitatamente modesta dell’attività terziaria. Commentando i dati PMI flash, Cyrus de la Rubia, Chief Economist presso Hamburg Commercial Bank, ha dichiarato: “I dati raccolti presentano ancora una volta un quadro sconfortante, con l’economia dell’eurozona che non mostra alcun segnale evidente di ripresa, registrando invece la sesta contrazione consecutiva su base mensile. La possibilità che l’eurozona sia entrata in recessione dal terzo trimestre rimane quindi parecchio elevata.

Il caso del Pandoro Balocco, oltre un milione di multa alle società di Chiara Ferragni: pratica commerciale scorretta

Il caso del Pandoro Balocco, oltre un milione di multa alle società di Chiara Ferragni: pratica commerciale scorrettaRoma, 15 dic. (askanews) – Sanzione di oltre 1 milione alle società riconducibili a Chiara Ferragni e di 420 mila euro a Balocco per pratica commerciale scorretta, da parte dell’Antitrust.

Secondo l’Autorità le società “hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro “griffato” Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro”. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato le società Fenice e Tbs Crew, che gestiscono i marchi e i diritti relativi alla personalità e all’identità personale della signora Chiara Ferragni, rispettivamente per 400mila euro e per 675 mila euro, e Balocco Industria Dolciaria per 420 mila euro. L’Autorità contesta alle tre società di aver attuato una pratica commerciale scorretta per aver pubblicizzato il “Pandoro Pink Christmas”, “griffato” Chiara Ferragni, lasciando intendere ai consumatori che, comprandolo, avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino per acquistare un nuovo macchinario per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.

Le società Fenice e Tbs Crew hanno incassato la somma di oltre 1 milione di euro a titolo di corrispettivo per la licenza dei marchi della signora Ferragni e per la realizzazione dei contenuti pubblicitari senza versare nulla all’ospedale Regina Margherita di Torino.

Banche, Abi: a novembre nuovi aumenti tassi prestiti e calo volumi

Banche, Abi: a novembre nuovi aumenti tassi prestiti e calo volumiRoma, 15 dic. (askanews) – Continuano a aumentare i tassi di interesse sui prestiti bancari in Italia, sulla scia della manovra di aumenti portata avanti dalla Bce nei mesi passati, mentre parallelamente prosegue anche la contrazione dei volumi di credito erogati. Secondo l’ultimo Rapporto mensile dell’Abi, a a novembre 2023 il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni, i mutui è salito al 4,48%, mentre ad ottobre era stato del 4,35%.

Su questi sviluppi, dall’Associazione bancaria segnalano tuttavia che si vedono dei primi segnali di inversione, con i tassi sui nuovi mutui a tasso variabile che hanno mostrato una limatura al 4,70%, dal 4,87% del mese precedente. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è salito del 5,55%, ad ottobre era stato del 5,46%. Il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 4,75%, ad ottobre, dice ancora il rapporto, era 4,71%.

Secondo l’Abi, il calo dei volumi di credito è coerente con il rallentamento della crescita economica che contribuisce a deprimere la domanda di prestiti: a novembre 2023, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 3,4% rispetto a un anno prima, mentre ad ottobre 2023 avevano registrato un calo del 3,3%, quando i prestiti alle imprese erano diminuiti del 5,5% e quelli alle famiglie dell’1,1%.

Inps, per assegno unico erogati 14,9 mld in 10 mesi a 6,4 mln famiglie

Inps, per assegno unico erogati 14,9 mld in 10 mesi a 6,4 mln famiglieRoma, 15 dic. (askanews) – Per i primi dieci mesi di competenza dell’anno 2023 sono stati erogati alle famiglie assegni per 14,9 miliardi di euro, che si aggiungono ai 13,2 miliardi di erogazioni di competenza del 2022. E’ quanto emerge dall’aggiornamento dell’Osservatorio Statistico sull’assegno unico universale.

Sono 6.363.270 i nuclei familiari che hanno ricevuto l’assegno per i primi dieci mesi del 2023, per un totale di 9.913.476 figli. Con riferimento al mese di ottobre 2023, l’importo medio per figlio, comprensivo delle maggiorazioni applicabili, va da circa 54 euro per chi non presenta Isee o supera la soglia massima (che per il 2023 è pari a 43.240 euro), a 214 euro per la classe di Isee minima (16.215 euro per il 2023).

L’importo base dell’assegno per ciascun figlio minore, in assenza di maggiorazioni, nel 2023 va da un minimo di 54,10 euro in assenza di Isee o con Isee pari o superiore a 43.240 euro, ad un massimo di 189,20 euro per Isee fino a 16.215 euro.

Inflazione, Istat lima stime: a novembre a +0,7%,carrello spesa a +5,4%

Inflazione, Istat lima stime: a novembre a +0,7%,carrello spesa a +5,4%Roma, 15 dic. (askanews) – A novembre l’inflazione registra una diminuzione dello 0,5% su base mensile e un aumento di 0,7% su base annua, da +1,7% nel mese precedente. Lo ha reso noto l’Istat ricordando che la stima preliminare era +0,8%.

L’inflazione torna così a livelli prossimi a quelli del febbraio 2021 (+0,6%). L’ulteriore calo del tasso di inflazione “risente ancora del favorevole andamento dei prezzi dei Beni energetici, che a novembre evidenziano una netta flessione sul piano congiunturale”. Un contributo al rallentamento dell’inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e alla nuova decelerazione dei prezzi degli Alimentari (+5,8%), in particolare della componente lavorata, che esercita un freno alla crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+5,4%). Infine, l’inflazione di fondo si attesta a novembre al +3,6% (da +4,2%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +5,1% per la componente di fondo.

Tpl, sciopero a Roma e Lazio: a rischio bus e metro

Tpl, sciopero a Roma e Lazio: a rischio bus e metroRoma, 15 dic. (askanews) – Ancora disagi oggi a Roma e nel Lazio nel settore dei trasporti locali, per un nuovo sciopero di 4 ore. I sindacati Sgb, Cub, Cobas, Adl, Sgb, Usb Lavoro privato e Orsa hanno confermato lo sciopero, indetto per 24 ore ma poi ridotto a 4.

Lo sciopero sarà sull’intera rete Atac e Roma Tpl sul territorio di Roma Capitale e città metropolitana. Previsti, quindi, disagi in particolare su autobus e metro. Atac informa che l’astensione dal lavoro sarà effettuata dalle ore 9 alle ore 13. Lo sciopero riguarda l’intera rete Atac e l’intera rete RomaTpl nel territorio di Roma Capitale e nei comuni della città metropolitana serviti. Sulla rete Atac lo sciopero riguarda anche i collegamenti eseguiti da altri operatori in regime di subaffidamento.

C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettrico

C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettricoBruxelles, 14 dic. (askanews) – I negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno spagnola del Consiglio Ue e della Commissione hanno raggiunto oggi a Strasburgo un accordo sulla proposta di regolamento che riforma il mercato elettrico nell’Unione, che mira a rendere i prezzi dell’elettricità meno dipendenti dalla volatilità di quelli dei combustibili fossili, a proteggere i consumatori (soprattutto i più vulnerabili) dalle impennate dei prezzi, e ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.

La riforma, tuttavia, contiene anche una proroga di tre anni e mezzo ai sussidi alle centrali elettriche alimentate da fonti fossili più inquinanti e climalteranti, e l’estensione del sostegno pubblico per le rinnovabili anche alle centrali nucleari esistenti (e non solo ai nuovi impianti). Nelle intenzioni originarie, l’obiettivo principale della riforma doveva essere quello di “disaccoppiare” i prezzi dell’elettricità da quelli del gas, in modo che le bollette elettriche tenessero pienamente conto dei prezzi delle fonti rinnovabili e del nucleare (le fonti dette “infra-marginali”) usati nel mix energetico. Il “disaccoppiamento” era richiesto da Italia, Francia e Spagna, ma osteggiato da Germania e Olanda. Bruxelles, 14 dic. (askanews) – La proposta della Commissione, presentata il 14 marzo scorso, tenendo conto di queste diverse posizioni, non attuava il disaccoppiamento, ma mirava comunque a raggiungere l’obiettivo di ridurre la dipendenza dei prezzi dell’elettricità da quelli dei combustibili fossili, e ad incentivare la diffusione delle energie rinnovabili, ricorrendo all’uso generalizzato dei cosiddetti “contratti per differenza” (Cfd) bidirezionali.

I Cfd bidirezionali sono contratti di lungo termine tra un fornitore di energia e un ente statale, che fissano un prezzo di esercizio, o “strike price”; quando il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è inferiore allo “strike price”, lo Stato rimborsa la differenza al fornitore; quando è superiore è il fornitore che restituisce la differenza allo Stato. La Commissione proponeva di stabilizzare i mercati dell’elettricità attraverso i Cfd bidirezionali applicati ai nuovi impianti di energia rinnovabile (eolica, solare, geotermica, idroelettrica senza sbarramenti) e di energia nucleare, mentre per le altre fonti veniva prospettato il ricorso a un altro tipo di contratti a lungo termine, gli Accordi di acquisto di energia (Ppa, “Power Purchase Agreements”) con prezzo fisso pre-negoziato.

Gli Stati membri faciliteranno l’adozione di accordi Ppa, eliminando barriere ingiustificate e procedure o oneri sproporzionati o discriminatori, e promuovendoli con misure come sistemi di garanzia sostenuti dallo Stato a prezzi di mercato, garanzie private, o strutture che mettono in comune la domanda di questo tipo di contratti. L’accordo di oggi sulla riforma del mercato elettrico ha adottato l’impostazione della Commissione, ma su pressione della Francia e di un gruppo di paesi che l’hanno sostenuta ha aggiunto la possibilità di usare i Cfd bidirezionali anche agli impianti nucleari già esistenti, e non solo ai nuovi, se è prevista un’estensione del loro ciclo di vita, un aumento della loro capacità oil loro ri-potenziamento (“repowering”).

Diversi Stati membri (Germania, Austria, Lussemburgo, Belgio, Spagna e inizialmente anche l’Italia) si erano opposti a questo tentativo, che comporterebbe sostanzialmente una generalizzazione degli aiuti di Stato per le forniture di elettricità di origine nucleare (il 70% del totale a livello nazionale) a tutta l’industria francese, con un potenziale svantaggio competitivo per le imprese degli altri paesi. Alla fine, Parigi ha ottenuto quello che voleva, ma la Commissione europea dovrà comunque garantire, con una propria valutazione caso per caso, che questo non porti a distorsioni della concorrenza. Le norme per i Cfd bidirezionali si applicheranno dopo un periodo transitorio di tre anni dall’entrata in vigore del regolamento, al fine di mantenere la certezza giuridica per i contratti in corso. Un’altra modifica importante rispetto alla proposta della Commissione riguarda i “meccanismi di remunerazione della capacità”, ovvero il finanziamento pubblico concesso ad alcune centrali ad energia fossile per svolgere un ruolo di “rete di sicurezza” rispetto alla intermittenza delle energie rinnovabili. In sostanza, il sostegno alle centrali non è legato alla loro produzione di energia, ma alla loro disponibilità a immettere immediatamente energia elettrica in rete per compensare eventuali interruzioni del flusso dalle fonti rinnovabili per mancanza di sole o di vento. L’accordo di oggi, accogliendo la posizione del Consiglio Ue di metà ottobre, elimina il carattere temporaneo e “di ultima istanza”, previsto dall’attuale regolamento del mercato elettrico (in vigore dal 2020) per i meccanismi di capacità, che vengono ora definiti “strutturali”. Inoltre, accogliendo una richiesta della Polonia, viene estesa fino alla fine del 2028 la deroga, originariamente concessa solo fino al 2025, per i limiti alle emissioni di CO2 (550 grammi per kWh di elettricità prodotta) che dovranno rispettare gli impianti di energia fossile ammessi a partecipare e a ricevere i finanziamenti pubblici. Un altro punto che l’accordo di oggi ha modificato è quello relativo alla dichiarazione dello “stato di emergenza”, per mantenere l’energia a prezzi accessibili durante una crisi dei prezzi elettrici, come quella registrata nell’estate del 2022 (con rincari del prezzo medio all’ingrosso o un forte aumento dei prezzi al dettaglio). Il potere di dichiarare lo stato di crisi, che nella proposta originaria era affidato alla Commissione, verrà invece conferito al Consiglio Ue, con una “decisione di attuazione” (“implementing act”), sulla base di una proposta della Commissione. Infine, il Consiglio Ue e il Parlamento europeo hanno concordato di rafforzare le misure che potranno adottare gli Stati membri (che su questo hanno competenza nazionale) per proteggere i consumatori “vulnerabili” in situazione di “povertà energetica”, incluso il divieto di disconnessione in determinati casi di ritardo di pagamento.

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagli

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagliRoma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale europea ha nuovamente confermato i livelli dei tassi di interesse nell’area euro, che sono comunque ai massimi storici. Ma nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde ha utilizzato toni meno accomodanti sui possibili futuri tagli ai tassi, rispetto a quelli mostrati ieri dalla Federal Reserve statunitense, che a sua volta aveva mantenuto inalterati i riferimenti sul dollaro.

“Non abbiamo assolutamente discusso di tagli dei tassi”, ha detto chiaro e tondo. E incalzata dalle domande dei giornalisti sulle aspettative dei mercati di riduzione del costo del denaro nell’area euro, Lagarde ha replicato: “dovremmo abbassare la guardia? No: assolutamente no”. Non solo, quasi a rimarcare la fermezza con cui gli esponenti più intransigenti del direttorio della Bce – i “falchi” – mantengono la presa sull’impostazione monetaria, l’istituzione ha anche annunciato fin da ora che da metà 2024 intende avviare una manovra di riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati con il piano di acquisti anti crisi Covid, il Pepp. Una manovra analoga è già da tempo in corso su un altro piano di acquisti, l’App.

E questo mentre Lagarde ha più volte ribadito che le decisioni del Consiglio “dipendono dai dati” e dal loro evolversi. E che le future decisioni verranno assunte sulla base di tre parametri: le prospettive di inflazione generale, l’andamento dell’inflazione di fondo, cioè dell’indice dei prezzi depurato da energia, alimentari e altre voci volatili. E, terzo, dalla forza della trasmissione della politica monetaria. Al momento tutti e tre questi fattori mostrano attenuazioni nel senso voluto dalla Bce. E allora è poco evidente il perché annunciare, con oltre sei mesi di anticipo, un provvedimento con effetti restrittivi, seppure non in misura drastica – gli stock dell’Epp verranno limati in media per 7,5 miliardi di euro al mese da luglio – mentre si insiste sul fatto che le decisioni, presenti e future, sono vincolate ai dati.

Intanto la Bce ha consistentemente rivisto al ribasso, soprattutto sul prossimo anno, le sue previsioni di inflazione. Ora stima un caro vita al 5,4% sulla media di quest’anno, al 2,7% nel 2024, 2,1% nel 2025 e poi un ulteriore calo all’1,9% nel 2026. Lo scorso settembre indicava 5,6% quest’anno, 3,2% sul 2024 e 2,1% sul 2025. Nel frattempo ha anche tagliato le attese di crescita economica: allo 0,6% su quest’anno, 0,8% nel 2024 e 1,5% sia sul 2025 che sul 2026. Tre mesi fa la stoima era 0,7% su quest’anno, +1% sul 2024 e +1,5% sul 2025.

Con voce bassa, di cui si è scusata, spiegando che era convalescente dalla Covid, ma che aveva voluto comunque presenziare in persona alla riunione (“ma non sono contagiosa”, ha asserito) Lagarde ha puntualizzato che alla Bce “non abbiamo una recessione nel nostro scenario previsionale di base. E non puntiamo a provocare una recessione. Il nostro obiettivo – ha ribadito – è la stabilità dei prezzi”. La linea mostrata oggi ha smorzato gli entusiasmi che si erano creati sui mercati dopo il direttorio della Fed ieri. E ha innescato una ulteriore accelerazione dell’euro, che in serata si è riportato sopra la soglia psicologica di 1,10 dollari per la prima volta da fine novembre. Ora si tratterà di vedere se nei prossimi interventi di esponenti del direttorio della Bce questa intransigenza sull’ipotesi di ritocchi al ribasso dei tassi nel 2024 verrà mantenuta o se verrà smussata. (di Roberto Vozzi).