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Tpl, sciopero a Roma e Lazio: a rischio bus e metro

Tpl, sciopero a Roma e Lazio: a rischio bus e metroRoma, 15 dic. (askanews) – Ancora disagi oggi a Roma e nel Lazio nel settore dei trasporti locali, per un nuovo sciopero di 4 ore. I sindacati Sgb, Cub, Cobas, Adl, Sgb, Usb Lavoro privato e Orsa hanno confermato lo sciopero, indetto per 24 ore ma poi ridotto a 4.

Lo sciopero sarà sull’intera rete Atac e Roma Tpl sul territorio di Roma Capitale e città metropolitana. Previsti, quindi, disagi in particolare su autobus e metro. Atac informa che l’astensione dal lavoro sarà effettuata dalle ore 9 alle ore 13. Lo sciopero riguarda l’intera rete Atac e l’intera rete RomaTpl nel territorio di Roma Capitale e nei comuni della città metropolitana serviti. Sulla rete Atac lo sciopero riguarda anche i collegamenti eseguiti da altri operatori in regime di subaffidamento.

C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettrico

C’è accordo tra istituzioni Ue sulla riforma del mercato elettricoBruxelles, 14 dic. (askanews) – I negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno spagnola del Consiglio Ue e della Commissione hanno raggiunto oggi a Strasburgo un accordo sulla proposta di regolamento che riforma il mercato elettrico nell’Unione, che mira a rendere i prezzi dell’elettricità meno dipendenti dalla volatilità di quelli dei combustibili fossili, a proteggere i consumatori (soprattutto i più vulnerabili) dalle impennate dei prezzi, e ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.

La riforma, tuttavia, contiene anche una proroga di tre anni e mezzo ai sussidi alle centrali elettriche alimentate da fonti fossili più inquinanti e climalteranti, e l’estensione del sostegno pubblico per le rinnovabili anche alle centrali nucleari esistenti (e non solo ai nuovi impianti). Nelle intenzioni originarie, l’obiettivo principale della riforma doveva essere quello di “disaccoppiare” i prezzi dell’elettricità da quelli del gas, in modo che le bollette elettriche tenessero pienamente conto dei prezzi delle fonti rinnovabili e del nucleare (le fonti dette “infra-marginali”) usati nel mix energetico. Il “disaccoppiamento” era richiesto da Italia, Francia e Spagna, ma osteggiato da Germania e Olanda. Bruxelles, 14 dic. (askanews) – La proposta della Commissione, presentata il 14 marzo scorso, tenendo conto di queste diverse posizioni, non attuava il disaccoppiamento, ma mirava comunque a raggiungere l’obiettivo di ridurre la dipendenza dei prezzi dell’elettricità da quelli dei combustibili fossili, e ad incentivare la diffusione delle energie rinnovabili, ricorrendo all’uso generalizzato dei cosiddetti “contratti per differenza” (Cfd) bidirezionali.

I Cfd bidirezionali sono contratti di lungo termine tra un fornitore di energia e un ente statale, che fissano un prezzo di esercizio, o “strike price”; quando il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è inferiore allo “strike price”, lo Stato rimborsa la differenza al fornitore; quando è superiore è il fornitore che restituisce la differenza allo Stato. La Commissione proponeva di stabilizzare i mercati dell’elettricità attraverso i Cfd bidirezionali applicati ai nuovi impianti di energia rinnovabile (eolica, solare, geotermica, idroelettrica senza sbarramenti) e di energia nucleare, mentre per le altre fonti veniva prospettato il ricorso a un altro tipo di contratti a lungo termine, gli Accordi di acquisto di energia (Ppa, “Power Purchase Agreements”) con prezzo fisso pre-negoziato.

Gli Stati membri faciliteranno l’adozione di accordi Ppa, eliminando barriere ingiustificate e procedure o oneri sproporzionati o discriminatori, e promuovendoli con misure come sistemi di garanzia sostenuti dallo Stato a prezzi di mercato, garanzie private, o strutture che mettono in comune la domanda di questo tipo di contratti. L’accordo di oggi sulla riforma del mercato elettrico ha adottato l’impostazione della Commissione, ma su pressione della Francia e di un gruppo di paesi che l’hanno sostenuta ha aggiunto la possibilità di usare i Cfd bidirezionali anche agli impianti nucleari già esistenti, e non solo ai nuovi, se è prevista un’estensione del loro ciclo di vita, un aumento della loro capacità oil loro ri-potenziamento (“repowering”).

Diversi Stati membri (Germania, Austria, Lussemburgo, Belgio, Spagna e inizialmente anche l’Italia) si erano opposti a questo tentativo, che comporterebbe sostanzialmente una generalizzazione degli aiuti di Stato per le forniture di elettricità di origine nucleare (il 70% del totale a livello nazionale) a tutta l’industria francese, con un potenziale svantaggio competitivo per le imprese degli altri paesi. Alla fine, Parigi ha ottenuto quello che voleva, ma la Commissione europea dovrà comunque garantire, con una propria valutazione caso per caso, che questo non porti a distorsioni della concorrenza. Le norme per i Cfd bidirezionali si applicheranno dopo un periodo transitorio di tre anni dall’entrata in vigore del regolamento, al fine di mantenere la certezza giuridica per i contratti in corso. Un’altra modifica importante rispetto alla proposta della Commissione riguarda i “meccanismi di remunerazione della capacità”, ovvero il finanziamento pubblico concesso ad alcune centrali ad energia fossile per svolgere un ruolo di “rete di sicurezza” rispetto alla intermittenza delle energie rinnovabili. In sostanza, il sostegno alle centrali non è legato alla loro produzione di energia, ma alla loro disponibilità a immettere immediatamente energia elettrica in rete per compensare eventuali interruzioni del flusso dalle fonti rinnovabili per mancanza di sole o di vento. L’accordo di oggi, accogliendo la posizione del Consiglio Ue di metà ottobre, elimina il carattere temporaneo e “di ultima istanza”, previsto dall’attuale regolamento del mercato elettrico (in vigore dal 2020) per i meccanismi di capacità, che vengono ora definiti “strutturali”. Inoltre, accogliendo una richiesta della Polonia, viene estesa fino alla fine del 2028 la deroga, originariamente concessa solo fino al 2025, per i limiti alle emissioni di CO2 (550 grammi per kWh di elettricità prodotta) che dovranno rispettare gli impianti di energia fossile ammessi a partecipare e a ricevere i finanziamenti pubblici. Un altro punto che l’accordo di oggi ha modificato è quello relativo alla dichiarazione dello “stato di emergenza”, per mantenere l’energia a prezzi accessibili durante una crisi dei prezzi elettrici, come quella registrata nell’estate del 2022 (con rincari del prezzo medio all’ingrosso o un forte aumento dei prezzi al dettaglio). Il potere di dichiarare lo stato di crisi, che nella proposta originaria era affidato alla Commissione, verrà invece conferito al Consiglio Ue, con una “decisione di attuazione” (“implementing act”), sulla base di una proposta della Commissione. Infine, il Consiglio Ue e il Parlamento europeo hanno concordato di rafforzare le misure che potranno adottare gli Stati membri (che su questo hanno competenza nazionale) per proteggere i consumatori “vulnerabili” in situazione di “povertà energetica”, incluso il divieto di disconnessione in determinati casi di ritardo di pagamento.

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagli

Bce conferma i tassi ma Lagarde intransigente sull’ipotesi di tagliRoma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale europea ha nuovamente confermato i livelli dei tassi di interesse nell’area euro, che sono comunque ai massimi storici. Ma nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde ha utilizzato toni meno accomodanti sui possibili futuri tagli ai tassi, rispetto a quelli mostrati ieri dalla Federal Reserve statunitense, che a sua volta aveva mantenuto inalterati i riferimenti sul dollaro.

“Non abbiamo assolutamente discusso di tagli dei tassi”, ha detto chiaro e tondo. E incalzata dalle domande dei giornalisti sulle aspettative dei mercati di riduzione del costo del denaro nell’area euro, Lagarde ha replicato: “dovremmo abbassare la guardia? No: assolutamente no”. Non solo, quasi a rimarcare la fermezza con cui gli esponenti più intransigenti del direttorio della Bce – i “falchi” – mantengono la presa sull’impostazione monetaria, l’istituzione ha anche annunciato fin da ora che da metà 2024 intende avviare una manovra di riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati con il piano di acquisti anti crisi Covid, il Pepp. Una manovra analoga è già da tempo in corso su un altro piano di acquisti, l’App.

E questo mentre Lagarde ha più volte ribadito che le decisioni del Consiglio “dipendono dai dati” e dal loro evolversi. E che le future decisioni verranno assunte sulla base di tre parametri: le prospettive di inflazione generale, l’andamento dell’inflazione di fondo, cioè dell’indice dei prezzi depurato da energia, alimentari e altre voci volatili. E, terzo, dalla forza della trasmissione della politica monetaria. Al momento tutti e tre questi fattori mostrano attenuazioni nel senso voluto dalla Bce. E allora è poco evidente il perché annunciare, con oltre sei mesi di anticipo, un provvedimento con effetti restrittivi, seppure non in misura drastica – gli stock dell’Epp verranno limati in media per 7,5 miliardi di euro al mese da luglio – mentre si insiste sul fatto che le decisioni, presenti e future, sono vincolate ai dati.

Intanto la Bce ha consistentemente rivisto al ribasso, soprattutto sul prossimo anno, le sue previsioni di inflazione. Ora stima un caro vita al 5,4% sulla media di quest’anno, al 2,7% nel 2024, 2,1% nel 2025 e poi un ulteriore calo all’1,9% nel 2026. Lo scorso settembre indicava 5,6% quest’anno, 3,2% sul 2024 e 2,1% sul 2025. Nel frattempo ha anche tagliato le attese di crescita economica: allo 0,6% su quest’anno, 0,8% nel 2024 e 1,5% sia sul 2025 che sul 2026. Tre mesi fa la stoima era 0,7% su quest’anno, +1% sul 2024 e +1,5% sul 2025.

Con voce bassa, di cui si è scusata, spiegando che era convalescente dalla Covid, ma che aveva voluto comunque presenziare in persona alla riunione (“ma non sono contagiosa”, ha asserito) Lagarde ha puntualizzato che alla Bce “non abbiamo una recessione nel nostro scenario previsionale di base. E non puntiamo a provocare una recessione. Il nostro obiettivo – ha ribadito – è la stabilità dei prezzi”. La linea mostrata oggi ha smorzato gli entusiasmi che si erano creati sui mercati dopo il direttorio della Fed ieri. E ha innescato una ulteriore accelerazione dell’euro, che in serata si è riportato sopra la soglia psicologica di 1,10 dollari per la prima volta da fine novembre. Ora si tratterà di vedere se nei prossimi interventi di esponenti del direttorio della Bce questa intransigenza sull’ipotesi di ritocchi al ribasso dei tassi nel 2024 verrà mantenuta o se verrà smussata. (di Roberto Vozzi).

Piazza Affari chiude poco sopra parità dopo Bce, tonfo delle banche

Piazza Affari chiude poco sopra parità dopo Bce, tonfo delle bancheMilano, 14 dic. (askanews) – Piazza Affari ha terminato la seduta poco sopra la parità nel giorno della riunione della Bce che, come da attese, ha deciso di lasciare invariati i tassi, mostrando al contempo un atteggiamento meno morbido di quanto sperato dal mercato rispetto a possibili tagli nei prossimi mesi. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto che di tagli dei tassi non si è assolutamente parlato alla riunione odierna del direttorio e che “non bisogna abbassare la guardia”. A sorpresa, la Banca centrale europea ha invece preannunciato che dalla seconda metà del 2024 – prima del previsto – intende avviare una manovra di progressiva riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati sul piano anticrisi Covid Pepp.

Ne ha risentito tutto il comparto bancario e quindi l’intero paniere delle blue chip. L’indice Ftse Mib ha segnato +0,21% a 30.359,06 punti, mentre l’All Share ha guadagnato lo 0,42% a 32.413,83 punti. Cali molto pesanti per le banche: Mps -6,04%, Bper -5,89%, UniCredit -4,52%, Banco Bpm -3,81%, Intesa Sanpaolo -2,20%. Forti rialzi, di converso, per Diasorin (+10% alla vigilia della presentazione del nuovo piano strategico), Cnh Industrial (+5,62%), Telecom Italia (+5,42%).

Sul fronte dei titoli di Stato, in discesa sotto i 160 punti base, in area 168 pb, lo spread tra i rendimenti di Btp e Bund decennali, con il rendimento del titolo italiano in calo al 3,80%. Per quanto riguarda le altre Borse del Vecchio Continente, meglio di piazza Affari hanno fatto Londra (+1,33%), Parigi (+0,59%), Madrid (+0,75%). La peggiore è stata, invece, Francoforte (-0,08%).

Euro sfiora 1,10 dollari, a massimi da novembre dopo Bce

Euro sfiora 1,10 dollari, a massimi da novembre dopo BceRoma, 14 dic. (askanews) – L’euro è balzato ai massimi da fine novembre dopo che la Bce, pur confermando i livelli dei tassi di interesse ha mostrato un atteggiamento meno morbido sui futuri tagli, rispetto a quello mostrato ieri dalla Federal Reserve statunitense. Nel pomeriggio la valuta unica si scambia a 1,0995 dollari, sui massimi da fine novembre, mentre prima delle decisioni dell’istituzione si attestava a 1,0903.

La presidente della Bce, Christine Lagarde ha affermato che di tagli dei non si è assolutamente parlato alla riunione del direttorio di oggi e che “non bisogna abbassare la guardia”.

Bce conferma tassi ma annuncia taglio stock titoli Pepp da luglio

Bce conferma tassi ma annuncia taglio stock titoli Pepp da luglioRoma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale europea ha confermato i livelli di tutti i tassi ufficiali per l’area euro. La decisione giunge al termine del Consiglio direttivo ed è in linea con le attese di mercati e analisti. A sorpresa, ha invece da subito preannunciato che dalla seconda metà del 2024 intende avviare una manovra di progressiva riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati sul piano anticrisi Covid Pepp, mentre una manovra in tal senso è già in corso sul programma App.

Finora la Bce aveva sempre riaffermato che intendeva rinnovare l’integralità dei titoli in portafoglio sul Pepp fino a fine 2024. Ora, invece, dice che intende ridurre gli stock mediamente per 7,5 miliardi di euro al mese nel secondo semestre e che metterà fine ai rinnovi di bond da fine 2024. Intanto il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali resta quindi al 4,50%, il tasso sui depositi resta al 4% e quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 4,75%.

L’inflazione nell’eurozona ha mostrato continue attenuazioni e ora, al 2,4% a novembre dista meno di mezzo punto percentuale dall’obiettivo ufficiale dell’istituzione (2% simmetrico). La Bce afferma di attendersi una una momentanea risalita nei mesi a venire. Al tempo stesso i tecnici dell’istituzione hanno rivisto al ribasso le previsioni di inflazione per l’area valutaria: al 5,4% quest’anno, al 2,75 sul 2024 e al 2,15 sul 2025.

Ora l’attenzione si sposta sulla conferenza stampa esplicativa che la presidente Christine Lagarde terrà alle 14 e 45. Le questione che resta in bilico è collegata al linguaggio che la presidente utilizzerà in merito al futuro andamento dei tassi, in particolare sulla possibilità che nel 2024 anche la Bce proceda a tagli, come prevedono la maggior parte degli analisti. Specialmente dopo che ieri la Federal Reserve Usa, che a sua volta ha confermato i tassi, ha diffuso nuove previsioni economiche da cui emerge che i banchieri centrali Usa si attendono di effettuare tagli tra 50 e 100 punti Base nel prossimo anno.

Ue chiede informazioni a Apple e Google su App Store e Google Pay

Ue chiede informazioni a Apple e Google su App Store e Google PayRoma, 14 dic. (askanews) – La Commissione europea ha recapitato una richiesta formale di informazioni a Google e Apple sulla base del nuovo di Digital Services Act (Dsa), in merito a come abbiano “diligentemente identificato qualunque rischio sistemico” riguardo ai rispettivi sistemi App Store e Google Pay. Lo riferisce lo stesso organismo comunitario con un comunicato.

Allo scopo di assicurare maggiore sicurezza per gli utenti, la Commissione, si legge, chiede anche di ricevere maggiori informazioni su l’attuazione, da parte dei sistemi App Store e Google Pay delle regole applicate ai mercati online e alla trasparenza correlata a pubblicità online. I due giganti teologici hanno tempo fino al 15 gennaio per fornire le informazioni richieste. In base alle loro risposte la Commissione “valuterà i prossimi passi. Questo potrebbe comportare l’apertura di procedure formali in base all’articolo 66 del Dsa”, che potrebbero implicare anche eventuali sanzioni, conclude la nota.

Svizzera, Banca centrale conferma tasso di riferimento all’1,75%

Svizzera, Banca centrale conferma tasso di riferimento all’1,75%Roma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale della Svizzera ha deciso di confermare i tassi di interesse di riferimento, con il tasso guida all’1,75%. I depositi a a vista detenuti dalle banche commerciali presso la stessa Banca nazionale svizzera continueranno a essere remunerati fino a un determinato limite al tasso guida, mentre quelli eccedenti il limite a un tasso di interesse pari all’1,25%, secondo quanto riporta un comunicato.

La Banca centrale elvetica ha anche ribadito di esser pronta “ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi”. Nella il tutto mentre nella Conferedrazione la pressione inflazionistica è leggermente diminuita nel corso dell’ultimo trimestre, ma l’incertezza rimane elevata. Pertanto, la Banca nazionale continuerà a osservarne attentamente gli sviluppi e, “se necessario, adeguerà la politica monetaria per far sì che l’inflazione a medio termine si mantenga nell’area di stabilità dei prezzi”.

A novembre l’inflazione in svizzera ha segnato l’1,4%, “quindi a un livello un po’ più basso di quello dei mesi precedenti. Il lieve calo è riconducibile soprattutto al minor rincaro dei beni come pure dei servizi nel comparto del turismo. Per i prossimi mesi vi è tuttavia da attendersi che l’inflazione salga di nuovo leggermente a causa di un rialzo dei prezzi energetici e dei canoni di affitto nonché dell’aumento dell’imposta sul valore aggiunto”. La decisione giunge all’indomani della conferma dei tassi di interesse sul dollaro da parte della Federal Reserve, che anzi ha diffuso nuove previsioni in base alle quali emerge l’orientamento della maggior parte del direttorio a effettuare tagli i tassi nel 2024 tra 50 e 100 punti Base.

Oggi alle 13 italiane anche la Banca d’Inghilterra comunicherà le sue decisioni di politica monetaria. Mentre alle 14 e 15 i fari dei mercati si sposteranno su Francoforte e sulle decisioni del consiglio direttivo della Bce. Anche in quest’ultimo caso è attesa una conferma dei tassi, che attualmente vedono il riferimento sulle principali operazioni di rifinanziamento per l’area euro al 4,50%.

Snalp, Congresso Nazionale conferma Marrella segretario generale

Snalp, Congresso Nazionale conferma Marrella segretario generaleRoma, 14 dic. (askanews) – Il secondo Congresso Nazionale dello Snalp, il Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori e Pensionati promosso dalla Confael, ha confermato l’incarico di segretario generale a Domenico Marrella. Il voto, pressoché unanime che hanno espresso gli otre 300 delegati intervenuti nell’assise, testimonia “l’ottimo lavoro svolto dal segretario Marrella nel suo primo mandato”.

Lo Snalp, infatti, “conta oltre cinquantamila iscritti, è presente in tutte le Regioni, in 90 Province, in circa 400 sedi zonali e comunali – ha sottolineato nella sua relazione il segretario generale illustrando i traguardi raggiunti. – Diventato fiore all’occhiello della Confael, ha siglato 30 contratti collettivi nazionali di lavoro e si propone come interlocutore autorevole del Governo, con l’obiettivo di sottoporre proposte concrete per il miglioramento delle condizioni di lavoro per gli addetti e di quelle di vita per i pensionati. Lavoriamo per superare la grave crisi di rappresentanza e di rappresentatività che ha investito, purtroppo, il Sindacato ‘classico’, accusato spesso di disinteressarsi del lavoratore e di non svolgere correttamente il proprio operato, se non a favore del datore di lavoro”. Le battaglie che lo Snalp intende portare avanti sono numerose, come ha spiegato il segretario generale nella sua relazione. “La Contrattazione Nazionale – ha detto ancora Marrella – deve essere abolita attraverso l’introduzione dei Contratti Collettivi Europei di Lavoro, che in maniera definitiva risolverebbero il problema del salario povero. Dovrebbero infatti regolamentare tutti quei contratti, sottoscritti guarda caso dai Sindacati ‘Confederali Tradizionali’, che sono ampiamente al di sotto dei fatidici 9 euro”. Secondo il Segretario, infatti, “in una Europa Unita e con un’unica moneta, bisogna tirare dritto con l’obiettivo di ottenere l’unificazione delle retribuzioni a livello europeo, per consentire la fine della delocalizzazione delle nostre grandi aziende, della fuga dei ‘cervelli’ dei nostri grandi manager e giovani ricercatori, attratti sempre di più dalle condizioni di maggior favore che trovano in Europa”.

Lo Snalp ha quindi deciso di avanzare un pacchetto di proposte al governo che comprende tra gli altri interventi: la revisione e l’ammodernamento dello Statuto dei Lavoratori; la revisione del modello di concertazione e del sistema di relazioni industriali e sindacali; la riforma delle tutele sindacali; l’inasprimento delle misure per la sicurezza sui luoghi di lavoro; un piano straordinario per il lavoro; un Piano Nazionale Energetico; incentivi agli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno; la revisione del Codice degli Appalti; il potenziamento delle politiche socio-assistenziali e l’ampliamento dei servizi a persone e famiglie; l’abolizione della riforma Fornero; l’aumento delle pensioni minime a mille euro; la flessibilità in uscita a 62 anni; l’aumento delle detrazioni per i servizi alle famiglie.

Federmeccanica: produzione ferma nel III trimestre, -2% su anno

Federmeccanica: produzione ferma nel III trimestre, -2% su annoRoma, 14 dic. (askanews) – La produzione metalmeccanica nel terzo trimestre diminuisce del 2% su base annua, mentre rimane sostanzialmente invariata in termini congiunturali. E’ quanto emerge dalla 168esima edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica – Meccatronica italiana.

Nel terzo trimestre dell’anno in corso, nel nostro Paese l’attività produttiva metalmeccanica, sostanzialmente ferma nella dinamica congiunturale, “si conferma in sofferenza rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente trovando riscontro con quanto osservato negli altri principali paesi europei, dove il rallentamento dell’industria è stato superiore alle attese”. Sulla dinamica produttiva, ancorché sulle previsioni, “continua a pesare una situazione di elevata incertezza generata, in particolar modo, dalle crescenti tensioni internazionali ma anche dall’inasprimento delle politiche monetarie”.

Nel periodo luglio-settembre del 2023, nel settore metalmeccanico i livelli di produzione sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto ai tre mesi precedenti (+0,1% dopo le flessioni registrate nel primo e secondo trimestre) e sono ancora inferiori del 2,0% nel confronto con lo stesso trimestre del 2022. Complessivamente nel periodo gennaio-settembre 2023, la produzione metalmeccanica è mediamente diminuita dello 0,5% rispetto ai primi nove mesi del 2022. Nell’ambito del settore, che include una vasta gamma di attività produttive molto differenziate tra loro, i risultati tendenziali sono stati contrastanti nei diversi comparti.

Nei primi nove mesi di quest’anno, sono diminuite in particolar modo le attività della Metallurgia (-6,9% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), le produzioni di Macchine e apparecchi elettrici (-4,3%) e di Prodotti in metallo (-3,4%); in leggera flessione il comparto delle Macchine e apparecchi meccanici (-0,4%). Sono, invece, aumentate le fabbricazioni di Altri mezzi di trasporto (+10,8%) e di Autoveicoli e rimorchi (+8,2%), mentre quella di Computer, radio Tv, strumenti medicali e di precisione, pur in crescita, ha messo a segno un modesto +0,4%. Con riferimento ai 27 paesi dell’Unione europea, nel terzo trimestre, la produzione metalmeccanica ha registrato un calo congiunturale dell’1,9% e la dinamica trimestrale discendente ha caratterizzato l’attività produttiva in Francia, Germania e Spagna.

Il rallentamento della domanda mondiale si ripercuote sulle esportazioni del settore metalmeccanico che indirizza all’estero circa la metà delle proprie produzioni. Nel periodo gennaio-settembre del 2023, le esportazioni metalmeccaniche sono, infatti, cresciute in media del 4,0% e le importazioni dell’1,5% ma, per entrambi i flussi, la dinamica trimestrale continua ad evidenziare un significativo rallentamento rispetto a quanto osservato nel passato. Occorre, inoltre, osservare che gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una crescita dei valori medi unitari.