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Dl lavoro, riforma RdC: dal 2024 arriva l’assegno di inclusione

Dl lavoro, riforma RdC: dal 2024 arriva l’assegno di inclusioneRoma, 28 apr. (askanews) – Il nuovo strumento di contrasto alla povertà si chiamera assegno di inclusione ed entrerà in vigore da gennaio 2024 al posto del reddito di cittadinanza. E’ quanto prevede l’ultima bozza del decreto lavoro che andrà in consiglio dei ministri lunedì primo maggio.

Si tratta di una misura di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro. Una misura, si legge nella bozza, di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa”. L’assegno di inclusione potrà essere chiesto solo dalle famiglie con disabili, minori e over 60 e potrà arrivare a 500 euro al mese, moltiplicati per la scala di equivalenza fino a un massimo di 2,3 nel caso di disabili gravi.

Viene confermato che il requisito di residenza per il richiedente scende da 10 a 5 anni, mentre il valore dell’Isee della famiglia non deve superare i 9.360 euro con un valore del reddito familiare inferiore a una soglia di euro 6mila annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. Nel reddito familiare sono inoltre incluse le pensioni dirette e indirette, in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, con decorrenza successiva al periodo di riferimento dell’Isee in corso di validità. Nel calcolo del reddito familiare non si computa quanto percepito con altre misure nazionali o regionali di contrasto alla povertà. I compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro e sono inclusi nel valore del reddito familiare ai fini della valutazione della condizione economica del nucleo familiare.

Il valore del patrimonio immobiliare, come definito ai fini Isee, diverso dalla casa di abitazione di valore ai fini Imu non superiore a 150mila euro, non deve essere superiore a 30mila euro. La bozza prevede anche che nessun componente il nucleo familiare debba essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di autoveicoli di cilindrata superiore a 1600 cc. o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc., immatricolati la prima volta nei trentasei mesi antecedenti la richiesta, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente. Non ha diritto all’assegno di inclusione il nucleo familiare in cui un componente risulti disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa nonché di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Il beneficio economico dell’assegno di inclusione, su base annua, è composto da una integrazione del reddito familiare fino alla soglia di 6mila euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. E’ altresì composto da un’integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione concessa in locazione con contratto ritualmente registrato, per un importo pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto in locazione, come dichiarato a fini Isee, fino a un massimo di euro 3.360 annui. Il beneficio è erogato mensilmente per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di 12 mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo di 12 mesi è sempre prevista la sospensione di un mese. Il beneficio economico non può essere, comunque, inferiore a 480 euro annui.

In caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione dell’assegno di inclusione, il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico, entro il limite massimo di tremila euro lordi annui. Sono comunicati all’Inps esclusivamente i redditi eccedenti questo limite massimo con riferimento alla parte eccedente. Il reddito da lavoro eccedente la soglia concorre alla determinazione del beneficio economico, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è recepito nell’Isee per l’intera annualità.

Bankitalia: rischi stabilità finanziaria elevati anche in Italia

Bankitalia: rischi stabilità finanziaria elevati anche in ItaliaRoma, 28 apr. (askanews) – I rischi per la stabilità finanziaria “restano elevati anche in Italia”, ma l’impatto delle tensioni sui mercati bancari internazionali “è stato limitato, grazie alle contenute esposizioni delle banche italiane verso gli intermediari in crisi e, più in generale, al rafforzamento dei bilanci conseguito negli ultimi anni”. Lo afferma la Banca d’Italia nell’ultimo aggiornamento del suo Rapporto sulla stabilità finanziaria, secondo cui come per gli altri paesi dell’area dell’euro “pesano la persistente instabilità geopolitica, le rilevanti pressioni inflative e il rallentamento della crescita”.

Il quadro generale su scala globale è di “grande incertezza, le condizioni sui mercati finanziari globali sono tornate a peggiorare dallo scorso febbraio. I recenti episodi di crisi bancarie negli Stati Uniti e in Svizzera hanno determinato un forte aumento della volatilità – prosegue Bankitalia – un incremento dei rischi di contagio e significative riallocazioni di portafogli dalle attività a più alto rischio verso quelle ritenute più sicure”. Queste tensioni, tuttavia “si sono attenuate dopo gli interventi delle autorità”. Intanto, nel primo trimestre dell’anno “è proseguita la fase di debolezza dell’economia mondiale, ma emergono segnali di miglioramento. Le stime di crescita per il 2023 continuano a prefigurare un deciso rallentamento, ma meno marcato rispetto alle previsioni dello scorso autunno”.

Guardando alle famiglie della Penisola, “il deterioramento del quadro congiunturale incide in misura moderata sui rischi connessi con la situazione finanziaria – dice Bankitalia -. La liquidità resta elevata, ma in termini reali il reddito disponibile è diminuito a causa dell’inflazione. L’incremento dei tassi di interesse si sta riflettendo sul costo medio dei prestiti in essere e la quota di nuclei finanziariamente vulnerabili potrebbe salire nel corso di quest’anno”. In rapporto al reddito, l’indebitamento delle famiglie italiane “rimane comunque molto più basso rispetto alla media dell’area dell’euro”, sottolinea l’istituzione.

Passando alle imprese tricolori, “la situazione finanziaria e la vulnerabilità risentono del peggioramento delle previsioni macroeconomiche e dell’aumento dei tassi di interesse. A fronte di una domanda sostanzialmente invariata, la crescita dei prestiti alle imprese si è gradualmente arrestata nel 2022 ed è ora in territorio negativo”. “Il calo ha tuttavia interessato solo le imprese più rischiose e, tra queste, soprattutto quelle di minore dimensione. È rallentato anche il ricorso al mercato obbligazionario. Nel complesso – dice Bankitalia – la capacità di servizio del debito, pur lievemente deteriorata, beneficia di una situazione finanziaria equilibrata, sostenuta da margini di liquidità ancora ampi. La quota di debito riconducibile a imprese vulnerabili potrebbe tuttavia aumentare nel corso dell’anno, in particolare nei settori delle costruzioni e della manifattura”.

Bankitalia: fondi immobiliari esposti a tassi e prezzi commerciale

Bankitalia: fondi immobiliari esposti a tassi e prezzi commercialeRoma, 28 apr. (askanews) – “Segni di rallentamento” del mercato immobiliare in Italia. “Nel secondo semestre i prezzi delle abitazioni sono cresciuti con minore intensità e ben al di sotto dell’inflazione, mentre le compravendite sono risultate in flessione, risentendo del rallentamento nelle erogazioni dei mutui”. Lo rileva la Banca d’Italia nel Rapporto sulla stabilità finanziaria, secondo cui la crescita dei prezzi nominali dovrebbe continuare ad attenuarsi anche quest’anno.

Nello studio è stato inserito un riquadro di analisi sui rischi per la stabilità finanziaria derivanti dall’attività dei fondi immobiliari, che fornisce indicazioni in chiaroscuro. Bankitalia rileva come gli intermediari che operano nel settore immobiliare, specialmente quello commerciale (commercial real estate, Cre) “sono particolarmente vulnerabili ai rischi legati a un’elevata inflazione, al rialzo dei tassi di interesse e alla forte incertezza del quadro macroeconomico. A questi fattori si aggiungono anche cambiamenti strutturali, quali gli effetti indotti dalla pandemia sulla domanda di immobili commerciali e i più stringenti requisiti ambientali in risposta alla crisi climatica”.

I rischi per la stabilità finanziaria connessi con l’attività dei fondi immobiliari “rimangono complessivamente limitati”, dice Bankitalia. “I fondi italiani non sono infatti soggetti al rischio di liquidità derivante da elevate richieste di rimborso, in quanto la normativa prevede che siano costituiti in forma chiusa. La leva finanziaria del settore, misurata come rapporto tra totale attivo e patrimonio netto, è progressivamente diminuita dal 2009 al 2022 (da 180 a 130) e risulta in linea con la media europea (140)”. Tuttavia, nonostante questa media contenuta “alla fine del 2022 circa il 3,8 per cento del patrimonio complessivo del comparto era riconducibile a fondi che utilizzano la leva in modo sostanziale, ossia superiore a 300 – dice ancora Bankitalia -. L’1,2 per cento degli attivi era inoltre detenuto da fondi con un patrimonio netto negativo, condizione che segnala una particolare situazione di stress finanziario”.

Secondo l’analisi “le esposizioni dirette degli altri intermediari finanziari verso il comparto sono contenute. Alla fine del 2022 i crediti in bonis concessi da banche e altri intermediari operanti in Italia ai fondi immobiliari italiani erano circa 17 miliardi. Di questi, 8 miliardi (poco meno dell’1 per cento del totale dei prestiti a imprese e società finanziarie non bancarie) erano stati erogati da gruppi bancari italiani. La quota di prestiti deteriorati sul totale dei finanziamenti al comparto, al lordo delle rettifiche di valore, si è progressivamente ridotta, raggiungendo il 13 per cento alla fine del 2022”. I fondi immobiliari italiani, però “detengono esposizioni rilevanti”, pari a oltre il 90 per cento degli investimenti verso il settore commerciale (Cre), “dove gli acquisti da parte dei fondi rappresentano circa un terzo del valore complessivo degli scambi. Nel confronto storico la quota di crediti deteriorati dei fondi immobiliari risulta correlata negativamente soprattutto con l’andamento dei prezzi degli uffici localizzati nelle regioni del Nord Ovest, in cui sono concentrati gli investimenti dei fondi. Le condizioni del settore potrebbero quindi peggiorare – avverte Bankitalia – qualora diminuisse il valore degli immobili commerciali, particolarmente sensibili alla congiuntura economica”.

1 maggio, sindacati a Potenza: non è una festa ma mobilitazione

1 maggio, sindacati a Potenza: non è una festa ma mobilitazioneRoma, 28 apr. (askanews) – Sarà un primo maggio di mobilitazione e non una festa quella che Cgil, Cisl e Uil celebreranno lunedì prossimo a Potenza. Per le tre confederazioni non ci sono le condizioni per festeggiare: troppi lavoratori sono precari o poveri, le morti sul lavoro sono un’emergenza nazionale, troppi giovani non trovano un’occupazione, i salari sono troppo bassi e sono stati erosi da un’inflazione che ha raggiunto il 10%, i pensionati vivono con assegni da fame.

Quella del capoluogo lucano è stata una scelta per porre l’accento sulla difficile situazione economica e sociale delle regioni meridionali; una città simbolo del Mezzogiorno dal quale ripartire con una nuova stagione di sviluppo e crescita. Il tradizionale appuntamento, quest’anno dedicato al 75esimo anniversario dall’entrata in vigore della Costituzione, si svolgerà nelle stesse ore in cui il consiglio dei ministri è chiamato a varare il decreto lavoro. Un provvedimento su cui non mancano le critiche dei sindacati, che giudicano insufficiente il taglio del cuneo pari 15-18 euro al mese manifestando anche preoccupazioni per la riforma del reddito di cittadinanza e l’ipotesi di reiterare per tre anni i contratti a termine. Diversità di vedute che saranno confermate nell’incontro di domenica sera a Palazzo Chigi, alle 19, con la presidente del consiglio, Giorgia Meloni.

Una convocazione a pochissime ore dal varo del decreto che ha lasciato perplessi i leader sindacali, che nelle settimane scorse hanno deciso le tappe della mobilitazione unitaria contro il Governo per una vera riforma fiscale, lotta alla precarietà, salari più alti, più risorse per sanità e welfare. A maggio, per tre sabati consecutivi Cgil, Cisl e Uil saranno in piazza (il 6 a Bologna, il 13 a Milano e il 20 a Napoli) a conclusione di assemblee nei luoghi di lavoro. Il 20 maggio è la deadline fissata per ottenere risposte concrete dall’esecutivo sulle richieste contenute nella piattaforma unitaria. Se non ci saranno, la mobilitazione andrà avanti con forme e modalità che saranno discusse negli organismi direttivi e unitari con lo sciopero generale che, a quel punto, diventerebbe un’opzione concreta.

“Non ci piace essere convocati quando il provvedimento è già preso. Sarà un’informazione di quanto già deciso. Ascolteremo e vedremo, ma non è questo il metodo che ci piace”, dice il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Siamo riusciti ad avviare tavoli su grandi priorità come fisco, pensioni e salute e sicurezza sul lavoro che però sono impantanati, arenati ormai da mesi”, dichiara il leader della Cisl, Luigi Sbarra. “Le condizioni oggettive dei lavoratori non sono tali da poter parlare di festa. Sarà un primo maggio di mobilitazione e rivendicazione”, aggiunge il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Dal palco di Potenza i tre leader sindacali prenderanno la parola a partire dalle 12,10. Landini, Sbarra e Bombardieri si ritroveranno poi nel pomeriggio in piazza San Giovanni, a Roma, per il concertone: nove ore di musica con circa 50 artisti.

Nel primo trimestre 2023 sono calate del 25% le richieste di Reddito di cittadinanza

Nel primo trimestre 2023 sono calate del 25% le richieste di Reddito di cittadinanzaRoma, 27 apr. (askanews) – Nei primi tre mesi del 2023 i richiedenti di reddito e pensione di cittadinanza sono stati quasi 300 mila, -25% rispetto all’analogo periodo del 2022. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Inps.

Da gennaio a marzo 2023 i nuclei beneficiari di almeno una mensilità sono stati 1,2 milioni e 2,6 milioni le persone. Tra gennaio e marzo 2023 è stato revocato il beneficio a circa 27mila nuclei: sono stati 73mila nel 2022, 107mila nell’anno 2021 e 25mila nel 2020. I motivi per cui è possibile che il beneficio venga revocato sono molteplici. La motivazione più frequente è l’accertamento della “mancanza del requisito di residenza/cittadinanza”.

I nuclei decaduti dal diritto nei primi tre mesi del 2023 sono stati 111mila: nel 2022 sono stati 314mila, 343mila nell’anno 2021 e 256 mila nel 2020. La causa più frequente è legata alla variazione dell’Isee, che supera la soglia prevista, causa che manifesta il suo effetto principalmente a febbraio, in occasione della presentazione della nuova Dsu Tra i motivi di decadenza rilevano anche i casi di variazione della composizione del nucleo familiare. Nel mese di marzo 2023 i nuclei beneficiari di Reddito di Cittadinanza sono 902 mila (90%) mentre i nuclei beneficiari di Pensione di Cittadinanza sono 103 mila (10%), per un totale di un milione di nuclei. Tale composizione varia in virtù della zona geografica: i nuclei percettori di RdC, rispetto ai nuclei percettori di PdC, hanno un peso minore nelle regioni del Nord, e maggiore al Centro e soprattutto nel Sud e Isole. A fronte di circa un milione di nuclei percettori sono state coinvolte 2,15 milioni di persone, così ripartite: 1,55 milioni nelle regioni del Sud e nelle Isole, 338 mila nelle regioni del Nord e 267 mila in quelle del Centro. “I dati dell’Inps che attestano la riduzione di domande di reddito di cittadinanza sono la prima conseguenza del miglioramento dei tassi d’occupazione a cui assistiamo ormai da qualche mese. Ed è la dimostrazione che il lavoro è la migliore politica di inclusione sociale. Una direzione su cui continuare a investire energie e risorse”. Così il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, sui dati Inps che registrano un calo del 25% delle richieste di reddito e pensione di cittadinanza nel primo trimestre 2023 rispetto all’analogo periodo del 2022 e una riduzione del 16% dei nuclei percettori di almeno una mensilità tra gennaio e marzo di quest’anno.

Fondi, Assogestioni: raccolta marzo a -6 mld, ma è boom obbligazionari

Fondi, Assogestioni: raccolta marzo a -6 mld, ma è boom obbligazionariMilano, 27 apr. (askanews) – A marzo la raccolta netta del sistema del risparmio gestito in Italia è stata pari a -6,04 miliardi, come conseguenza dei 6,4 miliardi di deflussi registrati dai mandati istituzionali nel corso del mese, portando il dato da inizio anno a -8,9 miliardi. Lo rilevano i dati preliminari della mappa mensile di Assogestioni che evidenzia nel mese un incremento delle masse sostenute da un effetto mercato positivo. Il patrimonio gestito dell’industria è salito a 2.255 miliardi, in crescita di oltre 12 miliardi rispetto a febbraio. A influire, un effetto mercato che l’Ufficio Studi di Assogestioni stima positivo dello 0,8%.

Prosegue il consolidamento dei trend degli ultimi mesi sul fonte dei fondi aperti: nonostante marzo si sia chiuso con una raccolta netta totale pari a -642 milioni, sono rimasti in territorio positivo i fondi azionari (+588 mln), mentre quelli obbligazionari si sono resi protagonisti di un exploit. Se a febbraio i nuovi afflussi erano valsi alla categoria 570 milioni, marzo porta in dote oltre 2 miliardi di nuovi capitali per un totale di 3,2 miliardi da inizio anno. Per contro, i fondi bilanciati e flessibili hanno fatto segnare deflussi mensili pari rispettivamente a 1,1 miliardi e 1,7 miliardi.

Bini Smaghi: il nuovo Patto di stabilità commissaria le politiche di bilancio dei Paesi indebitati

Bini Smaghi: il nuovo Patto di stabilità commissaria le politiche di bilancio dei Paesi indebitatiRoma, 27 apr. (askanews) – “Detto in parole povere, si tratta di un commissariamento della politica di bilancio dei Paesi ad alto debito, in particolare dell’Italia”. È aspro il giudizio che Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board Bce, esprime in un’intervista a Repubblica sugli annunci della Commissione Ue sul Patto di Stabilità. “Non sarà un negoziato facile, a meno che i governi non accettino di cedere ulteriore sovranità fiscale”, sottolinea.

“La Commissione sostiene che con il nuovo sistema vi è una maggiore titolarità politica dei governi nazionali perché a questi è data facoltà di indicare i percorsi pluriannuali di risanamento”, spiega Bini Smaghi. “In realtà, questi percorsi dovranno essere coerenti con le traiettorie tecniche fornite dalla Commissione stessa: se il Paese non si adegua viene messo automaticamente in procedura per disavanzo eccessivo. I mercati potrebbero reagire negativamente”, commenta l’ex membro del board della Bce.

Patto di Stabilità, Gentiloni: ora saranno favoriti gli investimenti

Patto di Stabilità, Gentiloni: ora saranno favoriti gli investimentiBruxelles, 26 apr. (askanews) – “L’Unione Europea ha bisogno di regole di bilancio comuni, ma il Patto di stabilità e di crescita ha fatto il suo tempo. E quindi oggi presentiamo una riforma del Patto con due obiettivi: il primo è quello di rendere più graduale, e quindi più credibile, il percorso di riduzione del debito per i paesi ad alto debito; e il secondo è quello di rendere possibile un incremento degli investimenti e delle politiche per la crescita. Credo che questi due obiettivi siano gli aspetti principali della riforma che oggi presentiamo”. Lo ha spiegato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, parlando ai giornalisti italiani al termine della sua conferenza stampa in cui ha presentato, oggi a Bruxelles, la proposta di riforma delle regole della “governance” economica.

“Non tutto lo spazio per gli investimenti – ha osservato Gentiloni – viene dalle regole di bilancio”, e “per aumentarli non bastano le regole di bilancio”; ci sono anche “tante altre cose di cui discutiamo qui a Bruxelles, come i fondi per la competitività”.“Ma le regole di bilancioá possono, diciamo così, favorirli o sfavorirli. Io penso che fin qui non ci fosse un meccanismo per favorirli; adesso questo meccanismo c’è”, ha sottolineato il commissario.

Gentiloni ha auspicato “che si possa trovare un’intesa tra i diversi paesi Ue rapidamente, perché la clausola di sospensione del Patto di stabilità che è in vigore oggi sarà ancora in vigore solo fino alla fine dell’anno. E ápenso – ha aggiunto – che in generale non ci possiamo rassegnare a un contesto in cui il debito continua a crescere nei paesi europei e la crescita economica rimane molto bassa. Alto debito e bassa crescita non possono essere una realtà alla quale l’economia europea si possa rassegnare”.A una domanda su quali siano le nuove regole che renderanno il nuovo Patto di stabilità più favorevole alla crescita economica rispetto alla versione attuale, il commissario ha risposto spiegando che “ogni paese stabilisce, tenendo conto degli elementi che la Commissione fornirà, un percorso di bilancio per i prossimi quattro-sette anni, e questo consentirà” agli Stati membri “anche di appropriarsi di questi percorsi e non solo di doversi rifare a delle regole o delle soglie piuttosto astratte”.

“La seconda cosa molto importante – ha continuato – è che noi daremo più spazio di bilancio, e quindi più gradualità nella riduzione del debito, ai paesi che si impegneranno a fare investimenti nei settori che per noi sono strategici, e quindi l’economia verde e il digitale; e ci sarà anche una discussione tra i paesi su questi settori da privilegiare”.á Gentiloni ha poi precisato più in dettaglio in che cosa consiste l’incentivo agli investimenti previsto dalla riforma del Patto, che, ha detto, si ottiene anche senza arrivare a una vera e propria “golden rule” (la “regola d’oro” che mantiene separata la spesa per investimenti produttivi dalla contabilizzazione in deficit della spesa). Si tratta di “un meccanismo che non è il classico trattamento contabile diverso di alcuni investimenti rispetto agli altri, quello che in gergo si chiama la ‘golden rule’”.“Le ‘golden rule’ – ha spiegato – non cancellano il debito, ma contabilizzano una parte degli investimenti nella contabilità europea in modo diverso dagli altri, e in questo modo creano più spazio di bilancio entro le regole europee. Noi questo maggiore spazio di bilancio lo creiamo invece allungando il tempo dell’aggiustamento finanziario. Quindi tu devi ridurre il tuo debito già in modo molto graduale rispetto alle regole attuali, ma lo puoi ridurre in modo ancora più graduale se ti concentri su quegli investimenti. Quindi guadagni spazio di bilancio avendo tre anni in più per la riduzione del tuo debito, invece che avendo una contabilità diversa per alcuni settori. Direi che è un modo differente per ottenere più o meno lo stesso risultato”.

A un giornalista che chiedeva se la proposta di riforma sia una vittoria contro i fautori dell’austerità, il commissario ha replicato: “Penso che la proposta della Commissione sia una proposta molto equilibrata. La Commissione non è un organismo composto tutto da italiani o tutto da ‘colombe’, e neanche tutto da ‘falchi’, se vogliamo usare questo linguaggio: è una Commissione che ha trovato un punto di convergenza, di cui io sono molto soddisfatto perché – ha rivendicato – ci ho lavorato molto. E però, dichiarare vittoria… Dichiareremo vittoria – ha affermato Gentiloni -, primo, quando sarà approvato dal Parlamento europeo e dai governi; e, secondo, tra qualche anno, quando vedremo che gli obiettivi che ci poniamo, e cioè ridurre in modo credibile il debito e aumentare la crescita, saranno obiettivi alla nostra portata”. á Quanto all’Italia, e allo specifico sforzo di bilancio che le sarà richiesto con le nuove regole per i prossimi anni, il commissario ha riconosciuto che occorreranno “sicuramente un impegno alla riduzione del debito, e sicuramente un impegno a una gradualità, una flessibilità maggiore di quella attuale”.“Io penso – ha aggiunto Gentiloni – che se abbiamo un percorso realistico di riduzione del debito, questo sia nell’interesse dell’Italia, e se abbiamo incentivi per gli investimenti sui beni comuni europei questo sia ancora di più nell’interesse dell’Italia”.

Resta il fatto che l’Italia, avendo il deficit oltre il 3% del Pil, secondo le nuove regole dovrà ridurlo annualmente dello 0,5%, fino a tornare sotto la soglia. E’ stato chiesto al commissario quale spazio rimanga per gli investimenti con questa riduzione. Senza entrare nelle cifre, ha risposto Gentiloni, “sicuramente l’Italia dovrà ridurre il livello del proprio ádebito pubblico; credo che non ci sia nessun italiano che non ne sia consapevole, non solo al governo ma in generale. Perché un debito elevato comporta le difficoltà che tutti noi conosciamo”. á “Quello che però possiamo dire è che, quando questa riforma verrà approvata, l’Italia potrà farlo (ridurre il debito, ndr) in un modo più graduale e potrà farlo anche in un modo che avrà deciso l’Italia. Che è molto importante: se guardiamo il corso degli ultimi 30-40 anni, ci sono diversi periodi in cui – ha ricordato – il debito è stato ridotto più o meno significativamente, e dobbiamo considerare quei periodi come periodi positivi, sono periodi nei quali non sono mancati gli investimenti. Quindi molto spesso – ha rilevato il commissario – il debito aumenta per una cattiva qualità della spesa pubblica e non soltanto per fare degli investimenti positivi”.

La riduzione del debito in Italia “io penso che sarà graduale, realistica, e consentirà, ovviamente con una buona qualità della spesa pubblica, lo spazio necessario per investire”, ha concluso Gentiloni.

 

Fitto: sugli obiettivi del Pnrr al 30 giugno ci sono alcune criticità, ma niente allarmismi

Fitto: sugli obiettivi del Pnrr al 30 giugno ci sono alcune criticità, ma niente allarmismiRoma, 26 apr. (askanews) – “E’ molto importante dire che sicuramente ci sono alcune criticità ma anche su questo non è il caso di costruire allarmismi. E’ evidente che stiamo lavorando al raggiungimento di questi 27 obiettivi al 30 giugno”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto intervenendo in Aula al Senato.

“C’è l’esigenza di intervenire preventivamete per correggere alcuni obiettivi intermedi – ha aggiunto – ma col mantenimento dell’obiettivo finale. E mi riferisco ad esempio al piano degli asili nido”. Sulla terza rata da 19 miliardi dei fondi del Pnnr “si proseguirà in queste ore con l’invio di ulteriore documentazione in un confronto costante e propositivo con la Commissione europea, per raggiungere l’obiettivo, anche perchè come è evidente si completa il mese individuato come ulteriore proroga”. Per le scadenze del 30 giugno del Pnrr il tema “non è come drammaticamente si legge di perdere gli interventi ma per capire quanti di questi non riescono a rispettare il target del 30 giugno per delle ragioni oggettive e quali di questi possono essere oggetto di un confronto con la commissione europea. Non per far saltare l’intervento ma per modificare l’obiettivo al 30 giugno che consente di garantire la realizzazione dell’intervento alla fine del periodo” ha detto Fitto.

Logistica, Confetra: servono 3mila macchinisti nei prossimi 3 anni

Logistica, Confetra: servono 3mila macchinisti nei prossimi 3 anniMilano, 26 apr. (askanews) – Il mondo della logistica è in cerca di professionisti che fa fatica a trovare. Dopo il problema degli autisti, per cui nel 2022 la domanda è aumentata del 40%, il nuovo allarme riguarda i macchinisti: secondo Confetra, la confederazione dei trasporti e della logistica, nei prossimi tre anni ci sarà bisogno di 3mila professionisti in questo settore.

Il settore dei trasporti e della logistica si trova a far fronte a una carenza senza precedenti di forza lavoro: le ultime stime, elaborate da Confetra, indicano che il settore del trasporto ferroviario di merci sarà alla ricerca di almeno 3mila macchinisti già nel prossimo triennio, un numero pari al 20% dell’attuale forza lavoro. Oggi il numero di dipendenti con età superiore a 50 anni nel settore è nettamente superiore alla media nazionale: un’elevata presenza di personale prossimo alla pensione richiederà nei prossimi anni un consistente ricambio generazionale e quindi una rapida crescita della domanda di nuovo personale da parte delle imprese ferroviarie, soprattutto per quanto riguarda i macchinisti, ma anche capitreno, preparatori del treno e manutentori. Oltre a questa, tra le cause della carenza ci sono difficoltà di accesso alla professione e condizioni di lavoro considerate poco attrattive.

Secondo De Ruvo, presidente di Confetra, “in anni recenti, gli ultimi governi hanno stanziato diversi milioni di euro per supportare la formazione di nuovi autisti e macchinisti, ma i fondi si sono presto esauriti senza risolvere il crescente gap tra domanda e offerta di lavoro. Occorre un piano di reclutamento più articolato se non vogliamo mettere in seria difficoltà il settore”. Uno degli ostacoli principali nel reintegro della forza lavoro necessaria è legato alle difficoltà di soddisfare le richieste formative. Queste figure professionali devono infatti essere in possesso di un certificato abilitativo, una patente che può essere rilasciata dalle imprese ferroviarie o da un centro di formazione riconosciuto dall’Ansfisa, l’agenzia per la Sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, ma tempi e costi rappresentano un problema per molti: un macchinista, per esempio, per essere formato e diventare operativo deve fare un percorso che va dai 6 ai 9 mesi. “Per questo – continua De Ruvo – non appare sufficiente lo stanziamento pubblico per la formazione del macchinisti: negli ultimi anni sono stati infatti previsti 3 milioni di euro per il 2021 e solamente 1 milione di euro per il 2022. Abbiamo bisogno di un maggiore investimento in questa direzione, che permetta agli aspiranti macchinisti di adempiere alle richieste formative”. Mancano anche gli autisti. Una carenza che si aggiunge a quella degli autisti, nota ormai dallo scorso anno: nel 2022, infatti, si sono stimati 560mila posti vacanti, con una domanda in crescita del 40% nei primi 9 mesi dell’anno. In Italia, in particolare, si calcola che manchino attualmente circa 17mila autisti.