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Euro digitale, Panetta: lavoro tecnico e legislativo in parallelo

Euro digitale, Panetta: lavoro tecnico e legislativo in paralleloRoma, 18 ott. (askanews) – Quello sull’euro digitale “è un progetto comune europeo e, per arrivare con successo ad un prodotto finito, il lavoro tecnico e il lavoro legislativo dovranno procedere in parallelo”. Lo afferma Fabio Panetta, componente del Comitato esecutivo della Bce, e futuro governatore della Banca d’Italia, in una lettera inviata alla presidente della commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, Irene Tinagli, in occasione della decisione del Consiglio direttivo della Bce di lanciare una nuova fase, di “preparazione” dell’euro digitale.

Panetta ribadisce che questa non è la decisione formale di adozione dell’euro digitale, che “sarà presa in considerazione più avanti, quando voi co-legislatori avrete adottato le norme. I continui progressi della Bce sui preparativi tecnici per un euro digitale, che richiedono tempo, consentiranno di informare meglio il processo legislativo – sostiene il banchiere centrale -. Terremo ovviamente conto di qualunque aggiustamento sul design che si possa rendersi necessario a seguito delle deliberazioni legislative”. E dato “le ampie implicazioni sociali che avrebbe un euro digitale, dobbiamo sempre cercare ampio supporto da parte dei cittadini europei”, prosegue Panetta. Per questo “la Bce continuerà a sostenere un dibattito democratico sull’euro digitale”.

Questa nuova fase di preparazione del lancio della valuta digitale della banca centrale prevede analisi approfondite e “ampie sperimentazioni su caratteristiche, utilizzabilità, sicurezza e privacy”. Questo implica, come “primo passo ulteriori analisi e sperimentazioni sulle funzionalità e sul design dell’euro digitale – dice ancora Panetta nella missiva formale – secondo, assieme ai partecipanti di mercato, serve lavorare a uno schema di regole per l’euro digitale e, terzo, iniziare un processo di selezione di service provider che potenzialmente possano sviluppare e successivamente operare le soluzioni tecniche”.

Bce lancia la fase di preparazione dell’euro digitale

Bce lancia la fase di preparazione dell’euro digitaleRoma, 18 ott. (askanews) – Dopo la conclusione della “fase istruttoria” dedicata alla progettazione e alla distribuzione di un euro digitale, durata due anni, il Consiglio direttivo della Bce “dà inizio alla fase di preparazione del progetto sull’euro digitale”, che a sua volta dovrebbe durare 2 anni. Con un comunicato, l’istituzione spiega che questa fase “getterà le basi per un eventuale euro digitale, anche mediante la messa a punto del manuale di norme e la selezione dei fornitori per lo sviluppo della piattaforma e delle infrastrutture”.

La fase di preparazione “aprirà la strada a una possibile decisione futura sull’emissione di un euro digitale”. La decisione fa seguito alla conclusione della fase istruttoria avviata dall’Eurosistema nell’ottobre 2021 per esplorare possibili modelli di progettazione e distribuzione per un euro digitale. “Sulla base dei risultati di questa fase, descritti dettagliatamente in un rapporto pubblicato oggi, la Bce ha concepito un euro digitale che sarebbe ampiamente accessibile a cittadini e imprese attraverso la distribuzione da parte di intermediari vigilati come le banche”. L’euro digitale “sarebbe configurato come una forma digitale di contante che potrebbe essere utilizzato per effettuare qualsiasi pagamento digitale in tutta l’area dell’euro”. Sarebbe “gratuito per le funzionalità di base e disponibile sia online che offline. Assicurerebbe il massimo livello di privacy e permetterebbe agli utenti di regolare all’istante i pagamenti in moneta della banca centrale. Potrebbe essere utilizzato per i pagamenti da persona a persona, presso i punti vendita, nel commercio elettronico e nelle operazioni con le amministrazioni pubbliche. Nessuno strumento di pagamento digitale offre tutte queste caratteristiche. Un euro digitale – afferma la Bce – colmerebbe questa lacuna”.

Visco: momento tragico, serve impegno di autorità, banche e imprese

Visco: momento tragico, serve impegno di autorità, banche e impreseRoma, 18 ott. (askanews) – E’ “un momento tragico” quello che il mondo sta attraversando, con “rischi straordinari”, in cui “vedo un futuro non facile per il nostro Paese e forse non facile per tutti i paesi che fanno parte della nostra Unione europea. E forse del nostro mondo di paesi industrializzati. Bisogna essere cauti, prudenti, e fare attenzione. Non ci sono soltanto i rischi del clima, i rischi della tecnologia: ci sono anche questi rischi geopolitici che hanno conseguenze sulle quali bisogna lavorare insieme, autorità di governo, istituzioni preposte alla difesa della stabilità dei prezzi o finanziaria, industria, finanza. Questo non è un appello: credo che sia una necessità”. E’ il richiamo lanciato dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco nel suo intervento al Comitato esecutivo dell’Abi.

Visco si è recato all’Associazione dei banchieri in prossimità del termine del suo mandato. E ha innanzitutto ripercorso l’attività dell’istituzione rispetto alle banche nei 12 anni sotto la sua guida, con il susseguirsi di varie crisi. Ma inevitabilmente ha toccato anche il quadro attuale di accresciuta tensione geopolitica, che è stata innescata con l’attacco terroristico di Hamas contro Israele. “Viviamo in un momento tragico, con rischi straordinari”, ha affermato. Rischi che appunto richiedono un lavoro collaborativo da parte delle varie istituzioni.

Per quanto riguarda la situazione del panorama bancario italiano, secondo il numero uno dell’istituzione di Via Nazionale “non è prevedibile un ritorno al rischio che abbiamo corso una decina di anni fa. Le condizioni del sistema bancario sono molto migliori”. La risposta delle banche alla pandemia “è stata molto positiva, sicuramente anche per il sostegno pubblico, ma non è mai mancato il credito”. Più di recente “non abbiamo risentito in particolare delle tensioni connesse con i dissesti gravi, non solo delle lontane Americhe, ma anche della vicina Svizzera. Tutto sommato – ha detto Visco – gli indicatori di bilancio si collocano sui valori soddisfacenti, nonostante una situazione economica che non è delle migliori”.

Ma non bisogna abbassare la guardia. “Bisogna fare attenzione, fare accantonamenti e vi sono ancora in varie parti del settore bancario situazioni di debolezza e vulnerabilità, in particolare nelle banche meno significative – ha riferito il governatore – su cui noi lavoriamo con attenzione e di cui discutiamo con le autorità di governo”. Ripercorrendo questi anni, Visco ha anche citato il caso, tutt’ora aperto, di Mps. “A un certo momento forse si potrà anche fare una riflessione su che cosa abbia determinato come ci siamo comportati. Fu la mia prima azione”. A inizio mandato “ebbi come primo intento quello di andare a vedere o la situazione di ogni azienda di credito del nostro paese. E una delle prime fu ovviamente il Monte dei Paschi. Era in quel momento in corso un’ispezione, chiamai l’ispettore, parlammo, dopodiché prenderemo delle decisioni” convocando i vertici del gruppo “e discutendo la gravità delle questioni e di come si potessero poi risolvere. Poi è successo quello che è successo e non è questa sede per parlarne”.

“Però credo che sia molto importante condividere con voi l’impegno che la vigilanza, i miei colleghi, che a volte possono essere bruschi, rudi, oppure a volte particolarmente amichevoli e simpatici, in realtà svolgo un servizio per la collettività 24 ore su 24 – ha detto Visco ai banchieri – con grandissimo impegno, a volte con tensioni, anche emotive, perché la situazione non è facile soprattutto quando ci sono gravi tensioni economiche”. In questo ambito Visco ha ricordato anche quando, nel luglio del 2016 l’Economist pubblicò una copertina intitolata “The Italian job”, che ritraeva “un autobus tricolore sul precipizio, che portava con se tutta l’Europa. Questo era un errore – ha detto – capita anche all’Economist, un errore grave perché da quell’errore si generano reazioni di mercato e in qualche modo anche reazioni delle autorità”. Quello scenario poi non si è verificato, “perché per il 90% quella crisi aveva natura ciclica” e successivamente la ripresa economica e gli interventi delle banche hanno “agevolato la soluzione ai problemi principali”, ha detto. “Il punto di fondo”, che emerge è che “la recessione duplice nell’economia italiana dopo la crisi finanziaria globale e poi dei debiti pubblici” dell’area euro “non poteva non avere conseguenze sulle banche”. “I timori sulla solvibilità non andavano sottovalutati. Parlavo all’epoca di una pletora dei componenti dei Cda delle principali banche, su cui c’era molto da fare, da ridurre sul lato dei costi – ha ricordato – rivedere la composizione degli impieghi. La gestione è stata sicuramente complessa e faticosa, in un quadro regolamentare che andava mutando significativamente”. Era stata creata la vigilanza europea sulle banche, che “tutto sommato alla fine ha prodotto risultati positivi, quello che è mancato sono le altre due gambe, la tutela comune dei depositi – ha ricordato – e la gestione delle crisi bancarie”, che “da noi” in Europa “è molto complicata” ed “è diventata forse più complicata nei primi anni dell’Unione bancaria. Nel complesso, però, (in quella crisi) non è stata messa a repentaglio la stabilità del sistema finanziario italiano. Il punto interessante è che la maggior parte degli interventi sono stati interni al sistema”. Su queste tematiche, il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, intervenendo dopo il discorso di Visco, ha invitato riflettere sul se le regole Ue che finora “hanno funzionato bene”, non rischino adesso di non essere più al passo di “un mondo che sta cambiando strutturalmente. Viene il dubbio se il quadro regolamentare, derivato da una crisi di origini differenti, sia oggi in grado di abilitare le banche a rispondere. Se non sia necesario, quantomeno in Europa, una analisi critica, per verificare la coerenza dell’assetto istituzionale, per consentire al settore bancario europeo – ha spiegato – di svolgere il suo ruolo”. Il presidente dell’associazione dei banchieri, Antonio Patuelli ha per parte sua rilevato come Visco sia stato “il nostro punto di riferimento giuridico, e certamente lo rimarrà viste le sue grandissime risorse intellettuali. E’ un interlocutore di finissima qualità, resterà un autorevolissimo punto di riferimento per la sua capacità di analisi economica, scientifica e poliedrica: è un arricchimento per tutti noi”. L’Abi ha omaggiato il governatore con quella che Patuelli ha chiamato “testimonianza fisica”, che rispetta il codice etico della Bce (che impone ai componenti del direttorio di non accettare omaggi di valore commerciale superiore ai 50 euro). L’associazione ha acquistato presso una libreria di libri usati sei dispense delle “Prediche inutili” di Luigi Einaudi, in edizione originale stampata nel 1956: “poco dopo la conclusione del suo incarico al Quirinale”, ha spiegato Patuelli.

Euro digitale, Visco: “Oggi è un giorno rilevante, vedrete”

Euro digitale, Visco: “Oggi è un giorno rilevante, vedrete”Roma, 18 ott. (askanews) – “Oggi è un giorno rilevante” per l’euro digitale “ma lo vedrete”. Lo ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, senza aggiungere ulteriori dettagli sul tema, nelle sue risposte al termine del suo intervento al Comitato esecutivo dell’Abi.

Oggi è calendarizzato un Consiglio direttivo Bce non monetario, in modalità virtuali. L’istituzione ha da mesi anticipato che in questo mese di ottobre avrebbe deciso se lanciare una nuova fase sul piano per l’euro digitale, dopo il completamento di quella di indagine. Visco, come tutti i governatori di banche centrali dell’Eurosistema, partecipa al Consiglio Bce.

Energia, accordo dei 27 su riforma del mercato dell’elettricità

Energia, accordo dei 27 su riforma del mercato dell’elettricitàBruxelles, 17 ott. (askanews) – Il Consiglio Energia dell’Ue, svoltosi oggi a Lussemburgo, ha raggiunto un accordo (“general approach”) sul regolamento per la riforma del mercato dell’elettricità nell’Ue, che consentirà ora alla presidenza di turno spagnola del Consiglio di avviare i negoziati a tre (“trilogo”) con il Parlamento europeo e la Commissione per arrivare al testo legislativo definitivo.

Solo un paese, l’Ungheria, si è astenuto, mentre gli altri Stati membri hanno tutti votato a favore del compromesso, che rappresenta una sostanziale vittoria soprattutto per la Francia. Nelle intenzioni originarie, l’obiettivo principale della riforma doveva essere quello di “disaccoppiare” i prezzi dell’elettricità da quelli del gas, in modo che le bollette elettriche tenessero pienamente conto dei prezzi delle fonti rinnovabili e del nucleare (le fonti dette “inframarginali”) usati nel mix energetico. La proposta della Commissione, presentata il 14 marzo scorso, in realtà non attua il “disaccoppiamento”, ma mira comunque a rendere l’elettricità meno dipendente dalla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili, a proteggere i consumatori dalle impennate dei prezzi, e ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.

La riforma dovrebbe stabilizzare i mercati dell’elettricità a lungo termine attraverso due strumenti: rilanciando gli Accordi di acquisto di energia (Ppa, “Power Purchase Agreements”), e generalizzando i “Contratti per differenza” (CfD) bidirezionali. I “Contratti per differenza” sono contratti di lungo termine tra un fornitore e un ente statale, che fissano un prezzo di esercizio, o “strike price”; quando il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è inferiore allo “strike price”, lo Stato rimborsa la differenza al fornitore; quando è superiore è il fornitore che restituisce la differenza allo Stato. I Ppa riguardano invece la fornitura di elettricità a lungo termine, con prezzo fisso pre-negoziato.

Il nodo principale su cui si era bloccata la discussione era la richiesta della Francia di estendere anche al nucleare la possibilità di usare i Contratti per differenza, pensati originariamente per favorire e stimolare gli investimenti nelle rinnovabili. Una possibilità che era già prevista, ma solo per i nuovi impianti, mentre Parigi chiedeva di estenderla anche ai vecchi reattori per i quali verrà prorogata la durata di vita oltre la scadenza inizialmente prevista. Diversi Stati membri (Germania, Austria, Lussemburgo, Belgio, Spagna e anche l’Italia) si erano opposte a questo tentativo, che equivarrebbe a una generalizzazione degli aiuti di Stato per le forniture di energia a tutta l’industria francese, con uno svantaggio competitivo per le imprese degli altri paesi.

Il Consiglio Ue ha convenuto che i Contratti per differenza bidirezionali saranno il modello obbligatorio utilizzato quando il finanziamento pubblico è coinvolto in contratti a lungo termine, con alcune eccezioni, e che si applicherebbero agli investimenti in nuovi impianti di produzione di energia basati sull’energia eolica, solare, geotermica, idroelettrica senza senza sbarramenti e nucleare. Ma la Francia, in pratica, ha avuto quello che voleva, perché il testo dell’accordo prevede che questo modello possa applicarsi anche “agli investimenti volti a ripotenziare sostanzialmente gli impianti di produzione di energia esistenti, o ad aumentarne sostanzialmente la capacità, o a prolungarne la durata”. La Commissione dovrà comuunque garantire, con una propria valutazione, che l’attuazione dei contratti per differenza bidirezionali non porti a distorsioni della concorrenza. L’Esecutivo comunitario dovrà in particolare assicurare che la redistribuzione delle entrate alle imprese non distorca la parità di condizioni nel mercato interno, in particolare nei casi in cui non è possibile applicare alcuna procedura di gara competitiva. Le norme per i CfD bidirezionali si applicheranno dopo un periodo transitorio di tre anni dall’entrata in vigore del regolamento, al fine di mantenere la certezza giuridica per i contratti in corso. Il Consiglio, inoltre, ha convenuto che gli Stati membri promuoveranno l’adozione di accordi di acquisto di energia Ppa, eliminando barriere ingiustificate e procedure o oneri sproporzionati o discriminatori. Le misure possono includere, tra le altre cose, sistemi di garanzia sostenuti dallo Stato a prezzi di mercato, garanzie private o strutture che mettono in comune la domanda di Ppa.

Manovra, stretta benefici rientro lavoratori. Effetti su calcio

Manovra, stretta benefici rientro lavoratori. Effetti su calcioRoma, 17 ott. (askanews) – In arrivo una stretta ai vantaggi fiscali oggi previsti per i lavoratori di qualsiasi settore che rientrano in Italia dopo un periodo all’estero. La riduzione delle agevolazioni potrebbe effetti importanti anche sul mondo del calcio.

Nel decreto legislativo sulla fiscalità internazionale approvato ieri dal Consiglio dei ministri viene introdotto un nuovo regime agevolato dal 2024 per i lavoratori dipendenti o autonomi che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. La norma, che prima riguardava tutti i lavoratori, ora circoscrive il beneficio ai lavoratori in possesso di “requisiti di elevata qualificazione o specializzazione”, in sostanza laureati o con particolari professionalità riconosciute. A questi viene riconosciuto, per un massimo di 5 anni, uno sconto fiscale Irpef del 50% per i redditi fino a 600.000 euro a patto di non essere già stati residenti nel nostro Paese nei 3 periodi d’imposta precedenti. I lavoratori impatriati dovranno restituire le agevolazioni, pagando gli interessi, se non mantengono la residenza fiscale per 5 anni.

La norma che viene sostituita (ma che resta in vigore per chi si trasferisce fino al 31 dicembre 2023) prevedeva uno sconto maggiore del 70% che poteva arrivare fino al 90% per chi si fosse trasferito al Sud. Lo sconto si applicava a tutti i lavoratori indipendentemente dalle qualifiche e quindi veniva utilizzata anche nei trasferimenti in Italia di sportivi dall’estero. La durata dell’agevolazione variava dai 5 anni agli 8 per i nuclei familiari con un figlio fino ad 11 per i nuclei con due figli o più.

Patto stabilità, Dombrovskis: non c’è consenso su una “golden rule”

Patto stabilità, Dombrovskis: non c’è consenso su una “golden rule”Roma, 17 ott. (askanews) – La commissione europea non vede margini per concordare una “golden rule” sugli investimenti, nella riforma del Patto di stabilità e di crescita, e il vicepresidente Valdis Dombrovskis ribadisce che il 3% sul deficit-Pil “è effettivamente il limite massimo, e non un obiettivo”, peraltro la proposta della Commissione “mantiene questa logica”, ha detto.

Dombrovskis è intervenuto nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin, durante il quale si è tornati a discutere della revisione delle regole Ue sui conti pubblici. Interpellato sulle richieste di “golden rule”, cioè di scomputo delle spese per investimenti di altro tipo dal calcolo dei deficit, “la proposta della Commissione prevede già degli incentivi per gli investimenti, se vanno in linea con le priorità Ue – ha risposto -. Consente agli Stati membri di estendere il periodo di aggiustamento da quattro fino a sette anni”. “Al tempo stesso stiamo ascoltando attentamente le discussioni tra i paesi membri e sulle nuove possibilità. Da quello che sentiamo – ha affermato – non ci sta nessun consenso vicino sulla cosiddetta golden rule”.

Dombrovskis è stato poi interpellato sulle dichiarazioni del ministro delle Finanze della Germania, Christian Lindner, che ha rimarcato come il 3% al deficit-Pil vada inteso come un limite massimo (il tedesco ha anche chiesto di creare un requisito supplementare al ribasso per “i tempi normali”). “Vorrei sottolineare che il 3% è effettivamente un limite massimo nel sistema attuale”. E non un obiettivo: “nel sistema attuale gli obiettivi sono quelli strutturali di medio termine – ha ricordato Dombrovskis -. Il 3% è il limite e la nostra proposta mantiene questa logica. Quindi mentre gli Stati membri attuano i loro piani, che devono portare il deficit su una traiettoria di calo sostenibile, devono prudentemente mantenere i disavanzi sotto il 3% del Pil”.

Patto stabilità, Giorgetti: risanamento sia graduale e sostenibile

Patto stabilità, Giorgetti: risanamento sia graduale e sostenibileRoma, 17 ott. (askanews) – La riforma del Patto di stabilità Ue “rimane per tutti noi un dossier cruciale. Per l’Italia è fondamentale raggiungere un accordo sulla revisione delle regole di bilancio entro il 2023”. Lo ha affermato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel suo intervento durante i lavori dell’Ecofin. “Siamo aperti a lavorare sulla proposta di compromesso predisposta dalla presidenza spagnola – ha proseguito – con l’obiettivo di raggiungere il giusto equilibrio tra garantire la sostenibilità fiscale e preservare la crescita economica”.

“Le quattro aree tematiche delineate dalla presidenza a luglio sono una buona guida per proseguire nel confronto: la nuova disciplina di bilancio deve mirare a un consolidamento graduale e sostenibile. Solo così – ha detto il ministro – può essere credibile e pienamente applicabile. Gli investimenti pubblici e le spese legate alle priorità europee, inclusa la difesa, sono obiettivi politici strategici, che le nostre regole di bilancio non possono ignorare. Ciò è anche vero per gli impegni assunti nei Piani di ripresa e resilienza: gli Stati membri devono essere messi nella posizione di poter realizzare le misure concordate. Il governo italiano si muoverà nel solco delle indicazioni che il Parlamento ha recentemente approvato a riguardo”.

Patto stabilità, Germania insiste: taglio annuale anche ai deficit

Patto stabilità, Germania insiste: taglio annuale anche ai deficitRoma, 17 ott. (askanews) – Sulla riforma del Patto di stabilità e di crescita la Germania insiste sulla necessità di prevedere obblighi di riduzione annuale anche del deficit di bilancio, oltre a regole sulla riduzione del rapporto debito-Pil. E parlando a margine delle riunioni dell’Ecofin, il ministro delle Finanze, Christian Lindner ha anche avvertito che il tetto al 3% sul deficit-Pil non è pi sufficiente: “suggeriamo un margine di sicurezza” supplementare, quando i paesi si trovino in circostanze economiche “normali”.

La Germania sembra aver assunto una posizione negoziale più risoluta nelle ultime settimane, sulla riforma delle regole europee che governano i conti pubblici. Lo stesso Lindner ha affermato ieri che le circostanze e la situazione economica ora sono “completamente cambiate”, presumibilmente in riferimento all’alta inflazione e, forse, soprattutto alle pressioni che si sono create sui titoli di Stato di vari Paesi negli ultimi mesi. “Per noi – ha detto oggi – la riduzione del debito-Pil e del deficit annuale sono collegate. Non è credibile vedere debiti più bassi livelli senza una sostenibile riduzione del deficit annuale. Abbiamo il riferimento del 3% (sul deficit-Pil), ma questo non è l’obiettivo questo è il limite massimo”.

E secondo Lindner “in circostanze economiche normali il deficit deve essere sotto il 3% e suggeriamo un margine di sicurezza rispetto al riferimento del 3%. Dobbiamo trovare in che modo possiamo combinare questo riferimento del deficit alla salvaguardia, in un modo che concordiamo tutti, bisogna fare molto più lavoro tecnico”. Attualmente sulla applicazione pratica delle regole ue di Bilancio si usano gli obiettivi strutturali di medio termine. “Non dico che l’1% deve essere il nuovo 3% ma sarebbe un errore – ha concluso – dire che il 3% è il nuovo obettivo strutturale”.

Inps, per assegno unico erogati 11,9 mld in primi 8 mesi

Inps, per assegno unico erogati 11,9 mld in primi 8 mesiRoma, 17 ott. (askanews) – Per i primi otto mesi di competenza dell’anno 2023 sono stati erogati alle famiglie assegni per 11,9 miliardi di euro, che si aggiungono ai 13,2 miliardi di erogazioni di competenza del 2022. E’ la fotografia scattata dall’Inps con i dati dell’Osservatorio Statistico sull’assegno unico universale.

Sono 6.259.774 i nuclei familiari che hanno ricevuto l’assegno per i primi otto mesi del 2023, per un totale di 9.789.828 figli. Con riferimento al mese di agosto 2023, l’importo medio per figlio, comprensivo delle maggiorazioni applicabili, va da 53 euro per chi non presenta Isee o supera la soglia massima (che per il 2023 è pari a 43.240 euro), a 214 euro per la classe di Isee minima (16.215 euro per il 2023).

L’Inps ricorda che l’importo base dell’assegno per ciascun figlio minore, in assenza di maggiorazioni, nel 2023 va da un minimo di 54,10 euro, in assenza di Isee o con Isee pari o superiore a 43.240 euro, ad un massimo di 189,20 euro per Isee fino a 16.215 euro.