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Bankitalia: in netto peggioramento le aspettative delle imprese italiane

Bankitalia: in netto peggioramento le aspettative delle imprese italianeRoma, 10 ott. (askanews) – Netto peggioramento delle valutazioni delle imprese in Italia sulla situazione economica e delle aspettative sulle loro condizioni nei prossimi mesi. Lo riporta lka Banca d’Italia in base all’ultima indagine su inflaizone e crescita, condotta tra il 23 agosto e il 13 settembre presso aziende di industria e servizi con almeno 50 addetti.

Le valutazioni sulla situazione economica generale del Paese, così come le attese sulle proprie condizioni operative nei successivi tre mesi, sono significativamente peggiorate rispetto a quelle rilevate nel trimestre precedente, riporta Bankitalia, sebbene le difficoltà legate al costo dei beni energetici si siano ulteriormente attenuate. La dinamica della domanda complessiva si è deteriorata, risentendo del calo della componente estera per la prima volta dalla fine del 2020. Anche le prospettive sulle vendite si sono indebolite, pur rimanendo nel complesso ancora favorevoli.

I giudizi sulle condizioni per investire sono peggiorati, si legge, proseguendo la tendenza in atto dall’inizio del 2022, anche se le imprese continuano a prefigurare una crescita degli investimenti nel complesso del 2023, seppur più contenuta rispetto a tre mesi fa. Le prospettive sull’occupazione sono divenute meno favorevoli. I prezzi praticati dalle aziende nell’ultimo anno hanno continuato a rallentare e decelererebbero anche nei successivi 12 mesi. Le attese sull’inflazione al consumo si sono ulteriormente ridotte su tutti gli orizzonti temporali, riporta ancora l’indagine, attestandosi al 4,7 per cento sui 12 mesi (dall’8,1 nel quarto trimestre 2022, il valore massimo della serie) e al 4,2 e 3,8 per cento sugli orizzonti rispettivamente a 2 anni e tra 3 e 5 anni.

Bankitalia: netto peggioramento di aspettative imprese italiane

Bankitalia: netto peggioramento di aspettative imprese italianeRoma, 10 ott. (askanews) – Netto peggioramento delle valutazioni delle imprese in Italia sulla situazione economica e delle aspettative sulle loro condizioni nei prossimi mesi. Lo riporta lka Banca d’Italia in base all’ultima indagine su inflaizone e crescita, condotta tra il 23 agosto e il 13 settembre presso aziende di industria e servizi con almeno 50 addetti.

Le valutazioni sulla situazione economica generale del Paese, così come le attese sulle proprie condizioni operative nei successivi tre mesi, sono significativamente peggiorate rispetto a quelle rilevate nel trimestre precedente, riporta Bankitalia, sebbene le difficoltà legate al costo dei beni energetici si siano ulteriormente attenuate. La dinamica della domanda complessiva si è deteriorata, risentendo del calo della componente estera per la prima volta dalla fine del 2020. Anche le prospettive sulle vendite si sono indebolite, pur rimanendo nel complesso ancora favorevoli.

I giudizi sulle condizioni per investire sono peggiorati, si legge, proseguendo la tendenza in atto dall’inizio del 2022, anche se le imprese continuano a prefigurare una crescita degli investimenti nel complesso del 2023, seppur più contenuta rispetto a tre mesi fa. Le prospettive sull’occupazione sono divenute meno favorevoli. I prezzi praticati dalle aziende nell’ultimo anno hanno continuato a rallentare e decelererebbero anche nei successivi 12 mesi. Le attese sull’inflazione al consumo si sono ulteriormente ridotte su tutti gli orizzonti temporali, riporta ancora l’indagine, attestandosi al 4,7 per cento sui 12 mesi (dall’8,1 nel quarto trimestre 2022, il valore massimo della serie) e al 4,2 e 3,8 per cento sugli orizzonti rispettivamente a 2 anni e tra 3 e 5 anni.

Fmi taglia previsioni pil Italia:+0,7% in 2023-24, frena Eurozona

Fmi taglia previsioni pil Italia:+0,7% in 2023-24, frena EurozonaMarrakech, 10 ott. (askanews) – Peggiorano le previsioni per l’economia italiana, anche in proporzione maggiore rispetto al rallentamento in corso nell’area euro e a livello globale. Il Fondo Monetario Internazionale nel suo World Economic Outlook, presentato agli incontri annuali in corso a Marrakech in Marocco, ha tagliato le stime di crescita dell’Italia di 0,4 punti percentuali rispetto alle precedenti stime di luglio portandole allo 0,7% con la previsione per il 2024 a sua volta tagliata di due decimi di punto sempre allo 0,7%.

Il Fmi prevede che la crescita nell’area dell’euro diminuirà dal 3,5% nel 2022 allo 0,7% nel 2023, prima di salire all’1,2% nel 2024. In ulteriore rallentamento la Germania, che da sola vale un terzo del Pil della zona della moneta unica e che archivierà il 2023 con una recessione (-0,5%) seguita il prossimo anno da un ‘rimbalzo’ dell’economia (+0,9%). Decisamente migliori le condizioni della Francia, seconda economia dell’area, che vede le previsioni per quest’anno migliorare al +1% e quelle del 2024 stabili al +1,3%. A livello globale gli economisti di Washington prevedono che la crescita globale rallenterà dal 3,5% del 2022 al 3,0% nel 2023 e al 2,9% nel 2024. Le proiezioni rimangono al di sotto del livello storico (2000-2019) medio del 3,8%, e mentre la previsione per il 2024 è in calo di 0,1 punti percentuali rispetto a quella formulata a luglio. Per le economie avanzate il rallentamento previsto è dal 2,6%. nel 2022 all’1,5% nel 2023 e all’1,4% nel 2024, in un contesto statunitense che evidenzia uno slancio più forte del previsto, con una crescita più debole del previsto nell’area euro.

La ripresa globale dalla pandemia di Covid-19 e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – si legge nel documento del Fmi – rimane lenta e irregolare. Nonostante la resilienza economica all’inizio di quest’anno, con un rimbalzo legato alla riapertura e progressi nella riduzione dell’inflazione rispetto ai picchi dello scorso anno, è troppo presto per rilassarsi. L’attività economica è ancora al di sotto dei suoi obiettivi del percorso pre-pandemico, soprattutto nei mercati emergenti e Nelle economie in via di sviluppo mentre le divergenze si stanno ampliando tra regioni. In particolare gli economisti di Washington segnalano diverse forze che stanno frenando il recupero. Alcune riflettono le conseguenze a lungo termine della pandemia, della guerra in Ucraina e l’aumento della frammentazione geoeconomica. Altri fattori sono più ciclici, compresi gli effetti dell’inasprimento della politica monetaria necessario per ridurre l’inflazione, il ritiro dei sostegni fiscali in un contesto di debito elevato ed eventi meteorologici estremi.

Si prevede infine che l’inflazione diminuirà costantemente a livello globale, dall’8,7%. nel 2022 al 6,9% nel 2023 e al 5,8% nel 2024. Ma le previsioni per il 2023 e il 2024 vengono riviste in aumento rispettivamente di 0,1 punti percentuali e 0,6 punti percentuali, e non si prevede un ritorno dell’inflazione agli obiettivi stabiliti fino al 2025, nella maggior parte dei casi. LE PREVISIONI DEL FMI PER IL PIL DEI PRINCIPALI PAESI E AREE

2023 2024 MONDO 3,0 2,9 USA 2,1 1,5 EUROZONA 0,7 1,2 GERMANIA -0,5 0,9 FRANCIA 1,0 1.3 ITALIA 0.7 0,7 GIAPPONE. 2,0 1,0 REGNO UNITO 0,5 0,6 CANADA. 1,3 1,6 CINA. 5,0 4,2 INDIA. 6,3 6,3 RUSSIA 2,2 1,1 Fonte: Imf, World Economic Outlook

Fmi, nel 2024 risale tasso disoccupazione,debito giù al rallentatore

Fmi, nel 2024 risale tasso disoccupazione,debito giù al rallentatoreMarrakech, 10 ott. (askanews) – Non c’è solo un’economia italiana sempre più lenta, con una crescita limitata allo 0,7% per quest’anno e il prossimo. Le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale delineano uno scenario preoccupante sia sul versante dell’economia reale, con un tasso di disoccupazione che l’anno prossimo tornerà a salire sia su quello della finanza pubblica, con il rapporto debito/Pil, il più alto d’Europa, che scende al rallentatore.

Secondo le previsioni Fmi contenute nel World Economic Outlook appena pubblicato, il tasso di disoccupazione italiano, vale a dire il rapporto tra numero di disoccupati e la forza lavoro, dall’8,1% del 2022 quest’anno calerà al 7,9% per poi tornare a risalire all’8% nel 2024. Più ombre che luci anche sul versante della finanza pubblica. Se il fabbisogno netto, la misura più usata del deficit, quest’anno si collocherà al 5% del Pil per calare al 4% nel 2024, ancora decisamente sopra la soglia europea del 3%, per il colossale debito pubblico italiano il rientro stimato è ancora più lento: dal 144,4% del Pil registrato lo scorso anno al 143,7% previsto per quest’anno al 143,2 stimato nel 2024. Una dinamica sulla quale poche ore fa la stessa Banca d’Italia ha mostrato la sua preoccupazione. Secondo via Nazionale il miglioramento previsto nel prossimo triennio è marginale e ciò espone i conti pubblici ad un rischio. «L’elevato rapporto tra il debito e il Pil è un serio elemento di vulnerabilità: riduce gli spazi di bilancio per far fronte a possibili futuri shock avversi, espone il Paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari, aumenta il costo del debito per lo Stato, le imprese e le famiglie», ha detto infatti lunedì Sergio Nicoletti Altimari, capo del dipartimento economia e statistica di Bankitalia, ascoltato in Parlamento sulla Nadef appena presentata dal Governo, che aggiorna il programma di finanza pubblica.

Industria, Istat: ad agosto produzione +0,2% su mese, -4,2% su anno

Industria, Istat: ad agosto produzione +0,2% su mese, -4,2% su annoRoma, 10 ott. (askanews) – Ad agosto l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,2% rispetto a luglio. Al netto degli effetti di calendario l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 4,2% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22, come ad agosto 2023). E’ la stima dell’Istat.

Nella media del periodo giugno-agosto il livello della produzione aumenta dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per i beni di consumo (+1,2%); diminuiscono, invece, i beni strumentali (-0,1%), i beni intermedi (-0,9%) e l’energia (-2,2%). Crescono, su base annua, solo i beni strumentali (+0,6%); diminuiscono, invece, l’energia (-4,7%), i beni di consumo (-5,7%) e in modo più marcato i beni intermedi (-6,3%).

Gli unici settori in crescita tendenziale sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+18,3%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,7%). I settori rimanenti sono tutti in flessione; quelle più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-22%), nell’attività estrattiva (-14%) e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,8%). “Ad agosto la produzione industriale – è il commento dell’Istat – cresce lievemente in termini congiunturali, recuperando solo in piccola parte il calo del mese precedente, grazie all’andamento positivo dei beni di consumo. Si osserva una moderata crescita anche su base trimestrale. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice complessivo è in diminuzione ad agosto, per il settimo mese consecutivo. In flessione pure gli indici relativi ai principali raggruppamenti di industrie, con l’eccezione dei beni strumentali”.

Nadef, la Corte dei Conti: “Spazi molto stretti” per gli obiettivi di rientro del debito e del Pnrr

Nadef, la Corte dei Conti: “Spazi molto stretti” per gli obiettivi di rientro del debito e del PnrrRoma, 9 ott. (askanews) – “Il quadro tendenziale descritto delinea spazi molto stretti sia per confermare e mantenere gli obiettivi di rientro, seppur graduale, del debito, sia per onorare gli impegni assunti con il PNRR”. E’ quanto segnala la Corte dei Conti nel corso dell’audizione sunna Nadef davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera.

“Esso – sottolinea la Corte – si fonda su una previsione di spesa nei principali comparti molto contenuta. Se appare, infatti, corretto l’implicito richiamo in tutte le aree dell’azione pubblica a un più attento utilizzo delle risorse, vanno considerati i rischi di ulteriore ricorso a maggiore indebitamento”. In particolare, prosegue la Corte dei Conti, “nel quadro delineato potrebbero emergere nuove occorrenze (contratti, eventuali necessità ulteriori sul fronte energetico, etc..), possibili aumenti di oneri (come, ad esempio, quote crescenti di garanzie escusse, in crescita già nel 2023), difficoltà di realizzazione di un programma di privatizzazione ambizioso e di dimensioni mai raggiunte nel recente passato. Tutti elementi che potrebbero incidere sul conseguimento degli obiettivi di riduzione del debito”.

Inoltre, “è fondamentale che la che fase di discesa del rapporto debito/Pil, intrapresa nel 2021, prosegua con continuità”, ha detto Carlino, spiegando: “Il permanere di prospettive di crescita superiori al potenziale ed un differenziale tra costo del debito ed incremento del Pil ancora ampiamente negativo sembrerebbero consigliare di sfruttare sin da ora la possibilità di stabilizzare la dinamica del debito, governandone una più sicura riduzione – ha aggiunto Carlino -. Un segnale ai partner europei e ai mercati che potrebbe rivelarsi particolarmente ‘produttivo’ in termini di credibilità oltre che di tassi, rinforzando l’effetto positivo che sicuramente deriverebbe da una decisa lotta all’evasione e da una più efficace politica di razionalizzazione della spesa preannunciate nel Documento”. La Corte dei Conti si sofferma in particolare sul capitolo privatizzazioni. Nella Nadef viene indicato “un programma di privatizzazione ambizioso e di dimensioni mai raggiunte nel recente passato” per il quale “si deve osservare come sarà necessario nei prossimi mesi offrire elementi più puntuali e circostanziati circa la nuova strategia”.

“Contrariamente al DEF viene ora annunciata la volontà di riprendere un programma di dismissioni mobiliari che sarebbe in grado di generare proventi da privatizzazioni per circa 1 punto di Pil nel triennio” rileva la Corte ricordando che “negli ultimi lustri si è assistito, non di rado, a repentini cambiamenti per quel che riguarda i proventi da privatizzazioni considerati di anno in anno nei quadri di programmazione economica e finanziaria”. “Nell’apprezzare la maggiore attenzione ora rivolta al tema della gestione attiva degli asset pubblici – prosegue la Corte – si deve osservare come sarà necessario nei prossimi mesi offrire elementi più puntuali e circostanziati circa la nuova strategia. Del resto, nella misura in cui da tale strategia sono attese risorse che vanno ad incidere nella dinamica del debito pubblico, tali informazioni avranno senz’altro il dovuto rilievo nel Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine che dovrebbe essere presentato in caso di approvazione del pacchetto di riforme della governance economica dell’UE”.

Borse nervose per Israele, analisti: rischi se conflitto si allarga

Borse nervose per Israele, analisti: rischi se conflitto si allargaMilano, 9 ott. (askanews) – Mercati europei in tensione dopo il weekend di fuoco in Israele. L’attacco di Hamas nel territorio dello stato ebraico ha innescato instabilità sui principali listini, con i guadagni concentrati sui titoli della difesa e del petrolio (trainati dal greggio che guadagna il 4%). “Crediamo che la volatilità rimarrà molto elevata nei prossimi giorni e che l’impatto sui mercati sarà sempre più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati”, sottolinea Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.

“L’attacco – ha aggiunto Diodovich – ha mosso notevolmente i mercati finanziari sulla scia dei timori degli investitori su una possibile escalation degli scontri in Medio Oriente con il possibile coinvolgimento di più Stati (Libano e Iran in primis)”. Per Benjamin Melman, Global CIO Asset Management di Edmond de Rothschild AM “il rischio principale è il peggioramento della situazione nella regione. Non solo l’Iran è un grande produttore di petrolio, ma potrebbe nuovamente bloccare lo Stretto di Hormuz e distruggere i campi petroliferi vicini”.

Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (UBP), sostiene che “il rischio che la più grande incursione in Israele dal 1973 si trasformi da evento localizzato a conflitto prolungato e che coinvolga un numero maggiore di Paesi dovrebbe essere tra le principali preoccupazioni degli investitori”. Con l’allargamento del conflitto, spiega, “una risposta globale che riduca l’offerta petrolifera iraniana, senza che l’Arabia Saudita compensi con un aumento della produzione, creerebbe un nuovo shock dell’offerta per i mercati energetici globali”. Per quanto riguarda i titoli azionari, Ig Italia segnala “i forti acquisti sul settore della difesa”, con Leonardo che a Piazza Affari avanza del 4%, mentre il Ftse Mib è in calo dello 0,7%, e Rheinmetall (+4,7%), Thales (+3,52%) e Bae Systems (+2,85%) che brillano nel resto d’Europa “sulla scia – nota Diodovich – di una potenziale aumento della domanda di armamenti”. Bene anche l’oil con Tenaris (+3%), Eni (+2,43%) e Saipem (+1,97%) tra i migliori a Milano.

Nelle prossime settimane, aggiunge Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, sono da “tenere sotto attenta osservazione” tre “indicatori chiave” come il petrolio, il dollaro Usa, che si rafforza oggi sull’euro, e l’oro, +0,7% oltre i 1.800 dollari l’oncia. “Il dollaro Usa – chiosa Flax – complici la stretta monetaria della Fed e la resilienza dell’economia statunitense, quest’anno è già salito del 2,1%. Se chiudesse al rialzo per il terzo anno consecutivo, il biglietto verde metterebbe a segno la più lunga serie di aumenti dal 2016, con conseguenti pressioni sui Paesi importatori di energia, in particolare gli emergenti come India e Cina”.

Usb: adesioni altissime allo sciopero di 24 ore del trasporto pubblico locale

Usb: adesioni altissime allo sciopero di 24 ore del trasporto pubblico localeRoma, 9 ott. (askanews) – Dai lavoratori del trasporto pubblico locale arriva la “migliore risposta a Salvini”, in quanto le adesioni allo sciopero di 24 ore proclamato dall’Usb sono “altissime”. Lo riferisce una nota del sindacato di base, snocciolando i primi dati sulle adesioni alla protesta.

La mobilitazione è stata indetta con le parole d’ordine “salario, sicurezza, dignità”, contro le “privatizzazioni selvagge” che “alimentano sfruttamento e precarietà con appalti, subappalti e subaffidamenti, contro i pesanti carichi di lavoro, contro le pesanti penalizzazioni salariali derivate dagli ultimi rinnovi contrattuali farsa, contro la mancanza di sicurezza sia per i lavoratori che per l’utenza”. Lo sciopero si è riversato anche sulle piazze di Roma, Mestre, Venezia, Bologna, Napoli, Perugia, Modena, Torino, Vicenza e Bari: “Gli autoferrotranvieri hanno manifestato contro le normative che limitano l’esercizio del diritto di sciopero e l’arroganza del ministro Matteo Salvini che ha impedito in modo illegittimo lo sciopero dello scorso 29 settembre”. La protesta ha raccolto la solidarietà dalle organizzazioni sindacali di altri Paesi europei: Fectrans dal Portogallo, Cgt dalla Francia e Rmt dal Regno Unito. Di seguito alcune delle adesioni registrate nella mattinata (bacini di utenza di Cosenza, Brescia, Genova e Trentino Alto Adige sono esclusi dallo sciopero).

Roma: trasporto gomma 80%, Roma Lido ferma, Metro A-B-C rallentate. Torino: oltre 80%. Perugia e Terni: circa 80%. Bari: 100% nelle Ferrovie Appulo Lucane. Regione Campania: Anm oltre il 70%, Air 50%, Eav ferme linee flegree e Circumvesuviana a singhiozzo, Atc oltre il 50%; Trieste: 60%; Gorizia Monfalcone e Grado: servizio urbano 60%, extraurbano 80%; Milano e provincia Nord-Ovest: 40%; Bologna: 90%; Modena: 80%; Cesena: 60%; Forlì: oltre il 60%; Toscana: Autolinee Toscane 75%; Ancona: 60%; Pesaro Urbino: 40%; Fermo: 50%; Abruzzo e Molise: 45%.

La Commissione europea ha versato la terza rata del Pnrr di 18,5 miliardi

La Commissione europea ha versato la terza rata del Pnrr di 18,5 miliardiRoma, 9 ott. (askanews) – “La Commissione europea ha versato oggi la terza rata del PNRR per un ammontare di 18,5 miliardi di euro”. Lo annuncia il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto in una nota.

“Il pagamento della terza rata fa seguito alla valutazione positiva della Commissione sul raggiungimento dei 54 obiettivi e traguardi previsti dal Piano, valutazione poi confermata dagli Stati membri UE nel Comitato Economico e Finanziario e nel successivo Comitato RRF” prosegue il Ministro. “Il pagamento della terza rata è la prova dei grandi progressi fatti nell’attuazione del PNRR. Con tale pagamento, l’Italia ha ricevuto 85,4 miliardi di euro, corrispondenti a più del 44% del totale del PNRR” prosegue Fitto. “Il pagamento odierno – aggiunge ancora il Ministro – è inoltre il frutto di una stretta e fruttuosa collaborazione con la Commissione europea e il risultato di un lavoro molto impegnativo per raggiungere obiettivi molto complessi relativi a riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’amministrazione pubblica e fiscale, nonché dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema sanitario. Il pagamento riguarda anche investimenti volti a promuovere la transizione digitale e verde e a sostenere la ricerca, l’innovazione e l’istruzione”.

“Il lavoro sul PNRR ora continua senza sosta per ottenere la valutazione positiva sulla richiesta di pagamento della quarta rata e sulla revisione del Piano, incluso il nuovo capitolo REPowerEU” conclude Fitto.

Carburanti, Mimit: prezzi in calo ma allarma impennata Brent

Carburanti, Mimit: prezzi in calo ma allarma impennata BrentRoma, 9 ott. (askanews) – “Il prezzo della benzina è sceso oggi a 1,945 euro, rafforzando una discesa continuativa del costo del carburante che, nelle ultime due settimane, ha visto una contrazione pari a 5,3 centesimi. Stesso trend per il gasolio che oggi registra un prezzo di 1,914 euro, con un decremento negli ultimi 14 giorni di 2,3 centesimi. Tale tendenza dei prezzi al ribasso potrà purtroppo subire delle conseguenze negative a causa delle turbolenze sui mercati derivanti dall’attacco di Hamas a Israele e da quanto potrà conseguirne, come si evidenzia anche dall’impennata del prezzo del Brent nella giornata di oggi, cresciuto a più di 87 dollari. Continua quindi a essere alta l’allerta del Mimit su questo fronte, attraverso le strutture di monitoraggio preposte”. Così una nota del Mimit sull’andamento dei prezzi dei carburanti.