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Borsa,Wall Street chiude in rialzo in vista della riunione della Fed

Borsa,Wall Street chiude in rialzo in vista della riunione della FedRoma, 13 giu. (askanews) – La Borsa di Wall Street ha chiuso in rialzo la seduta di martedì dopo che gli operatori hanno ostentato ottimismo sul fatto che gli ultimi dati sull’inflazione potrebbero convincere la Federal Reserve a evitare un rialzo dei tassi a giugno.

Il Dow Jones Industrial Average ha guadagnato 146 punti, o lo 0,4%, chiudendo a 34.212,12. L’S&P 500 ha guadagnato lo 0,7% chiudendo a 4.369,01 e il Nasdaq Composite è salito dello 0,8% a 13.573,32. L’indice dei prezzi al consumo Usa ha evidenziato che l’inflazione è aumentata dello 0,1% a maggio, in calo rispetto allo 0,4% del mese precedente, e ha guadagnato il 4% su base annua. La Fed deciderà la sua prossima mossa sulla politica mercoledì.

Mediaset, Pier Silvio Berlusconi: costruire gruppo più forte e più vivo

Mediaset, Pier Silvio Berlusconi: costruire gruppo più forte e più vivoMilano, 13 giu. (askanews) – “Il mio papà, il nostro fondatore, vi ha sempre amato tutti, uno per uno. E adesso il nostro dovere è seguire la sua impronta indelebile, lavorare, lavorare, lavorare. Con entusiasmo e rispetto. Oggi dobbiamo guardare avanti e impegnarci ancora di più, sempre di più. Dobbiamo costruire un gruppo ancora più forte e ancora più vivo”. Così recita un passaggio della lettera che, a 24 ore dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, l’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi ha inviato a tutti i collaboratori. “Lo dobbiamo fare per Mediaset. Lo dobbiamo fare per tutti noi – ha aggiunto – Ma soprattutto lo vogliamo fare per lui. Vi abbraccio forte. Siete nel mio cuore. E sarete per sempre nel suo cuore”.

Istat, oltre mezzo milione di occupati in più nel primo trimestre

Istat, oltre mezzo milione di occupati in più nel primo trimestreRoma, 13 giu. (askanews) – Oltre mezzo milione di occupati in più, disoccupazione in calo all’8,3% e tasso d’inattività in discesa al 33,8%. E’ quanto emerge dai dati Istat sul mercato del lavoro nel primo trimestre 2023.

Nei primi tre mesi dell’anno, dunque, prosegue la crescita tendenziale del numero di occupati (+513 mila, +2,3% rispetto al primo trimestre 2022), la cui stima si attesta a 23 milioni 250 mila unità; in aumento anche il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni che raggiunge il 60,6% (+1,5 punti). L’aumento dell’occupazione coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+542 mila, +3,7%) e gli indipendenti (+50 mila, +1%), mentre risultano in calo i dipendenti a termine (-79 mila, -2,7%); la crescita riguarda quasi esclusivamente gli occupati a tempo pieno (+498 mila, +2,7%), essendo molto contenuta quella di chi lavora a tempo parziale (+15 mila, +0,4%).

La diminuzione del numero delle persone in cerca di occupazione, che si attesta a poco più di 2 milioni di unità (-76 mila in un anno, -3,5%), ha interessato soltanto i disoccupati con precedenti esperienze di lavoro; in calo anche la quota di chi è alla ricerca di lavoro da almeno 12 mesi che scende al 54,3% del totale disoccupati (-4,5 punti), per un totale di 1 milione 139 mila persone. Il tasso di disoccupazione scende all’8,3% (-0,5 punti in un anno), in calo soltanto nel Centro-nord e soprattutto tra i giovani.

Nel primo trimestre 2023 prosegue il calo del numero di inattivi di 15-64 anni (-558 mila, -4,3% in un anno) che si attesta a 12 milioni 559 mila. Si riduce il numero di coloro che non cercano e non sono disponibili a lavorare (-234 mila, -2,2%) e, soprattutto, quello delle forze di lavoro potenziali (-324 mila, -12,5%), ossia della componente degli inattivi più vicina al mercato del lavoro. Il calo degli inattivi si riflette nella diminuzione del tasso di inattività 15-64 anni che arriva al 33,8% (-1,4 punti). I giovani di 15-34 anni mostrano la crescita più sostenuta del tasso di occupazione (+1,8 punti) e la riduzione più marcata del tasso di disoccupazione (-1,4 punti); la stessa dinamica, sebbene di minore intensità, riguarda i 35-49enni e i 50-64enni (in entrambi i casi +1,5 il tasso di occupazione e -0,1 punti quello di disoccupazione); la riduzione del tasso di inattività è invece simile tra i giovani (-1,3 punti) rispetto ai 35-49enni e ai 50-64enni (-1,5 punti in entrambi i casi).

Il numero di occupati, stimati dalla Rilevazione sulle forze di lavoro al netto degli effetti stagionali, risulta in aumento di +104 mila unità (+0,4% rispetto al quarto trimestre 2022) e si attesta a 23 milioni 361 mila; la crescita riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (+92 mila, +0,6%) e gli indipendenti (+27 mila, +0,5%), mentre mostrano un lieve calo i dipendenti a termine (-15 mila, -0,5% in tre mesi). Il tasso di occupazione sale al 60,9% (+0,3 punti in tre mesi); l’aumento coinvolge entrambe le componenti di genere ed è più intenso nel Centro-nord rispetto al Mezzogiorno. Il tasso di disoccupazione raggiunge l’8% (+0,1 punti in tre mesi) e quello di inattività cala al 33,7% (-0,4 punti). Mlp

In Borsa MFE chiude a +5,9%, morte Berlusconi accende speculazione

In Borsa MFE chiude a +5,9%, morte Berlusconi accende speculazioneMilano, 12 giu. (askanews) – Seduta sotto i riflettori a Piazza Affari per Mediaset nel giorno della scomparsa di Silvio Berlusconi. Le azioni MFE A, che danno diritto a un solo voto in assemblea, hanno guadagnato il 5,86% a 0,5005 euro, portandosi sui massimi degli ultimi 12 mesi, le MFE B, che danno diritto a dieci voti, il 2,32% a 0,7045 euro. I titoli si sono comunque sgonfiati dalla fiammata iniziale, quando avevano registrato rialzi del 10% circa subito dopo l’annuncio della morte del fondatore di Forza Italia.

MFE-MediaForEurope è la denominazione che ha assunto Mediaset nel 2021 con il passaggio della sede legale (ma non fiscale) in Olanda. La morte dell’ex premier accende un certo appeal speculativo sul gruppo televisivo in ottica di disimpegno/successione, ma Finvinest, la holding della famiglia che per oltre il 61% al momento fa capo a Silvio Berlusconi (ai 5 figli le quote restanti), ha un controllo “blindato” su MFE, detenendo il 48,6% del capitale. Percentuale che porterebbe al fallimento qualsiasi tentativo di Opa non concordata. In ogni caso, a oggi, non c’è alcun segnale che lasci intendere una volontà della famiglia di disimpegnarsi e con Vivendi, che nel 2016 tentò la scalata, non sembrano esserci segnali di allarme. La stessa Fininvest, nella nota in cui oggi ha ricordato la figura del fondatore, ha assicurato che “le attività proseguiranno in una linea di assoluta continuità sotto ogni aspetto”. Coi francesi, dopo cinque anni di battaglia, è stato firmato lo scorso anno un accordo “di pace”, che ha messo fine a tutte le pendenze legali e alle varie richieste di risarcimento milionarie, avviando un processo di vendita sul mercato dell’intera quota nel corso di un periodo di 5 anni. Vivendi ha poi favorito di recente il via libera dell’assemblea all’operazione di fusione per incorporazione di Mediaset Espana in MFE. Sullo sfondo resta la partita ProsiebenSat, l’emittente tedesca di cui il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi è primo azionista con il 29% circa.

Il titolo Mondadori – di cui Fininvest ha il 53,3% del capitale (69,5% dei diritti di voto) – ha chiuso in rialzo dell’1,54% a 1,982 euro. Poco mossa Banca Mediolanum – di cui la holding della famiglia Berlusconi possiede il 30% – che ha guadagnato lo 0,39% a 8,218 euro.

Fed in pausa, Bce verso nuovo rialzo tassi nonostante recessione

Fed in pausa, Bce verso nuovo rialzo tassi nonostante recessioneRoma, 12 giu. (askanews) – Le due maggiori banche centrali occidentali tornano in primo piano. Da domani inizia il direttorio della Federal Reserve americana, il Fomc che si concluderà mercoledì alle 20 italiane con le decisioni di politica monetaria, le nuove previsioni economiche e la conferenza stampa del presidente Jerome Powell.

La Federal Reserve sembra ormai alla fine della sua fase rialzista sui tassi di interesse, che ha portato sopra il 5% e ora potrebbe concedersi una pausa. Più complicata la situazione della Banca centrale europea. Il consiglio direttivo inizierà le discussioni mercoledì sera e giovedì mattina si svolgerà riunione operativa. Alle 14 e 15 comunicherà le sue decisioni sui tassi di interesse sulla politica monetaria, anche in questo caso accompagnate dalle nuove previsioni economiche. Mezz’ora dopo la presidente Christine Lagarde terrà una conferenza stampa esplicativa.

Dalla Bce è atteso un nuovo aumento dei tassi da 25 punti base, che porterebbe il riferimento sulle principali operazioni di rifinanziamento al 4% e che rischia di non essere l’ultimo. Il problema, per l’istituzione dell’eurozona, è che la revisione della scorsa settimana dei dati sul Pil ha creato un ulteriore elemento di pressione: l’area euro è caduta in recessione tecnica, dopo due trimestri consecutivi di contrazione, in entrambi casi del dello 0,1%. Intanto una molteplicità di indicatori hanno segnalato calmieramenti delle pressioni sui prezzi. Quindi, con l’economia in recessione, l’inflazione in netto rallentamento, l’istituzione si troverebbe a stringere ulteriormente i freni, inasprendo ancora le condizioni di finanziamento a carico delle banche e, di riflesso, su imprese e famiglie.

Una linea che ora sarà più faticoso giustificare. La Bce tende a concentrarsi sulla dinamica dell’inflazione di fondo, l’indice depurato da energia, alimentari e altre voci volatili, che solitamente si muove in ritardo rispetto alla dinamica generale, e che ancora si attesta su valori ritenuti troppo elevati, superiori al 5%. Nell’istituzione permangono fondamentalmente due tesi. La prima, quella dei “falchi”, che finora ha prevalso, sostiene che al momento il rischio di fare troppo poco in termini di rialzo dei tassi è più pericoloso di quello opposto, ovvero quello di fare troppo.

L’altra tesi, delle “colombe”, per quel che possono effettivamente valere queste suddivisioni grossolane, ritiene invece che ormai a questi livelli i due rischi vadano considerati alla pari, e che quindi serva un approccio più cauto sulle prossime mosse. Con l’aggravamento sancito dalla revisione dei dati sul Pil questa visione potrebbe guadagnare argomentazioni. Va sempre tenuto conto che oltre all’aumento dei tassi di interesse la Bce parallelamente sta effettuando anche una energica riduzione della mole del suo bilancio e conseguentemente dei fondi e delle liquidità disponibili nell’economia, sia riducendo progressivamente gli stock di titoli accumulati, sia mediante il venir meno dei maxi prestiti ultra agevolati concessi alle banche negli anni di crisi. In questo ambito, giovedì la Bce dovrebbe formalizzare la decisione, su cui ha esplicitamente annunciato di essersi orientata, di azzerare da luglio i rinnovi di titoli (prevalentemente pubblici) accumulati in portafoglio. Accelerando così il ritmo di questo inasprimento quantitativo “passivo” (perché non vende attivamente bond dai suoi stock, ma appunto non li rinnova quando scadono). Un elemento cruciale degli esiti del direttorio, a parte il rialzo dei tassi da 25 punti base che appare abbastanza scontato, riguarderà la terminologia che l’istituzione utilizzerà per le sue mosse future in particolare se dovesse cementare l’attesa di un ulteriore aumento da 25 punti base oppure se dovesse aprire a un atteggiamento di maggiore cautela. Così come del resto mercoledì un aspetto chiave sulla Fed sarà quello delle previsioni di inflazione. Perché saranno l’elemento chiave per capire se dopo l’attesa pausa di questo mese la banca centrale Usa potrebbe fare ulteriori mosse al rialzo, oppure se si stabilizzerà a lungo al valore attuale (i Fed funds sono al 5-5,25%).

Abi, Sileoni: avvii percorso per convincere Intesa Sp a rientrare in Casl

Abi, Sileoni: avvii percorso per convincere Intesa Sp a rientrare in CaslRoma, 12 giu. (askanews) – “Per convincere banca Intesa a rientrare nel comitato sindacale di Abi sarà fondamentale e indispensabile che Abi, e non io o la Fabi, costruisca insieme ad Intesa un percorso interno alla stessa Abi dove sarà fondamentale la presenza qualificata di personaggi che conoscono il mondo delle relazioni sindacali”. Lo ha affermato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, nella sua introduzione al 22mo congresso nazionale della Federazione autonoma bancari che si apre oggi a Roma.

“Non abbiamo voglia di perdere tempo, ma abbiamo soltanto un obiettivo: portare a casa un contratto nazionale per la categoria, mettendo in condizione i sindacati aziendali e di gruppo di svolgere al meglio la loro attività con regole chiare e trasparenti. Se Intesa deciderà di non rientrare nel comitato sindacale di Abi, ci sarà il rischio concreto che, nell’attuale clima di competizione economica e politica fra gli stessi gruppi bancari, qualcuno possa seguire Intesa e uscire dal Casl. Sarebbe un danno enorme per tutti, ma ripeto il percorso e l’iniziativa devono essere prese e tracciate da Abi, subito”.

Berlusconi, la costruzione di un impero economico e commerciale

Berlusconi, la costruzione di un impero economico e commercialeRoma, 12 giu. (askanews) – Se il suo excursus politico e le vicende giudiziarie richiedono pagine e pagine per essere raccontate, il percorso imprenditoriale di Silvio Berlusconi non è da meno. Laureato in giurisprudenza nel 1961 all’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla pubblicità; istrione e venditore nato, le idee certo non gli mancano e le conoscenze politiche e finanziarie per realizzarle nemmeno. Dalle esperienze giovanili di intrattenitore sulle navi da crociera e come venditore di elettrodomestici, passo dopo passo inizia a costruire un impero economico che lo porterà a posizionarsi stabilmente tra i primi 10 uomini più ricchi d’Italia e tra i primi 500 al mondo, dando vita a un gruppo che resta una delle maggiori realtà imprenditoriali italiane e che tutt’oggi impiega oltre 15 mila persone e si pone tra i grandi protagonisti internazionali nei settori della comunicazione e dell’intrattenimento, sui quali dalla metà degli anni Novanta ha progressivamente concentrato il proprio impegno espandensosi anche all’estero, in particolare in Spagna. Con l’intuizione della tv commerciale, Berlusconi ha saputo cambiare il volto innanzitutto della sua città natia – divenuta capitale dell’industria pubblicitaria italiana – e poi dell’intero Paese, influenzando notevolmente la cultura di massa degli italiani in tutti i suoi aspetti.

Gli esordi nel mattone con Edilnord negli anni ’60 e ’70: le operazioni a Brugherio, poi Milano 2 a Segrate e Milano 3 a Basiglio portano la sua firma. Negli anni ’80, l’ingresso da tycoon nel settore della piccola emittenza radiotelevisiva privata, trampolino di lancio per rivoluzionare il mondo della televisione e dar vita con Canale 5, Rete 4 e Italia 1 a un gruppo in grado di competere con la rivale pubblica ‘big’, la Rai. Un gruppo che ha anche forgiato negli anni numerosi talenti nel settore radiotelevisivo, del cinema, del giornalismo. I suoi investimenti hanno spaziato in innumerevoli campi che vanno dalla finanza (con Fininvest costituita nel 1975 e in seguito con Mediolanum in jv con la famiglia Doris), alla grande distribuzione (la Standa, acquisita da Fininvest nel 1988 dal gruppo Ferruzzi-Montedison e detenuta fino al 1998, a sua volta azionista della catena di videonoleggio Blockbuster Italia), al multimediale (con Mediaset costituita nel 1993 e quotata nel 1996), all’editoria (il gruppo Mondadori, Il Giornale, per citare i più importanti), alla pubblicità (con Publitalia), al calcio (il Milan, suo dal 1986 per quasi 30 anni, e poi il Monza).

Sull’origine delle fortune di Berlusconi e sui soci originari delle holding a monte della catena di controllo di Fininvest già decine di libri sono stati scritti e probabilmente altri ne seguiranno. Qualcuno ritiene che il finanziamento dei primi affari venne favorito dal padre Luigi, divenuto dirigente della Banca Rasini dopo una lunga carriera interna. Qualcuno ha teorizzato invece fonti opache. Di certo, in seguito furono facilitate dalle relazioni politiche, mai nascoste, in area Dc e Psi. Soprattutto quella con Bettino Craxi, che fu anche testimone delle sue seconde nozze, quelle con Veronica Lario, sposata nel 1990. E’ proprio al governo Craxi che si ascrivono i decreti che favorirono il sistema di syndication tra emittenti locali che aveva consentito alle tv di Berlusconi di trasmettere in contemporanea su tutto il territorio nazionale (cosa che la legge esistente consentiva allora alla sola Rai) e che hanno poi portato nel 1990 – tra infinite polemiche – alla stesura della legge Mammì di riordino del sistema radiotelevisivo. Dalla sua famosa “discesa in campo” in prima persona nell’agone politico, nel gennaio 1994, sebbene avesse lasciato ogni incarico operativo, gli interessi economici dell’impero di Berlusconi si sono intrecciati spesso con le decisioni politiche dei suoi governi, portando sotto i riflettori il mai risolto tema del “conflitto d’interessi”. Nell’occhio del ciclone sono finiti di volta in volta provvedimenti di varia natura, da quelli sull’imposta di successione a quelli a quelli sul falso in bilancio, oltre alla Gasparri, la legge delega del 2004 che ha portato nell’anno successivo al testo unico della radiotelevisione, regolando tra l’altro i tetti di affollamento pubblicitario.

La stessa decisione di entrare in politica sulle ceneri della prima Repubblica demolita da Tangentopoli, secondo i suoi detrattori, fu spinta da necessità personali, per salvare le proprie aziende dal fallimento. Il gruppo in capo a Fininvest aveva accumulato oltre 5mila miliardi di lire di debiti finanziari ed era stato di fatto “commissariato” dalle banche creditrici che avevano imposto la presenza del manager Franco Tatò (nel ruolo di Ad Fininvest dal 1993 al 1995) per riequilibrare i conti della società. Ad affiancare il Cavaliere negli affari nel corso degli anni è stata una manciata di fedelissimi. Primo tra tutti, di nome e di fatto, il top manager Fedele Confalonieri (amico sin dai tempi del liceo dai Salesiani), tuttora presidente di Mediaset; Ennio Doris (che fu suo partner in Mediolanum), Adriano Galliani (Ad del Milan dal 1986 al 2017 e di Mediaset dal 1986 al 1998, ora dell’A. C. Monza) e l’avvocato Vittorio Dotti (legale di Berlusconi e della Fininvest dal 1980 fino al 1996), con il quale si sciolsero i legami dopo che nel 1995 la fidanzata di allora di Dotti, Stefania Ariosto, divenne la “teste Omega” nel processo Sme contro lo stesso Berlusconi e l’avvocato Cesare Previti.

Ma anche il discusso Marcello Dell’Utri (condannato nel 2014 a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa in quanto ritenuto mediatore tra Cosa Nostra e lo stesso Berlusconi), che ebbe incarichi apicali in Publitalia e Fininvest. Molti, inoltre, i manager del gruppo di Berlusconi che hanno ricoperto anche incarichi politici tra le fila di Forza Italia, tanto da ispirare fiumi d’inchiostro sull’inedito binomio “azienda-partito”/”partito-azienda”. Tra i principali antagonisti di Berlusconi nel mondo del business, invece, non si può tralasciare Carlo De Benedetti, “l’Ingegnere”, già “patron” dell’Olivetti e poi del gruppo Cir-Cofide-Sorgenia, oltre che per lunghi anni dell’editoriale l’Espresso e del quotidiano La Repubblica. De Benedetti e Berlusconi si sono scontrati in un interminabile duello per oltre trent’anni, tra vicende personali e vicende imprenditoriali. Una su tutte la guerra di Segrate, le cui origini risalgono all’anno 1984 e della quale il Lodo-Mondadori fu un episodio centrale. La vicenda si arricchisce negli anni successivi di nuovi intricati capitoli giudiziari, fino ad arrivare al Lodo Mondadori-bis che si chiuse nel 2015. Mentre De Benedetti aveva accesso ai salotti dell’alta borghesia e dell’intellighenzia milanese, Berlusconi ha a lungo sofferto per l’esclusione dal “salotto buono” della finanza, ovvero Mediobanca. L’ostracismo da parte di Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi (e degli azionisti bancari) lo tenne fuori per molto tempo. Ma, dopo una lunga anticamera, sdoganata anche da Doris e dagli allora amici del Cavaliere Tarak Ben Ammar e Vincent Bollorè, la Fininvest entrò a fine 2005 nel capitale di Mediobanca, con una piccolissima quota che venne poi arrotondata fino al 2% e apportata al patto di sindacato, dove la famiglia Berlusconi è stata rappresentata prevalentemente da Marina. Fininvest è poi uscita dall’azionariato di Mediobanca nel 2021. Quanto a Bollorè, da cordiali relazioni d’affari, i suoi rapporti con Berlusconi si trasformarono in uno scontro acceso quando il timoniere della rivale francese Vivendi giunse a minacciare il cuore stesso dell’impero berlusconiano tentando nel 2016 la scalata, non riuscita, a Mediaset.

L’impero Fininvest: con Mediaset e Mondadori un gruppo da 4 miliardi

L’impero Fininvest: con Mediaset e Mondadori un gruppo da 4 miliardiMilano, 12 giu. (askanews) – Con un fatturato di quasi 4 miliardi di euro e più di 15mila dipendenti, il gruppo Fininvest, fondato da Silvio Berlusconi a metà degli anni Settanta, è una delle maggiori realtà imprenditoriali italiane che opera nei settori della televisione, della radio, del cinema e dell’editoria. La holding controlla i gruppi Mediaset (oggi MFE-MediaForEurope) e Mondadori, e ha un’importante partecipazione del 30% in Banca Mediolanum. Tre partecipazioni che tutte assieme oggi valgono in Borsa oltre 2,8 miliardi di euro. Dal 2018 possiede anche il 100% dell’A.C. Monza, dopo essere stata per 31 anni proprietaria del Milan. Oltre alla passione per il calcio la holding di casa Berlusconi racconta anche il legame dell’ex premier con la città di Milano: dal 1978, infatti, è sua la proprietà del Teatro Manzoni. Tramite Fininvest Real Estate & Services gestisce inoltre alcune proprietà immobiliari, come Villa Gernetto a Lesmo, e possiede Alba Servizi Aerotrasporti che governa la flotta aerea del gruppo.

Questo l’impero industriale che il fondatore di Forza Italia lascia ai cinque figli: la primogenita Marina, che è già presidente di Fininvest – carica che ricopre dal 2005 – e di Mondadori (dal 2003), il secondogenito Pier Silvio, amministratore delegato di MFE, e i figli del secondo matrimonio Barbara, Eleonora e Luigi. Fininvest è controllata per il 61,2% da Silvio Berlusconi, attraverso quattro holding. Il resto delle quote sono divise tra i figli: Marina e Pier Silvio hanno il 7,65% ciascuno, mentre Barbara, Eleonora e Luigi possiedono insieme il 21,42% attraverso la Holding Quattordicesima, di cui ognuno ha il terzo del capitale. Il restante 2% circa sono azioni proprie. Il bilancio 2021 di Fininvest – l’ultimo disponibile – vede il risultato netto della capogruppo in utile per 361,2 milioni rispetto alla perdita di 27 milioni del 2020, che scontava il venir meno dei dividendi delle partecipate a causa della pandemia. Lo scorso anno, alla famiglia Berlusconi Fininvest ha staccato dividendi per complessivi 150 milioni, in aumento rispetto ai 100 milioni dell’anno precedente. A livello consolidato, l’utile 2021 è stato di 360,2 milioni, più che raddoppiato dai 141 milioni del 2020, i ricavi sono saliti a 3,81 miliardi (+10,4%), con un avanzo di oltre 250 milioni. “Un dato che certifica una più che rassicurante stabilità finanziaria e che permette di considerare eventuali ulteriori opportunità di crescita”, spiegava Fininvest nella nota con cui a fine giugno 2022 l’assemblea dei soci aveva approvato il bilancio.

Allo sviluppo internazionale guarda MFE (la denominazione che ha assunto Mediaset nel 2021 con il passaggio della sede legale in Olanda) che, con 2,8 miliardi di ricavi e un capitalizzazione di Borsa complessiva di circa 1,7 miliardi, è il principale asset dell’impero Berlusconi. MFE non è solo la tv con Canale 5, Italia 1 e Rete 4, ma anche la pubblicità con Publitalia ’80, le radio con RadioMediaset (Radio 105, R101, Virgin Radio, Radio Monte Carlo e Radio Subasio), le torri con Ei Towers, il cinema con Medusa e le produzioni di fiction con TaoDue. Fininvest ha un controllo “blindato” su MFE, detenendo il 47,9% del capitale, percentuale che porterebbe al fallimento qualsiasi tentativo di Opa non concordata. Al momento, in ogni caso, non c’è nessun segnale che lasci intendere una volontà della famiglia di disimpegnarsi e con Vivendi, che nel 2016 tentò la scalata, non sembrano esserci segnali di allarme. Coi francesi, dopo cinque anni di battaglia, è stato firmato lo scorso anno un accordo “di pace”, che ha messo fine a tutte le pendenze legali e alle varie richieste di risarcimento milionarie, avviando un processo di vendita sul mercato dell’intera quota nel corso di un periodo di cinque anni. Vivendi ha poi favorito di recente il via libera dell’assemblea all’operazione di fusione per incorporazione di Mediaset Espana in MFE. Sullo sfondo resta la partita ProsiebenSat, l’emittente tedesca di cui il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi è primo azionista con il 29% circa. Più “tranquillo” l’asset Mondadori, di cui Fininvest ha il 53,3% del capitale (69,5% dei diritti di voto), per un valore di mercato di circa 270 milioni. Il gruppo, quotato in Borsa e che sette anni fa ha acquisito Rcs Libri, è oggi il maggiore editore di libri e tra i leader del settore magazine nel Paese. Ha chiuso il 2022 con ricavi a 903 milioni e realizzando il miglior risultato netto degli ultimi 15 anni a 52,1 milioni, che ha permesso di proporre un dividendo in crescita del 30%. E’ recente l’uscita dal Giornale, con la firma della cessione per 3,7 milioni della partecipazione del 18,45% detenuta nella società editrice del quotidiano, nell’ambito dell’acquisto da parte della famiglia Angelucci delle quote di maggioranza.

Fininvest possiede anche il 30% di Banca Mediolanum, una partecipazione che oggi vale in Borsa 1,8 miliardi. Un sodalizio, quello con la famiglia Doris, che dura dal 1982, ossia da quando Ennio Doris lanciò Programma Italia, la prima rete in Italia ad offrire consulenza globale nel settore del risparmio, con Silvio Berlusconi socio al 50%. Realtà che ha poi portato, nel 1997, alla nascita di Mediolanum. Restando in area finanziaria, nel 2021 Fininvest è uscita dall’azionariato di Mediobanca vendendo il suo 2% per 174 milioni. La partecipazione in Piazzetta Cuccia risaliva al 2007. Un legame (indiretto) con l’istituto di piazzetta Cuccia resta, essendo Banca Mediolanum azionista con il 3,4%. Infine il calcio. Dopo essere stato per 31 anni, fino ad aprile 2017, proprietaria del Milan, nel settembre 2018 la holding della famiglia Berlusconi ha rilevato il 100% del Monza sborsando 2,9 milioni e rilanciando il club, portandolo prima in Serie B e poi in A. Fininvest custodisce gran parte dell’attività dell’impero di Berlusconi ma l’ex premier ha conservato al di fuori della capogruppo altre proprietà, soprattutto immobiliari. E gli asset ai piani alti, diversi da MFE, Mondadori e Mediolanum, sono più difficili da valutare. Secondo l’ultima stima della rivista americana Forbes il patrimonio di Silvio Berlusconi ammonterebbe a circa 6,8 miliardi di dollari.

Ubs: acquisizione Credit Suisse completata, inizia nuovo capitolo storico

Ubs: acquisizione Credit Suisse completata, inizia nuovo capitolo storicoMilano, 12 giu. (askanews) – Ubs ha completato l’acquisizione dell’ex rivale Credit Suisse, realizzando la più grande fusione bancaria dal 2008 e creando un colosso globale della gestione dei patrimoni.

“Abbiamo completato l’acquisizione legale del Credit Suisse”, hanno annunciato i vertici di Ubs in una lettera aperta pubblicata sui giornali elvetici e internazionali, parlando dell’”inizio di un nuovo capitolo storico”. Nella lettera, i vertici di Ubs sottolineano la sua forte cultura aziendale e il suo approccio “conservativo” al rischio, chiarendo che non scenderà a “nessun compromesso”. Per evitare il collasso della seconda banca svizzera, il 19 marzo Ubs ha accettato di acquistare Credit Suisse su pressione delle autorità per 3 miliardi di franchi svizzeri. Il gruppo supervisionerà 5.000 miliardi di dollari di asset. La fusione pone fine ai 167 anni di storia del Credit Suisse, colpita negli ultimi anni da scandali e perdite.

Le due banche impiegano complessivamente 120.000 dipendenti in tutto il mondo, anche se Ubs ha già dichiarato che taglierà posti di lavoro per sfruttare le sinergie e ridurre i costi. Venerdì scorso, il Ceo di Ubs Sergio Ermotti ha avvertito che i prossimi mesi saranno probabilmente “accidentati”, poiché l’integrazione porterà a “ondate” di decisioni difficili, in particolare in materia di occupazione.

Piazza Affari chiude settimana in calo su dati macro, affonda Mps

Piazza Affari chiude settimana in calo su dati macro, affonda MpsRoma, 9 giu. (askanews) – Chiusura di settimana negativa per Piazza Affari sotto pressione per i dati macro con la produzione industriale di aprile scesa del 7,2% su base annua. L’Ftse Mib nel finale ha ceduto lo 0,41%, a 27.162 punti. In calo lo spread Btp-Bund che si porta a 173 punti base.

In calo anche le altre piazze europee: Francoforte cede lo 0,25%, mentre Parigi perde lo 0,12%. Giù anche Londra, con il footsie indietro dello 0,50%. Sul listino, pioggi di vendite per il titolo Mps che ha ceduto il 10,8% dopo che anche Bper ha smentito il suo interesse per la banca senese. In calo anche Bper che ha ceduto l’1,96% e Saipem, in calo dell’1,98%.

Sul fronte opposto, bene Erg che ha guadagnato l’1,83% e Leonardo in rialzo dell’1,28% sulla scia di nuovi contratti firmati.