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Alphabet conti terzo trimestre sopra attese, utile +34% a 26,3 mld

Alphabet conti terzo trimestre sopra attese, utile +34% a 26,3 mldMilano, 29 ott. (askanews) – Alphabet società che controlla Google ha chiuso il terzo trimestre con risultati superiori alle attese degli analisti grazie a un aumento dei ricavi pubblicitari e della domanda per i servizi cloud abbinati all’intelligenza artificiale. I ricavi sono aumentati del 15% a 88,27 miliardi di dollari, l’utile del 34% a 26,3 miliardi di dollari pari a un utile per azione di 2,12 dollari.


Guardano alle diverse aree di business, i ricavi pubblicitari sono aumentati del 10% a 65,8 miliardi, quelli legati al cloud hanno raggiunto gli 11,3 miliardi. In crescita del 62% anche gli investimenti a 13,1 miliardi concentrati soprattutto nell’intelligenza artificiale. “Lo slancio che sta attraversando l’azienda è straordinario. Le nostre soluzioni di intelligenza artificiale stanno dando i loro frutti attirando nuovi clienti con contratti sempre più importanti”, ha commentato il Ceo Sundar Pichai. In deciso rialzo il titolo nell’after hours +5% a 178,7% con un bilancio del +20% da inizio anno.

Arrivano nuovi dazi Ue sulle auto elettriche cinesi: dal 17% al 35,5%

Arrivano nuovi dazi Ue sulle auto elettriche cinesi: dal 17% al 35,5%Bruxelles, 29 ott. (askanews) – La Commissione europea ha adottato, oggi a Bruxelles, il suo regolamento di esecuzione che impone dazi compensativi anti-sovvenzioni sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina per un periodo di cinque anni. I nuovi dazi entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.


Le aliquote dei dazi, aggiuntivi rispetto a quelli già esistenti, sono calibrate individualmente su ciascun produttore cinese che esporta verso l’Ue, in modo da compensare l’effetto delle sovvenzioni ricevute da quelle imprese, che danneggiano l’equa concorrenza con i produttori europei, come ha concluso l’indagine condotta dalla Commissione sulla filiera dei veicoli elettrici a batteria in Cina. A partire dall’entrata in vigore delle misure, i produttori esportatori cinesi Byd, Geely e Saic, inclusi nel campione preso in conto dalla Commissione, saranno soggetti a dazi compensativi con aliquote pari rispettivamente al 17,0%, al 18,8% e al 35,3%. A seguito di una richiesta motivata di esame individuale, a Tesla verrà assegnato un dazio del 7,8%. Le altre società che hanno collaborato con l’indagine della Commissione saranno soggette a un dazio del 20,7%. Tutte le altre società che non hanno collaborato saranno soggette a un dazio del 35,3%.


“Parallelamente – riferisce una nota della Commissione -, l’Ue e la Cina continuano a lavorare per trovare soluzioni alternative compatibili con il Wto (l’Organizzazione mondiale per il commercio, ndr), che siano efficaci nell’affrontare i problemi individuati dall’indagine”. I nuovi dazi scadranno alla fine del periodo di 5 anni, a meno che non venga avviata prima una revisione della scadenza. “La Commissione – sottolinea la nota – rimane inoltre aperta a negoziare impegni sui prezzi (‘price undertakings’, ndr) con i singoli esportatori, come consentito dalle norme dell’Ue e del Wto”. Gli impegni da parte degli esportatori, in questo caso, riguarderebbero la fissazione di un prezzo minimo per la vendita nel mercato Ue dei veicoli elettrici cinesi importati, in modo da annullare comunque l’effetto dannoso delle sovvenzioni.


I dazi definitivi saranno riscossi a partire dal giorno dell’entrata in vigore del regolamento, e quindi comunque entro fine ottobre o inizio novembre. I dazi provvisori che erano stati imposti sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina il 4 luglio 2024, sottoforma di garanzie bancarie, non saranno riscossi. Questo significa che le auto elettriche cinesi arrivate nell’Ue negli ultimi mesi e ancora negli stock degli importatori potranno essere vendute sul mercato senza dover sottostare al costo aggiuntivo dei dazi. La Commissione monitorerà l’efficacia delle misure in vigore, anche per garantire che non vengano eluse. Ogni produttore esportatore che ha collaborato, o che è un nuovo esportatore, avrà il diritto di richiedere una revisione accelerata per stabilire un’aliquota di dazio individuale, prendendo in contro tutti i fattori che possono ridurre l’aliquota (per esempio se si dimostra che non riceve o non riceve più sovvenzioni, o che sono state ridotte). Gli importatori possono anche richiedere un rimborso se ritengono che il loro produttore esportatore non sia sovvenzionato o se il margine di sovvenzione è inferiore ai dazi pagati dagli importatori. Per essere accettata, questa richiesta deve essere debitamente comprovata.


L’indagine anti-sovvenzioni era stata annunciata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il 13 settembre 2023 durante il suo discorso sullo stato dell’Unione. “La decisione di oggi – sottolinea la nota – è basata sulle crescenti prove del recente e rapido aumento delle esportazioni a basso prezzo di veicoli elettrici a batteria provenienti dalla Cina verso l’Ue. Durante l’indagine, la Commissione ha seguito rigorose procedure legali, in linea con le norme dell’Ue e dell’Omc, consentendo a tutte le parti interessate, tra cui il governo cinese, le aziende e gli esportatori, di presentare commenti, prove e argomentazioni”. “L’Ue rimane il campione mondiale del commercio aperto, equo e basato sulle regole. La concorrenza è benvenuta, anche nel settore dei veicoli elettrici, ma deve essere sostenuta da equità e parità di condizioni”, afferma nella nota il vicepresidente esecutivo della Commissione e commissario responsabile per il Commercio, Valdis Dombrovskis. “Adottando queste misure proporzionate e mirate dopo un’indagine rigorosa, stiamo difendendo – sottolinea il commissario – pratiche di mercato eque e la base industriale europea. Parallelamente, rimaniamo aperti a una possibile soluzione alternativa, che sia efficace nell’affrontare i problemi individuati, e compatibile con il Wto”, conclude Dombrovskis.

Unicredit-Commerzbank, fonti Ue: fusione non è problema di governi

Unicredit-Commerzbank, fonti Ue: fusione non è problema di governiBruxelles, 29 ott. (askanews) – La possibile fusione tra le banche Unicredit e Commerzbank, osteggiata dal governo tedesco, è “un caso interessante, ma non è un problema per i governi, per non parlare dell’Eurogruppo. È un problema per i regolatori. È per l’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, costituita presso la Bce, ndr) e per la BaFin”, (l’Autorità federale di vigilanza sulla sicurezza e sulla protezione del settore finanziario in Germania. Lo ha detto oggi a Bruxelles un alto funzionario dell’Ue, rispondendo ad alcuni giornalisti, aggiungendo di avere “piena fiducia nella capacità di queste istituzioni esperte di formare una visione chiara sulle implicazioni di questa fusione, per come è stata prospettata, e di reagire di conseguenza”.


“Non penso che questa sia una decisione politica, e non dovrebbe essere una decisione politica, e sono sicuro che sarà gestita in modo obiettivo” da quelle Autorità di regolamentazione, ha concluso l’alto funzionario.

Poste, Azzone (Cariplo): interesse a investimento fino a 50 mln

Poste, Azzone (Cariplo): interesse a investimento fino a 50 mlnRoma, 29 ott. (askanews) – Su Poste Italiane “non c’è stato nessun contatto con il Mef, c’è un interesse di varie fondazioni, tra cui Cariplo a un possibile investimento in Poste, infrastruttura cruciale del Paese, rilevante e coerente con la nostra missione. Ma finché non ci sono i dettagli sull’offerta c’è solo un interesse di massima”. Così il presidente di Cariplo, Giovanni Azzone, e presidente di acri, rispondendo ad una domanda sul tema durante la conferenza stampa di presentazione dell’indagine realizzata con Ipsos su italiani e risparmio.


“Noi come fondazione Cariplo abbiamo dato la disponibilità a un investimento potenziale fino a 50 milioni di euro, ma da verificare in base alle condizioni”, ha ribadito. “Noi siamo interessati in generale a iniziative che hanno ricadute positive per il Paese e c’è un interesse generale. Nel momento in cui le condizioni saranno chiare verificheremo” se concretizzarlo.

Acri-Ipsos: due italiani su tre non investono, meglio la liquidità

Acri-Ipsos: due italiani su tre non investono, meglio la liquiditàRoma, 29 ott. (askanews) – A livello finanziario, le scelte degli italiani rimangono stabili nel segno di una certa cautela nell’approccio agli investimenti. Circa due terzi degli italiani sceglie di non investire, prediligendo la sicurezza percepita della liquidità e un terzo investe solo una piccola parte dei propri risparmi. Lo rileva l’indagine annuale “Gli italiani e il risparmio”, realizzata dall’Acri asseieme all’Ipos.


Si ridimensiona la crescita della propensione verso strumenti finanziari più sicuri, con una lieve crescita dei più propensi al rischio (9% vs 7% nel 2023), spinta da tassi di interesse in discesa per gli strumenti più conservativi, dice l’analisi, e dalle incertezze sulla resa dell’immobilitare. Aumenta quindi la necessità di valutare bene la rischiosità dello specifico investimento, mentre la rischiosità del proponente sembra un tema oggi meno rilevante, secondo Acri e Ipcoerentemente con la crescita della fiducia verso regole e controlli (39% vs 36% nel 2023).

Acri-Ipsos: generale miglioramento del clima economico in Italia

Acri-Ipsos: generale miglioramento del clima economico in ItaliaRoma, 29 ott. (askanews) – Il clima economico in Italia mostra segni di un generale miglioramento, rispetto allo scorso anno, che aveva già segnato il ritorno ad un cauto ottimismo, dopo un 2022 attraversato dall’avvio del conflitto in Ucraina, dal drammatico aumento del costo dell’energia e dalle ricadute pesanti sui prezzi, cui si era associato un periodo di incertezza politica. Lo riporta la tradizionale indagine annuale realizzata dall’Acri in collaborazione con Ipsos, all’antivigilia della Giornata mondiale del risparmio.


Una fotografia relativa al modo in cui gli italiani gestiscono e vivono il risparmio, alla luce del contesto Paese e della condizione socioeconomica personale. E’ basata su domande specifiche che mirano a cogliere il punto di vista degli italiani sul tema specifico della Giornata. Secondo lo studio il contesto appare oggi meno problematico, complice probabilmente la discesa dell’inflazione, a cui si accompagna la speranza di un abbassamento dei prezzi a breve, e la discesa dei tassi di interesse che per alcune famiglie e imprese, può rappresentare una boccata d’ossigeno per le proprie finanze.


Come certificato già da Istat, in Italia migliora la fiducia per il clima economico e la fiducia dei consumatori, certamente legata agli aumenti salariali dell’ultimo anno e ad un mercato del lavoro che continua a ridurre la disoccupazione mese dopo mese dal 2016. Lo studio Acri-Ipsos evidenzia un miglioramento del tenore di vita delle famiglie, che si attesta su livelli superiori a quelli pre-pandemia (49% le famiglie che dichiarano un tenore di vita migliorato o più facile da mantenere vs 44% nel 2018). É il risultato del calo rispetto al 2023 di famiglie in forte difficoltà economica e della crescita delle famiglie che hanno registrato un miglioramento. I soddisfatti per la propria situazione economica salgono quindi dal 56% al 64%. Nel frattempo le aspettative degli italiani riguardo al futuro appaiono orientate a dare molta fiducia alle capacità personali di affrontare la situazione (34% dichiara che la propria situazione migliorerà vs 15% che pensa che peggiorerà), rasserenati dall’aver gestito bene gli ultimi anni, e forti di un certo ottimismo sulla propria capacità di risparmio e di ricomposizione della spesa.


Le aspettative per l’economia mondiale appaiono migliori rispetto agli ultimi due anni, prosegue l’analisi, seppure non ottimistiche. Queste aspettative sono favorite da segnali di resilienza nei mercati globali e da una ripresa economica post-pandemia più robusta del previsto in diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, e dalla convinzione che i conflitti, per quanto gravi e rischiosi, non possano generare ulteriori danni all’economia del Paese. Quando si considerano, invece, le prospettive economiche dell’Europa e soprattutto dell’Italia, queste rimangono stabilmente negative (il saldo tra chi pensa che migliorerà e chi pensa che peggiorerà è rispettivamente di -16 vs -13 punti percentuali il 2023 e di -36 vs -37 punti percentuali).


Nello scenario attuale, a valle del rinnovo del Parlamento Europeo, si indebolisce la fiducia nell’Unione europea e nell’Euro, riporta l’indagine, specialmente tra le fasce di età più mature; al contrario, le nuove generazioni rimangono molto più positive (53% tra i 18-30enni vs 45% a totale popolazione). Nel complesso, è venuta meno la ripresa di fiducia del periodo post pandemico. A intaccare la fiducia hanno probabilmente contribuito diversi fattori, proseguono Acri e Ipos con un comunicato: le tensioni politiche interne all’Ue emerse con più forza all’indomani delle elezioni europee, comprese le questioni relative alla migrazione e alla gestione delle frontiere; i profondi cambiamenti nel panorama geopolitico e le tensioni per i conflitti in atto che hanno influenzato la percezione della capacità dell’Ue di mantenere una posizione forte e unitaria sulla scena internazionale. Secondo lo studio l’Europa che appare ancora come il luogo della libertà di scambio e movimento (29%), ma ingessata da troppa burocrazia (33%), e da una mancanza di omogeneità delle regole nei diversi Paesi, non riuscendo a far sì che tutti gli stati membri operino in modo trasparente e democratico. C’è una minore soddisfazione verso l’euro rispetto al picco del 2021 (40% vs 49% nel 2021), anche se la maggior parte degli italiani continua a ritenere che nel lungo periodo l’Euro offrirà un vantaggio (50%). Ciò nonostante, la maggioranza degli italiani continua a ritenere che l’uscita dall’Ue sarebbe un grave errore (61%).

Chi è Enrico Pazzali, presidente di Fond. Fiera Milano che si è autosospeso

Chi è Enrico Pazzali, presidente di Fond. Fiera Milano che si è autosospesoMilano, 28 ott. (askanews) – Enrico Pazzali è un manager milanese di lungo corso il cui nome, assurto agli onori delle cronache negli ultimi giorni per l’inchiesta sui dossier realizzati dalla sua Equalize Srl, era da tempo noto e stimato tra i palazzi della Milano che conta. Presidente (autosospeso) di Fondazione Fiera Milano, azionista di controllo di Fiera Milano, Pazzali è un uomo di relazioni considerato vicino al centrodestra, che, tuttavia, negli anni haincassato anche il sostegno dell’opposizione. Prova ne è il suo incarico, a partire dal 2019, alla guida della fondazione, che è stato assegnato dalla giunta regionale, di centrodestra, ma che ha ottenuto, come da Statuto, anche l’appoggio del Comune di Milano, guidato dal centrosinistra.


Milanese, classe 1964, il manager, dopo la laurea in economia aziendale, con specializzazione in organizzazione del Lavoro, presso l’Università Bocconi, inizia una carriera che lo porterà con diversi ruoli in diverse aziende, da Poste a Omnitel, Compaq, Shell e Bull, per approdare in Fiera Milano nel 2007, come direttore generale. Occuperà quella casella per un biennio, al termine del quale sarà nominato amministratore delegato, ruolo che ricoprirà fino al 2015. Gli attriti con l’allora presidente della Fondazione, Benito Benedini, e lo scandalo sulle infiltrazione mafiose in Nolostand, controllata di Fiera Milano di cui era consigliere di amministrazione, lo porteranno nell’anno di Expo ad allontanarsi dai palazzi meneghini per quattro anni: in quel periodo guiderà Eur Spa a Roma salvo poi rientrare a Milano nel 2019 come presidente della Fondazione Fiera. L’anno del Covid, il 2020 lo vedrà impegnarsi in una impresa, che gli varrà nuovo credito bipartisan tra politici locali e nazionali. E’ lui il manager dietro l’ospedale messo in piedi in tempi strettissimi nell’area della Fiera per il ricovero dei pazienti malati in terapia intensiva e, successivamente, per due centri vaccinali. Grazie a questa impresa, otterrà il massimo delle onorificenze cittadina e regionale: la Rosa Camuna 2021 (il premio speciale del presidente di Regione Lombardia) e l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano per aver “immediatamente risposto alla richiesta di collaborazione delle istituzioni durante i mesi più critici dell’emergenza sanitaria per il reperimento di spazi adeguati alla realizzazione di nuove infrastrutture sanitarie per il contrasto al Covid 19”.


Nella sua presentazione su LinkedIn si presenta come “business leader” con una “vera passione per le fiere, i congressi e l’Inter”. Sposato con due figlie, attuale consigliere di amministrazione dell’Università Bocconi e presidente del Comitato Bergamo-Brescia 2023, Pazzali era il nome che circolava tra gli ambienti del centrodestra come possibile candidato per il dopo Sala a Palazzo Marino. Ora questa eventualità sembra sfumare di fronte alle vicende giudiziarie che lo vedono indagato a Milano per associazione per delinquere finalizzata agli accessi abusivi alle banche dati, che venivano realizzati dalla Equalize, di cui è socio di maggioranza. “O troveremo una strada o ne costruiremo una”, è il motto che, su LinkedIn, scrive nella sua bio, citando il condottiero cartaginese Annibale che avrebbe risposto così a chi giudicava impossibile l’impresa di attraversare le Alpi con gli elefanti. Annibale quella volta, nonostante le perdite ingenti, riuscì nell’impresa.

Fond. Fiera Milano: Pazzali si autosospende per dedicarsi a propria difesa

Fond. Fiera Milano: Pazzali si autosospende per dedicarsi a propria difesaMilano, 28 ott. (askanews) – Enrico Pazzali si è autosospeso dall’incarico di presidente della Fondazione Fiera Milano. Lo comunica in una nota l’ente, al termine della riunione del comitato esecutivo.


“Il comitato esecutivo di Fondazione Fiera Milano ha preso atto della determinazione da parte del presidente, Enrico Pazzali di autosospendersi dalle proprie funzioni – si legge nella nota – al fine di potersi dedicare efficacemente alla propria difesa”. Come da statuto della Fondazione, precisa la nota, i poteri passano ora integralmente al vice presidente vicario, Davide Corritore.

Auto, Urso: da Volkswagen ancora un segno della crisi in Ue

Auto, Urso: da Volkswagen ancora un segno della crisi in UeBologna, 28 ott. (askanews) – L’annuncio di Wolkswagen di voler eliminare 3 impianti e migliaia di posti in Germania è un altro “segno della crisi dell’auto in Europa”. Se continua questo trend “nel 2027 non ci sarà più l’industria dell’auto” quindi “occorre anticipare le decisioni su quelle cause di revisione già previste nei regolamenti all’inizio del prossimo anno così da decidere insieme cosa modificare per salvaguardare l’industria Europea”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, all’inaugurazione della Casa del made in Italy a Bologna. “Chi è che per primo ha detto che la strada era sbagliata in Italia e in Europa? Il governo di Giorgia Meloni – ha spiegato Urso -. Anche i dati della Germania, la potenza automobilistica europea, ci danno purtroppo ragione. Non c’è tempo da perdere, non si può aspettare la fine del 2026 come è previsto dal Regolamento sui veicoli leggeri, per esaminare quello che è accaduto ed eventualmente modificare la rotta. Non si può aspettare la fine del 2027 come è previsto dal Regolamento sui veicoli pesanti per vedere quello che accade e poi eventualmente modificare la rotta. Non ci sarà più l’industria dell’auto nel 2027”. “Occorre, come abbiamo detto, anticipare le decisioni su quelle cause di revisione già previste nei regolamenti all’inizio del prossimo anno così da decidere insieme cosa modificare per salvaguardare l’industria Europea – ha aggiunto il ministro -. Perché altrimenti, alla fine del percorso nel 2035, non avremo un’industria net zero, avremo zero industria in Europa”.

Meloni: bisogna fare di più, ma l’Italia non è più il fanalino di coda

Meloni: bisogna fare di più, ma l’Italia non è più il fanalino di codaTorino, 28 ott. (askanews) – “Le cose vanno meglio e la direzione è giusta. Ma bisogna fare di più, e farlo meglio. Intendiamo andare avanti, a partire dalla nuova legge di bilancio, non solo confermando tutti i provvedimenti che hanno funzionato ma anche rafforzando e rendendone strutturali altri. Diventa permanente il taglio del cuneo, che sarà un taglio fiscale al posto dello sgravio contributivo attualmente in vigore”. Lo ha detto la premier, Giorgia Meloni, in un messaggio all’assemblea dell’Unione industriali di Torino.


“Confermiamo la decontribuzione per le mamme lavoratrici dipendenti con almeno due figli, e lo estendiamo anche alle autonome. Rinnoviamo la super deduzione del 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni e rifinanziamo strumenti molto importanti per le imprese, come la Nuova Sabatini”, ha ricordato Meloni. La strategia, ha aggiunto la presidente del Consiglio, è “molto chiara per dimostrare essenzialmente una cosa: è finito il tempo nel quale l’Italia si accontentava di rincorrere gli altri e di essere condannata ad essere il fanalino di coda. Sono convinta che, se ci consideriamo una squadra, l’Italia ha le carte in regola per aggiungere nuovi primati a quelli che ha già. È un obiettivo alla nostra portata. Il Governo farà la propria parte per raggiungerlo, e sono certa che anche voi non sarete da meno”.


La premier ha sottolineato che nei due anni di governo “abbiamo lavorato con un obiettivo molto semplice: creare un ambiente il più favorevole possibile a chi produce ricchezza e occupazione e fare in modo che le imprese e i lavoratori si trovassero nelle condizioni di fare al meglio il proprio mestiere”, ha detto. “Il resto del lavoro lo ha fatto il nostro sistema produttivo e industriale, la sua intraprendenza e la sua capacità di innovazione hanno fatto la differenza, e i risultati si vedono. Siamo cresciuti più della media europea e dell’eurozona. L’Italia è tornata attrattiva per i grandi investimenti. Abbiamo conquistato nuovi mercati e scalato la classifica dell’export, salendo al quarto posto e scavalcando prima la Corea del Sud e poi il Giappone. Il tasso di occupazione ha toccato il record del 62,3%, mentre quello di disoccupazione è sceso al 6,2%, il livello più basso da settembre 2007. Aumentano i contratti stabili, diminuisce il precariato, crescono anche i lavoratori autonomi. E questo è un segnale di grande fiducia, perché vuol dire che sempre più italiani si mettono in gioco”.