Ue, Fitto: allargamento? Serve riflessione su capacità finanziariaRoma, 22 ago. (askanews) – “Ucraina, Moldova, Georgia e i Paesi dei Balcani hanno lo status di candidati ma, ipotizzare da oggi per i prossimi anni un’Europa così grande, non comporta solamente il lanciare il cuore oltre l’ostacolo ma anche una riflessione: le nozze non si fanno con i fichi secchi. Che capacità finanziaria e che modello immaginiamo noi per costruire questa dimensione?”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, intervenendo al Meeting di Rimini.
Secondo il ministro si tratta di “tematiche che vanno messe di fronte alle scelte da mettere in campo perchè, diversamente, rischiamo di aprire una riflessione più generale senza poi avere la capacità, i mezzi e le strutture per poterla realizzare”.
Ue, Fitto: interrogarsi su priorità e costruire nuovo modelloRoma, 22 ago. (askanews) – “Dentro la questione istituzionale, certamente fondamentale, esiste un tema collegato alle grandi priorità sulle quali bisogna interrogarsi e dare delle risposte concrete. Il tema della difesa, il tema della politica estera, il tema collegato ai grandi flussi migratori, il tema collegato alle politiche industriali sono i pilastri su cui è necessario oggi interrogarsi per dare all’Europa questa funzione, evitando che l’Europa, talvolta, occupandosi di tanto altro rischi di entrare in contrasto nel rapporto con i singoli Stati membri”. In questa direzione “servirebbe un nuovo modello e, da qui al prossimo anno, bisognerà lavorare molto per costruire un progetto che sia in grado di tenere dentro queste grandi priorità e soprattutto di definire un contesto europeo non tanto in grado di guardarsi al proprio interno, ma cercando di guardare al proprio esterno, in grado di confrontarsi con tutti gli altri giganti. Questa è la sfida che abbiamo davanti”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, intervenendo al Meeting di Rimini.
S&P: tasso default società europee verso il 3,75% entro giugno 2024
Milano, 22 ago. (askanews) – Il tasso di default delle aziende europee degli ultimi 12 mesi con rating di grado speculativo potrebbe salire al 3,75% entro giugno 2024, dal 3% di giugno 2023. Sono le previsioni contenute in un report di S&P Global Ratings che analizza l’andamento del tasso di default delle società europee di grado speculativo.
I tassi d’interesse più elevati spingono le imprese a destinare una quota maggiore delle proprie vendite in calo al servizio del debito, mentre l’economia resiste, ma rallenta. Nello scenario pessimistico di S&P un rallentamento prolungato della crescita o una recessione potrebbero far salire il tasso di default al 5,5%. Ciò potrebbe verificarsi se l’inflazione core dovesse rimanere elevata e le banche centrali fossero costrette ad aumentare i tassi ancora più a lungo. Nonostante S&P ritenga che le probabilità di una recessione siano più basse, il rischio principale è rappresentato dalla capacità delle imprese di servire il debito in uno scenario di flussi di cassa già in calo. Sebbene molte aziende abbiano ancora la possibilità di ricorrere a saldi di cassa elevati o di liberare liquidità attraverso tagli alle assunzioni o alle spese in conto capitale, riacquisti di azioni o dividendi, queste opzioni sono generalmente meno disponibili per la maggior parte degli emittenti con rating inferiore.
Molti degli emittenti più deboli provengono da settori legati al consumo, come i beni di consumo, i media e l’intrattenimento, e si basano su una spesa di consumo resiliente. È probabile che questi settori contribuiscano maggiormente alle future insolvenze.
Colosso minerario BHP segna una battuta d’arresto nei profittiRoma, 22 ago. (askanews) – Il colosso minerario australiano BHP ha presentato i suoi conti annuali oggi, segnalando un crollo del 37% dei profitti a 13,4 miliardi di dollari (20,9 miliardi di dollari) dovuto a un calo delle entrate, in doscesa di 11,3 miliardi di dollari prevalentemente a causa del calo dei prezzi del minerale di ferro, dei prodotti metallurgici del carbone e del rame.
Questi risultati hanno portato a un taglio per gli azionisti del dividendo finale di 80 centesimi, portando il totale dell’intero anno a 1,70 dollari per azione, al di sotto delle aspettative degli analisti di 1,72 dollari per azione. Il pagamento per l’intero anno è sceso del 48% rispetto al dividendo dello scorso anno di 3,25 dollari per azione, pur restando il quarto più alto nella storia di BHP, a quanto segnala il Sidney Morning Herald. BHP è alle prese con costi di inflazione più elevati e prezzi delle materie prime più bass,i mentre il suo business chiave del minerale di ferro si trova ad affrontare due grandi incertezze: la crisi immobiliare in corso in Cina e i potenziali tagli alla produzione di acciaio da parte della centrale asiatica.
La domanda di materie prime è ancora relativamente robusta in Cina e India, ma il rallentamento economico globale sta colpendo i prezzi del minerale di ferro a causa dell’aumento dei costi, ha affermato la società nei suoi risultati per l’intero anno. I costi per gestire le miniere sono aumentati del 10% nel corso dell’anno finanziario, anche se la società ritiene di aver superato il picco e i costi stanno iniziando a stabilizzarsi.
“La domanda di materie prime è rimasta relativamente robusta in Cina e India anche se le economie dei paesi sviluppati hanno subito un sostanziale rallentamento”, ha affermato l’amministratore delegato Mike Henry. Le vendite di minerale di ferro della società mineraria australiana sono strettamente legate alla gestione all’andamento della crisi immobiliare cinese, visto che il principale sbocco di questo materiale è la produzione in Cina di acciaio destinato a questo settore.
La Cina produce mediamente un miliardo di tonnellate di acciaio all’anno e le autorità della seconda economia del mondo potrebbero imporre restrizioni entro pochi mesi per mantenere i livelli di produzione entro gli obiettivi ed evitare un eccesso di offerta, perché il 35% della produzione di acciaio del paese viene assorbita dal settore immobiliare e le nuove costruzioni sono crollate drasticamente.
Tecnologia e tempo libero segnano un boom: come sono cambiati i consumi in 30 anniRoma, 22 ago. (askanews) – E’ la tecnologia, con i pc e i prodotti audiovisivi e multimediali, ma soprattutto i telefoni, a segnare un vero e proprio boom nei consumi degli italiani negli ultimi 30 anni: i primi, con un aumento della spesa pro capite in termini reali del 786%, i secondi con un incremento addirittura del 5.339%; in forte crescita, all’interno del comparto del tempo libero, anche i servizi ricreativi e culturali (+93%); in calo i pasti in casa (-11,2%), mobili ed elettrodomestici (-5,1%) e il consumo di elettricità e gas (-12,2%), anche in virtù della riduzione degli sprechi e delle politiche di risparmio energetico. Quanto ai consumi complessivi, nel 2022 – con 20.810 euro pro capite – la spesa delle famiglie è ancora inferiore ai livelli del 2019 (20.914 euro) e nel 2024 non saranno recuperati i livelli di picco del 2007 (21.365 euro contro i 21.569 euro); il 2023, tuttavia, si può definire come l’anno del ritorno alla normalità grazie soprattutto al consistente contributo della filiera turistica che, rispetto all’anno scorso, registra aumenti consistenti per viaggi, vacanze e alberghi (+23,6%), servizi ricreativi e culturali (+9,7%), bar e ristoranti (+8%). In attesa della ripresa della manifattura esportatrice, sono questi i pilastri del terziario di mercato da cui può derivare una maggiore crescita economica auspicabilmente sostenuta anche da riforme e investimenti del Pnrr. E’ la fotografia scattata da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane tra il 1995 e il 2023.
I dati sintetici di lungo periodo “evidenziano chiaramente come nel 2022 la spesa pro capite reale non sia ancora tornata ai livelli del 2019. Tale recupero si completerebbe nella media dell’anno in corso. Tuttavia, nel 2024 non si sarebbero ancora recuperati i livelli del picco del 2007: oltre duecento euro di spesa a testa in meno”. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “la crescita dei servizi e del turismo potrebbe riportare quest’anno i consumi a un livello di normalità. Consumi che, peraltro, valgono il 60% del Pil. L’economia, però, è in fase di rallentamento e alcuni nodi sono ancora irrisolti. Mancano, infatti, all’appello un piano di rilancio del Sud, la piena realizzazione di riforme e investimenti del Pnrr e una profonda riforma fiscale in tempi rapidi”.
Prysmian scelta per progetti trasmissione energia via cavo GermaniaRoma, 22 ago. (askanews) – Prysmian Group, leader mondiale nel settore dei sistemi in cavo per l’energia e le telecomunicazioni, è stato selezionato dal TSO Amprion, uno dei principali gestori europei di sistemi di trasmissione, come preferred bidder per i due sistemi di connessione della rete offshore BalWin1 e BalWin2 e per il progetto in cavo terrestre DC34. L’accordo di preferred bidder prevede l’obbligo per le parti di negoziare in buonafede i punti ancora da definire dei progetti, con l’obiettivo di stipulare i contratti definitivi entro il 15 gennaio 2024. Prysmian si è impegnata a riservare la capacità produttiva e di installazione richiesta fino alla suddetta data. I contratti hanno un valore complessivo di circa 4,5 miliardi di euro. Lo rende noto Prysmian in un comunicato.
Questi tre progetti rientrano nel piano generale della Germania di installare 70 GW di energia eolica offshore entro il 2045 e permetteranno di trasmettere l’energia generata nel Mare del Nord ai consumatori delle regioni occidentali e meridionali del paese. “Questo accordo rappresenta un significativo passo in avanti per realizzare nei tempi previsti questi tre importanti progetti. Questo ci permette infatti di assicurare fino al 2030 i principali componenti dei nostri progetti offshore” ha dichiarato Hendrik Neumann, CTO di Amprion.
“Prysmian è fortemente impegnata nello sviluppo di reti elettriche più verdi e intelligenti, supportando Amprion, uno dei nostri clienti principali, nei propri importanti obiettivi di transizione energetica” ha sottolineato Hakan Ozmen, EVP Projects BU di Prysmian Group. BalWin1 e BalWin2 trasmetteranno fino a 2 GW di energia ciascuno dai futuri parchi eolici offshore che saranno costruiti all’interno del Cluster BalWin nel tratto tedesco del Mare del Nord ai punti di connessione della rete a Westerkappeln (Bassa Sassonia) e Wehrendorf (Renania Settentrionale-Vestfalia), favorendo così la transizione energetica nel cuore industriale della Germania. Ogni sistema in cavo sarà costituito da due cavi unipolari in rame ad alta tensione in corrente continua (HVDC) da ±525 kV con isolamento in XLPE per le sezioni sottomarine e l’isolamento P-Laser per le sezioni terrestri, più un cavo di ritorno metallico dedicato e un cavo in fibra ottica. BalWin1utilizzerà circa 1.070 km di cavi su un percorso di 358 km, mentre BalWin2impiegherà circa 1.100 km di cavi lungo un percorso di 376 km.
DC34 (numero 82 della Legge tedesca sul piano dei requisiti federali), rientrante nel Rhein-Main-Link, collegherà invece la sottostazione nell’area di Ovelgönne/Rastede/Wiefelstede/Westerstede (Bassa Sassonia) a una seconda sottostazione sita in Bürstadt (Hessen)per trasmettere fino a 2 GW di energia prodotta dai parchi eolici offshore nel Mare del Nord ai consumatori dell’area metropolitana Reno-Meno. Il sistema in cavo sarà composto da due cavi unipolari in rame ad alta tensione in corrente continua (HVDC) da ±525 kV con isolamento P-Laser, più un cavo di ritorno metallico dedicato. DC34 utilizzerà 2.100 km di cavi nel percorso attraverso la Germania.
Confcommercio: spesa famiglie 2023 torna a normalità grazie a turismoRoma, 22 ago. (askanews) – E’ la tecnologia, con i pc e i prodotti audiovisivi e multimediali, ma soprattutto i telefoni, a segnare un vero e proprio boom nei consumi degli italiani negli ultimi 30 anni: i primi, con un aumento della spesa pro capite in termini reali del 786%, i secondi con un incremento addirittura del 5.339%; in forte crescita, all’interno del comparto del tempo libero, anche i servizi ricreativi e culturali (+93%); in calo i pasti in casa (-11,2%), mobili ed elettrodomestici (-5,1%) e il consumo di elettricità e gas (-12,2%), anche in virtù della riduzione degli sprechi e delle politiche di risparmio energetico. Quanto ai consumi complessivi, nel 2022 – con 20.810 euro pro capite – la spesa delle famiglie è ancora inferiore ai livelli del 2019 (20.914 euro) e nel 2024 non saranno recuperati i livelli di picco del 2007 (21.365 euro contro i 21.569 euro); il 2023, tuttavia, si può definire come l’anno del ritorno alla normalità grazie soprattutto al consistente contributo della filiera turistica che, rispetto all’anno scorso, registra aumenti consistenti per viaggi, vacanze e alberghi (+23,6%), servizi ricreativi e culturali (+9,7%), bar e ristoranti (+8%). In attesa della ripresa della manifattura esportatrice, sono questi i pilastri del terziario di mercato da cui può derivare una maggiore crescita economica auspicabilmente sostenuta anche da riforme e investimenti del Pnrr. E’ la fotografia scattata da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane tra il 1995 e il 2023.
I dati sintetici di lungo periodo “evidenziano chiaramente come nel 2022 la spesa pro capite reale non sia ancora tornata ai livelli del 2019. Tale recupero si completerebbe nella media dell’anno in corso. Tuttavia, nel 2024 non si sarebbero ancora recuperati i livelli del picco del 2007: oltre duecento euro di spesa a testa in meno”. Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “la crescita dei servizi e del turismo potrebbe riportare quest’anno i consumi a un livello di normalità. Consumi che, peraltro, valgono il 60% del Pil. L’economia, però, è in fase di rallentamento e alcuni nodi sono ancora irrisolti. Mancano, infatti, all’appello un piano di rilancio del Sud, la piena realizzazione di riforme e investimenti del Pnrr e una profonda riforma fiscale in tempi rapidi”.
Meeting Rimini, intelligenza artificiale non è pericolo ma occasioneRimini, 21 ago. (askanews) – Intelligenza artificiale e inflazione non devono essere visti come un “pericolo”, ma come un’occasione per dimostrare la capacità del “made in Italy” di affrontare le sfide e di continuare a crescere. Lo hanno detto gli imprenditori al panel “Accettare la sfida del cambiamento per crescere” al Meeting di Rimini, alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
In Italia – ha detto Urso – mancano “i giovani e le competenze” e “mancano le competenze perché mancano i giovani”. Per questo motivo è incentivare la natalità la “strategia” del governo Meloni e questo impegno si ripercuote in tutti i provvedimenti, compreso il taglio del cuneo fiscale. Il ministro ha ricordato che l’Italia è il secondo paese agricolo in Europa, dopo la Francia, e il secondo paese industriale dopo la Germania. Su entrambi questi settori si può migliorare, come su quello del turismo, nel quale può ambire a diventare primo. Ma qualcosa manca e Urso ha affermato: “Sappiamo quello che manca: mancano i giovani e le competenze. Mancano le competenze perché mancano i giovani. Perché da che mondo è mondo, le competenze nelle società e nelle famiglie dovrebbero portarle i giovani”. Il presidente di Fondazione Adapt, Francesco Seghezzi, ha ricordato che negli ultimi cinque anni la popolazione da età lavorativa è diminuita 750 mila unità, l’età media dei lavoratori è aumentata da 38 a 44 anni, gli occupati con meno di 35 anni sono diminuiti di 3,6 milioni e i lavoratori con più di 45 anni sono cresciuti di 4,2 milioni. “In questo arco di tempo abbiamo completamente cambiato la struttura occupazionale italiana caratterizzandola da un invecchiamento della popolazione”.
“Le aziende – secondo Roberta Cocco, membro del Consiglio di Amministrazione de Il Sole 24 Ore – devono prepararsi a quello che sta avvenendo. Come? Attraverso la capacità di decodificare le innovazioni: reingegnerizzare i processi anche attraverso l’intelligenza artificiale significa offrire un beneficio all’azienda, migliorare la produzione, analizzare che le varie componenti lavorino nel modo adeguato”. Ma per questo “occorrono competenze”. Su questo si è soffermato Marco Hannappel, Presidente e Amministratore Delegato di Philip Morris Italia e Presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International, ricordando l’impegno alla formazione continua a tutti i dipendenti, dal momento in cui si viene assunti fino all’ultimo giorno di lavoro. Antonio Gozzi, Presidente Duferco e Presidente Federacciai, ha messo in risalto la “capacità degli italiani di fare di necessità e virtù davanti ai problemi degli ultimi anni”, a cui nessuno era preparato, “alla pandemia, alla guerra in Europa e all’inflazione”. “Nelle difficoltà e nelle incognite dei cambiamenti – ha detto Gozzi – non possiamo non ancorarci alle grandi capacità del made in Italy, sconfiggere la paura dobbiamo essere razionali, analizzare i problemi e affrontare soluzioni praticabili”.
Urso: riaprire miniere? Sì, dobbiamo estrarre materie prime criticheRoma, 21 ago. (askanews) – L’Italia deve produrre materie prime critiche, come il cobalto, anche riavviando un’attività estrattiva, per garantirsi autonomia strategica e contribuire a quella europea. L’ha affermato il ministro dell’Impresa e del Made in Italy Adolfo Urso intervenendo oggi al Meeting di Rimini.
“Dobbiamo puntare a renderci sempre più autonomi sul piano dell’autonomia strategica dell’Unione europea. Questo vale per le materie prime critiche”, ha detto Urso. “Qualcuno ha titolato: ‘(Urso) vuole riaprire le miniere in Italia’. Sì certo, perché meglio una miniera di cobalto in Italia, e noi siamo tra i più grandi possessori di giacimenti di cobalto in Europa, rispettando le regole del mercato del lavoro, la tecnologia, l’ambiente, meglio estrarre il cobalto in Italia per raggiungere la nostra autonomia strategica, che importare il cobalto realizzato in Congo, 63% del cobalto mondiale, lavorato in Cina e poi esportato in Italia”, ha affermato il ministro. “Perché io credo – ha detto ancora – che l’Italia sia più capace di rispettare le regole del lavoro, le regole dei diritti sociali e ambientali, di quanto lo possa fare il Congo nelle condizioni in cui è. E l’impatto per l’ambiente è lo stesso”. Urso ha anche detto: “Se vogliamo evitare di passare dalla subordinazione al carbon fossile russo, che c’è costato carissimo, alla subordinazione alla tecnologia green cinese, dobbiamo produrre materie prime critiche che ci servono in Italia: il litio, il cobalto, il manganese, il titanio. Siamo pieni di materie prime critiche. Dobbiamo lavorarlo in Italia e in Europa, per poi realizzare la tecnologia green e digitale che ci serve. In questa economia globale, l’Italia può diventare una potenza leader d’Europa. A livello globale”.
Urso: mano invisibile mercato insufficiente, serve lo StatoRoma, 21 ago. (askanews) – L’epoca della “mano invisibile del mercato” è finita: oggi anche paesi come gli Stati uniti si sono resi conto che non è sufficiente di fronte a sfide come quella del sistema cinese e si sono dotati di una politica industriale. Lo ha affermato il ministro dell’Impresa e del Made in Italy Adolfo Urso parlando oggi al Meeting di Rimini.
“Mi dicono che io sia diventato improvvisamente da reaganiano convinto quasi un fautore del socialismo di stato. Chi lo dice non ha capito i cambiamenti della storia dell’economia”, ha attaccato Urso. “Gli Stati uniti, che sono la patria del liberalismo, sin con la presidenza Trump e ancor più con la presidenza Biden, hanno fatto scendere in casmpo lo stato con una chiara politica finanziaria, energetica e industriale per rilanciare la produzione industriale negli Stati uniti. Perché gli Stati uniti, e parlo degli Usa, si sono resi conto che la mano invisibile del mercato, da sola, non può garantire condizioni di sviluppo a fronte di fenomeni quali quelli che sono realizzati in Asia, e non soltanto, in cui una pessima capacità di mettere insieme capitalismo di stato e Partito comunista hanno creato un sistema distorto. Che ora tra l’altro manifesta le sue crisi”, ha continuato il ministro.
“Ci siamo accorti di questo – ha detto ancora – durante la pandemia, quando si sono bloccate le fabbriche le auto di automobili perché mancava un chip. Quando le fabbriche farmaceutiche non potevano produrre un vaccino, un farmaco, perché mancavano gli elementi primari. Ci siamo accorti di come fosse vulnerabile la filiera produttiva”.