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60 anni di surgelati: l’innovazione a tavola che vale 4,8 mld

60 anni di surgelati: l’innovazione a tavola che vale 4,8 mld

Dai 3 kg pro-capite in 1980 ai 16 in 2021. Il 2022? Stabile grazie a horeca

Milano, 28 feb. (askanews) – Hanno accompagnato 60 anni di storia del nostro Paese, contribuendo a cambiarne le abitudini, alimentari e non solo. Parliamo degli alimenti surgelati, cresciuti in questi sei decenni col piede puntato sul pedale dell’innovazione, premiati da nove italiani su 10, che oggi ne consumano 16 chili pro-capite all’anno contro i tre del 1980. In vista della giornata del cibo surgelato il 6 marzo, l’Istituto italiano alimenti surgelati ripercorre le tappe di questo percorso che coincidono con i suoi 60 anni di attività. Era, infatti, il 1963 quando le principali industrie produttrici di surgelati fondavano Iias per valorizzare un prodotto che come ha detto il suo attuale presidente Giorgio Donegani, “ha portato a una rivoluzione nel nostro rapporto col cibo”.
“I surgelati grazie all’innovazione hanno saputo crescere continuamente nella fiducia prima che nei consumi grazie alla capacità di rispondere alle sempre nuove esigenze dei cittadini e dei consumatori – ha spiegato – a dimostrazione di come ormai il surgelato non sia più il prodotto che per tanti anni in passato è stato considerato emergenziale ma qualcosa che effettivamente è presente nelle scelte quotidiane”.
Sebbene l’invenzione di una macchina industriale per surgelare il cibo risalga a quasi un secolo fa, grazie a Clarence Birseye, che verrà ricordato come il fondatore della moderna industria del cibo surgelato, è negli anni 60 che inizia la diffusione su larga scala dei cibi sotto zero in Italia. Sono negli anni del miracolo economico, un po’ in ritardo rispetto ai Paesi dell’europa centro settentrionale, e la loro diffusione viaggia di pari passo con quella degli elettrodomestici: se nel 1958 solo il 13% possedeva un frigorifero, nel 1965 questa percentuale era quadruplicata raggiungendo oltre la metà della popolazione (55%). Del resto per conservarli in casa occorreva il freezer che arriverà solo alla fine del decennio. Negli anni 70 conquistano così un posto stabile nelle dispense italiane, ma è nel decennio successivo che le vendite accelerano. A fare il resto sarà ancora una volta l’innovazione, come l’Iqf (Individually quick frozen, il surgelato individualmente), che negli anni 90 imprime una svolta all’industria, vent’anni prima della sterzata portata dalla pandemia. Negli anni del distanziamento e dei lockdown, infatti, i surgelati consumati in Italia toccano le 940 mila tonnellate, guarda caso in concomitanza con la crescita del 21% delle vendite di freezer.
“I surgelati sono entrati nella vita degli italiani inizialmente con qualche diffidenza – ha spiegato Francesco Morace, sociologo e presidente di Future concept lab – perché la cultura italiana era legata alla tradizione ma quasi subito ha saputo in qualche modo conciliare la tradizione all’innovazione e questo è un elemento che abbiamo visto confermato in questi 60 anni. Anche perchè oggi parliamo di smart and sustainable un paradigma che mette insieme la qualità intelligente delle tecnologie e la qualità della sostenibilità”. “Forse – ha aggiunto – è l’innovazione tecnologica più profonda che è stata accettata più velocemente dagli italiani”.
Ma l’innovazione non è solo tecnologica. Ha dietro anche una ricerca di prodotto che, grazie allo zampino del marketing, ha reso iconici alcuni alimenti surgelati: “Io sono nato nell’anno in cui in Inghilterra sono nati i bastoncini di pesce che sono un prodotto iconico – ha ricordato Donegani – in Italia ci sono 10 milioni di famiglie che li mangiano di frequente, poi si è passati a un altro must che è quello dei minestroni e le patatine surgelate che oggi hanno un enorme successo”, rappresentando da sole (dati 2021) quasi il 15% del volume di alimenti surgelati. Ma non si può dimenticare la pizza, che grazie a una innovazione nei sistemi di preparazione negli anni Novanta, oggi copre il 10% dei consumi di surgelati nel nostro Paese, oltre a essere ambasciatrice del made in Italy alimentare nel mondo con un export che tra il 2019 e il 2021 è cresciuto del 18%. E ancora i piatti pronti, il cui successo arriva negli anni’90, grazie alla capacità della nostra industria alimentare di cristallizzare a -18 la tradizione gastronomica italiana.
E nel 2022 il mercato dei surgelati come ha risposto a inflazione e aumenti delle materie prime, dopo 4,8 miliardi toccati nel 2021? “Se noi guardiamo nella globalità il comparto, ci aspettiamo una sostanziale tenuta e sicuramente non una regressione in particolare per il fatto che la ristorazione che tanto ha sofferto negli anni scorsi si sta riprendendo – ha detto Donegani – Si sta assistendo all’inverso di quello che è accaduto nel periodo Covid con la ristorazione che dopo la batosta del 2020 ora sta tornando a crescere. Ci aspettiamo una tenuta con una messa in previsione di una leggera flessione del consumo domestico a fronte di una crescita del fuori casa”. Più nel dettaglio, “nel canale della gdo il 2022 ha avuto una prima parte positiva una seconda leggermente negativa che si compensano – ha spiegato Andrea Passamonti – All’inizio del 2023 c’è stata una leggera flessione ma nell’andare avanti ne corso dell’anno ci aspettiamo che ci sia un recupero”.

Conti pubblici,fonti Mef:impatto limitato superbonus su deficit 2023

Conti pubblici,fonti Mef:impatto limitato superbonus su deficit 2023Roma, 28 feb. (askanews) – Cresce l’attesa per la comunicazione da parte dell’Istat dei dati ricalcolati sui deficit italiano degli anni dal 2020 al 2022 a seguito delle determinazioni, anche Eurostat, sulla qualificazione contabile dei crediti d’imposta, che un peso molto rilevante hanno avuto nel cosiddetto Superbonus. In attesa che alle 11 di mercoledì l’Istat comunichi come e quanto tali crediti verranno ‘spalmati’ in aumento sui deficit degli ultimi 3 anni, fonti del Tesoro segnalano che per quanto riguarda il deficit 2023 – che gli ultimi documenti dell’esecutivo collocavano in via previsionale al 4,5% – gli effetti dovrebbero essere “limitati”. Tutto ciò grazie a tre ordini di fattori. Il primo fattore è stato lo stop avvenuto lo scorso 15 febbraio e deciso dal Governo per il meccanismo del superbonus 110%, che ha arrestato gli importanti effetti di spesa legati a tale provvedimento. Il secondo fattore che dovrebbe svolgere un effetto positivo sui conti pubblici riguarda la crescita economica per l’anno in corso che, rispetto alle stime dell’esecutivo, collocate nello scenario programmatico a un +0,6% del Pil, starebbero accelerando verso l’1%. Il terzo fattore riguarda il netto calo dei costi dell’energia con i prezzi del gas sul mercato internazionale che continuano a scendere.

Torna l’Isotta Fraschini, presentata l’hypercar Tipo 6 Competizione

Torna l’Isotta Fraschini, presentata l’hypercar Tipo 6 CompetizioneMilano, 28 feb. (askanews) – Isotta Fraschini riparte dall’Automobile Club Milano, dove nel 1904 ottenne la sua prima licenza di costruttore automobilistico. Il brand di auto sportive di lusso nato nel 1900 a Milano da un’idea di Cesare Isotta e dai fratelli Oreste, Antonio e Vincenzo Fraschini ha presentato in anteprima mondiale la Tipo 6 Competizione, la vettura che segnerà il ritorno al motorsport nel campionato World Endurance Championship (Wec) categoria Lmh, il prossimo luglio a Monza con il team Vector.
A ridare vita al brand, una cordata di imprenditori guidati da Alessandro Fassina, che ricopre la carica di presidente, attraverso il veicolo Isotta Major cui fa capo l’80% del capitale. I nomi degli altri soci non sono stati resi noti. Nel ruolo di Ad c’è Enzo Panacci, mentre la gestione sportiva è affidata a Claudio Berro, entrambi nel Cda. Il restante 20% del capitale è controllato da Nad Investment. “Le competizioni saranno il nostro veicolo di marketing, abbinate all’esclusività del Made in Italy e a performance uniche”, ha detto Fassina.
Il piano industriale prevede un investimento di 100 milioni di cui 25 già versati dai soci. Non è previsto il ricorso al finanziamento bancario. L’obiettivo è di produrre 50 esemplari Tipo 6 Competizione nei prossimi 4 anni. Dalla Tipo 6 Competizione nasceranno una versione Pista per piloti privati e una hypercar Stradale biposto che sarà in vendita dal 2026 al prezzo di 2,75 milioni di euro, più tasse. L’investimento per lo sviluppo dell’hypercar stradale, interamente personalizzabile, è stimato in circa 70 milioni, mentre l’obiettivo a tendere è di produrne 30/40 unità l’anno. “Ogni macchina sarà esclusiva, fino a progetti one-off. Con 30 vetture l’anno superiamo il break even. Come mercati guardiamo a Canada, Stati Uniti, Emirati e Cina. C’è parecchio interesse, una vettura l’abbiamo già venduta a un cliente italiano”, ha detto Fassina.
La Tipo 6 Competizione a trazione integrale, prodotta e sviluppata dalla Michelotto Engineering di Padova, è realizzata interamente in fibra di carbonio, ha una potenza di 1020 cavalli sprigionati da un motore elettrico all’anteriore e un V6 3.0 termico al posteriore. Il peso è inferiore ai 1.000 kg per uno 0-100 in 2,2 secondi.

Alleanza fiere Parma-Milano: Cibus diventa annuale, Tuttofood a ottobre

Alleanza fiere Parma-Milano: Cibus diventa annuale, Tuttofood a ottobre

Verso ok soci pubblici, governace blindata. A Milano 18,5% ente di Parma

Milano, 28 feb. (askanews) – Il percorso per sancire l’alleanza tra Fiera Milano e Fiere di Parma sembra essere ormai tracciato. Il sei marzo il Consiglio comunale di Parma dovrebbe approvare senza difficoltà la governance della società. Il sette toccherà all’assemblea dell’ente fieristico parmigiano (controllata da Crédit Agricole Italia, col 34,42%, da Comune e Provincia di Parma, ciascuno con il 19,58%, Camera di commercio locale, col 12%, Unione parmense degli industriali con l’8,44% e la Regione Emilia-Romagna con il 5,08%) che una volta dato il via libera passerà la palla al cda di Fiera Milano, che dovrebbe essere convocato a seguire.
A illustrare le prossime tappe, gli obiettivi e i numeri del progetto dei due enti fieristici, a lungo in competizione sul fronte delle fiere agroalimentari con le biennali Cibus e Tuttofood, l’amministratore delegato di Fiere di Parma, Antonio Cellie, in una audizione in commissione regionale. “Cibus ha dovuto competere dal 2013 in poi con Tuttofood nonostante la capacità nostra di tenere il punto grazie alla posizione di Parma equidistante dai principali distretti alimentari del Paese – ha detto il manager – per noi era diventato fondamentale far passare sotto nostra ala manifestazione di maggio che si tiene negli anni dispari”. Cibus infatti cade negli anni pari e la concorrente milanese negli anni dispari ma con la nascita di Cibus Connect, la fiera in formato ridotto di Parma organizzata negli anni dispari, la competizione si era acuita.
Di qui la ragionevole necessità di lavorare a “un’operazione di sistema” come l’ha definita Cellie che permettesse di creare una fiera competitiva a livello internazionale con i giganti come Sial (in Francia) e Anuga (a Colonia). Milano in cambio del conferimento di Tuttofood a Fiere di Parma ha chiesto “una partecipazione di minoranza qualificata – ha spiegato l’ad – che si attesta a un valore vicino al 18,5% perchè Tuttofood vale il 18,5% rispetto al totale Fiere di Parma”. Nel dettaglio l’operazione prevede un aumento di capitale riservato all’ente milanese che esprimerà un consigliere nel cda delle Fiere di Parma.
L’operazione, se andasse in porto, consentirebbe di “toglierci un concorrente quale è Tuttofood e fare sotto la regia italiana una grande fiera globale che non avremmo potuto fare a Parma” per ragioni di spazio ha spiegato ancora Cellie, assicurando che “Cibus è a Parma e resta a Parma e potrebbe diventare annuale: una volta liberato lo slot di maggio degli anni dispari potrebbe diventare annuale magari non ogni anno in grande formato con solo espositori nazionali con qualche ospite internazionale”. La fiera di Milano invece resterebbe una “biennale in anni pari a ottobre e non più a maggio con espositori internazionali”.
Passando ai numeri il progetto illustrato prevede di portare per Fiere di Parma “200mila visitatori in più all’anno, 10 milioni di ricavi annui in più per Fiere di Parma e 40 milioni di indotto annuo extra per il territorio”. Per l’ente fieristico, inoltre, nello scenario più prudente già nel 2023 l’operazione porterebbe i ricavi da 36 milioni a 50 milioni con un balzo oltre 56 milioni nel 2026, che “nel biennio sono pari a oltre 100 milioni avendo eliminato uno scenario competitivo”. L’Ebitda, invece, “anche nello scenario peggiore raddoppierebbe rispetto a quello dell’ultimo biennio con ovvi vantaggi industriali per gli azionisti”.
Altro nodo al centro del “faticoso percorso” che porterà all’alleanza è stata la governance. Nello statuto che verrà approvato, sono state poste “Tre condizioni – ha spiegato l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Emilia Romagna, Vincenzo Colla – nessuno può spostare la sede di Parma, nessuno può modificare lo statuto in assemblea straordinaria se non ha l’85% delle azioni, una blindatura notevole perchè per avere l’85% si devono mettere d’accordo in tanti sia pubblico e privati e poi vogliamo investimenti rispetto ai flussi di cassa così che la fiera di Parma possa continuare a crescere”. In questa operazione poi “è stato anche definito un patto di sindacato. Per la prima volta gli azionisti pubblici dentro le partecipate, enti locali ma anche la Camera di commercio non possono vendere le proprie quote sul mercato e poi siamo vincolati al rispetto dello Statuto a partire dall’articolo 14 che sancisce il vincolo 85% e assemblea straordinaria”.

Pmi e startup innovative, stanziati 60 milioni di euro per Equity Puglia

Pmi e startup innovative, stanziati 60 milioni di euro per Equity Puglia

Delli Noci e Piemontese: “Così spingiamo sviluppo Pmi innovative e attiriamo investimenti”

Roma, 28 feb. (askanews) – Sessanta milioni di euro per il nuovo avviso “Equity Puglia”, un intervento di ingegneria finanziaria finalizzato a dare alle piccole e medie imprese e alle startup innovative la possibilità di aumentare il livello di capitalizzazione e dunque la propria solidità patrimoniale, attraverso la partecipazione nel capitale aziendale di investitori specializzati. L’opportunità di accedere a questo tipo di operazioni non rappresenta solo un vantaggio economico o finanziario per le imprese ma ha anche un’importante valenza strategica grazie all’esperienza che i nuovi investitori potranno portare in dote a sostegno di ogni compagine imprenditoriale.
Il nuovo fondo sarà gestito dalla finanziaria regionale Puglia Sviluppo e cofinanzierà i fondi di investimento. A definire la nuova dotazione la giunta regionale nella seduta di oggi. Il provvedimento in sostanza aggiunge 41,7 milioni di euro alla somma inizialmente prevista pari a 18,3 milioni di euro. Risorse, queste ultime, che anticipano il nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2021-2027.
“Questo strumento che introduciamo per la prima volta in Puglia – spiega l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia Alessandro Delli Noci – è una spinta potente per lo sviluppo delle piccole e medie imprese e delle startup innovative. Darà loro l’opportunità di accrescere la propria competitività attraverso l’accesso al mercato del capitale di rischio in collaborazione con intermediari finanziari, che avranno la responsabilità di identificare e selezionare le iniziative da sostenere. Il fondo Equity, insieme ai Minibond, rappresenta un altro strumento complementare al tradizionale canale bancario. Non soltanto produrrà ricadute concrete sull’ecosistema delle imprese e delle startup innovative ma sarà anche un’importante leva per l’attrazione di investimenti in Puglia”.
Per aumentare la dotazione del nuovo strumento, è stata necessaria una variazione al bilancio di previsione 2023 e pluriennale 2023-2025. “Abbiamo la necessità di far fronte alle conseguenze determinate dalla crisi economica, sociale ed occupazionale generata dalla pandemia e allo stesso tempo a prevenire i nuovi contraccolpi sul sistema produttivo determinati dalla guerra nel cuore dell’Europa”, sottolinea il vicepresidente della Regione Puglia e assessore al Bilancio Raffaele Piemontese. “Per potenziare questa misura innovativa e dare maggiore impulso alle iniziative che si realizzeranno nei singoli territori, era necessaria la variazione di bilancio e soprattutto l’attivazione dei fondi della nuova programmazione Fesr 2021-2027, fondamentali per assicurare un’attuazione coerente ed efficace del nuovo strumento”.
Il prossimo step per l’attivazione della misura sarà la selezione degli intermediari finanziari gestori di fondi di investimento.

Da Eataly prosegue rilancio made in Italy: marzo mese di salumi e formaggi

Da Eataly prosegue rilancio made in Italy: marzo mese di salumi e formaggiMilano, 28 feb. (askanews) – Da Eataly marzo è il mese dei salumi e dei formaggi. Dopo il mese dedicato al pane, che ha portato a una vendita di 18mila chili di pagnotte a settimana, dal 6 marzo al 2 aprile salumi e formaggi saranno i protagonisti delle iniziative che permetteranno di raccontare profondità di assortimento, unicità e competenze degli specialisti e selezionatori che da oltre 16 anni lavorano dietro ai banchi del brand. Salumi e formaggi, d’altronde, rappresentano come pochi altri prodotti agroalimentari la straordinaria varietà della cultura enogastronomica italiana che ha origini da storia e tradizioni antiche e che ci è riconosciuta in tutto il mondo. In una classifica stilata a febbraio dal portale enogastronomico internazionale TasteAtlas, tra i primi 10 formaggi “da assaggiare almeno una volta nella vita”, otto sono italiani, e sono anche italiani alcuni celebri salumi posizionati entro la top cinque dei “40 alimenti da provare entro il 2023”.
“Salumi e formaggi sono tra i prodotti italiani più apprezzati nei nostri negozi in Italia e nel mondo, e fulcro del made in Italy – spiega Andrea Cipolloni, group Ceo di Eataly – Ogni giorno i nostri specialisti offrono ai clienti l’opportunità di vivere esperienze emozionanti che non possono essere date per scontate: il taglio dei crudi al coltello, la produzione quotidiana della mozzarella o la scelta di selezioni speciali provenienti da bravi artigiani. Siamo alla seconda tappa di un percorso che abbiamo iniziato raccontando la magia del nostro pane, e che porteremo avanti nel corso dell’anno per descrivere gli aspetti che rendono l’offerta di Eataly unica.”
L’assortimento di Eataly conta oltre 900 prodotti tra salumi e formaggi: dalle grandi denominazioni ai localismi creati da produttori artigianali e disponibili solo in alcuni negozi e per un ristretto arco di tempo, come, ad esempio, alcuni formaggi d’alpeggio. Tra i formaggi ci sono oltre 160 Dop, 14 Presidi Slow Food, varietà di formaggi a latte vaccino, pecorino, caprino, misto, bufalino o erborinati, passando dai freschissimi a quelli stagionati oltre i 120 mesi. Tra i salumi, oltre 50 Dop, 25 Igp, quattro Presidi Slow Food e una ricca selezione di oltre 20 prosciutti crudi in diverse stagionature: dalla Valle d’Aosta alla Toscana, dal Friuli-Venezia Giulia all’Emilia-Romagna fino alle regioni del Sud. L’assortimento comprende anche alcune specialità europee.
E a proposito di assortimento, sono circa 30 i nuovi prodotti che entrano a farne parte. Tra questi il Parmigiano Reggiano Vacche Rosse biologico, il Provolone del Monaco e la Fontina Dop Estrema d’Alpeggio, prodotta oltre i 2.000 metri sul livello del mare. Inoltre, porterà il taglio al coltello del prosciutto crudo in tutti i punti vendita con possibilità di scegliere sempre tra tre differenti tipologie di crudi di pregio. Novità anche per l’avvio del progetto pilota “I salami la gran selezione” che parte da Eataly Lingotto: 23 salami, tra interi e tranci, selezionati per dare visibilità al salame, facendone conoscere tipologie, stagionature e tradizioni. Sul fronte della didattica, invece, per tutto il mese i punti vendita ospitano degustazioni guidate direttamente dai produttori, mentre lezioni in aula e cene a tema arricchiscono i palinsesti di tutti i negozi.

Stellantis investe 155 mln usd in Usa per elettrificazione

Stellantis investe 155 mln usd in Usa per elettrificazioneMilano, 28 feb. (askanews) – Stellantis investirà 155 milioni di dollari in tre stabilimenti di Kokomo, Indiana, per la produzione di nuovi moduli di azionamento elettrico (EDM) che consentiranno di alimentare i veicoli elettrici che saranno assemblati in Nord America al fine di centrare l’obiettivo di coprire il 50% delle vendite negli Stati Uniti con veicoli elettrici a batteria entro il 2030.
Con oltre 25 lanci di veicoli elettrici a batteria (Bev) pianificati negli Stati Uniti da qui al 2030, gli EDM prodotti a Kokomo saranno integrati nei veicoli basati sulle piattaforme STLA Large e STLA Frame. L’EDM rappresenta una soluzione completa per i propulsori elettrici ed è costituito da tre componenti principali – motore elettrico, elettronica di potenza e trasmissione – racchiusi in un singolo modulo. Il nuovo EDM ottimizzato consentirà a ogni piattaforma di raggiungere fino a 500 miglia (800 chilometri) di autonomia.
“Mentre continuiamo con successo la nostra transizione verso un futuro decarbonizzato nelle nostre attività in Europa, stiamo ora impostando questi stessi elementi base per il mercato nordamericano”, ha affermato Carlos Tavares, Ceo di Stellantis. “Unendo i vantaggi dell’EDM con le nuove piattaforme Bev e le batterie innovative, saremo in grado di offrire ai nostri clienti una varietà di veicoli elettrici con prestazioni e autonomia senza pari a prezzi più convenienti. E grazie alle nostre capacità produttive interne e alla nostra competenza, riusciremo a farlo in modo estremamente flessibile ed efficiente”.
Gli investimenti riguarderanno gli impianti Indiana Transmission, Kokomo Transmission e Kokomo Casting. L’inizio della produzione è previsto nel terzo trimestre del 2024, dopo la riconversione degli impianti. L’investimento consentirà di mantenere oltre 265 posti di lavoro nei tre stabilimenti.
“Con oltre 7.000 dipendenti in Indiana, questi investimenti consentiranno di sfruttare le competenze produttive fondamentali della forza lavoro locale nei settori della fonderia, della lavorazione e dell’assemblaggio, essenziali anche nella fase di transizione del mercato verso un futuro elettrificato” ha dichiarato Mark Stewart, Coo di Stellantis North America.
Dal 2020 Stellantis ha investito quasi 3,3 miliardi di dollari in Indiana per promuovere la transizione verso l’elettrificazione. Ciò comprende anche un investimento di 643 milioni di dollari, recentemente annunciato, per la produzione di un nuovo motore per applicazioni tradizionali e Phev, una trasmissione a otto rapporti di nuova generazione e una gigafactory in joint venture con Samsung SDI.
Attualmente Stellantis gestisce cinque impianti per la produzione di sistemi di propulsione in Indiana: tre stabilimenti dedicati alle trasmissioni, una fonderia e uno dedicato ai motori.

Gewiss: oltre 1,1 mln per bonus caro energia a 2200 dipendenti

Gewiss: oltre 1,1 mln per bonus caro energia a 2200 dipendentiRoma, 28 feb. (askanews) – Saranno più di 2.200 i dipendenti del Gruppo Gewiss che potranno beneficiare del Bonus una tantum voluto dall’azienda per contrastare il rincaro dei prezzi dell’energia che nel corso degli ultimi mesi ha inciso profondamente sul costo della vita.
L’investimento complessivo che Gewiss sosterrà per l’iniziativa sarà di oltre 1 milione e 100 mila Euro e interesserà i collaboratori dell’headquarters e di tutte le filiali internazionali del Gruppo, che oggi vanta una presenza in oltre 100 Paesi del mondo.
“L’attenzione alle persone”, spiega il Presidente di Gewiss (Gruppo POLIFIN), Fabio Bosatelli, “è un punto cardine della nostra identità di Gruppo, un valore che ci è sempre stato riconosciuto e a cui vogliamo dare seguito con modalità nuove ed aggiornate, per rispondere alle sfide che ci troviamo ad affrontare oggi. Il complesso scenario a livello globale ha portato ad un aumento dei prezzi per l’energia, causando difficoltà quotidiane per molte famiglie. Abbiamo scelto quindi di introdurre questa misura come segno di vicinanza a tutti i nostri collaboratori nel mondo”.

Gas, Assocostieri: +35 mld metri cubi anno con nuovi rigassificatori Gnl

Gas, Assocostieri: +35 mld metri cubi anno con nuovi rigassificatori GnlRoma, 28 feb. (askanews) – “L’Italia è in grado di aumentare la capacità di rigassificazione del Gnl di 31-35 miliardi di metri cubi l’anno, nel caso vengano colte tutte le opportunità di investimento. Attualmente, tuttavia, si progetta di limitarsi ad interventi emergenziali”. Lo ha detto l’ingegnere Federico Rossi di Assocostieri, intervenendo alla conferenza Expanding Lng Import Capacity Europe 2023 – organizzata dalla London Business Conferences Group – che ha preso il via a Berlino.
Assocostieri ha ricordato come l’Italia dipenda fortemente dalle importazioni, il gas naturale arriva nel nostro Paese attraverso i gasdotti, oppure sotto forma di Gnl grazie alle navi metanifere. “I gasdotti – ha sottolineato Rossi – attualmente hanno una portata nominale di 133,7 miliardi di metri cubi, ed entro il 2030 questa capacità potrà arrivare a 154,7 miliardi di metri cubi, con un incremento quindi di 21 miliardi. Per quanto riguarda il Gnl, la capacità nominale al momento è di 16,25 miliardi di metri cubi, ma potrebbe crescere di quasi il 150%. Si potrebbe arrivare a 40 miliardi di metri cubi portando a compimento anche solo uno dei due terminali di rigassificazione in progetto in Sud Italia”.
Le strutture costiere che ricevono il Gnl via mare, “presentano un grosso vantaggio rispetto ai gasdotti: aprono il mercato a operatori differenti, la fornitura di conseguenza non viene assicurata da un unico soggetto. In una fase come quella che stiamo attraversando, giocano un ruolo fondamentale per garantire la certezza degli approvvigionamenti e la competitività del mercato”.
Secondo Assocostieri, quindi, “è necessario rafforzare il sistema dei rigassificatori, favorendo al contempo l’uso del Gnl per il trasporto navale, necessario per raggiungere gli stringenti obiettivi emissivi che l’Europa si è prefissa. Nel giro di uno o due anni entreranno in funzione i rigassificatori galleggianti di Ravenna e Piombino, che complessivamente garantiranno 10 miliardi di metri cubi in più l’anno”.
La capacità nominale dell’Italia potrebbe crescere ulteriormente con l’estensione dell’operatività dei terminali Sslng, nati come depositi costieri di Gnl dedicati al bunkeraggio e alla distribuzione locale su strada, per incorporare la funzione di rigassificazione, come già sta accadendo in diversi casi. In ottica di transizione energetica, non bisogna dimenticare come il puntare maggiormente sul gas e sul Gnl apre la porta alla conversione a bio-Gnl: un passaggio già avviato con la realizzazione di diversi impianti di liquefazione nell’ambito del “bando Gnl” che si sta definendo proprio in questi giorni.

Inwit e Legambiente insieme per monitorare l’inquinamento atmosferico

Inwit e Legambiente insieme per monitorare l’inquinamento atmosfericoMilano, 28 feb. (askanews) – Inwit e Legambiente si alleano per il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. La collaborazione prevede l’utilizzo delle torri di Inwit per misurare e monitorare, attraverso sensoristica IoT, alcuni parametri ambientali, relativi alla qualità dell’aria, a tutela della biodiversità, tra cui anidride carbonica, biossido di azoto e polveri sottili.
Le aree naturali oggetto del monitoraggio dell’inquinamento atmosferico saranno: Parco Nazionale Abruzzo, Lazio e Molise, Parco Nazionale della Maiella, Riserva Naturale Zompo lo Schioppo, e Riserva Naturale Monte Genzana Alto Gizio.
“La partnership con Legambiente testimonia il valore aggiunto della distribuzione capillare delle nostre torri sul territorio, in questo caso per la tutela della biodiversità – spiega Michelangelo Suigo, Direttore Relazioni Esterne, Comunicazione e Sostenibilità di Inwit -. Le torri di Inwit sono infrastrutture digitali, condivise e sostenibili, a disposizione degli operatori di telecomunicazione mobili e in grado di ospitare tecnologia avanzata IoT per effettuare il monitoraggio della qualità dell’aria e misurare gli impatti dei cambiamenti climatici, a beneficio dei territori e delle comunità nei quali operiamo”.
“L’inquinamento, insieme alla crisi climatica, alla perdita di frammentazione degli habitat, al sovra sfruttamento delle risorse, all’introduzione delle specie aliene invasive – dichiara Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente – rappresenta una delle principali minacce per la biodiversità e gli ecosistemi naturali. Per questo abbiamo deciso di affiancare INWIT in questo nuovo monitoraggio sperimentale che ci permetterà da un lato di fare il punto sulla qualità dell’aria in alcune aree protette italiane, dall’altra di capire al meglio le strategie e le misure da adottare per far fronte, in primis, al problema dell’inquinamento dell’aria, per tutelare la biodiversità e raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030”.