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Fmi stima inflazione eurozona 2025 a 2%, in linea con obiettivo Bce

Fmi stima inflazione eurozona 2025 a 2%, in linea con obiettivo BceRoma, 22 ott. (askanews) – Il Fondo monetario internazionale prevede che quest’anno l’inflazione media dell’area euro risulti più che dimezzata al 2,4%, a fronte del 5,4% dello scorso anno, e che poi si smorzi ulteriormente per portarsi al 2% il prossimo anno, per poi permanere a questo livello nell’orizzonte 2029. Le previsioni sono contenute nel Word Economic Outlook, pubblicato in occasione delle assemblee primaverili a Washington.


Dal prossimo anno secondo queste stime l’inflazione tornerebbe quindi esattamente al valore obiettivo della Banca centrale europea: 2% simmetrico. Per l’Italia il Fmi prevede un drastico ridimensionamento dell’inflazione sulla media di quest’anno, all’1,3%, a fronte del 5,9% del 2023, e poi un 2,1% nel 2025 e un 2% nell’orizzonte 2029.

Fmi stima aumento debito-Pil Italia: 2024 136,9%, 2025 a 138,7%

Fmi stima aumento debito-Pil Italia: 2024 136,9%, 2025 a 138,7%Roma, 22 ott. (askanews) – Quest’anno l’Italia dovrebbe riuscire quasi a dimezzare il rapporto deficit-Pil, al 4,4% secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale, a fronte dell’8% registrato lo scorso anno. Ma nel 2025 l’incidenza del disavanzo dovrebbe marginalmente risalire al 4,5%, mentre successivamente dovrebbe mostrare una dinamica di riduzione fino a calare al 3,3% nel 2029, comunque al di sopra della soglia stabilita dal Patto di stabilità e di crescita (3%) anche nella ultima revisione. Sono le stime contenute nel World Economic Outlook, pubblicato dal Fmi in occasione delle assemblee primaverili.


Guardando al debito pubblico, il Fmi pronostica una risalita al 136,9% del Pil quest’anno, dal 134,6% cui era calato nel 2023, e poi al 138,7% nel 2025. La dinamica di aumento dell’incidenza del debito proseguirebbe fino al 142,3% del Pil nel 2029. Il Fmi puntualizza che nel formulare le sue previsioni era a conoscenza del Def 2024 e degli aggiornamenti ai dati ufficiali dall’Italia disponibili allo scorso 4 ottobre.


Da segnalare che per la Francia il Fmi prevede un aumento del deficit-Pil al 5,5% quest’anno, dal 4,9% del 2023, e una stabilizzazione allo stesso livello anche nel prossimo anno, mentre nell’orizzonte 2029 si attende un ulteriore aumento al 5,8%. Guardando al debito-Pil dell’Esagono, il Fmi stima che dal 109,9% dello scorso anno salga al 112,3% nel 2024, al 115,3% nel 2025 e poi al 124,1% nell’orizzonte 2029. All’opposto per la Germania il Fmi stima un deficit-Pil in riduzione all’1,4% quest’anno, dal 2,4% del 2023, all’1,1% nel prossimo e un calo allo 0,5% all’orizzonte 2029. Il debito pubblico della Germania è stimato stabile al 62,7% del Pil quest’anno e poi in riduzione al 62,1% nel 2025 e al 57,8% nel nell’orizzonte 2029.

Auto, Confindustria: crollo settore mette a rischio crescita

Auto, Confindustria: crollo settore mette a rischio crescitaRoma, 22 ott. (askanews) – Il crollo del settore dell’auto, tornato circa al livello di produzione di inizio 2013, data la sua rilevanza, mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo: -26,1% la produzione a luglio 2024 rispetto a lu – glio 2023 contro il -3,8% della produzione industriale totale; nel comparto auto – veicoli propriamente detti il calo è ancora più profondo (-34,7%). A lanciare l’allarme è il Centro Studi di Confindustria nel rapporto con le previsioni d’autunno sottolineando che “la crisi dell’auto italiana costituisce un importante rischio al ribasso nello scenario di previsione del Pil italiano per il 2025”.


Il fenomeno, seppur legato alla debolezza della domanda, non è solo congiunturale. Secondo gli economisti di viale dell’Astronomia, “c’è anche qualche cambiamento nelle abitudini che riduce la domanda: tra i giovani sarebbe più basso il desiderio di utilizzare un’automobile rispetto alle precedenti generazioni; è in forte crescita il vehicle-sharing”. Ma incide sicuramente anche il costo: in Europa nel 2023 l’automobile elettrica più economica sul mercato era del 92% più costosa del corrispettivo più economico a combustione interna, a causa delle batterie, che incidono circa per il 40% sul totale dei costi; le differenze di prezzo aumentano man mano che si riduce la dimensione del veicolo. Prendendo a riferimento due motorizzazioni alternative di una stessa automobile di piccola taglia, su un arco di tempo di 10 anni, includendo tutti i costi, passare all’auto elettrica comporta un aggravio di spesa per un automobilista italiano pari a circa 5.700 euro, il 15% in più. Inoltre, i tempi di ricarica sono più elevati, l’autonomia di percorrenza notevolmente ridotta, la disponibilità delle infrastrutture per la ricarica ancora limitata e la performance della batteria si riduce progressivamente. L’associazione tra le trasformazioni in corso e il crollo della produzione nel settore dell’auto non sembra essere casuale. Ma il settore è troppo rilevante per l’economia italiana ed europea: solo il settore “core” rappresenta il 13% del fatturato manifatturiero europeo, il 6,3% della produzione manifatturiera italiana, un valore aggiunto di 15 miliardi e 170mila occupati in Italia. E senza contare tutto l’indotto domestico generato (con il quale il settore pesa il 5,6% del valore aggiunto complessivo secondo Anfia), che coinvolge soprattutto l’industria dei prodotti in metallo ma anche la gomma-plastica, le attività metallurgiche, la fabbricazione di macchinari e le apparecchiature elettriche.

Confindustria abbassa le stime del Pil: +0,8% nel 2024, +0,9% nel 2025

Confindustria abbassa le stime del Pil: +0,8% nel 2024, +0,9% nel 2025Roma, 22 ott. (askanews) – Crescita più bassa del previsto per l’Italia. Le previsioni del Centro Studi di Confindustria per l’economia italiana sono riviste al ribasso, rispettivamente di 1 e 2 decimi di punto all’anno, rispetto a quelle incluse nel rapporto dello scorso aprile: il Pil è previsto crescere del +0,8% nel 2024 e del +0,9% nel 2025. Stime più pessimiste, dunque, di quelle del governo che, nel Documento programmatico di bilancio, vede una crescita dell’1% per quest’anno e dell’1,2% per il prossimo.


Non sono da escludersi poi, secondo Confindustria, rischi al ribasso legati ad un eventuale slittamento nei tempi di realizzazione del Pnrr, all’eventuale allargamento del conflitto in Medio Oriente all’Iran o al crollo del settore auto che “mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo”. Il ritmo di crescita comunque, – fanno notare gli economisti di viale dell’Astronomia nel rapporto sulle previsioni d’autunno – è più alto di quello registrato dall’Italia, in media, nei decenni pre-pandemia. Le recenti revisioni dell’Istat implicano un’eredità statistica del 2023 sul Pil 2024 più bassa di 0,2 punti, interamente dovuta alla peggiore dinamica nel 2023, mentre quella nella prima metà del 2024 è rimasta invariata.


La dinamica del Pil nella media del 2024 sarà sostenuta prevalentemente dalle esportazioni nette, con un contributo di +1,2% risultante da un +0,2% delle maggiori esportazioni e un +1,0% dovuto al calo delle importazioni, e in misura minore dagli investimenti fissi lordi (+0,1%). Contribuiranno negativamente, invece, i consumi delle famiglie (-0,1%) e la variazione delle scorte (-0,4%), mentre sarà nullo l’apporto dei consumi collettivi. Nel 2025, invece, l’elemento trainante sarà costituito dai consumi delle famiglie (contributo di +0,5%), cui si aggiungeranno la crescita dei consumi collettivi (contributo di +0,2%), delle esportazioni nette (+0,1%, di cui +0,7% le esportazioni e -0,6% dovuto al miglioramento delle importazioni) e della variazione delle scorte (+0,4%), mentre sarà negativo l’apporto degli investimenti (-0,3%).


Nell’attuale contesto, lo scenario previsivo presenta alcuni rischi al ribasso, collegati tra loro. Secondo gli economisti di Confindustria, in primis, la piena efficacia del Pnrr è condizionata al rispetto dei tempi previsti. Il grande ammontare di risorse Pnrr programmate per il 2024-2025 “rende molto sfidante l’obiettivo di una piena attuazione e genera rischi al ribasso”. Altro fattore di rischio sono le guerre in Ucraina e in Medio Oriente che “si stanno protraendo nel tempo e la seconda si sta ampliando sempre più”. Si esclude nello scenario un allargamento all’Iran. Ma “se questo dovesse avvenire – avverte Confindustria – ne deriverebbero ulteriori effetti negativi sul commercio internazionale, sui prezzi di alcune commodity, segnatamente il petrolio e il gas, sui costi dei trasporti, sull’incertezza economica e finanziaria e quindi sulla fiducia di famiglie e imprese”.


Altro nodo è quello delòa dinamica dei prezzi al consumo che in Italia e in Europa ha intrapreso un percorso di graduale normalizzazione, ma con velocità molto eterogenee tra paesi: è molto più lento nella media dell’Eurozona. Il processo in essere “potrebbe richiedere un tempo maggiore del previsto, spingendo la Bce a ritardare il taglio atteso dei tassi di interesse, posticipando così gli effetti positivi per l’economia che deriverebbero dall’allentamento della politica monetaria”. Secondo il Csc il reddito disponibile è in crescita ma i consumi sono frenati dall’elevato tasso di risparmio. Nel biennio, tuttavia, scenderà grazie anche al taglio dei tassi, e questa dinamica favorirà la ripresa dei consumi. Prosegue il recupero delle retribuzioni reali soprattutto nel settore privato, con l’industria che vede il recupero più ampio e avanzato. Il meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari ha favorito un recupero dell’inflazione più veloce rispetto agli altri paesi europei. Calano le ore lavorate pro capite e recupera in misura modesta la produttività soprattutto nell’industria. Il numero di occupati continua a crescere in linea con il Pil. Allarme sul fronte degli investimenti che si fermano quest’anno, tornano ai livelli del 2008 e sono solo parzialmente compensati da quelli previsti dal Pnrr. La discesa prosegue anche nel 2025, soprattutto per quelli relativi alle abitazioni. Transizione 5.0 è, secondo Confindustria, da semplificare perché sia efficace. Il declino demografico accrescerà la carenza di lavoratori che già oggi è un problema: tra cinque anni la domanda supererà l’offerta di lavoro di ulteriori 1,3 milioni di unità. È cruciale intervenire per coprire questo fabbisogno. Inoltre i costi degli alloggi troppo elevati frenano la mobilità dei lavoratori ed esasperano le carenze di personale a livello territoriale. Il crollo del settore dell’auto, che quest’anno è tornato al livello di produzione di inizio 2013, è la conseguenza dei costi elevati delle auto elettriche. Data la rilevanza di questo comparto nell’economia, rappresenta “un rischio per la crescita italiana ed europea, sia a breve che a medio-lungo periodo”. Con il sistema Ets sempre più stringente e il Cbam operativo, le imprese europee continuano a perdere competitività. E anzi, crescono i rischi che alcune di queste – che rappresentano il 9% del valore aggiunto manifatturiero in Italia come in Ue – chiudano o vengano trasferite fuori dall’Ue. Riguardo all’inflazione, in media, quest’anno si attesterà al +1,1% da +5,7% nel 2023. E’ la stima del Centro Studi di Confindustria che, nell’ultimo rapporto di previsione, spiega che si tratta di una revisione al ribasso di -0,6 punti rispetto allo scenario di aprile. “Sono ormai lontani i record di inflazione toccati a fine 2022 (+11,8% annuo a ottobre), anche se – spiegano gli economisti di viale dell’Astronomia – in termini di livello dei prezzi non c’è mai stata una discesa, bensì una stabilizzazione su valori più alti in modo permanente (+15,5% rispetto a settembre 2022)”. Nel 2025, l’inflazione è attesa risalire in parte in corso d’anno, ma restando sotto la soglia Bce, arrivando al +1,8% in media. Tale scenario incorpora, anzitutto, un prezzo del gas più caro e viceversa un petrolio in calo. Nei mesi finali del 2024, come già nella prima parte, l’inflazione totale tende a aumentare man mano che la variazione sui 12 mesi dei prezzi energetici al consumo risale da valori molto negativi verso lo zero, coerente con la stabilizzazione (in media) delle quotazioni internazionali. Secondo fattore rilevante dello scenario di previsione è la sostanziale stabilizzazione dell’euro sul dollaro: ciò evita impatti addizionali in Italia sull’inflazione “importata”, tramite le materie prime che sono quotate in dollari. Ciò continuerà fino al 2025 a favorire il rallentamento dei prezzi al consumo.

Confindustria abbassa stime Pil: +0,8% nel 2024, +0,9% nel 2025

Confindustria abbassa stime Pil: +0,8% nel 2024, +0,9% nel 2025Roma, 22 ott. (askanews) – Crescita più bassa del previsto per l’Italia. Le previsioni del Centro Studi di Confindustria per l’economia italiana sono riviste al ribasso, rispettivamente di 1 e 2 decimi di punto all’anno, rispetto a quelle incluse nel rapporto dello scorso aprile: il Pil è previsto crescere del +0,8% nel 2024 e del +0,9% nel 2025. Stime più pessimiste, dunque, di quelle del governo che, nel Documento programmatico di bilancio, vede una crescita dell’1% per quest’anno e dell’1,2% per il prossimo. Non sono da escludersi poi, secondo Confindustria, rischi al ribasso legati ad un eventuale slittamento nei tempi di realizzazione del Pnrr, all’eventuale allargamento del conflitto in Medio Oriente all’Iran o al crollo del settore auto che “mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo”. Il ritmo di crescita comunque, – fanno notare gli economisti di viale dell’Astronomia nel rapporto sulle previsioni d’autunno – è più alto di quello registrato dall’Italia, in media, nei decenni pre-pandemia. Le recenti revisioni dell’Istat implicano un’eredità statistica del 2023 sul Pil 2024 più bassa di 0,2 punti, interamente dovuta alla peggiore dinamica nel 2023, mentre quella nella prima metà del 2024 è rimasta invariata. La dinamica del Pil nella media del 2024 sarà sostenuta prevalentemente dalle esportazioni nette, con un contributo di +1,2% risultante da un +0,2% delle maggiori esportazioni e un +1,0% dovuto al calo delle importazioni, e in misura minore dagli investimenti fissi lordi (+0,1%). Contribuiranno negativamente, invece, i consumi delle famiglie (-0,1%) e la variazione delle scorte (-0,4%), mentre sarà nullo l’apporto dei consumi collettivi. Nel 2025, invece, l’elemento trainante sarà costituito dai consumi delle famiglie (contributo di +0,5%), cui si aggiungeranno la crescita dei consumi collettivi (contributo di +0,2%), delle esportazioni nette (+0,1%, di cui +0,7% le esportazioni e -0,6% dovuto al miglioramento delle importazioni) e della variazione delle scorte (+0,4%), mentre sarà negativo l’apporto degli investimenti (-0,3%).

Casa, idealista: solo 5% immobili venduto in meno di una settimana

Casa, idealista: solo 5% immobili venduto in meno di una settimanaRoma, 22 ott. (askanews) – Il mercato immobiliare italiano mostra segnali di rallentamento nelle vendite rapide. Nel terzo quarter del 2024, solo il 5% degli immobili presenti su idealista, il portale immobiliare leader nello sviluppo tecnologico in Italia, è stato venduto in meno di una settimana. Questo dato rappresenta un calo del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando le vendite “express” rappresentavano l’8% del totale. La tendenza è stabile rispetto al secondo trimestre del 2024, in cui la quota di vendite rapide era identica. Secondo l’analisi, la maggior parte delle abitazioni, pari al 41%, è stata venduta entro un periodo compreso tra 90 giorni e un anno. Il 30% degli immobili è stato venduto tra uno e tre mesi, mentre l’11% è stato acquistato entro un mese dalla pubblicazione. Infine, il 13% delle vendite ha richiesto oltre 12 mesi. Brescia (17%) e Bologna (16%) si distinguono come i mercati più veloci per le vendite immobiliari in meno di una settimana, seguite da Milano con il 13%. Subito dopo, Verona, Palermo e Roma si attestano al 12%. Complessivamente, 32 capoluoghi superano la media nazionale del 5% nelle vendite rapide, tra cui spiccano Firenze e Napoli (10%), Genova (9%), Torino (8%) e Venezia (7%). Salerno, Pesaro, Macerata, Trapani, Como, Campobasso, Latina, Ancona, Vicenza, Siena e Messina registrano percentuali in linea con la media del 5%, mentre altri 45 capoluoghi si posizionano al di sotto di questa soglia. Nessuna vendita “express” è stata rilevata nel terzo trimestre a Massa, Frosinone, Oristano, Rieti, Foggia e Isernia. Il 60% dei capoluoghi monitorati ha visto una diminuzione delle vendite in meno di una settimana rispetto all’anno scorso. Le città che hanno registrato i cali più significativi includono Trieste (-26%), Isernia (-24%) e Fermo (-21%). Le città metropolitane non sono state immuni da questo fenomeno, con Palermo (-8%), Firenze (-5%) e Milano e Roma (entrambe -4%) in calo. Solo Torino ha mantenuto la stabilità. Al contrario, alcune città hanno registrato un incremento delle vendite “lampo”, con Brescia che guida con un aumento del 14%, davanti. Vendite express nelle province: Triveneto al top Trieste (15%), Venezia (11%) e Padova (10%) sono le province più veloci nelle vendite immobiliari in meno di una settimana. Le province di Milano e Roma, con il 5%, sono in linea con la media nazionale. Delle 106 province monitorate, 63 hanno visto una riduzione delle vendite rapide rispetto allo scorso anno, con Parma (-19%), Roma (-18%) e Firenze (-15%) che hanno subito le flessioni più marcate. Tra le province con aumenti, spiccano Pordenone (7%), Rieti (6%) e Varese (5%).

Boeing, stop sciopero dopo accordo con sindacati, salari +35%

Boeing, stop sciopero dopo accordo con sindacati, salari +35%Roma, 21 ott. (askanews) – La compagnia aerospaziale Boeing e i leader del sindacato di categoria hanno raggiunto un accordo provvisorio che potrebbe porre fine a uno sciopero che dura da oltre un mese e ha bloccato la produzione dei jet 737.


L’azienda ha offerto un aumento salariale del 35% in quattro anni e ora spetta ai sindacati presentare i dettagli di un possibile accordo ai suoi iscritti e farlo votare per mercoledì. Boeing sta perdendo circa 1 miliardo di dollari al mese e il suo CEO Kelly Ortberg ha annunciato piani per tagliare 17.000 posti di lavoro e vendere fino a 25 miliardi di dollari in azioni o debiti per tappare la perdita di liquidità. L’azienda ha annunciato una perdita trimestrale di 6 miliardi di dollari. Negli scambi mattutini a Wall Street Boeing sta guadagnando il 3,8%.

Disney, Nuovo Ceo nel 2026 e James Gorman diventa presidente CdA

Disney, Nuovo Ceo nel 2026 e James Gorman diventa presidente CdARoma, 21 ott. (askanews) – Il gigante dell’intrattenimento Walt Disney ha annunciato in un comunicato stampa che nel 2026 la società avrà un nuovo Ceo che succederà a Bob Iger. Per preparare la transizione la Disney ha nominato come presidente del suo Consiglio di amministrazione, l’ex Ceo di Morgan Stanley, James Gorman.


La successione non è stata facile alla Disney. Il consiglio ha licenziato il successore scelto da Iger, Bob Chapek, nel novembre 2022 dopo un mandato turbolento durato meno di tre anni. Iger è tornato al ruolo di CEO e ora gli azionisti Disney sono ansiosi di vedere un piano di successione che duri. Gorman aiuterà a condurre un “processo lungimirante, orientato al futuro e incredibilmente disciplinato”. In questo momento la Disney sta perdendo lo 0,34%.

La Russa: riscrivere nella Costituzione i confini politica-giudici

La Russa: riscrivere nella Costituzione i confini politica-giudiciRoma, 21 ott. (askanews) – “A chi spetta definire esattamente i ruoli della politica e della giustizia? Alla Carta costituzionale. In passato tutto sembrava funzionare. Dopo Tangentopoli non è più stato così. Ci sono magistrati che vanno oltre, dando la sensazione di agire con motivazioni politiche. E ci sono d’altro canto politici che hanno il dente avvelenato con i giudici. Se la Costituzione non appare sufficientemente chiara, si può chiarire meglio”. Lo ha affermato il presidente del Senato Ignazio La Russa in una intervista a Repubblica.


Propone una riforma complessiva del Titolo IV? “Perché no, potrebbe essere utile una riforma che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura. Perché così non funziona”, spiega La Russa. Quanto alle reazioni da destra alla sentenza dei giudici di Roma sui migranti trasferiti in Albania La Russa osserva che “una sentenza si può criticare. È sempre successo, a destra come a sinistra. Nordio l’ha definita abnorme. Significa: fuori dalla norma”. Meloni e la mail di un magistrato che la critica? “L’ha solo ripubblicata, senza commentarla. E ha fatto bene. Cosa può dire di più a un magistrato che dice a un altro magistrato di voler contrastare il governo e definisce pericoloso il premier?”, conclude La Russa.

Oro sale a nuovo massimo storico: 2.755 dollari l’oncia

Oro sale a nuovo massimo storico: 2.755 dollari l’onciaRoma, 21 ott. (askanews) – Nuovo massimo storico dell’oro. Nel corso delle contrattazioni mattutine l’oncia ha toccato quota 2.754,50 dollari, stabilendo il nuovo primato. Dall’inizio dell’anno le quotazioni del metallo prezioso per eccellenza sono salite di oltre il 27% e nel confronto con i livelli di un anno fa la crescita è del 32,31%.


Nei mesi passati l’oro era sostenuto dall’elevata inflazione, più di recente a spingere il metallo giallo ha contribuito l’incertezza che circonda le tensioni in Medio Oriente, ma anche quella sugli esiti delle imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Il Financial Times cita un’analista secondo cui l’oncia potrebbe raggiungere 3.000 dollari il prossimo anno.