1 maggio, sindacati a Potenza: non è una festa ma mobilitazioneRoma, 28 apr. (askanews) – Sarà un primo maggio di mobilitazione e non una festa quella che Cgil, Cisl e Uil celebreranno lunedì prossimo a Potenza. Per le tre confederazioni non ci sono le condizioni per festeggiare: troppi lavoratori sono precari o poveri, le morti sul lavoro sono un’emergenza nazionale, troppi giovani non trovano un’occupazione, i salari sono troppo bassi e sono stati erosi da un’inflazione che ha raggiunto il 10%, i pensionati vivono con assegni da fame.
Quella del capoluogo lucano è stata una scelta per porre l’accento sulla difficile situazione economica e sociale delle regioni meridionali; una città simbolo del Mezzogiorno dal quale ripartire con una nuova stagione di sviluppo e crescita. Il tradizionale appuntamento, quest’anno dedicato al 75esimo anniversario dall’entrata in vigore della Costituzione, si svolgerà nelle stesse ore in cui il consiglio dei ministri è chiamato a varare il decreto lavoro. Un provvedimento su cui non mancano le critiche dei sindacati, che giudicano insufficiente il taglio del cuneo pari 15-18 euro al mese manifestando anche preoccupazioni per la riforma del reddito di cittadinanza e l’ipotesi di reiterare per tre anni i contratti a termine. Diversità di vedute che saranno confermate nell’incontro di domenica sera a Palazzo Chigi, alle 19, con la presidente del consiglio, Giorgia Meloni.
Una convocazione a pochissime ore dal varo del decreto che ha lasciato perplessi i leader sindacali, che nelle settimane scorse hanno deciso le tappe della mobilitazione unitaria contro il Governo per una vera riforma fiscale, lotta alla precarietà, salari più alti, più risorse per sanità e welfare. A maggio, per tre sabati consecutivi Cgil, Cisl e Uil saranno in piazza (il 6 a Bologna, il 13 a Milano e il 20 a Napoli) a conclusione di assemblee nei luoghi di lavoro. Il 20 maggio è la deadline fissata per ottenere risposte concrete dall’esecutivo sulle richieste contenute nella piattaforma unitaria. Se non ci saranno, la mobilitazione andrà avanti con forme e modalità che saranno discusse negli organismi direttivi e unitari con lo sciopero generale che, a quel punto, diventerebbe un’opzione concreta.
“Non ci piace essere convocati quando il provvedimento è già preso. Sarà un’informazione di quanto già deciso. Ascolteremo e vedremo, ma non è questo il metodo che ci piace”, dice il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Siamo riusciti ad avviare tavoli su grandi priorità come fisco, pensioni e salute e sicurezza sul lavoro che però sono impantanati, arenati ormai da mesi”, dichiara il leader della Cisl, Luigi Sbarra. “Le condizioni oggettive dei lavoratori non sono tali da poter parlare di festa. Sarà un primo maggio di mobilitazione e rivendicazione”, aggiunge il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Dal palco di Potenza i tre leader sindacali prenderanno la parola a partire dalle 12,10. Landini, Sbarra e Bombardieri si ritroveranno poi nel pomeriggio in piazza San Giovanni, a Roma, per il concertone: nove ore di musica con circa 50 artisti.
Nel primo trimestre 2023 sono calate del 25% le richieste di Reddito di cittadinanzaRoma, 27 apr. (askanews) – Nei primi tre mesi del 2023 i richiedenti di reddito e pensione di cittadinanza sono stati quasi 300 mila, -25% rispetto all’analogo periodo del 2022. E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Inps.
Da gennaio a marzo 2023 i nuclei beneficiari di almeno una mensilità sono stati 1,2 milioni e 2,6 milioni le persone. Tra gennaio e marzo 2023 è stato revocato il beneficio a circa 27mila nuclei: sono stati 73mila nel 2022, 107mila nell’anno 2021 e 25mila nel 2020. I motivi per cui è possibile che il beneficio venga revocato sono molteplici. La motivazione più frequente è l’accertamento della “mancanza del requisito di residenza/cittadinanza”.
I nuclei decaduti dal diritto nei primi tre mesi del 2023 sono stati 111mila: nel 2022 sono stati 314mila, 343mila nell’anno 2021 e 256 mila nel 2020. La causa più frequente è legata alla variazione dell’Isee, che supera la soglia prevista, causa che manifesta il suo effetto principalmente a febbraio, in occasione della presentazione della nuova Dsu Tra i motivi di decadenza rilevano anche i casi di variazione della composizione del nucleo familiare. Nel mese di marzo 2023 i nuclei beneficiari di Reddito di Cittadinanza sono 902 mila (90%) mentre i nuclei beneficiari di Pensione di Cittadinanza sono 103 mila (10%), per un totale di un milione di nuclei. Tale composizione varia in virtù della zona geografica: i nuclei percettori di RdC, rispetto ai nuclei percettori di PdC, hanno un peso minore nelle regioni del Nord, e maggiore al Centro e soprattutto nel Sud e Isole. A fronte di circa un milione di nuclei percettori sono state coinvolte 2,15 milioni di persone, così ripartite: 1,55 milioni nelle regioni del Sud e nelle Isole, 338 mila nelle regioni del Nord e 267 mila in quelle del Centro. “I dati dell’Inps che attestano la riduzione di domande di reddito di cittadinanza sono la prima conseguenza del miglioramento dei tassi d’occupazione a cui assistiamo ormai da qualche mese. Ed è la dimostrazione che il lavoro è la migliore politica di inclusione sociale. Una direzione su cui continuare a investire energie e risorse”. Così il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, sui dati Inps che registrano un calo del 25% delle richieste di reddito e pensione di cittadinanza nel primo trimestre 2023 rispetto all’analogo periodo del 2022 e una riduzione del 16% dei nuclei percettori di almeno una mensilità tra gennaio e marzo di quest’anno.
Fondi, Assogestioni: raccolta marzo a -6 mld, ma è boom obbligazionariMilano, 27 apr. (askanews) – A marzo la raccolta netta del sistema del risparmio gestito in Italia è stata pari a -6,04 miliardi, come conseguenza dei 6,4 miliardi di deflussi registrati dai mandati istituzionali nel corso del mese, portando il dato da inizio anno a -8,9 miliardi. Lo rilevano i dati preliminari della mappa mensile di Assogestioni che evidenzia nel mese un incremento delle masse sostenute da un effetto mercato positivo. Il patrimonio gestito dell’industria è salito a 2.255 miliardi, in crescita di oltre 12 miliardi rispetto a febbraio. A influire, un effetto mercato che l’Ufficio Studi di Assogestioni stima positivo dello 0,8%.
Prosegue il consolidamento dei trend degli ultimi mesi sul fonte dei fondi aperti: nonostante marzo si sia chiuso con una raccolta netta totale pari a -642 milioni, sono rimasti in territorio positivo i fondi azionari (+588 mln), mentre quelli obbligazionari si sono resi protagonisti di un exploit. Se a febbraio i nuovi afflussi erano valsi alla categoria 570 milioni, marzo porta in dote oltre 2 miliardi di nuovi capitali per un totale di 3,2 miliardi da inizio anno. Per contro, i fondi bilanciati e flessibili hanno fatto segnare deflussi mensili pari rispettivamente a 1,1 miliardi e 1,7 miliardi.
Bini Smaghi: il nuovo Patto di stabilità commissaria le politiche di bilancio dei Paesi indebitatiRoma, 27 apr. (askanews) – “Detto in parole povere, si tratta di un commissariamento della politica di bilancio dei Paesi ad alto debito, in particolare dell’Italia”. È aspro il giudizio che Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board Bce, esprime in un’intervista a Repubblica sugli annunci della Commissione Ue sul Patto di Stabilità. “Non sarà un negoziato facile, a meno che i governi non accettino di cedere ulteriore sovranità fiscale”, sottolinea.
“La Commissione sostiene che con il nuovo sistema vi è una maggiore titolarità politica dei governi nazionali perché a questi è data facoltà di indicare i percorsi pluriannuali di risanamento”, spiega Bini Smaghi. “In realtà, questi percorsi dovranno essere coerenti con le traiettorie tecniche fornite dalla Commissione stessa: se il Paese non si adegua viene messo automaticamente in procedura per disavanzo eccessivo. I mercati potrebbero reagire negativamente”, commenta l’ex membro del board della Bce.
Patto di Stabilità, Gentiloni: ora saranno favoriti gli investimentiBruxelles, 26 apr. (askanews) – “L’Unione Europea ha bisogno di regole di bilancio comuni, ma il Patto di stabilità e di crescita ha fatto il suo tempo. E quindi oggi presentiamo una riforma del Patto con due obiettivi: il primo è quello di rendere più graduale, e quindi più credibile, il percorso di riduzione del debito per i paesi ad alto debito; e il secondo è quello di rendere possibile un incremento degli investimenti e delle politiche per la crescita. Credo che questi due obiettivi siano gli aspetti principali della riforma che oggi presentiamo”. Lo ha spiegato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, parlando ai giornalisti italiani al termine della sua conferenza stampa in cui ha presentato, oggi a Bruxelles, la proposta di riforma delle regole della “governance” economica.
“Non tutto lo spazio per gli investimenti – ha osservato Gentiloni – viene dalle regole di bilancio”, e “per aumentarli non bastano le regole di bilancio”; ci sono anche “tante altre cose di cui discutiamo qui a Bruxelles, come i fondi per la competitività”.“Ma le regole di bilancioá possono, diciamo così, favorirli o sfavorirli. Io penso che fin qui non ci fosse un meccanismo per favorirli; adesso questo meccanismo c’è”, ha sottolineato il commissario.
Gentiloni ha auspicato “che si possa trovare un’intesa tra i diversi paesi Ue rapidamente, perché la clausola di sospensione del Patto di stabilità che è in vigore oggi sarà ancora in vigore solo fino alla fine dell’anno. E ápenso – ha aggiunto – che in generale non ci possiamo rassegnare a un contesto in cui il debito continua a crescere nei paesi europei e la crescita economica rimane molto bassa. Alto debito e bassa crescita non possono essere una realtà alla quale l’economia europea si possa rassegnare”.A una domanda su quali siano le nuove regole che renderanno il nuovo Patto di stabilità più favorevole alla crescita economica rispetto alla versione attuale, il commissario ha risposto spiegando che “ogni paese stabilisce, tenendo conto degli elementi che la Commissione fornirà, un percorso di bilancio per i prossimi quattro-sette anni, e questo consentirà” agli Stati membri “anche di appropriarsi di questi percorsi e non solo di doversi rifare a delle regole o delle soglie piuttosto astratte”.
“La seconda cosa molto importante – ha continuato – è che noi daremo più spazio di bilancio, e quindi più gradualità nella riduzione del debito, ai paesi che si impegneranno a fare investimenti nei settori che per noi sono strategici, e quindi l’economia verde e il digitale; e ci sarà anche una discussione tra i paesi su questi settori da privilegiare”.á Gentiloni ha poi precisato più in dettaglio in che cosa consiste l’incentivo agli investimenti previsto dalla riforma del Patto, che, ha detto, si ottiene anche senza arrivare a una vera e propria “golden rule” (la “regola d’oro” che mantiene separata la spesa per investimenti produttivi dalla contabilizzazione in deficit della spesa). Si tratta di “un meccanismo che non è il classico trattamento contabile diverso di alcuni investimenti rispetto agli altri, quello che in gergo si chiama la ‘golden rule’”.“Le ‘golden rule’ – ha spiegato – non cancellano il debito, ma contabilizzano una parte degli investimenti nella contabilità europea in modo diverso dagli altri, e in questo modo creano più spazio di bilancio entro le regole europee. Noi questo maggiore spazio di bilancio lo creiamo invece allungando il tempo dell’aggiustamento finanziario. Quindi tu devi ridurre il tuo debito già in modo molto graduale rispetto alle regole attuali, ma lo puoi ridurre in modo ancora più graduale se ti concentri su quegli investimenti. Quindi guadagni spazio di bilancio avendo tre anni in più per la riduzione del tuo debito, invece che avendo una contabilità diversa per alcuni settori. Direi che è un modo differente per ottenere più o meno lo stesso risultato”.
A un giornalista che chiedeva se la proposta di riforma sia una vittoria contro i fautori dell’austerità, il commissario ha replicato: “Penso che la proposta della Commissione sia una proposta molto equilibrata. La Commissione non è un organismo composto tutto da italiani o tutto da ‘colombe’, e neanche tutto da ‘falchi’, se vogliamo usare questo linguaggio: è una Commissione che ha trovato un punto di convergenza, di cui io sono molto soddisfatto perché – ha rivendicato – ci ho lavorato molto. E però, dichiarare vittoria… Dichiareremo vittoria – ha affermato Gentiloni -, primo, quando sarà approvato dal Parlamento europeo e dai governi; e, secondo, tra qualche anno, quando vedremo che gli obiettivi che ci poniamo, e cioè ridurre in modo credibile il debito e aumentare la crescita, saranno obiettivi alla nostra portata”. á Quanto all’Italia, e allo specifico sforzo di bilancio che le sarà richiesto con le nuove regole per i prossimi anni, il commissario ha riconosciuto che occorreranno “sicuramente un impegno alla riduzione del debito, e sicuramente un impegno a una gradualità, una flessibilità maggiore di quella attuale”.“Io penso – ha aggiunto Gentiloni – che se abbiamo un percorso realistico di riduzione del debito, questo sia nell’interesse dell’Italia, e se abbiamo incentivi per gli investimenti sui beni comuni europei questo sia ancora di più nell’interesse dell’Italia”.
Resta il fatto che l’Italia, avendo il deficit oltre il 3% del Pil, secondo le nuove regole dovrà ridurlo annualmente dello 0,5%, fino a tornare sotto la soglia. E’ stato chiesto al commissario quale spazio rimanga per gli investimenti con questa riduzione. Senza entrare nelle cifre, ha risposto Gentiloni, “sicuramente l’Italia dovrà ridurre il livello del proprio ádebito pubblico; credo che non ci sia nessun italiano che non ne sia consapevole, non solo al governo ma in generale. Perché un debito elevato comporta le difficoltà che tutti noi conosciamo”. á “Quello che però possiamo dire è che, quando questa riforma verrà approvata, l’Italia potrà farlo (ridurre il debito, ndr) in un modo più graduale e potrà farlo anche in un modo che avrà deciso l’Italia. Che è molto importante: se guardiamo il corso degli ultimi 30-40 anni, ci sono diversi periodi in cui – ha ricordato – il debito è stato ridotto più o meno significativamente, e dobbiamo considerare quei periodi come periodi positivi, sono periodi nei quali non sono mancati gli investimenti. Quindi molto spesso – ha rilevato il commissario – il debito aumenta per una cattiva qualità della spesa pubblica e non soltanto per fare degli investimenti positivi”.
La riduzione del debito in Italia “io penso che sarà graduale, realistica, e consentirà, ovviamente con una buona qualità della spesa pubblica, lo spazio necessario per investire”, ha concluso Gentiloni.
Fitto: sugli obiettivi del Pnrr al 30 giugno ci sono alcune criticità, ma niente allarmismiRoma, 26 apr. (askanews) – “E’ molto importante dire che sicuramente ci sono alcune criticità ma anche su questo non è il caso di costruire allarmismi. E’ evidente che stiamo lavorando al raggiungimento di questi 27 obiettivi al 30 giugno”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto intervenendo in Aula al Senato.
“C’è l’esigenza di intervenire preventivamete per correggere alcuni obiettivi intermedi – ha aggiunto – ma col mantenimento dell’obiettivo finale. E mi riferisco ad esempio al piano degli asili nido”. Sulla terza rata da 19 miliardi dei fondi del Pnnr “si proseguirà in queste ore con l’invio di ulteriore documentazione in un confronto costante e propositivo con la Commissione europea, per raggiungere l’obiettivo, anche perchè come è evidente si completa il mese individuato come ulteriore proroga”. Per le scadenze del 30 giugno del Pnrr il tema “non è come drammaticamente si legge di perdere gli interventi ma per capire quanti di questi non riescono a rispettare il target del 30 giugno per delle ragioni oggettive e quali di questi possono essere oggetto di un confronto con la commissione europea. Non per far saltare l’intervento ma per modificare l’obiettivo al 30 giugno che consente di garantire la realizzazione dell’intervento alla fine del periodo” ha detto Fitto.
Logistica, Confetra: servono 3mila macchinisti nei prossimi 3 anniMilano, 26 apr. (askanews) – Il mondo della logistica è in cerca di professionisti che fa fatica a trovare. Dopo il problema degli autisti, per cui nel 2022 la domanda è aumentata del 40%, il nuovo allarme riguarda i macchinisti: secondo Confetra, la confederazione dei trasporti e della logistica, nei prossimi tre anni ci sarà bisogno di 3mila professionisti in questo settore.
Il settore dei trasporti e della logistica si trova a far fronte a una carenza senza precedenti di forza lavoro: le ultime stime, elaborate da Confetra, indicano che il settore del trasporto ferroviario di merci sarà alla ricerca di almeno 3mila macchinisti già nel prossimo triennio, un numero pari al 20% dell’attuale forza lavoro. Oggi il numero di dipendenti con età superiore a 50 anni nel settore è nettamente superiore alla media nazionale: un’elevata presenza di personale prossimo alla pensione richiederà nei prossimi anni un consistente ricambio generazionale e quindi una rapida crescita della domanda di nuovo personale da parte delle imprese ferroviarie, soprattutto per quanto riguarda i macchinisti, ma anche capitreno, preparatori del treno e manutentori. Oltre a questa, tra le cause della carenza ci sono difficoltà di accesso alla professione e condizioni di lavoro considerate poco attrattive.
Secondo De Ruvo, presidente di Confetra, “in anni recenti, gli ultimi governi hanno stanziato diversi milioni di euro per supportare la formazione di nuovi autisti e macchinisti, ma i fondi si sono presto esauriti senza risolvere il crescente gap tra domanda e offerta di lavoro. Occorre un piano di reclutamento più articolato se non vogliamo mettere in seria difficoltà il settore”. Uno degli ostacoli principali nel reintegro della forza lavoro necessaria è legato alle difficoltà di soddisfare le richieste formative. Queste figure professionali devono infatti essere in possesso di un certificato abilitativo, una patente che può essere rilasciata dalle imprese ferroviarie o da un centro di formazione riconosciuto dall’Ansfisa, l’agenzia per la Sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, ma tempi e costi rappresentano un problema per molti: un macchinista, per esempio, per essere formato e diventare operativo deve fare un percorso che va dai 6 ai 9 mesi. “Per questo – continua De Ruvo – non appare sufficiente lo stanziamento pubblico per la formazione del macchinisti: negli ultimi anni sono stati infatti previsti 3 milioni di euro per il 2021 e solamente 1 milione di euro per il 2022. Abbiamo bisogno di un maggiore investimento in questa direzione, che permetta agli aspiranti macchinisti di adempiere alle richieste formative”. Mancano anche gli autisti. Una carenza che si aggiunge a quella degli autisti, nota ormai dallo scorso anno: nel 2022, infatti, si sono stimati 560mila posti vacanti, con una domanda in crescita del 40% nei primi 9 mesi dell’anno. In Italia, in particolare, si calcola che manchino attualmente circa 17mila autisti.
Patto stabilità, Commissione Ue presenta la proposta di revisioneRoma, 26 apr. (askanews) – La Commissione europea ha presentato la sua proposta legislativa sulla revisione delle regole del Patto di stabilità e di crescita, che mette al centro piani di aggiustamento di medio termine con una durata almeno quadriennale, in cui il principale indicatore di controllo riguarda i livelli di spesa pubblica. Questo nuovo controllo semplificato sostituirà il precedente sistema articolato, che guardava a una molteplicità di voci tra cui la riduzione del debito-Pil e del disavanzo strutturale.
Per tutti i paesi con livelli di deficit di bilancio sopra il 3% del Pil o di debito pubblico sopra il 60% del Pil – soglie limite che vengono mantenute nel Patto – la Commissione preparerà una “traiettoria tecnica” tagliata sul singolo paese e basato su un percorso della spesa netta, che, secondo quanto riporta un comunicato, punterà a incanalare il debito su una dinamica di “calo plausibile o a mantenerlo a livelli prudenti”, al tempo stesso assicurando che il deficit resti al di sotto del 3% del Pil. Alla fine del periodo di aggiustamento pluriennale, il livello di debito-Pil dovrà risultare inferiore a quello iniziale, non viene specificato esattamente di quanto, l’essenziale è che il debito non aumenti. Questo modifica in maniera drastica l’attuale regola che obbligherebbe a tagliare il debito per 1 ventesimo l’anno nella rate eccedente al 60% del Pil.
I governi dovranno attenersi a queste traiettorie tecniche nel disegnare i piani di bilancio e spesa pluriennali, tenuto conto che vi saranno dei requisiti di salvaguardia prudenziali sulla loro attuazione. Innanzitutto con la nuova regola che prevede che ogni qualvolta il deficit di bilancio dovesse superare il 3% del Pil scatterà l’obbligo di operare un aggiustamento di bilancio di almeno lo 0,5% del Pil. Sono previste clausole di sospensione generali e specifiche per Paese, che consentiranno deviazioni dei piani di spesa nel caso di gravi sviluppi dell’economia o di circostanze eccezionali.
Allo scopo di incentivare riforme che vadano nella direzione delle priorità fissate dall’Unione europea (come sulla transizione verde, digitale o la Difesa), gli Stati membri potranno vedersi riconoscere un aggiustamento più graduale della dinamica dei conti, con un allungamento dei piani da 4 fino a 7 anni, ma i paesi che si vedono riconoscere un periodo supplementare dovranno effettuare il grosso della correzione nei primi quattro anni del piano. La proposta, riporta ancora il comunicato, prevede anche un rafforzamento dei meccanismi di controllo tra cui il fatto che per tutti gli Stati che si trovano di fronte a “sfide consistenti” sul debito pubblico, eventuali deviazioni dal percorso di aggiustamento concordato porteranno all’apertura automatica di una procedura per deficit eccessivo. Viene così superata la precedente attivazione della procedura per deficit eccessivo basata sul debito (scatterà solo se il paese non rispetta la traiettoria concordata).
La mancata attuazione del piano di riforme e investimenti, in base al quale è stato allungato il periodo di aggiustamento dei conti, porterà invece ad un accorciamento dello stesso. Infine, ricordando che il Consiglio europeo aveva appoggiato i propositi di completare la revisione di queste regole antro la fine del 2023, la Commissione esorta Parlamento europeo e Consiglio a raggiungere un accordo sulla proposta odierna “il prima possibile”.
Clima, Consiglio Ue adotta il pacchetto centrale del Green DealBruxelles, 25 apr. (askanews) – Il Consiglio Ue ha adottato oggi definitivamente le cinque proposte legislative decisive del pacchetto “Fit for 55” contro il cambiamento climatico che erano state approvate a larga maggioranza dalla plenaria del Parlamento europeo il 18 aprile scorso a Strasburgo.
Si tratta di misure fondamentali per ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra al 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990: la riforma e l’estensione del sistema europeo di scambio dei permessi di emissione (Ets), con l’inclusione piena del trasporto aereo e, per la prima volta, anche di una parte di quello marittimo; l’istituzione di un nuovo sistema “Ets 2” separato per i combustibili usati nel trasporto su strada e nel riscaldamento degli edifici; l’introduzione graduale del “meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere” (Cbam), ovvero di “dazi climatici” che si applicheranno a una serie di importazioni provenienti da paesi in cui non ci sono sistemi simili all’Ets; e il nuovo “Fondo sociale per il clima” contro la “povertà energetica”. Le emissioni dei settori economici coperti dall’Ets dovranno essere ridotte più del 62% rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030. Le attuali quote gratuite concesse ad alcune industrie europee esportatrici verranno gradualmente eliminate fra il 2026 e il 2034, contemporaneamente all’introduzione, anch’essa graduale, dei dazi climatici del meccanismo Cbam.
Il nuovo sistema “Ets 2” per il trasporto su strada e gli edifici introdurrà le quote di emissioni anche in questi settori dal 2027 (o dal 2028 se i prezzi dell’energia saranno eccezionalmente elevati). Verrà inserito nel sistema Ets anche il settore marittimo, a cominciare dalle navi più grandi, e saranno rivedute le attuali modalità di partecipazione del trasporto aereo al sistema, eliminando gradualmente entro il 2026 le quote gratuite e promuovendo l’uso di combustibili alternativi. Un altro settore a cui verrà esteso l’Ets, a partire dal 2028, è quello degli inceneritori di rifiuti.
L’istituzione del nuovo meccanismo sui dazi climatici (definito a volte impropriamente “carbon tax alle frontiere”) mira a creare un “mercato del carbonio” mondiale, incentivando i paesi extraeuropei ad adottare misure equivalenti all’Ets (oggi nel mondo sono già attivi o stanno entrando in funzione sistemi simili in una ventina di giurisdizioni, tra cui Svizzera, Regno Unito, Messico, diversi Stati Usa, il Quebec in Canada, la Nuova Zelanda e la Cina). Allo stesso tempo, il nuovo meccanismo è volto a garantire che non vi sia una delocalizzazione della produzione delle imprese dell’Ue in paesi terzi con politiche climatiche meno ambiziose. I dazi climatici verranno introdotti gradualmente dal 2026 al 2034 e si applicheranno alle importazioni di ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno ed “emissioni indirette” (quelle imputabili all’elettricità di fonte fossile utilizzata nei processi produttivi). Gli importatori dovranno acquistare certificati sulle emissioni di carbonio corrispondenti al prezzo che avrebbero pagato per la produzione, applicando l’Ets, all’interno dell’Ue.
Il “Fondo sociale per il clima” (Scf) funzionerà a partire dal 2026, a beneficio delle famiglie vulnerabili, delle micro imprese e degli utenti dei trasporti che potrebbero essere particolarmente colpiti dalle conseguenze dell’introduzione dell’Ets 2 (si prevede un aumento del prezzo della benzina di circa 10 centesimi di euro e del gasolio di 12 centesimi al litro). Il Fondo sarà finanziato dall’Ue con i ricavi della messa all’asta delle quote dell’Ets 2 fino a un importo di 65 miliardi di Euro, con un ulteriore 25% coperto da risorse nazionali (pari a un totale stimato di 86,7 miliardi di euro). Gli Stati membri decideranno i criteri per l’assegnazione e la gestione dei finanziamenti sul proprio territorio.
La Commissione europea ha accolto oggi con grande favore l’adozione definitiva dei nuovi regolamenti, che considera “essenziali per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050”, e che possono ora entrare in vigore.
“L’Ue – afferma la Commissione in una nota – dimostra ancora una volta la sua ferma volontà di trasformare la nostra economia e la nostra società per un futuro equo, verde e prospero. Con questa nuova legislazione sul clima, l’Unione europea continuerà a ridurre le proprie emissioni e a sostenere le imprese e i cittadini nella transizione”.
“D’ora in poi – sottolinea l’Esecutivo comunitario -, gli Stati membri dovranno destinare tutte le entrate derivanti dallo scambio di quote di emissione a progetti climatici ed energetici, e ad affrontare gli aspetti sociali della transizione”. In particolare, “il nuovo Fondo sociale per il clima fornirà un sostegno finanziario dedicato agli Stati membri per aiutare i cittadini vulnerabili e le microimprese a investire in misure di efficienza energetica, e per garantire che nessuno sia lasciato indietro in questa transizione”.
“L’intero pacchetto ‘Fit for 55’ dedicato all’attuazione del Green Deal europeo – rileva ancora la Commissione – è in fase di completamento, dopo l’adozione formale il mese scorso degli standard sulle emissioni di CO2 per le auto, le norme sugli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni nei settori non coperti dall’Ets”.
Tra le proposte ancora non adottate del pacchetto “Fit for 55”, ricorda ancora l’Esecutivo Ue, “sono stati già raggiunti accordi provvisori tra i co-legislatori riguardo alla direttiva riveduta sull’efficienza energetica e alla direttiva sulle energie rinnovabili, sull’infrastruttura per i combustibili alternativi e sulla proposta ‘FuelEU Maritime’ per i carburanti sostenibili per il trasporto marittimo”, mentre sono ancora in corso negoziati interistituzionali sulla proposta “REFuelEU” per l’aviazione.
Secondo la Bce accettare l’euro digitale dovrà essere obbligatorioRoma, 24 apr. (askanews) – La Banca centrale europea torna insistere sulla necessità di adottare un euro digitale. E nell’ambito della procedura che punta a portare alla sua creazione, chiede ai legislatori di dargli “corso legale” al pari del contante, in pratica stabilendo l’obbligo di accettarlo a carico di chiunque come mezzo di pagamento.
“Ci apprestiamo a ultimare la fase istruttoria del progetto. Il Consiglio direttivo ha recentemente approvato una terza serie di proposte relative alle caratteristiche dell’euro digitale”, ha riferito Fabio Panetta, il componente del Comitato esecutivo della Bce con la delega sui sistemi di pagamento, durante una audizione al parlamento Ue. Inoltre “abbiamo ascoltato le opinioni dei potenziali utenti in merito alle diverse caratteristiche che un portafoglio digitale dovrebbe avere”. E secondo questi cittadini e commercianti o altri portatori di interessi selezionati dalla Bce “la caratteristica più importante di un eventuale euro digitale” sarebbe quella di poter “essere utilizzato ovunque”, come il contante.
Quindi la richiesta: “se vogliamo che l’euro digitale replichi appieno questa caratteristica, vi è bisogno di un adeguato quadro normativo. I legislatori hanno conferito corso legale alle banconote in euro”. E “i legislatori – ha proposto Panetta – potrebbero conferire anche all’euro digitale lo status di moneta con corso legale”. Secondo l’esponente della Bce questo obbligo “potrebbe essere visto dagli esercenti come un’opportunità. Ad esempio, esso accrescerebbe la resilienza del mercato europeo dei pagamenti e ne rafforzerebbe la concorrenza. A sua volta, contribuirebbe a rendere i pagamenti meno costosi, con evidenti benefici per tutti i cittadini”. Inoltre, “in base ai nostri incontri con le relative associazioni di categoria, i consumatori e i commercianti ritengono che il modo più efficace per assicurare ampio accesso all’euro digitale sarebbe quello di obbligare le banche e gli altri fornitori di servizi di pagamento dell’area dell’euro a offrire la nuova moneta alla clientela”, ha aggiunto.
Nel frattempo la Bce ha pubblicato un nuovo rapporto di aggiornamento sui progressi sul progetto dell’euro digitale. Ipotizza che venga reso disponibile agli utenti tramite le applicativi bancari già esistenti o tramite una nuova “app” elaborata da Bce e Eurosistema delle banche centrali, che offra “un punto di ingresso armonizzato” per le funzionalità di pagamento di base. Restano da definire in maniera più esatta eventuali limitazioni sull’uso quotidiano dell’euro digitale o il suo uso da parte di cittadini non residenti o di Paesi terzi. Panetta ha ribadito che l’euro digitale non avrebbe il pieno anonimato del contante, ma che non avrebbe nemmeno una eventuale “programmabilità” per vincolarne l’utilizzo solo a determinati ambiti, cosa che probabilmente non sarebbe nemmeno legale.
“Le banche centrali – ha ricordato Panetta – già offrono il contante: un mezzo di pagamento privo di rischi, ampiamente accessibile e di facile utilizzo, che non esclude nessuno. La rapida digitalizzazione delle nostre economie richiede però di affiancare al contante la sua evoluzione nell’era digitale, ossia l’euro digitale”. La moneta deve mantenere il ruolo di àncora monetaria e bisogna garantire che “un euro rimanga sempre un euro” a prescindere dalla forma che esso assumerà. Mantenere tale ruolo – ha concluso Panetta – consolida la fiducia dei cittadini nella nostra moneta”.